sabato 13 settembre 2014

Felicità ed educazione III parte

Il testo che segue è la terza parte di un mio scritto preparato per l'esame di pedagogia generale, lo pubblico qui in anteprima volendo nel mio piccolo contribuire all'attuale dibattito in merito alla riforma della scuola.

3. La felicità è il fine dell’educazione

S. Agostino scriveva che “è beato l’uomo che ama la sua buona volontà, per cui disprezza ogni altro bene, che non dipende dalla sua buona volontà”.
Nella pedagogia classica si fissava la finalità dell’educazione nelle buone forme di vita e di condotta, nella famiglia, nella società, nella Chiesa, oppure le finalità erano considerate preesistenti per volontà di Dio, iscritti nella natura dell’uomo. Nel moderno modo di pensare, nella prassi pedagogica, i fini non sono più valori e idee, ma problemi da risolvere, risultati da conseguire, con l’ausilio delle altre discipline quali biologia, psicologia, arte e cultura, economia: i fini sono diventati competenze operative.
Ciò non esclude che si possa anche pensare ad una sintesi tra i due aspetti. Nelle finalità a lungo termine dell’educazione, si dovrebbe garantire una condizione di vita umanamente degna, l’essere amati, accolti, aiutati a sviluppare la propria personalità, a partecipare alla vita della società, trovandovi significato e senso, superando tutte le forme di condizionamenti.
Allo stesso modo si dovrebbe garantire la valorizzazione della propria identità, la promozione di verità, amore, giustizia, solidarietà, il miglioramento delle condizioni dei beni e dei servizi, l’evoluzione della convivenza civile in vista del bene comune, il superamento di regimi basati sul privilegio e la violenza, la formazione di quadri responsabili civili e politici, dotati di competenza e amore; senza dimenticare di conservare la cultura, fruirne, produrla, coltivare se stessi e la ricerca e lo sviluppo di scienza, arte, tecnica, risolvere i temi delle pluralità delle culture, di ogni cultura, (conservazione, integrazione, transizione critica e innovativa).
Oggi è particolarmente importante formare ad un uso valido dei mezzi della comunicazione e a divenirne operatori in modo critico. Nei fini a medio termine, si vuole l’uomo capace di uso retto della libertà, preparato ad entrare con preparazione ed onestà nei ruoli sociali, politici, economici; con un giusto patrimonio di saper fare, sapere e saper essere. Nei fini a breve termine, le aree educative da tenere a mente sono quelle della crescita organica e funzionale, fisica, corporea, mentale, spirituale, sociale, morale, religiosa, cristiana, sessuale, artistica, relazioni reali ed esistenziali, acquisto degli strumenti del vivere e del convivere, del lavorare, comunicare, virtù morali e sociali.
Ancora riguardo ai fini, un passaggio sovente omesso nel pensiero moderno, è la distinzione tra fini naturali e fini liberi, i primi determinati dalla natura stessa del soggetto, i secondi posti dal soggetto mediante una scelta della volontà; nell’uomo vi sono entrambi, tale dualità può trarre in inganno, non esistono atti guidati solo da fini naturali o atti guidati solo da fini liberi, i due ordini teleologici s’influenzano reciprocamente .
L’essere umano è, infatti, sintesi di natura e libertà. Un’intelligenza straordinaria, non è scontato che sia immune dall’errore, e per conoscere la verità è richiesta anche la rettitudine della volontà. L’autonomia personale ha dunque carattere relativo perché non siamo padroni del nostro essere, non siamo stati noi a darcelo: “l’essere umano è da se stesso, ma non per se stesso”. Tutto ciò è decisivo riguardo all’educazione, si può escludere o sottovalutare nelle varie correnti pedagogiche un fine o l’altro, avremo un orientamento materialista o spiritualista, a seconda che si privilegino i fini naturali o quelli liberi.
L’ambito della finalità naturale non deve essere escluso dall’educazione, per esempio la nutrizione è certo finalità naturale, ma gli alimenti, la quantità, la qualità sono oggetto di libera scelta, quindi l’educazione deve occuparsene. Molti guai in campo educativo derivano dal dimenticare che gli educandi hanno un corpo, oltre che una mente. Si potrebbe anche menzionare la necessità di un’educazione estetica. Questa si differenzia sia da quella morale, che da quella intellettuale, la sensazione è un atto incardinato nell’unità psicofisica dell’uomo, partecipa della dimensione teleologica, è possibile indirizzare la sensazione, orientarla, pur essendo movimenti indipendenti dalla volontà, possono e debbono essere guidati da essa. Quando l’educazione estetica viene trascurata o ignorata siamo di fronte ad un orientamento spiritualista. Una soluzione opposta, con attenzione preferenziale o esclusiva verso i fini naturali, produce una concezione materialista dell’educazione. Sia l’orientamento materialista, come quello spiritualista, dimenticano che l’essere umano “è un’unità essenziale ed operativa, sia in quello che è, sia in quello che fa”. Pur essendo un’unità, ha una pluralità di istanze operative, vi sono cioè movimenti diversi che rispondono a fini diversi, ciò presuppone un ordine interno sia nei fini naturali che in quelli liberi. Rispetto alla finalità il significato del perché si esprime con affinché, in ordine al fine non si domanda perché una cosa è così, ma a che scopo si opera così. Si arriva così al fine ultimo, sia per i fini naturali che per i fini liberi (che apparterrà comunque a quest’ultimo genere). Aristotele parlava del fine ultimo come il culmine dell’aspirazione umana, come perfetto e come autosufficiente (cioè deve fare in modo che non si continui a desiderare all’infinito).
C’è una gerarchia nella teologia umana, i fini naturali sono subordinati ai fini liberi e, tra questi, c’è quello che è anche il riferimento ultimo dell’agire umano, tutto quello che si fa è per qualcosa di unico e permanente, sempre uguale a se stesso, di cui partecipano tutti gli altri fini, questo è il fine ultimo.
Riguardo al concetto di finalità, sono necessarie ancora alcune precisazioni su termini come il fine e la fine, in greco due parole distinte: compimento, pieno sviluppo, risultato e fine, confine, limite, estremità. Alla questione su quale sia il fine della vita umana si può rispondere in due modi, la felicità e la morte, la felicità è il fine, il compimento, il senso supremo della vita umana, mentre la morte è il termine, il limite dell’operare, ma nulla si fa per morire, mentre tutto faremmo per essere felici!
Nel concetto di fine abbiamo due significati: fine-causa e fine-effetto. Il fine ultimo ha carattere di principio e causa dell’agire umano. Questa riflessione, trascurata o addirittura omessa, ha influenzato notevolmente la teleologia pedagogica, dove la nozione di finalità è ambigua, creando confusione nel lavoro educativo e si utilizzano a caso termini come obiettivi, ideali, propositi, mète, fini, perdendo di vista la necessaria relazione gerarchica tra fini particolari e il fine ultimo.
L’essere umano è libero, di una libertà assoluta soprattutto nella scelta dei fini, allora si confondono gli ordini teleologici e si sconvolgono le implicazioni e le conseguenze pratiche, l’uomo diviene un essere che può tutto e al quale tutto è permesso, gli effetti sono perplessità e insicurezza davanti all’azione e la perdita di una rotta precisa nella vita.
Si può porre il piacere come fine ultimo, ma se arriva la malattia? Oppure il lavoro e la carriera, ma se lo si perde ?
Il fine ultimo dell’educazione deve essere la sintesi di tutti i suoi fini particolari, si tratta di cercare l’unità in tanta diversità, Whitehead diceva che il problema educazione consiste nel riuscire a mostrare all’allievo la foresta per mezzo degli alberi, Maritain invitava a nutrire l’intera unità dell’uomo.
Si arriva così alla postulazione del concetto di persona come un tutto integrale, diversa cosa dal tutto di ordine, che è una somma, un’aggregazione. I fini particolari dell’apprendimento formano un tutto di ordine ed è ciò di cui s’intende quando si parla di obiettivi dell’educazione.
La teoria degli obiettivi operativi “ha reso inutile la pedagogia per la metà delle sue funzioni”, recentemente è decaduta, mentre l’attività docente continua ad essere programmata con la formulazione di un certo numero di obiettivi, considerati indicatori, indizi, mai segno della finalità educativa. L’unità della formazione umana non viene fuori dalla somma degli obiettivi particolari dell’educazione, quando gli elementi del composto vengono separati, si perde il composto come tale, perché il suo principio unificatore non è un elemento tra gli altri, ma una loro relazione.
C’è ancora una conseguenza nell’impostare la finalità educativa mediante obiettivi particolari, è la perdita della dimensione immanente di praxis che non può ridursi a semplice poìesis, cioè si riduce l’agire umano ad un’attività produttiva, gli obiettivi possono sì essere raggiunti, ma il loro senso ultimo sfugge, quanto più numerosi sono i fini particolari. “La disgregazione teleologica porta alla dispersione operativa, da questo al non senso esistenziale il passo è breve”.
Occorrerà configurare e modulare le attività in base al significato dell’azione immanente e formativa che attualizza direttamente il fine ultimo. “Per poter comprendere e realizzare il fine ultimo si richiede una conoscenza adeguata del suo contenuto, che è la felicità”.

Conclusioni

Per quanto riguarda fini e finalità educative, possiamo contare al massimo su una normatività teleologica, non tecnica, cioè possiamo indicare i traguardi da raggiungere, ma per il come, il quando, il dove, non vi è scienza, ma solo confronto ragionato, azione prudente, tatto. Il sapere educativo si sviluppa differenziandosi dall’etica filosofica, in altri termini ogni uomo, soprattutto, desidera essere felice; se l’educazione deve essere preparazione alla vita, si dovrà riflettere sulla felicità, fine della vita umana e fine ultimo dell’educazione. Sapere in che cosa consiste la felicità però non spiega cosa fare per essere felici, allora “nell’educazione si tratta proprio di questo, conoscere l’indole delle azioni umane che devono essere promosse o stimolate per favorire un’agire felice.”
S. Tommaso riteneva la felicità il più grande dei beni umani, perché tutti gli altri si ordinano ad essa come al loro fine. C’è un’evidente priorità anche sulla libertà, visto che “non spetta al libero arbitrio, ma all’istinto naturale il voler essere felice”. La felicità è qualcosa che la volontà non può non volere. Il fine ultimo è il fine supremo, che consisterà nel Bene supremo e Assoluto, cioè Dio, e l’ultimo fine non può essere altro che l’unione con Dio.
L’agire felice è la contemplazione, integrazione di conoscenza e di amore, anche Aristotele ne parlava come un atto proprio dell’agire felice.
La contemplazione è l’agire felice che realizza il fine ultimo, ma è necessario imparare a contemplare, e qui entrano in gioco volontà e immaginazione, due grandi dimenticanze in campo educativo. Contemplare è la fusione del conoscere e del volere in uno stesso atto. L’apprendere si realizza orientandosi grazie alla contemplazione, si trasforma nella gioia diretta e riflessa del lavoro e si proietta nella tensione verso il futuro sotto forma di speranza.
Quando si contempla non si ragiona, non si discorre, non si pensa, ma si vede con gli occhi della mente. Contemplare è puro atto, avviene una silenziosa percezione della realtà. Per contemplare è necessaria l’immaginazione, l’indispensabile facoltà mediatrice tra i sensi e l’intelligenza, senza di essa si fa più fatica ad affrontare presente e futuro. Tutto dipende, infatti, dal colore della lente con cui si guarda.
Oggi s’insegna poco ad immaginare, occorre un ritorno ai saperi narrativi che servono alla contemplazione, anticamente si educava con i racconti, nella modernità abbiamo il cinema. Se accettiamo la contemplazione come agire felice, fine ultimo dell’educazione, sarà necessario modificare fini e obiettivi dell’educazione.
Contemplare, ricordava Maritain, non è solo vedere ma anche “godere di vedere”. Andando per questa strada esiste un termometro dell’efficacia educativa, la gioia, che è risposta alla felicità. Se tutto ha funzionato, assisteremo alla gioia d’imparare. L’apprendimento diviene gioioso se l’educatore riesce a trasmettere l’idea che ogni uomo non fruisce solo di una vocazione individuale, è anche un essere sociale e cosmico, esiste nel mondo per realizzarsi e trasformarlo creativamente, possiede una missione terrena secondo le qualità personali ricevute dal Creatore, ma, soprattutto, che ogni vita è una missione”. M.L.A.

NOTE e BIBLIOGRAFIA

Status et conditio eius cui omnes res secundae fluunt, bona fortuna, prosperitas, beatitudo. Felicitas, deriv. felix-icis, "felice", la cui radice "fe-" significa abbondanza, ricchezza, prosperità. Def. Enciclopedia Pedagogica. M. LAENG (Ed), Enciclopedia Pedagogica, Brescia, La scuola, 1992: "felicità".

In questo contesto già la maieutica socratica è fortemente significativa! Così pure tra i moderni educatori : “Il generare e l’educare sono inseparabili, stanno insieme come fatti e significati, come dono della vita e senso della vita”, in A. BOZZOLO,R. CARELLI, Evangelizzazione e educazione, LAS ROMA 2011, p.381.

Cfr. H. VON BALTHASAR, Se non diventerete come questo bambino, Piemme, Casale, 1995. Nel verbo latino sapio, vi è il doppio significato del gustare e del conoscere.

P. WATZLAWICK Il codino del barone di Munchhausen, Ovvero psicoterapia e realtà, Feltrinelli, Mi,1991.

Cfr. La psicologia del profondo ha messo in luce come il mito dell’autonomia consegni l’adulto ad una cronica immaturità. Paradossalmente, in riferimento a certe tendenze teorizzanti modelli di società senza padri, più si è figli e più si è liberi. In A.BOZZOLO-R. CARELLI, Evangelizzazione e educazione, LAS Roma, 2011, pp.388 e 395.

J. MARITAIN, Per una filosofia dell’educazione, La Scuola, Brescia 2001, p.124.

Cfr. F. ALTAREJOS MASOTA, C. NAVAL DURÀN, Filosofia dell’educazione, Editrice La Scuola, Brescia 2003, p.23.

DANTE ALIGHIERI, Divina Commedia, Inf. Canto XXVI, 116-120, Paravia Torino, 1966, p.340.

La sezione è nota come: La professione di fede del Vicario Savoiardo e contiene i principi che l’educatore dovrà seguire perché il giovane pervenga alla conoscenza di Dio. “La pedagogia, saturata di metodologismo, per carenza di finalismo, è in realtà una scienza che proprio a motivo dei suoi fini deve alleggerire la pressione dei suoi metodi”, in C. XODO, L’adolescenza e la fragile costruzione dell’identità, in L’arte di educare, p.93, Ed. Messaggero, Padova 2008.

A. BOZZOLO - R. CARELLI, Evangelizzazione e educazione, LAS ROMA 2011, p. 375. Ibidem p. 373. Ibidem p.374

M. BUBER, Discorsi sull’educazione, Armando Roma, 2009, 81.61.65.74.

Cfr G. GIUSSANI, Il rischio educativo, Rizzoli Milano 2006, p.15.

R.S. PETERS, Education as initiation, The University of London, Institute of Education, London, 1962, p.47.

F. ALTAREJOS MASOTA, C. NAVAL DURÀN, Filosofia dell’educazione, Editrice La Scuola, Brescia 2003, p.29.

G. PENATI, in M. LAENG (Ed), Enciclopedia Pedagogica, Brescia, La scuola, 1992: "felicità". p. 4824.

Si studiavano le tre relazioni fondamentali dell’uomo, con Dio, con il prossimo, con il creato, ma veniva proposta anche una sapienza di tipo popolare con i proverbi, per norme etiche spicciole; ricordiamo le figure all’interno del libro dei Proverbi, al cap. 7, di “signora sapienza” e “signora stoltezza” o anche la stessa teoria della retribuzione.

ARISTOTELE, Etica Nicomachea, libro VII, in Opere, Bari Laterza, 1973,vol.VII, pp. 63 e 185. Anche se la sua giustizia etica non è fondata né voluta in funzione della felicità.

G. PENATI, in M. LAENG (Ed), Enciclopedia Pedagogica, Brescia, La scuola, 1992: "felicità", p. 4825.

L. A. SENECA, Dialoghi, VII, De Vita beata 5,2.

S. GREGORIO DI NISSA, Vita di Mosè, I,5 a cura di M. Simonetti, Vicenza 1984, in M. BELDA, Guidati dallo Spirito di Dio, EDUSC, Roma 2009, p.456.

S. AGOSTINO, De Trinitate, cit. in M. BELDA, Guidati dallo Spirito di Dio, EDUSC, Roma 2009, p.94. “Cognitio enim Trinitatis in unitate est fructus et finis totius vitae nostrae”, in M. BELDA, Guidati dallo Spirito di Dio, EDUSC, Roma 2009, p.94.

S. NATOLI, Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche, Rai Educational, http://www.emsf.rai.it S. AGOSTINO, Libero Arbitrio, cap. XIII, libro I, Signorelli Roma 1965, p.112. Cfr , Fine dell’educazione, in Enciclopedia Pedagogica, Brescia, La scuola, 1992, p.429.

Alcuni modelli di maturità sono quello spirituale idealista di Gentile, materiale marxista, personale sociale di Dewey, umanistico integrale di Maritain, sociologico di Durkheim e Weber, psicoanalista di Freud, psicologico evolutivo di Piaget.

Cfr F. ALTAREJOS MASOTA, C. NAVAL DURÀN, Filosofia dell’educazione, Editrice La Scuola, Brescia 2003, p.77-78.

Cfr F. ALTAREJOS MASOTA, C. NAVAL DURÀN, Filosofia dell’educazione, Editrice La Scuola, Brescia 2003, p. 80

Il fine ultimo e i fini particolari si differenziano per la relazione di ordine tra loro. Molto didattica in questo contesto è la vicenda di Des Esseint, protagonista del romanzo Controcorrente, di J. K. Huysmans.

L’unità dinamica della personalità è una delle affermazioni base della psicologia umanistico-transpersonale che ha come concetto di fondo quello di un organismo umano unitario nei suoi momenti biologici, psicologici, relazionali, spirituali. L’organismo è una realtà simmetrica con delle funzioni collegate e interagenti tra loro, l’individuo adulto è considerato come un’entità organica, integrata, coerente, in tutta la sua esistenza. B. GOYA, Vita spirituale tra psicologia e grazia, EDB, Bologna, 2002, p.217.

Nata negli anni ’70-’80, metodologia didattica contenente una concezione completa dell’educazione. F. ALTAREJOS MASOTA, C. NAVAL DURÀN, Filosofia dell’educazione, Editrice La Scuola, Brescia 2003, p. 90. Ibidem B. GOYA, Vita spirituale tra psicologia e grazia, EDB, Bologna, 2002, p.217.

Cfr X. ZUBIRI , Natura, storia, Dio, Augustinus, Palermo 1985, p.255.

Bibliografia

ALTAREJOS MASOTA F., C.  NAVAL DURÀN, Filosofia dell’educazione, Ed. La Scuola, Brescia 2003

BELDA, M. Guidati dallo Spirito di Dio, EDUSC, Roma 2009

BOZZOLO A. CARELLI R. , Evangelizzazione e educazione, LAS ROMA 2011

CHIOSSO G., Elementi di pedagogia, Brescia, La scuola, 2002

GOYA B., Vita spirituale tra psicologia e grazia, EDB, Bologna, 2002

LAENG M., Enciclopedia Pedagogica, Brescia, La scuola, 1992

SCURATI C., Pedagogia della scuola, La scuola Brescia, 2003.

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