domenica 10 aprile 2016

Un ricordo e un intervista al Card. Cottier



In un caldo mese di agosto, sul finire degli anni 90, mi ero recata, accompagnata dal mio vescovo di allora, Mons. Fernando Charrier, che amava trascorrere alcuni giorni di ferie tra le sue montagne, per un paio di settimane nella foresteria del Monastero della Visitazione di Pinerolo. Inizialmente non ero molto entusiasta a quell'idea. Quella delle "Visitandine" era una spiritualità che ancora non conoscevo e non mi diceva molto. Ma Mons. Charrier era legatissimo a quella comunità, vi era praticamente cresciuto, abitando vicino al monastero, me lo descriveva come un luogo storico, spiritualmente e artisticamente interessante, fondato nel '600, visitato dalla stessa S. Giovanna Freymot di Chantal, cofondatrice insieme a S. Francesco di Sales, Vescovo di Ginevra, dell'Ordine della Visitazione. Alla fine dovetti dargli ragione, oltre ogni aspettativa, perché conobbi una comunità accogliente e affettuosa, e vi trovai anche un ospite di riguardo. 

Padre Cottier si recava in quel luogo in estate, nei giorni precedenti alla festività dell'Assunta, per tenere delle catechesi alle monache. Lasciava sempre spazio a domande e curiosità, ed io, fresca di conversione, avevo trovato in lui una straordinaria disponibilità nel rispondere a tutte le questioni che mi arrovellavano. In quel bel contesto lessi le opere principali del S.Francesco di Sales e tutto quanto mi parve interessante nella fornita biblioteca del monastero. La mia prima chiacchierata con Padre Cottier, terminò con l'invito di andare a trovarlo qualora fossi passata da Roma. Così avvenne. Ma la prima volta fu per caso. Alla fine della storica celebrazione in S. Pietro, in cui si chiedeva perdono per le colpe della Chiesa, fortemente voluta da Giovanni Paolo II, lo incontrai all'uscita dalla Basilica di S. Pietro, alla fine del rito penitenziale.

Aveva un piccolo e spartano alloggio nel Palazzo Apostolico, sotto la loggia del Santo Padre, pieno di libri e riviste, con una minuscola cappellina, mi parlò del Priorato di Saint Pierre in Valle d'Aosta, una casa di riposo per sacerdoti anziani che in estate si trasforma in casa per esercizi spirituali.    Si recava in quel luogo ogni anno, sul finire del mese di agosto, per predicare gli esercizi. Da allora, per diversi anni, quello è diventato per me un appuntamento fisso. 

Venuta a conoscenza della sua scomparsa qualche giorno fa sono andata a ritrovare i miei taccuini di appunti sulle sue meditazioni, in genere leggeva e ci commentava le lettere paoline. Agli esercizi partecipavano persone molto diverse tra loro, laici, religiose, vi erano insegnanti di vario genere, ma anche operatori sociali, inutile dire che era sempre a disposizione di tutti, per le confessioni, per i consigli, per ogni necessità e tutti erano trattati allo stesso modo. Diventando cardinale, nel 2003, non ha cambiato il suo modo di trattare con le persone, continuava ad arrossire quando, alla fine delle meditazioni, qualcuno applaudiva. Anche quando alla fine del lungo pontificato di Giovanni Paolo II, venne sostituito come teologo della casa pontificia da un altro padre domenicano, è rimasto a servizio come teologo emerito spostandosi in un altro semplice piccolo alloggio non lontano dall'aula Nervi. Niente di più lontano dall'immagine di certi attici di cui si parla in questi giorni. 

L'ultima volta che ci siamo incontrati è stato circa quattro anni addietro. Ero a Roma per i miei esami  di "Scienze Religiose" e dovevo prendere una decisione che mi costava fatica. Ancora una volta mi veniva chiesto una radicale cambiamento di programma, ero molto recalcitrante e necessitavo di saggi consigli. Il Padre mi ascoltò con attenzione come sempre, poi non disse molte parole ma pregammo insieme nella sua cappellina per qualche minuto, prima del commiato, e, come sempre, mi diede la sua benedizione. 

L' intervista che segue è stata realizzata a Saint Pierre dopo i consueti esercizi spirituali ed è stata sicuramente determinante perché io mi decidessi a iniziare a studiare teologia in modo ordinato e sistematico.

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"D. Quali sono i più diffusi errori teologici e le sfide per i cattolici del terzo millennio?

R. E’ una grossissima questione. Gli errori teologici ci sono sempre stati. Perciò c’è un Magistero della Chiesa che ci ricorda quale è l’interpretazione autentica della parola di Dio, perché la teologia è una riflessione umana alla luce della fede sul contenuto del messaggio biblico evangelico, questo messaggio è ricchissimo e anche complesso. Da sempre esistono errori di interpretazione, perciò per noi cattolici, questo messaggio della parola di Dio è affidato alla Chiesa e nella Chiesa è affidato al Magistero della Chiesa che ci dice qual è la linea giusta. Questo non toglie la necessità della teologia, nel senso di riflessione fatta da tutti i cristiani che devono “pensare” la loro fede, poi c’è una disciplina più specializzata, scientifica, chiamiamola teologia, che è un discorso di riflessione sul contenuto, le ricchezze e l’armonia del messaggio rivelato. Tutti i grandi Concili ecumenici sono intervenuti perché c’erano degli errori, prima di tutto sull’identità di Cristo, sul mistero stesso di Dio o sul mistero della S. Trinità. Questo mi sembra l’asse della riflessione teologica che ha provocato la Chiesa a precisare e lo fa lungo tutta la sua storia. Oggi i problemi riguardano l’incontro con le altre religioni.  C’è la tendenza da parte di molta gente ad accorgersi della ricchezza che tutte le religioni possono contenere e di porre come una sorta di equivalenza.

D. Si può dire che esistono delle mode nella teologia?

R. Si può dire, perché la teologia come tale è una disciplina umana, cioè non è Magistero. Il Magistero è assistito dallo Spirito Santo e può dire questo è giusto o questo è falso. Ma ciò non toglie la necessità della riflessione che può dipendere dai problemi ai quali un epoca è più o meno sensibile o può dipendere dalle filosofie che sono più forti in un’epoca che in un'altra. Tutto questo ha un influsso sul lavoro teologico.

D. Rahner in “Scritti teologici” aveva scritto che l’interlocutore della teologia in futuro non sarebbe più stata la filosofia ma la scienza. Cosa ne pensa?

R. Non sono pienamente d’accordo perché tutte le scienze “ricercano” e gli scienziati si rivolgono a dei problemi che non sono risolvibili dalla scienza stessa, cioè c’è sempre dietro le scienze una filosofia implicita e una mediazione della filosofia è necessaria. E’ vero che molti problemi ci arrivano proprio a partire delle scoperte scientifiche e anche dalle scienze umane, ma non vedo come si possa fare economia di questa mediazione.

D. La difficoltà di comprensione fra teologi e Magistero scaturiscono da un difficile compito di cui già parlò a Parigi nel 1980 Giovanni Paolo II di fronte ai responsabili delle università cattoliche: unificare due ordini di realtà che vengono talora percepiti come antitetici, la ricerca della verità e la certezza di conoscere già la fonte della verità stessa. Questo accadeva prima dell’enciclica “Fides et Ratio”. È cambiato qualcosa ?

R. No, la problematica è sempre la stessa e la risposta è sempre la stessa, già dai  tempi dei Padri della Chiesa. E’ stata elaborata in maniera magisteriale dal Concilio Vaticano I, quando si è parlato della ragione e della fede, perché la filosofia è una disciplina umana che cerca di rispondere ai grandi problemi che l’uomo si pone. L’uomo è dotato di ragione, è capace di cogliere il vero, tema che è sottolineato dalla “Fides et Ratio”. Invece la fede riceve la parola di Dio ma non si tratta dello stesso oggetto, perché la ragione conosce questo aspetto della realtà che è alla portata della ragione umana che ha dei limiti, può arrivare a conoscere per esempio le tracce di Dio nella natura, come Creatore, questo lo dice già S. Paolo all’inizio della Lettera ai Romani, invece la rivelazione cristiana biblica che comincia nel Vecchio Testamento e continua nel Nuovo, ci apre il mistero stesso di Dio, cioè una cosa che la ragione umana da se stessa non può penetrare. Dunque, al di là della ragione, c’è tutto il mondo del mistero di Dio e del disegno di salvezza di Dio che possiamo conoscere soltanto se Dio si fa conoscere lui stesso. Questo significa “rivelazione”. Allora il  Concilio Vaticano I ha aggiunto una cosa molto importante: dicendo come l’origine, la fonte, la radice sia della ragione umana, sia della rivelazione, è Dio stesso, le due non possono contraddirsi. Se c’è una contraddizione vuol dire che qualche cosa nel ragionamento umano non è andata bene, infatti la Chiesa ha sempre favorito la ricerca filosofica.

D. Negli ultimi decenni, la teologia, dopo essere stata appannaggio dei chierici, è coltivata da un numero considerevole di laici. Vede positivamente questo fenomeno? 

R. Certo. Pensare la nostra fede è una esigenza, l’ho detto all’inizio. Quando comincio  pensare la mia fede non sono solo e neanche il primo che lo fa, c’è stato lungo i secoli la costruzione di un patrimonio umano ricchissimo che è la tradizione teologica. Entrare nella conoscenza di questa grande riflessione umana dei credenti  lungo i secoli mi aiuta a riflettere, è una esigenza che ogni battezzato può sentire. Alcuni trovano proprio lì una vocazione specifica, molti laici, religiose, religiosi, fanno della teologia e, quando lo fanno bene, è un arricchimento molto positivo per la Chiesa.

D. Se dovesse dare un consiglio a chi incomincia lo studio della teologia...

R. Leggere il Catechismo della Chiesa Cattolica, che non è un libro di teologia ma ci dà la base. Se è possibile, seguire dei corsi, inizierei dai corsi biblici, l’esegesi, la fonte primaria della teologia è la Parola di Dio e dobbiamo conoscerla. Poi seguire i corsi sulle parti essenziali della teologia, quella speculativa, i grandi misteri della fede e la teologia morale che sono mondi immensi. Un corso di teologia sistematica, mi sembra utile per avere una visione globale del problema. Poi si può approfondire un tema, per arrivare a leggere i grandi teologi, S. Agostino, S. Tommaso, i Padri della Chiesa.

Vuole dare un  messaggio come religioso domenicano ai religiosi di oggi?

Se io sono filosofo e teologo è perché sono Domenicano. L’Ordine Domenicano è l’ordine della predicazione, cioè dell’annuncio della fede, tutto quello che abbiamo detto finora, l’aiuto ad aiutare la gente a penetrare il mistero della fede, con una dimensione missionaria e apostolica. S. Tommaso diceva che la nostra vita religiosa deve essere trasmettere agli altri il frutto della nostra contemplazione, la nostra teologia deve essere radicata nella preghiera, nella ricerca della perfezione cristiana, che è la carità. Due elementi fondamentali sono l’ufficio divino e la vita fraterna, perché, come diceva Paolo VI, la testimonianza fa parte della predicazione, non si può separare predicazione e testimonianza e la testimonianza è la testimonianza della comunità cristiana, cioè l’amore fraterno deve essere segno dell’amore di Dio. La vita consacrata, questo vale per tutti, è come un’anticipazione escatologica del regno, questo segno che è costituito dalla vita religiosa, la Chiesa ci tiene moltissimo. Essere teologo per me è quasi una conseguenza dell’essere religioso domenicano.


                                                                                                                      m.l.a. 

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