mercoledì 11 novembre 2009
Monachesimo tra oriente e occidente
Questo articolo è stato da me scritto alcuni anni fa, precisamente nel 2004,lo propongo oggi in occasione della memoria liturgica di S.Martino, monaco e vescovo di origini ungherese,in seguito Vescovo di Tours in Francia, discepolo di S. Ilario, da tutti noto per donarci un piccolo gradevole mutamento climatico, l' "estate di S. Martino" e sovente raffigurato nell'azione di donare una parte del suo mantello ad un povero ignudo.
Monachesimo tra oriente ed occidente, ponte ideale nei processi di unificazione Europea
di Maria Letizia Azzilonna
Indice
I. Introduzione»
II. Valore della vita consacrata»
III. Cenni sulla vita ascetica ortodossa»
I. Introduzione
Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad alcuni eventi ecumenici di grande rilievo: la visita a Roma del Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, la solenne celebrazione svoltasi nel giorno della festa di S. Pietro e Paolo insieme alla firma di una dichiarazione congiunta tra il Pontefice romano e il Patriarca, il 1 luglio, sono stati importanti e storici eventi che confermano e rilanciano l'impegno di cattolici e ortodossi a servizio della grande causa della comunione tra i cristiani.
Giovanni Paolo II, nell'Angelus del 4 luglio ha detto: "Riconoscendo i passi positivi sinora compiuti e senza dimenticare gli ostacoli che ancora sussistono, abbiamo riaffermato la volontà di proseguire e di intensificare il dialogo ecumenico, sia sul piano delle relazioni fraterne che su quello del confronto dottrinale. Con questo spirito abbiamo potuto affrontare alcuni problemi e malintesi sorti recentemente, offrendo un segno concreto di come i cristiani possano e debbano sempre collaborare, anche in presenza di divisioni e conflitti. (...) Solo così l'Europa potrà svolgere appieno il suo ruolo nel dialogo tra le civiltà e nella promozione globale della giustizia, della solidarietà e della salvaguardia del creato".
L'ultimo importante e storico avvenimento è avvenuto negli ultimi giorni di agosto: una antica icona russa, raffigurante la Madonna di Kazan, protagonista di una misteriosa odissea e finita nell'ultimo decennio nell'appartamento privato del Santo Padre, è stata restituita al Patriarca di Mosca, Alessio II per mano di una folta delegazione cattolica composta da personalità di spicco nell'impegno del dialogo ecumenico. Tra tutti il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani e il monaco Enzo Bianchi, fondatore della comunità monastica ecumenica di Bose. L'icona era accompagnata da una bellissima lettera di Giovanni Paolo II, nella quale tra le altre cose il Santo Padre dichiarava di affidare alle mani materne della Madonna di Kazan, le sorti della stessa Europa. La toccante lettera di ringraziamento del Patriarca ha ribadito come, pur nelle difficoltà del particolare momento stoico, la volontà di comunione e collaborazione sia reciproca.
Sull'onda di questi recenti avvenimenti vogliamo inserire questa nostra ricerca sull' antico eremo basiliano situato nella località della Torretta.
Il primo passo da fare in questo senso è quello di colmare le lacune dell'ignoranza a riguardo di questi nostri fratelli d'oriente. L'unione e la comunione della nuova Europa infatti non potrà mai reggere se fondata unicamente sulle questioni economiche, per quanto esse siano importanti. Ma esiste anche un patrimonio spirituale che sarebbe molto rischioso voler appiattire. Le vicende storiche, sociali ed economiche, finora hanno facilitato maggiormente la frequentazione e quindi la conoscenza dei paesi a maggioranza protestante, metodista, o anglicana. Le mutate condizione dell'Europa e il continuo flusso migratorio ci porta oggi ad ospitare numerosi cristiani di rito orientale.
La ricerca sull'antica comunità monastica di Prata può essere una buona occasione per iniziare a conoscere le peculiarità della spiritualità delle chiese d'oriente. L'insediamento monastico di Prata seguiva la regola di S. Basilio, da cui la definizione di basiliani. Approfondire la conoscenza di questa storia locale ci sembra un modo di corrispondere a questi importanti eventi della chiesa universale.
II. Valore della vita consacrata
Questa è una storia vera è una storia vera, non è una leggenda o una favola, è una storia che ha lasciato delle tracce in questa terra, e, anche se invisibili, anche nei cuori che continuano tramite il culto ad onorare queste vite autenticamente vissute e interamente donate all'amore di Dio e all'amore del prossimo: S. Ilarione, S. Falco, S. Stefano, S. Franco, S. Orante, S. Rinaldo, S. Nicola Greco, S. Giovanni Eremita e S. Giovanni Stabile sono tutt'ora onorati come patroni di diverse località di questa zona.
Nelle radici spirituali di quella che è oggi questa terra e questa gente c'è stato un fiorente movimento monastico-eremitico favorito dalla particolare conformazione geografica di alcuni dei luoghi più suggestivi dell'Abruzzo.
Conoscere senza mistificazioni le proprie radici è utile per slanciarsi con più forza verso il futuro, nessuno anela ad anacronistici ritorni al passato, ma solo chi conosce bene la propria identità è in grado di progettare il proprio futuro. Questo vale anche per questioni spirituali, e riteniamo possa essere un valido antidoto ai continui tentativi di omologazione e di appiattimento che stanno riducendo il nostro popolo ad una massa amorfa "telecomandata" e "teleguidata", non solo per la spesa da fare al supermercato ma anche per il modo di recitare il Padre Nostro o di rendere lode al Signore.
La storia testimonia l'importanza di una scelta di vita che molti oggi vorrebbero far scomparire o, il che è ancora peggio, adulterare.
Oggi siamo disposti a ritornare a credere al culto dei sacrifici umani per placare l'ira divina, piuttosto che riconoscere il valore di queste scelte radicali e accettare che possa esserci qualcuno che volontariamente si "sacrifica" per amore di Dio e del prossimo. Siamo disposti a partire per luoghi esotici per ritrovare noi stessi e le radici della nostra anima, ma poi dissacriamo i nostri luoghi sacri dove le pietre silenzione ancora contengono echi e profumi delle preghiere di anime sante. Eppure queste scelte particolari di vita sono il motore nascosto della storia e sono necessarie per riequilibrare le nostre società squilibrate. E' chiaro che certe forme di vita religiosa appartengono al passato, le forme cambiano ma il contenuto rimane lo stesso. E questa ricerca è anche un omaggio a quanti oggi si sforzano di testimoniare con la loro esistenza un cammino "controcorrente".
"Il contemplativo immerso nel silenzio e ogni atteggiamento di preghiera, di apertura al mistero, provoca nella storia una irruzione dell'eternità e permette quelle creazioni di vita e di bellezza che, a loro volta terranno desti i cuori......e fanno nascere nella cultura quelle immagini, quei simboli (...) sui quali milioni di anime fonderanno (...) il coraggio di esistere, così scrive il teologo ortodosso O. Clement, e continua, "Francesco d'Assisi ha reso possibile Cimabue e un primo Rinascimento nel quale l'umano si affermava senza separarsi dal divino; Sergio di Radonez ha reso possibile Rublev e poi Tarkovsij". (1)
"I vecchi asceti dicevano che il più grande dei peccati è l'oblio: quando l'uomo diventa opaco, insensibile, talora indaffarato, o miseramente sensuale, quando diventa incapace di fermarsi un istante nel silenzio, di meravigliarsi, di vacillare davanti all'abisso, per l'orrore o per il giubilo; quando diventa incapace di ribellarsi, di amare, di ammirare, di accogliere lo straordinario negli esseri e nelle cose, quando diventa insensibile alle sollecitazioni segrete, anche se frequenti di Dio" (2), e quando, aggiungerei, non contento, decide di costruire muri di separazione, (muri di pietre, muri informatici, muri telefonici, muri nelle relazioni umane) di tornare alle "caste", quando diventano "paria" tutti coloro che divergono dalle opinioni della massa, o anche solo coloro che hanno ancora opinioni, o solo una sensibilità diversa, significa allora che c'è una regressione nel cammino della civiltà umana, una involuzione del progresso evolutivo, un rigurgito di bestialità .
"L'uomo che si identifica con il Cristo crocifisso riceve la forza del Cristo risorto, 'Io mi compiaccio negli oltraggi, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole è allora che sono forte (2 Cor. 12,10). Nella tradizione degli anawim, e del profeta Amos, di Geremia, di molti salmi, i "miti", i "poveri" gli "umili" dell'Antico Testamento sono chiamati "beati" nelle Beatitudini, perché fanno posto a Dio in se stessi, perché offrono uno spazio allo Spirito Santo. Per questo Maria, nel suo cantico di lode, il Magnificat, celebra gli "umili", quelli che si sono svuotati per Dio, aperti a Dio, e che egli ha potuto innalzare proprio mentre rovescia i "potenti" dai loro troni, troppo appesantiti e troppo pieni di sè, troppo ricchi, nei quali egli non può trovare spazio... (3)
P. Paolo Pasolini scriveva: "per me c'è un vuoto nel cosmo/ un vuoto nel cosmo/ e da là tu canti./ Questo può dire un profeta che non ha/ la forza di uccidere una mosca - la cui forza / è nella sua degradante diversità".
Ma "Pro-feta" significa colui che parla "a favore di" ciò che è più segreto, più inosservato, più disprezzato, più debole. In nome di quel Dio che il profeta Elia intuisce non essere nella tempesta, nè nel terremoto nè in qualsiasi manifestazione eclatante e assordante, ma in un mormorio leggero, "al confine con il silenzio".
Secondo un'interessante figura scomparsa nel 1981, di origine italiana, ma francese di adozione, Giovanni G. Lanza Del Vasto, discepolo di Gandhi e fondatore delle comunità dell'Arca, il peccato maggiore dell'uomo consiste in questo: "nell'abbassare la Conoscenza-Contemplazione (tipica della nostra natura umana) alla Conoscenza del bene e del male finalizzata al proprio tornaconto individuale, cioé al Sapere-Sfruttamento della Natura e ancor più degli altri... questa tendenza è tipica dei tutto il mondo animale, ma l'uomo che pretende di seguire le leggi della natura animale, dimentica uno dei suoi piani, si prende per un essere solamente doppio, mentre invece è triplo, cioé si dà la vita materiale e animale, ma non la vita spirituale ed eterna. (...) Le conseguenze di questo atteggiamento sono: sia lo sfruttamento cinico della Natura invece che la sua gestione saggia e simpatetica, sia gli sfruttamenti reciproci tra gli uomini. Lo stato pietoso della Natura, denunciato da Lanza del Vasto cinquant'anni fa è oggi sotto gli occhi di tutti e da molti è deprecato. Mentre non sono ancora percepite tutte le conseguenze da lui indicate, sullo spirito e sulla società. (4)
E' anche interessante l'interpretazione che lo stesso autore dà sul famoso passo biblico dell'Apocalisse dove si parla della Bestia che sale dalla terra (in Apocalisse, 15-18): (5)
"Poi vidi un'altra bestia salire dalla terra (...) Questa ordinava che fossero uccisi tutti quanti non avessero voluto adorare l'"immagine" della bestia. Si adoperava inoltre che a tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, fosse impresso sulla loro mano destra o sulla fronte un marchio, in modo che nessuno potesse comprare o vendere all'infuori di coloro che portavano il marchio, cioé il nome della bestia o il numero del suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha mente, calcoli il numero della bestia, è un numero d'uomo, il suo numero è seicentossessantasei."
Rispetto alle tante interpretazioni di questo passo della scrittura, Lanza del Vasto ne propone una nuova. Il 666 è visto alla luce del linguaggio della scienza moderna, l'analisi matematica dell'infinito: quel nome è allora una sequenza infinita di 6, il quale a sua volta secondo la numerologia tradizionale è il numero dell'uomo. Quindi il numero della Bestia, 666, è 'l'uomo che si espande all'infinito', ma sempre nel piano della natura animale, senza mai raggiungere il 7, cioè l'uomo spirituale. Il che esprime effettivamente la natura di questa nostra civiltà: essa illude chiunque di diventare una persona superiore, solo perchè le sue capacità umane-animali vengono "espanse" illimitatamente, in dimenticanza della sua dimensione interiore.
Sotto questa luce la conversione del "rientrare in se stessi" per seguire la vita interiore, è innanzitutto l'uscire dalla prospettiva della espansione animale illimitata; cioé semplificare la vita e ridurre i propri bisogni. Secondo lo stesso autore, il natale di Gesù e la vita semplice di Gandhi sono i grandi esempi di questa conversione personale e sociale.
Cercheremo di delineare brevemente alcune caratteristiche del monachesimo d'oriente, senza con questo voler togliere nulla alla ricchissima e pregiata tradizione monastica occidentale. La regola basiliana è infatti una delle quattro grandi regole religiose insieme alla Agostiniana, alla Benedettina e alla regola Francescana. Il prestigio di queste grandi Regole si deve alla loro aderenza al Vangelo, che della vita religiosa è la regola suprema. L'influsso che queste grandi Regole religiose hanno esercitato sull'organizzazione comunitaria della vita religiosa è stato determinante. Tutte le famiglie religiose hanno goduto dell'influsso di queste regole e hanno attinto a piene mani dalla loro legislazione e dalla loro esperienza di vita vissuta, attraverso le alterne vicende della storia. A tutt'oggi, queste grandi Regole religiose costituiscono la fonte d'ispirazione e la base strutturale di tutte le famiglie religiose che si ispirano alle istituzioni di religione monastica, canonicale ed apostolica.
S. Gregorio Magno ha scritto che "chi restituisce in dono a Dio qualche cosa (di ciò che ha ricevuto), compie un sacrificio; chi restituisce in dono a Dio tutto ciò che è e tutto ciò che ha ricevuto, compie un "olocausto". Con la propria professione il religioso si restituisce a Dio come dono cultuale per tutto quello che è e per tutto quello che ha, per cui tutta la sua esistenza diventa un interrotto atto di culto a Dio nella carità.
"Dio si rende giudice dei diritti fondamentali dell'uomo di farsi una famiglia, di usufruire della propria libertà e di usufruire dei beni economici necessari per la vita, ma gli abusi perpetrati dall'uomo contro questi stessi diritti (lussuria, superbia, avarizia) gridano vendetta al cospetto del Signore. Contro questi mali che sono epicentro di tutti i mali che affliggono l'umanità, si erge, come diga di contenimento, la vita casta, povera ed obbediente del consacrato". (6)
Oggi, mentre da una parte, come periodicamente è accaduto anche in altre epoche storiche, si cerca di svilire questo tipo di scelta, di sovvertirla con subdoli attacchi, "è innaturale", "appartiene al passato" o di annacquarla al punto che diviene inutile, dall'altra si assiste alla crescita di una serie di fenomeni spaventosi, come bambini acquistati per sacrifici in riti satanici, come il cossidetto "mobbing" che altro non è che tortura psicologica che sovente spinge la vittima fino al suicidio, o ad una sorta di suicidio "chimico" cioé da psicofarmaci, costringendo le vittime ad un isolamento forzato che è comunque morte, perché la vita dell'uomo è e deve essere sempre in "relazione".
C'è in un certo tipo di società secolarizzata, un disperato bisogno di "vittime", ma pur di non riconoscere la necessità di vittime volontarie, ciòé di persone scelgono di "offrirsi" e di consacrarsi a Dio, (ricordo che il monachesimo è una caratteristica di tutte le grandi religioni, di tutte le epoche, anche pre-cristiane, pensiamo per esempio agli esseni) si è disposti a costringere ad essere vittima chi non ha mai ricevuto la vocazione di esserlo. Nell'ultima edizione del Salone del Libro di Torino, nell'ambito di una importante tavola rotonda a cura di Gabriella Caramore, dal tema "Lo Stato e le Religioni", Enzo Bianchi ha ammonito: "Sempre più spesso viene capovolto il forte monito evangelico di "dare a Cesare ciò che è di Cesare e dare a Dio ciò che è di Dio" .
Mentre spesso si dà a Cesare ciò che è di Dio e a Dio ciò che è di Cesare! Ma non è saggio arrendersi ad una fede civile, accomodante, di "plastica", una chiesa che evade la propria missione evangelizzatrice, che non è più nè "fermento" né "lievito", né "sale", come chiaramente chiedeva Gesù ai discepoli, che preferisce relegarsi nel privato e in una sorta di autismo spirituale senza alcuna osmosi con la realtà.
Se nostro Signore tornasse sulla terra, troverebbe in certi ambienti ecclesiali la stessa situazione di duemila anni fa, troverebbe mercanti nel tempio, troverebbe ipocrisia farisiaca, e troverebbe ogni sorta di peccatori pentiti e toccati dalla grazia di Dio, relegati nel recinto delle "cattive compagnie", tenuti rigorosamente a distanza, (tranne in caso possano elargire laute somme, è noto il caso di un boss mafioso, che aveva nella sua latitanza una sorta di cappellano privato).
Chi non si ritrova in questo modello di fede cristiana si ritrova oggi in nuove forme di "catacombe" e sottoposto a torture subdole e meschine al cui confronto le antiche fiere del Colosseo sono poco più che un solletico.
Ma chi può arrogarsi diritti che competono solo a Dio? Chi può usurpare all'Altissimo il diritto di designare o modificare la linea del destino delle sue creature? Chi può arrogarsi impunemente il diritto di trasformare una ignara creatura umana nel "capro maledetto" della tradizione giudaica?
Si ha l'impressione che ci sia una certa confusione anche in ambienti ecclesiali su ciò che è "sacrificio" volontariamente scelto e ciò che è subdola persecuzione o sacrificio umano a modello delle società pre-colombiane, per intenderci. (7)
Per non parlare della enorme confusione, parrebbe a volte creata ad arte, sul termine "martirio". Ma il martire cristiano si priva della sua vita non per dare la morte, come gli arcinoti kamikaze, ma, al contrario, per dare la vita a modello di Gesù Cristo. Un paio di esempi di "martiri" cristiani neanche tanto lontano da noi: Padre Massimiliano Kolbe, che non era un poveraccio qualsiasi, religioso giovane, colto, giornalista, aveva messo in piedi una fiorente attività editoriale, quando venne rinchiuso in campo di concentramento si offrì di andare a morire al posto di un padre di famiglia che avrebbe lasciato sole numerose creature orfane. Edith Stein, ebrea convertita in età adulta al cristianesimo, pedagogista, filosofa e intellettuale di gran pregio, nella seconda parte della sua vita entrò nel monastero delle Carmelitane Scalze di Colonia, e lì stava continuando a scrivere opere teologiche di pregio (ma scrisse anche una forte lettera al Pontefice dell'epoca sollecitando una presa di posizione della Chiesa sul rischio che il mondo stava correndo), quando venne ritrovata dalla Gestapo che non dimenticava di rastrellare neanche i conventi. Numerose testimonianze affermano che Edith Stein avrebbe potuto salvarsi, approfittando dei privilegi della sua condizione di religiosa e nascondersi in un'altro monastero fuori dall'Europa, ma per solidarietà con il suo popolo, di cui non smise mai di sentirsi parte, volle condividerne le stesse sorti e si lasciò internare. Prima di finire nella camera a gas, la si vide prendersi cura dei bambini e degli ammalati del campo (era anche infermiera) e quando le imponevano il tipico saluto nazista con il nome di Hitler, lei rispondeva sempre: "Sia lodato Gesù Cristo".
Sociologicamente parlando, si assiste al seguente fenomeno: dove la vita religiosa non esiste più o è in declino si verifica il proliferare di certe storture sociali, dove la vita religiosa perde la sua essenza e diviene arrogante privilegio, invece che "servizio", si perde quel fondamentale ponte verso il cielo che intercede e riequilibria ogni esistenza e ogni attività umana. Perché la vita cristiana autenticamente vissuta non rimane su di una nuvola ma più si innalza verso il cielo con la preghiera, più si estende in orizzontale, aprendosi ai bisogni dei fratelli e alle necessità dell'umanità.
Nonostante gli appelli continui di Giovanni Paolo II a costruire "ponti" invece che "muri", si ha l'impressione che a volte proprio all'interno delle stesse nostre chiese si drizzino barriere insormontabili dove predominano il pregiudizio e il calcolo di bassa lega. Dove persino svolgere attività caritatevoli è un privilegio di casta. Ma servirà agli occhi del Signore dare elemosine con una mano e colpire "canne incrinate" con l'altra? Serviranno a qualcosa ai fini della nostra salvezza eterna le S. Messe in suffragio dei nostri cari estinti se stiamo opprimendo delle creature viventi? (10)
Si nota inoltre una tendenza deviante di alcune forme delle opere di carità che coinvolge sia organizzazioni civili-umanitarie (i famosi "centri di accoglienza", dove la parola "accoglienza" è qualche volta fuori luogo) ma a volte anche ricoveri e ospizi per disabili e senza fissa-dimora gestiti da istituzioni religiose. E' frequente trovare tra gli "scarti" umani, individui sani e sovente anche della nostra stessa etnia, decisamente recuperabili, con un minimo di attività e calore umano, trattenuti con diagnosi poco chiare e sedati in modo inumano. Se giustamente oggi puniamo chi maltratta o abbandona un animale, quanto più dovremmo punire chi uccide (a sproposito) "chimicamente" una creatura umana! Spesso non basta più sfamare-vestire-alloggiare un individuo nel bisogno. Occorre restituire la dignità della persona. In alcuni luoghi della terra forse ancora vi sono bisogni primari da soddisfare, ma da noi non può bastare. Occorre, se è possibile, guarire e "affrancare".
In un saggio di Mons. Bruno Forte, teologo e novello Arcivescovo di questa diocesi, sull'autore già citato, Giovanni Lanza del Vasto, si legge: "Il mistero non lo si dimostra, lo si accoglie; ad esso ci si avvicina non con l'argomentazione, ma per via di corrispondenza vitale (...) Il cogito cartesiano non è semplicemente capovolto nel 'cogitor, ergo sum' ma trasposto nell' 'amo, ergo es', che attinge all'esperienza del sentirsi raggiunti e amati dall'Altro... 'amor, ergo sum', cioé esisto perché sono amato, ci sono perché Tu ci sei". (8)
III. Cenni sulla vita ascetica ortodossa
La tradizione ascetica orientale ortodossa ha sviluppato maggiormente ciò che il teologo V. Lossky chiama l'immagine "medica" del Cristo. Questa immagine possiede un fondamento scritturistico particolarmente solido. Il Redentore è anche Salvatore, se noi siamo riscattati, siamo anche salvati. ora si dimentica troppo spesso che il verbo "soizo", salvare frequentemente usato nel Nuovo Testamento, significa non solo "liberare" o "trarre fuori dal pericolo", ma anche "guarire", e che il termine "soterìa" (salvezza) indica non solo la liberazione ma anche la guarigione. Il nome stesso di Gesù, significa "Jhwh salva" (Mt 1,21; At 4,12).
Del resto è come tale che spesso i profeti lo annunciano e che gli evangelisti lo caratterizzano; la stessa parabolica evangelica del Buon Samaritano può essere a buon diritto considerata come una rappresentazione del Cristo Medico.
Durante la sua vita terrena, infine, diversi suoi contemporanei andarono da lui come verso un medico. I Padri, fin dai primi secoli gli attribuiranno in modo corrente il nome di Medico.. secondo il contesto, dei corpi delle anime, più frequentemente delle anime e dei corpi, sottolineando che è tutto l'uomo che egli è venuto a guarire. Questa definizione appare al centro stesso della liturgia di S. Giovanni Crisostomo e nella maggior parte delle formule sacramentali. La si ritrova costantemente in quasi tutti i servizi liturgici della Chiesa ortodossa e in molte formule di preghiera.
(...) L'opera salvifica del dio-uomo appare come il processo della guarigione, nella sua persona della intera umanità che egli ha assunto e della restituzione alla umanità dello stato di salute spirituale che essa ha in origine conosciuto. In questo modo il Cristo ha portato alla perfezione della deificazione la natura umana così restaurata.
Questa salute-guarigione di tutta l'umanità e la sua deificazione compiuta nella persona del Verbo di Dio incarnato sono offerte dallo Spirito Santo ad ogni battezzato. Tutto ciò è in potenza nel battezzato: questi deve assimilare tale dono in tutto il suo essere. In questo consiste il ruolo della vita spirituale e dell'ascesi.
L'ascesi nella Chiesa ortodossa non ha quel senso stretto che spesso le viene assegnato in Occidente, indica piuttosto ciò che ogni cristiano deve compiere per aprirsi a questa grazia e appropriarsene, sforzo che si compie in tutta la vita, in ogni momento e in tutti gli atti dell'esistenza. Il termine greco "àskesis" significa esercizio, allenamento, pratica, genere di vita.
(...) Attraverso l'ascesi il cristiano, per la grazia dello Spirito, muore, risorge ed è glorificato con il Cristo, cessa di essere un uomo decaduto e diviene un uomo "nuovo", si spoglia dell'uomo vecchio e si riveste del Cristo, attualizza lo scambio che il battesimo ha potenzialmente realizzato in lui della natura decaduta con la natura restaurata e deificata in Cristo.
(...) La nozione che l'antropologia ortodossa ha della salute dell'uomo è indissociabile da quella di una natura umana ideale posseduta dall'Adamo originale e, dovendo essere condotta da lui, nella sinergia tra la sua libera volontà e la grazia divina, alla sua perfezione, quella della "deificazione". Ciò vuol dire che la natura umana ha un senso che si trova nelle sue diverse componenti: essa è naturalmente orientata verso Dio ed ha come destino di trovare in lui il proprio compimento. Secondo l'antropologia ascetica ortodossa, l'uomo è in uno stato di salute quando realizza il suo destino e le sue facoltà si esercitano conformemente a questa finalità naturale. Il peccato, inteso come separazione da Dio, allontana l'uomo da questo fine essenziale, instaura in lui uno stato di malattia che si caratterizza con l'uso contro natura di tutte le sue facoltà. L'ascesi, per mezzo della quale l'uomo si converte ontologicamente, costituisce una vera terapia che gli permette di recuperare la salute della sua natura originale nel ritornare verso Dio. " (9)
E, contemporaneamente, ritornare ad essere il vero se stesso! Infatti come leggiamo nella Genesi, l'uomo è creato "secondo" l' immagine di Dio.
Nelle lingue slave un monaco stimato come santo viene chiamato "prepodobnyj" cioè "molto rassomigliante". La Madre di Dio è "prepodobnejsaia" la più rassomigliante. Sono molto profonde a riguardo le considerazioni di V. Solov'ev, uno dei più autentici filosofi russi, sulla bellezza spirituale, considerata come uno dei più importanti concetti religiosi. (10) Una realtà isolata non è bella, diventa bella quando comincia a far "trasparire" una realtà superiore. Solov'ev porta l'esempio del diamante. Per composizione chimica è identico al carbone, ma mentre ques'ultimo soffoca la luce, il diamante la fa risplendere. La bellezza può essere definita come trasparenza di qualcosa di superiore. Secondo questa visione è possibile leggere le parole di Cristo: "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Gv 14,9). Colui che ha visto una persona santa ha visto Cristo, e attraverso Cristo, il Padre. E' possibile applicare questa estetica anche all'arte iconografica: infatti la "diafanità", la trasparenza delle icone, fa elevare lo spirito dal tipo, (immagine materiale) al prototipo (il santo rappresentato) fino all'archetipo (Padre).
Casoli, 6 Settembre 2004
Riferimenti bibliografici:
1. Olivier Clement "Il potere crocifisso", Qiqajon, 1999.
2. ibidem
3. ibidem
4. P.F. Teologica dell'Italia Meridionale, Ist. Ital. per gli Studi Filosofici, "Tra Cristo e Gandhi" San Paolo, 2003.
5. Giovanni Lanza del Vasto, Les Quatre Fleaux, Denoel, Paris 1954.
6. Andrea Boni, "Regole religiose di ieri e di oggi", Ed Studium, Roma, 1999.
7. Già nell'antichità il profeta Isaia ammoniva: "Che mi importa dell'abbondanza dei vostri sacrifici? Dice il Signore. Sono sazio degli olocausti degli arieti e del grasso dei vitelli... cessate di portare oblazioni inutili...non sopporto iniquità e feste solenni. L'anima mia odia i vostri noviluni e le vostre solennità, esse sono per me un peso, sono stanco di sopportarle....Lavatevi, purificatevi, rimuovete dal mio cospetto il male delle vostre azioni, cessate di operare il male. Imparate a fare il bene, ricercate il diritto, soccorrete l'oppresso, rendete giustizia all'orfano, difendete la vedova.... Se sarete volenterosi e obbedirete, mangerete i beni del paese. Ma se rifiutate e vi ribellerete, sarete divorati dalla spada, perché la bocca del Signore ha parlato." (Isaia 1, 10-20)
8. P.F. Teologica dell'Italia Meridionale, Ist. Ital. per gli Studi Filosofici, "Tra Cristo e Gandhi" San Paolo, 2003.
9. J.C. Larchet, Terapia delle malattie spirituali, Un'introduzione ascetica della Chiesa ortodossa, San Paolo, 2003.
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