mercoledì 27 agosto 2014

Letture estive: Russel, Scritti sull’educazione

Liberamente tratto da Bertrand Russel “Scritti sull’educazione (1916-1931) Il primo saggio di carattere educativo venne pubblicato da Bertrand Russel nel 1916 sulle colonne di Atlantic Monthly. Nel 1927 apre la scuola di Beacon Hill, diretta da entrambi i coniugi Russel. Uno degli scopi dell’educazione, era l’assioma della scuola, “deve essere quello di preparare degli uomini che abbiano una libera intelligenza, unita ad un carattere felice”. Il potere dell’educazione nell’ambito della formazione del carattere è enorme ed universalmente riconosciuto. Inoltre, nota Russel, le autentiche credenze dei genitori e degli insegnanti, ma non in genere i precetti professati, vengono acquisite quasi inconsapevolmente dalla maggior parte dei fanciulli. Anche se poi se ne allontanano, qualcosa resta radicato profondamente, pronto a riemergere in un periodo magari di crisi. Secondo Russel, l’educazione è l’energia più potente che favorisce lo status quo, le istituzioni, quando hanno il potere dalla loro parte, si impadroniscono della macchina educativa e istillano nelle menti malleabili dei giovani il rispetto per la loro perfezione. I riformatori replicano tentando di cacciare i proprio avversari dalla loro posizione di vantaggio… In vero, spiega Russel, nessuna delle due parti ha rispetto per i fanciulli, considerati così poco importanti, da essere arruolati in una schiera o nell’altra. Se si avesse rispetto per loro, l’educazione non aspirerebbe a farli appartenere a questo o a quel partito, ma tenderebbe a porli in grado di pensare e a non far sì che pensino quello che vogliono i loro insegnanti. L’educazione come arma politica non potrebbe esistere se rispettassimo i diritti dei fanciulli, se ciò accadesse noi li educheremmo in modo tale da offrirgli il tipo di sapere e gli abiti mentali necessari alla formazione di opinioni indipendenti; mentre l’educazione come istituzione politica tenta di formare abiti mentali e di circoscrivere il sapere così da rendere inevitabile una determinata direzione delle opinioni. Nell’educazione l’autorità, entro ceri limiti, è inevitabile, gli educatori devono trovare il modo di esercitarla secondo lo spirito della libertà. Dove è necessaria l’autorità, è indispensabile il rispetto, e chi deve educare veramente bene e fare in modo che i giovani crescano e si sviluppino appieno, non può non essere pervaso completamente dallo spirito del rispetto. Chi sostiene i ferrei sistemi meccanici, ad es. il militarismo e tutte le altre carceri in cui riformatori e reazionari tentano di catturare lo spirito umano, non ha proprio rispetto verso gli altri. Nell’educazione, con i regolamenti codificati emanati da un ufficio governativo, con le classi numerose, il programma già stabilito e i maestri oberati di lavoro eccessivo, insieme al proposito di produrre uno sterile livello di piatta mediocrità, è quasi universale la mancanza di rispetto per il fanciullo. Rispetto che richiede immaginazione e calore vitale, e inoltre il massimo di comprensione possibile per i meno dotati o per i più deboli. Il fanciullo è debole e superficialmente sciocco, mentre l’insegnante è forte e più saggio. L’insegnante o il burocrate che non hanno rispetto per i fanciulli, li disprezzano facilmente per questa apparente inferiorità. Ritiene che sia suo dovere “plasmare” il fanciullo e nella sua fantasia si comporta come il vasaio alle prese con la creta. Così egli dà una forma innaturale che col tempo si indurisce e produce tensioni nervose e insoddisfazioni spirituali, dalle quali nascono crudeltà, invidia, convinzione che gli altri debbano sopportare le medesime frustrazioni. Chi rispetta gli altri, non penserà minimamente che il suo dovere sia “plasmare” qualcuno; egli sente che in tutti gli esseri viventi, in modo particolare nei giovani, qualcosa di sacro, di indefinibile, di illimitato, qualcosa di individuale e di stranamente prezioso, il principio della vita che cresce, un frammento incarnato dello sforzo silenzioso del mondo. Al cospetto di un fanciullo egli sente una umiltà inesprimibile, una umiltà che non è facile giustificare razionalmente e tuttavia in un certo qual modo più vicina alla saggezza di quanto non lo sia la facile sicurezza di sé di molti genitori e insegnanti. L’evidente impotenza del fanciullo e il suo ricorso al senso di dipendenza, lo rendono consapevole della responsabilità della fiducia in lui riposta. L’immaginazione gli mostra ciò che bene o male può diventare il ragazzo, come i suoi impulsi possono essere sviluppati o frustrati, come le sue speranze non possono non essere offuscate e la sua vita farsi meno viva… Tutto ciò lo rende desideroso di aiutare il fanciullo ad avere successo. Egli (l’insegnante) vorrebbe dotarlo bene e rinvigorirlo non per una finalità esterna proposta dallo Stato o da qualche autorità impersonale, ma per i fini che lo stesso spirito del fanciullo va perseguendo poco chiaramente. Chi è sensibile a questi problemi può esercitare l’autorità che spetta a un educatore, senza violare il principio della libertà.. Certamente gli Stati, un certo tipo di Chiesa, le grandi istituzioni loro sottoposte, non dirigono l’educazione secondo il principio del rispetto dei giovani, quasi sempre il fine dell’educazione non è il ragazzo o la ragazza, ma il mantenimento dello status quo. Qualora si tenesse conto dell’individuo è in vista del successo mondano, per far soldi o raggiungere una buona posizione. Quasi tutta l’educazione ha un movente politico poiché tende a consolidare qualche gruppo, nazionale o religioso o anche sociale, in concorrenza con altri gruppi. E’ questo che determina le materie insegnate, il sapere elargito e quello celato, e che decide anche quali abiti mentali devono acquisire gli allievi. Nulla si fa per promuovere la crescita interiore della mente e dello spirito; per la verità, chi ha fruito maggiormente dell’educazione molto spesso ha una vita mentale e spirituale atrofizzata, priva di impulso e dotata soltanto di certe abitudini meccaniche che sostituiscono il pensiero vivo. L’istruzione attuale, spiega Russel, è realmente nociva nel campo della storia, della religione e in altri argomenti controversi che toccano gli argomenti che tengono in vita le scuole, perché è proprio su questi argomenti che si possono instillare determinate opinioni. In ogni paese si insegna la storia trionfalisticamente, cioè i bambini imparano a credere che il loro paese abbia avuto sempre ragione e quasi sempre vinto, che esso abbia dato i natali a quasi tutti i grandi uomini e che sotto ogni aspetto sia superiore ad ogni altro paese. Queste convinzioni sono lusinghiere e vengono assorbite facilmente e il sapere successivo non riesce quasi mai a rimuoverle dall’istinto dell’uomo. Per esempio i fatti della battaglia di Waterloo, sono conosciuti per filo e per segno ma la loro versione presentata nelle scuole sarà diversa in Inghilterra, in Francia, in Germania. Il ragazzo inglese comune immagina che i Prussiani non siano stati in grado di dominare la situazione; quello tedesco che Wellington era praticamente sconfitto quando la vittoria venne recuperata dal valore di Blucher… Questo risultato bisogna evitarlo, ogni Stato vuole stimolare l’orgoglio nazionale e sa bene che ciò non è possibile in una storia obbiettiva. Se si desiderasse fondare buone relazioni tra gli Stati, una delle prime misure da prendere dovrebbe essere quella di demandare qualsiasi insegnamento storico a una commissione internazionale che dovrebbe pubblicare libri di testo imparziali e liberi dal pregiudizio patriottico. Lo stesso vale per la religione, perché le scuole sempre sono in mano a qualcuno che ha un cero orientamento religioso o non ne ha nessuno… quando la scuola svolge una milizia di tipo laico, le scuole statali sono dogmatiche al pari di quelle gestite dalle Chiese. Ho sentito raccontare che in una certa scuola è proibito pronunciare la parola “Dio”. Il risultato è lo stesso, cioè si tiene a freno la libera indagine sull’argomento più importante el mondo e il giovane va incontro al dogma o al silenzio di tomba. Dopo aver criticato alcune istituzioni educative come Eton e Oxford, perché producono il culto della buona forma, incompatibile con l’autentica apertura mentale, in quanto fondata sulla presunzione, Russel spiega come finché lo scopo dell’educazione sarà quello di produrre credenze, piuttosto che capacità di giudizio, e di esigere che i giovani abbiano precise opinioni intorno ad argomenti dubbi piuttosto che fargliene vedere il carattere incerto e incoraggiarli nell’indipendenza intellettuale, è inevitabile che venga ostacolata la libera indagine. L’educazione dovrebbe incoraggiare il desiderio della verità e non il convincimento che un qualche credo particolare sia la verità. In questo modo accade che si perverta la natura del fanciullo e si limiti la sua libera prospettiva, coltivando inibizioni che frenano il sorgere di idee nuove. In chi non ha la mente particolarmente sveglia, ciò dà luogo all’onnipotenza del pregiudizio; mentre quei pochi il cui pensiero non può essere completamente distrutto diventano cinici, intellettualmente disperati, negativamente critici, capaci di far parere assurdo tutto quel che è vita ed incapaci di fornire gli impulsi creativi che distruggono negli altri. Breve ed inutile il successo che si ottiene sopprimendo la libertà di pensiero, alla lunga il vigore mentale è essenziale al successo, come lo è per la vita buona… chi ama i paralleli tratti dalla storia antica mostrerà la vittoria di Sparta su Atene per imporre la sua morale. Ma è Atene e non Sparta che ha fatto presa sul pensiero e sulla fantasia degli uomini. Se potessimo rinascere in quell’epoca passata, ognuno di noi preferirebbe essere nato ateniese anziché spartano. Educare alla credulità porta celermente al deperimento mentale, solo tenendo vivo lo spirito delle libera ricerca si può ottenere il minimo indispensabile di progresso. (continua)

Nessun commento:

Posta un commento