Quale “lectio” dai fatti della Sapienza?
Ci sono diversi modi di leggere gli avvenimenti. Una domanda è sorta immediata nel cuore di chi scrive dall'inizio di quelle manifestazioni di ostilità che hanno impedito a Benedetto XVI di poter pronunziare di persona il suo discorso alla Sapienza: “Cosa ho fatto, o cosa non ho fatto, perché
perché questi giovani e questi docenti tirano fuori ancora questo anticlericalismo ammuffito?”
Sono sicura che anche altri in quella sterminata folla che si è giustamente mobilitata per esprimere affetto e stima nei confronti di Benedetto XVI, si saranno chiesti con una fitta al cuore, come mai certi giovani hanno ancora un'immagine così vecchia e stereotipata della Chiesa, del Pontefice, o della laicità? Con quali entità cattoliche si sono incontrati o scontrati nelle scuole che hanno frequentato? Altrettanto dicasi per i docenti che si sono mobilitati perché la visita papale non avvenisse: quale impressione avranno ricevuto dai loro colleghi credenti e praticanti? Allora se è giusto manifestare il proprio dissenso bendandosi la bocca o scendendo in piazza è anche legittimo porsi l'interrogativo: quale testimonianza ho dato negli ambienti universitari come studente o come docente, quale immagine di Chiesa ho trasmesso a chi ho incontrato, e quali sentimenti verso il nostro Pontefice? In certi ambienti di “contestatari” l'unica chiesa di cui vogliono sentir parlare (quando va bene) è quella di Alex Zanotelli o dell'Abbé Pierre. Certamente due figure illustri, ma che non possono rappresentare tutta la Chiesa, l'unica chiesa che che esiste e merita rispetto in certi ambienti è quella che opera visibilmente nel sociale. Da contrapporre alla Chiesa settaria che innalza muri e divieti, alla Chiesa che scomunica, alla Chiesa che fa uso del termine “catto-comunista”, che non dà la comunione ai risposati, alla Chiesa che vieta il matrimonio ai suoi sacerdoti, che è contraria ai “pax” ecc ecc. Ma né la Chiesa che pensa ai poveri, né la Chiesa “bacchettona”, hanno nulla a che spartire con la vita di studio e di pensiero. Ogni autentico “pensante” deve essere rigorosamente ateo o agnostico, a al massimo un estimatore di Gesù e del Vangelo, mai della Chiesa e tantomeno del Papa.
Com'è triste e stantìo tutto ciò, come se le università più antiche d'Europa, compresa la Sapienza, non fossero nate grazie a papi o chierici, come se Agostino, Tommaso, Bernardino, Ignazio di Loyola, Rosmini, Giussani, Escrivà De Balaguer, Giovanni Paolo II, (questi ultimi hanno lavorato a lungo negli ambienti universitari) e molti altri ancora non fossero mai esistiti! Come se ancora certi forti messaggi dell'ultimo Concilio, fossero rimasti sulla carta: “Il Signore è anche vicino a quanti cercano il Dio ignoto nelle ombre e nelle immagini, poiché egli dà a tutti vita e respiro e ogni cosa, e come Salvatore vuole che tutti gli uomini siano salvi. Infatti quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, cercano sinceramente Dio e con l'aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà divina, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna. Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che, senza averne colpa, non sono ancora arrivati a una conoscenza esplicita di Dio, e si sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta.” (Lumen gentium, N 2. 16) Insiste ancora Papa Benedetto, anche in quest'ultima sua enciclica (Spe Salvi), su quel “Logos”, che comunemente tradotto con il “Verbo”, significa anche “Ragione”, su quelle antiche raffigurazioni del Cristo, rappresentato con il Vangelo e con il bastone del viandante proprio del filosofo, fino a dire: “La nostra speranza è sempre essenzialmente anche speranza per gli altri; solo così essa è veramente speranza anche per me. Da cristiani non dovremmo mai domandarci solamente: come posso salvare me stesso? Dovremmo domandarci anche: che cosa posso fare perché altri vengano salvati e sorga anche per altri la stella della speranza? Allora avrò fatto il massimo anche per la mia salvezza personale”.
perché questi giovani e questi docenti tirano fuori ancora questo anticlericalismo ammuffito?”
Sono sicura che anche altri in quella sterminata folla che si è giustamente mobilitata per esprimere affetto e stima nei confronti di Benedetto XVI, si saranno chiesti con una fitta al cuore, come mai certi giovani hanno ancora un'immagine così vecchia e stereotipata della Chiesa, del Pontefice, o della laicità? Con quali entità cattoliche si sono incontrati o scontrati nelle scuole che hanno frequentato? Altrettanto dicasi per i docenti che si sono mobilitati perché la visita papale non avvenisse: quale impressione avranno ricevuto dai loro colleghi credenti e praticanti? Allora se è giusto manifestare il proprio dissenso bendandosi la bocca o scendendo in piazza è anche legittimo porsi l'interrogativo: quale testimonianza ho dato negli ambienti universitari come studente o come docente, quale immagine di Chiesa ho trasmesso a chi ho incontrato, e quali sentimenti verso il nostro Pontefice? In certi ambienti di “contestatari” l'unica chiesa di cui vogliono sentir parlare (quando va bene) è quella di Alex Zanotelli o dell'Abbé Pierre. Certamente due figure illustri, ma che non possono rappresentare tutta la Chiesa, l'unica chiesa che che esiste e merita rispetto in certi ambienti è quella che opera visibilmente nel sociale. Da contrapporre alla Chiesa settaria che innalza muri e divieti, alla Chiesa che scomunica, alla Chiesa che fa uso del termine “catto-comunista”, che non dà la comunione ai risposati, alla Chiesa che vieta il matrimonio ai suoi sacerdoti, che è contraria ai “pax” ecc ecc. Ma né la Chiesa che pensa ai poveri, né la Chiesa “bacchettona”, hanno nulla a che spartire con la vita di studio e di pensiero. Ogni autentico “pensante” deve essere rigorosamente ateo o agnostico, a al massimo un estimatore di Gesù e del Vangelo, mai della Chiesa e tantomeno del Papa.
Com'è triste e stantìo tutto ciò, come se le università più antiche d'Europa, compresa la Sapienza, non fossero nate grazie a papi o chierici, come se Agostino, Tommaso, Bernardino, Ignazio di Loyola, Rosmini, Giussani, Escrivà De Balaguer, Giovanni Paolo II, (questi ultimi hanno lavorato a lungo negli ambienti universitari) e molti altri ancora non fossero mai esistiti! Come se ancora certi forti messaggi dell'ultimo Concilio, fossero rimasti sulla carta: “Il Signore è anche vicino a quanti cercano il Dio ignoto nelle ombre e nelle immagini, poiché egli dà a tutti vita e respiro e ogni cosa, e come Salvatore vuole che tutti gli uomini siano salvi. Infatti quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, cercano sinceramente Dio e con l'aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà divina, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna. Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che, senza averne colpa, non sono ancora arrivati a una conoscenza esplicita di Dio, e si sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta.” (Lumen gentium, N 2. 16) Insiste ancora Papa Benedetto, anche in quest'ultima sua enciclica (Spe Salvi), su quel “Logos”, che comunemente tradotto con il “Verbo”, significa anche “Ragione”, su quelle antiche raffigurazioni del Cristo, rappresentato con il Vangelo e con il bastone del viandante proprio del filosofo, fino a dire: “La nostra speranza è sempre essenzialmente anche speranza per gli altri; solo così essa è veramente speranza anche per me. Da cristiani non dovremmo mai domandarci solamente: come posso salvare me stesso? Dovremmo domandarci anche: che cosa posso fare perché altri vengano salvati e sorga anche per altri la stella della speranza? Allora avrò fatto il massimo anche per la mia salvezza personale”.
M.L.A.
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