14:10 - ORA DI RELIGIONE: MONS. ZANI (SANTA SEDE), PIÙ “COLLABORAZIONE” TRA RELIGIONI E SFERA PUBBLICA
“In Europa gli Stati e la società civile, se da una parte manifestano la coscienza del’esigenza del dialogo interreligioso per una società democratica, libera da razzismo, dall’altra assumono comportamenti contraddittori nei riguardi delle religioni, come la marginalizzazione dell’esperienza religiosa a fatto individuale o la considerazione della confessionalità come un ostacolo al dialogo se non addirittura come causa di scontro di civiltà”. A lanciare il grido d’allarme è stato oggi mons. Vincenzo Zani, sottosegretario della Congregazione per l’Educazione cattolica, intervenendo oggi al seminario Cei sull’Irc. Secondo il relatore, “la negazione del diritto a professare pubblicamente la propria religione e ad operare perché le verità della fede informino di sé anche la vita pubblica comporta conseguenze negative a vari livelli”, poiché “l’esclusione della religione dall’ambito pubblico come, per altro verso, il fondamentalismo religioso, impediscono l’incontro tra le persone e la loro collaborazione per il progresso dell’umanità”. Oggi, secondo l’esponente vaticano, c’è “un forte consenso sulla responsabilità delle comunità religiose, circa il compito di contribuire, attraverso il dialogo interreligioso, al rafforzamento della comprensione tra culture diverse”. Di qui la necessità di “maggiori sforzi di collaborazione tra queste e le autorità pubbliche”.
15:00 - ORA DI RELIGIONE: IN EUROPA IL “MODELLO” E’ “CONFESSIONALE”
“L’insegnamento della religione a contenuto confessionale rappresenta il modello largamente prevalente a livello europeo”. E’ quanto risulta da una ricerca Ccee-Cei sull’Insegnamento della religione in Europa, curata da Alberto Campoleoni e da lui presentata nel corso del seminario Cei sull’Irc, in svolgimento a Roma. Dal punto di vista istituzionale, ha spiegato il relatore citando il documento conclusivo della ricerca, il “modello” di Irc “confessionale” si caratterizza per il fatto che lo Stato si dichiara “non competente” in materia religiosa, ma ritiene che essa “faccia parte del patrimonio storico e culturale di cui è necessario offrire le ‘chiavi’ di accesso ai cittadini, nel rispetto delle scelte personali di ciascuno e delle famiglie”. “Il fatto che le finalità dell’insegnamento siano più o meno orientate verso un versante di tipo culturale o di tipo catechistico – ha puntualizzato il relatore – non modifica la sostanza del modello, in cui lo Stato, nel chiedere alle chiese e alle diverse denominazioni religiose di curare tale offerta formativa, non dichiara solo la propria non competenza, ma anche il valore aggiunto rappresentato dal fatto che tale offerta viene da comunità vive e vitali, portatrici certamente di una cultura e di una tradizione che affonda le radici nel passato, ma anche di una testimonianza resa nel presente e proiettata verso il futuro”.
comunità religiose, circa il compito di contribuire, attraverso il dialogo interreligioso, al rafforzamento della comprensione tra culture diverse”. Di qui la necessità di “maggiori sforzi di collaborazione tra queste e le autorità pubbliche”.
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