giovedì 9 febbraio 2012

Lavoro o personalità?


Dal 1916 in avanti la preoccupazione delle istituzioni era rivolta alla ricerca del soggetto più adatto per il tipo di lavoro disponibile, per cui l'accento non era sul soggetto in ricerca della propria identità personale e professionale ma sull'identificazione del "posto" disponibile. L'orientameno ha lo scopo in questo contesto " non tanto di procedere alla ricerca delle capacità e delle attitudini dei singoli, per inserirli nelle attività lavorative a loro più congeniali, quanto di trovare loro una occupazione sollecita e meglio restribuita" (O. Grossi). Questa concezione ha progressivamente lasciato il posto ad una visione più aperta e dinamica nella quale l'orientamento viene concepito essenzialmente come una forma di consulnza e di servizio all'individuo, svolto a suo vantaggio; l'orientamento si è staccato dall'idea di selezione [...] si è ridefinito, secondo L. Volpicelli, come "quel complesso di concetti direttivi e di metodi che servono ad indicare a ciascun uomo il compito di lavoro per il quale egli possiede le migliori attitudini e capacità, e nel cui esercizio ha possibilità di raggiungere i migliori risultati, con soddisfazione sua e vantaggio della società". L'azione di orientamento si traduce alla fine in un "consiglio" che lascia intatta la facoltà decisionale autonoma del soggetto [...]. Il consigliere deve operare in modo da favorire nel cliente una più cosciente presa di contatto con se stesso e con il mondo, così che la sua decisione finale rappresenti "una sintesi fra i desideri e la realtà, fra ciò che si vuole e ciò che si arriva a capire di poter ottenere. L'orientatore mira a far maturare il soggetto, a comprenderlo pienamente ed a condurlo ad una più ampia esplicitazione del suo mondo interiore... fa in modo che l'individuo si renda conto dei motivi che sono alla base di queste convinzioni, poichè quando i bisogni vengono riconosciuti come tali, possono essere più facilmente sottoposti a un controllo razionale e vi è minore probabilità che portino a decisioni non realistiche" (Anastasi).

In sostanza la scuola coinvolta nel generale cambiamento sociale, le cui mutazioni non si sono limitate all'aumento degli anni di scolarità e al superamento della duplicità tra scuola popolare e d'èlite, a vantaggio di un modello di scuola che risponda alle esigenze di una società democratica in cui la mobilità sociale sia effettiva ed eliminatrice delle distinzioni di origine. Se in passato stato e società si servivano della scuola per inserire le nuove generazioni in un ordine prestabilito dagli adulti, con il presupposto che questo inserimento imponeva al giovane di appropriarsi di una determinata quota del patrimonio spirituale tramandato, successivamente alla scuola si assegna soprattutto il compito di preparare alla versatilità e all'apertura necessaria per l'attività che si svolge nell'ambito sociale e le si richiede di far sì che i giovani "imparino ad imparare" (F. Poggeler). Formazione culturale è infatti non accumulo di nozioni, ma modo con cui l'individuo prende coscienza della civiltà nella quale si è trovato a prendere posto e nel quale dovrà coscientemente e consapevolmente operare nel contesto di tutta la formazione della personalità individuale.

Quindi una visione della scuola come comuità culturale aperta e flessibile e non solo istituzione professionalizzata di indottrinamento. La comunità scolastica, come comunità educativa  deve distinguersi per il fatto che la finalità educativa opera nei riguardi di tutti i soggetti che vi partecipano (a prescindere da distinzioni di razza, di religione, di appartenenza politica della famiglia, di presunte tendenze genetiche...); per la pratica di uno stile di vita e un  sistema  di scambi che consenta a ciascuno di esprimersi autenticamente, per l'aiuto reciproco ad attualizzarsi e e perfezionarsi come persona. Allora scuola come comunità ordinata non al condizionamento sociale ma a rendere proprio il "vitale" del vivere sociale.

Appunti di pedagogia ( Testo di riferimento C. Scurati "Pedagogia della scuola", La Scuola Brescia, 2003).


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