Gesù a Cafarnao
[...] Mentre tutti pendevano dal suo labbro, si produsse un fatto inaspettato che venne a gettare nuova luce sulla natura di Gesù. Tra la folla degli uditori si era intromesso un misero, che per il suo stato avrebbe dovuto tenersi lontano da un'assemblea religiosa. Era un uomo posseduto da uno spirito maligno, il quale, dopo aver per un po' di tempo ascoltato in silenzio il nuovo dttore, dal demonio al quale era in balìa, e che, intollerante del trionfo del predicatore, di cui ciascuna parola era un colpo che gli veniva violentemente diretto, fu ad un punto indotto con furioso dispetto a gridare: "Che abbiamo a che fare con te, o Gesù di Nazareth? Sei venuto per annientare la nostra possanza? Io so chi tu sei: sei il Santo di Dio!". [...] Gli astanti, stupefatti da una interruzione così impertinente e così poco consona alla universale ammirazione, si domandavano ciò che sarebbe accaduto; ma Gesù riconoscendo la voce di Satana, l'avversario, e sprezzando l'omaggio interessato: "Taci, gli disse con accento minaccioso, ed esci da quest'uomo". All'istante lo spirito impuro, agitando la vittima fra spaventevoli convulsioni, lo gettò, senza tuttavia farle alcun male, violentemente in mezzo alla sinagoga, e mandando urla spaventevoli uscì dal corpo. Viva fu l'impressione dei presenti [...] Niente potea riuscire più caro agli ebrei di quel tempo della constatazione di tale potere. L'azione visibile del demonio sul popolo aveva preso proporzioni spaventevoli e noi ritroveremo ad ogni istante sui passi di Gesù infelici posseduti dal demonio, venir a chiedere la guarigione. Giuseppe (1) nel constatare la frequenza di questo orribile fenomeno, pensava attribuirlo alle anime degli uomini viziosi che, dopo morte, si cercavano un domicilio nel corpo dei vivi. Il popolo, meno imbevuto delle teorie filosofiche dell'ellenismo, aveva un'altra convinzione, e Gesù con gli atti e le parole, l'approvò. Egli credeva che gli stessi spiriti maligni, gli angeli decaduti, compagni e strumenti di Satana, avessero il potere di impadronirsi di un uomo e di tormentarne contemporaneamente il corpo e l'anima. [...] Essi possono, con rappresentazioni interne o esterne, eccitare la nostra immaginazione, solleticare la nostra sensibilità, e quindi turbare la nostra intelligenza, oppure legare in parte la nostra volontà. Lo stato morale che ne seguirà avrà dello straordinario, l'influsso diabolico diverrà sempre più potente, le suggestioni più frequenti, le impressioni più vive. L'uomo parrà meno padrne di sè; la personalità di lui progressivamente eclissandosi, e, pur senza giungere al completo annientamento, entrerà in una fase abbastanza simile allo stato di sonno o di pazzia. Nello stesso modo che una lesione, una congestione cerebrale, una forte sensazione di dolore possono turbare la nostra ragione e addormentare la nostra libertà, l'azione diabolica supplendo a queste cause diverse, produrrà i medesimi effetti. [...] A complemento della nostra teoria dobbiamo aggiungere non essere illogico vedere l'ossessione generare la malattia, perchè il diavolo, entrando nell'uomo per nuocergli, può turbare la salute, alla medesima maniera che ne turba la ragione; e può fare dei pazzi maniaci, degli epilettici, dei furiosi, dei sordi e dei muti; di modo che gli evangelisti giustamente potranno chiamare ammalati i demoniaci, e dire che, per opera di Gesù, gli indemoniati erano guariti. [...] Tali espressioni sono del tutto esatte perchè ordinariamente gli ammalati erano posseduto dal demonio e gli indemoniati erano colpiti da infermità. Dobbiamo però osservare che, comunque siano le violenze del demonio, l'influenza sua sugli ossessi dovea restare sempre un fatto estrinseco. Senza dubbio il demonio può imporre alla sua vittima di fare o di dire ciò che farebbe o direbbe egli medesimo [...] ma la sua potenza non giungerà mai a sostituirsi alla persona umana; rimarrà sempre un agente esterno e cagionerà un male soltanto esterno. Il quale meale, non essendo in fondo voluto dall'uomo, nè costituendo l'uomo, può sussistere senza peccato. Il fenomeno però è di per sè troppo grave, e Dio d'altra parte dà al demonio, almeno in via ordinaria, un così orribile potere solamente sopra quegli uomini, che volontariamente si sono assoggettati già al giogo di Satana. Siccome Gesù portava all'umanità la salute, la liberazione, la consolazione, entrava nei piani della sua missione soccorrere questi infelici, a cui la scienza umana non poteva portar soccorso. Inutilmente, infatti, al dir di Giuseppe Flavio, la medicina aveva impiegato per guarirli diverse sostanze vegetali o minerali. Contro tale nemico occorreva una forza soprannaturale e questa forza si era appunto rivelata nella sinagoga di Cafarnao.
Da tutti glorificato Gesù se ne partì dalla sinagoga e andò in casa di Simone-Pietro. La glorificazione poplare non gli impediva di appartenere sempre ai suoi amici, per quanto veri fossero; e Pietro ebbe l'onore di dargli ospitalità. Era vicino il mezzogiorno e le funzioni della sinagoga erano principiate alle nove del mattino. (2)
Entrando si venne a sapere che la suocera di Pietro era in preda ad un accesso di febbre (3). Tali indisposizioni non erano molto rare in questo paese. Le paludi che circondano il corso del Giordano prima della sua entrata nel lago di Genezareth, esalano pericolosi miasmi, e sappiamo che a Giuseppe, non permisero, dopo la sua caduta da cavallo, di passare una sola notte a Cafarnao (4); ma senza frapporre indugio per evitare un accesso violento di febbre, lo fecero trasportare fino a Tarichea. Noi pure non siamo passati mai da queste parti senza trovarvi febbricitanti tra i beduini che vi accampano. [...] Se ne parlò a Gesù e gli si domandò di fare qualcosa per l'ammalata. [...] Fattosi all'istante condurre al letto dell'inferma, si chinò su di lei e, prendendola per mano, la sollevò. Era il mezzo di mettersi in spirituale comunicazione con colei che volea guarire. Nel suo sguardo e nella sua parola mise alcunchè per disporla a meritare il miracolo, e avendo comandato alla febbre di lasciarla, la febbre disparve sì prontamente e sì bene che la buona donna si levò e si mise a servire il suo benefattore e i suoi quattro discepoli venuti con lui, Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni. (5) [...] Intanto l'intera città era in movimento per le due guarigioni straordinarie e attendeva impazientemente col tramonto del sole, la cessazione del riposo sabbatico per condurre a Gesù tutti gli ammalati e gli ossessi. Ecco pertanto verso sera tutti della città portarsi davanti alla casa di Simone, e condurvi infermi di ogni fatta, e Gesù con una semplice imposizione di mani, mostrar loro tutta la sua benevolenza [...] e guarirli. Soprattutto gli indemoniati vi erano numerosi, ed Egli li liberava come al mattino avea liberato quello della sinagoga, ed i demoni, fuggendo davanti a Lui, ne riconoscevano con grandi clamori il carattere divino. Forse a questo modo volevano provocare un'agitazione religiosa prematura e compromettere l'opera messianica; perciò Gesù li minacciava e loro impediva di dire che egli fosse il Cristo.
1. Giuseppe Flavio, Guerra G., VII, 6,3.
2. Giuseppe ci fa sapere che il giorno di sabato si pranzava a mezzogiorno all'uscire dalla sinagoga (Autob., 54).
3.La scienza medica degli antichai da Ippocrate e Galeno, distingueva una specie di febbre, chiamata la gran febbre. Ora mentre Matteo e Marco dicono l'ammalata "puressusa", Luca "specifica sunechomene pureto megàlo". Una tale esattezza conveniva ottimamente ad un medico e S. Paolo (Col., IV, 14) chiama con questo epiteto il terzo evangelista.
4.Giuseppe Flavio, Autob., 72.
5. Questa guarigione si trova in Matteo molto più tardi, durante un altro soggiorno a Cafarnao. L'evangelista probabilmente volle raggruppati, in ordine non cronologico, ma didattico, la serie dei dieci miracoli che fanno seguito al Discorso della montagna.
(Da "Vita di Gesù Cristo" vol. I, di E. Le Camus, Queriniana Brescia, 1934, pp 292-299)
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