domenica 4 ottobre 2009

Assemblea plenaria Ccee

Parigi 1-4 ottobre (presso la Maison de la Conférence des évêques de France), Assemblea Plenaria dei Presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa. Tema dell’incontro: “Chiesa e Stato, venti anni dopo il crollo del muro di Berlino”.

In vista di definire i vari modelli e soluzioni giuridiche adottate dai singoli Stati europei per inquadrare giuridicamente la Chiesa cattolica nel proprio paese e regolare i rapporti con essa e le sue strutture, in particolare pastorali, sociali e educative, il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) ha promosso un’inchiesta. Questa deve permettere di rispondere a diverse questioni: qual è l’inquadramento giuridico della Chiesa cattolica negli Stati europei? Quali sono le leggi e i concordati finora abrogati? Come vengono sovvenzionati le istituzioni ecclesiali (scuole, ospedali…) di pubblica utilità? Come influiscono i vari atti, trattati e accordi adottati presso le istituzioni europee nel contesto locale? E quali sono gli aspetti comunitari della religione? Nel corso di questo incontro annuale, i risultati di questa indagine europea saranno presentati ai Presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa.

La seconda parte dei lavori si concentrerà invece sul servizio del CCEE alla Chiesa in Europa con la presentazione delle attività delle varie Commissioni CCEE: della CEEM (Commissione Episcopale Europea per i Media); della Commissione “Migrazioni”; della Commissione “Catechesi, scuola e università”; del Servizio Europeo per le Vocazioni (EVS) e della Commissione “Ambiente”). Parte dei lavori sarà dedicata al tema della collaborazione tra il CCEE ed altri organismi continentali quali il SECAM (Symposium of Episcopal Conferences of Africa and Madagascar) e il CELAM (Consejo Episcopal Latinoamericano).

Riguardo alle attività del CCEE nell’ambito del dialogo ecumenico sarà presentato il programma del 2° Forum cattolico-ortodosso (Isola di Rodi, Grecia, 23-27 novembre 2009) sul tema La relazione Chiesa e Stato. I Presidenti saranno altresì informati sulle attività svolte nel corso dell’anno insieme alla KEK (Conferenza delle Chiese Europee). Nel corso dell’incontro, i presidenti riceveranno inoltre alcune brevi comunicazioni su temi di attualità: la visita di Papa Benedetto XVI in Repubblica Ceca (26-28 settembre 2009); l’Anno Sacerdotale (19 giugno 2009-19 giugno 2010); l’attenzione della Chiesa Cattolica per le popolazioni in Terra Santa; il rapporto Chiesa e Media nell’ultimo anno; l’ideologia dei gender nel panorama legislativo europeo e questioni attuali di bioetica.

Le giornate saranno scandite da momenti di preghiera e dalle celebrazioni eucaristiche. In particolare i presuli europei celebreranno l’eucaristia insieme alla comunità locale: sabato 3 ottobre – ore 8.00 presso la Chapelle Notre Dame de la médaille miraculeuse, 140 rue du Bac – Paris VII e domenica 4 ottobre presso la cattedrale di Nôtre-Dame de Paris alle ore 10.00.
All’incontro dei Presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa prenderanno parte anche, per la Santa Sede, il cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, Mons. André Dupuy, Nunzio Apostolico presso l’Unione Europea e Mons. Aldo Giordano, Osservatore Permanente presso il Consiglio d’Europa.



***
(Parigi) – “Abbiamo parlato della laicità francese ed è stato un grande incoraggiamento per noi che seguiamo lo sviluppo delle relazioni tra Stato e Chiese in Europa. Siamo molto felici di aver conosciuto le idee del presidente Sarkozy”. Così il card. Peter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest e presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), ha commentato l’incontro di questo pomeriggio tra il presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, e i vescovi partecipanti all’assemblea plenaria del Ccee, in corso a Parigi (1-4 ottobre). Nei quattro giorni di lavori all’ordine del giorno vi è il bilancio, sotto diversi punti di vista, del rapporto tra Chiesa e Stato in Europa a vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino. Per l’arcivescovo di Parigi, card. Jean-Pierre Ricard, l’incontro con Sarkozy è stato “importante per i presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa”. Il capo dello Stato francese, ha aggiunto il card. Ricard, “si è posto sul piano della dimensione sociale delle religioni, sviluppando nuovamente un punto a lui caro, ossia che le religioni hanno a che fare con il senso da dare alla vita anche nell’ambito della ricerca di un bene comune”. L’arcivescovo di Parigi ha particolarmente apprezzato l’affermazione di Sarkozy, secondo la quale “il ruolo dello Stato non è dare un senso alla vita, ma organizzarla”.

***Plenaria CCEE 2009


I Media e il Papa: un anno difficile


Saluto e ringrazio Sua Eminenza il Cardinale Presidente e tutti i Confratelli nell’Episcopato per l’invito a illustrare questo significativo tema: “I Media e il Papa: un anno difficile”.

Si tratta di un tema complesso e assai rilevante, considerata l’importanza assunta nell’odierna società globalizzata dai mezzi di comunicazione e i rischi connessi a un loro uso distorto, soprattutto oggi che, “in modo sempre più marcato, la comunicazione sembra avere talora la pretesa non solo di rappresentare la realtà, ma di determinarla grazie al potere e alla forza di suggestione che possiede” (Benedetto XVI, Messaggio per la 42° Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 24 gennaio 2008).
In base all’analisi dell’esperienza italiana, che offre un punto di osservazione per molti aspetti privilegiato, si può affermare che in un primo periodo la rappresentazione mediatica del pontificato di Benedetto XVI è stata nel complesso adeguata e sostanzialmente positiva.
Le perplessità di qualche commentatore, legate per lo più alla proiezione sul nuovo Pontefice degli stereotipi non sempre del tutto positivi riferiti al cardinale Ratzinger ovvero alla sua presunta scarsa capacità comunicativa, sono state ben presto superate o comunque ridimensionate da un giudizio più attento ai contenuti del magistero, e dal riconoscimento della particolare attrattiva esercitata dal Papa sulle folle nonostante il suo stile volutamente sobrio, incentrato sulla parola più che sui gesti.
Questa attrattiva è stata alimentata da alcuni grandi eventi che si sono imposti dal punto di vista mediatico, come ad esempio la visita alla sinagoga di Colonia, compiuta durante il primo viaggio in Germania, il 19 agosto 2005, oppure la visita al campo di concentramento di Auschwitz–Birkenau, compiuta in occasione del viaggio in Polonia, il 28 maggio 2006 o ancora la visita alla Moschea Blu di Istanbul, compiuta durante il viaggio in Turchia, il 30 novembre 2006, o infine la lectio magistralis all’Università di Regensburg del 12 settembre 2006.
Oltre a questi eventi di notevole impatto, l’attenzione dei media è stata catalizzata dagli interventi di Benedetto XVI sui cosiddetti “principi non negoziabili” o sulle radici cristiane dell’Europa, cha hanno suscitato un vivace dibattito nell’opinione pubblica dei principali paesi europei.
Una minore considerazione è stata invece riservata a taluni incontri densi di significato per la vita ordinaria della Chiesa, come le visite alle parrocchie di Roma, i colloqui con i gruppi e le catechesi del mercoledì, che in realtà rappresentano spesso l’occasione per un’attività di predicazione e testimonianza da parte del Papa che meriterebbe ben altro rilievo e approfondimento.
Si avverte qui il rischio, emerso già a partire dal secondo anno di pontificato e via via accentuatosi, di una rappresentazione mediatica riduttiva, che tende a sottodimensionare il Papa testimone e predicatore del Vangelo e a sovrarappresentare il Papa intellettuale e politico, a enfatizzare gli interventi ritenuti potenzialmente conflittuali, giudicati più utili a fare notizia, e a trascurare alcuni temi di fondo che rivelano le priorità del Pontificato.
Queste ben note priorità possono essere brevemente richiamate.
La prima é rappresentata da Dio stesso, dal rapporto con Lui e dalla fede in Lui tramite il Signore Gesù Cristo che lo ha rivelato a noi. In questa prospettiva si può parlare anche di una priorità “cristologica”, manifestata in particolare nel libro Gesù di Nazaret, che spinge Benedetto XVI a riaffermare con forza che Gesù Cristo è la via a Dio Padre, il nostro unico salvatore, la vera sostanza della fede cristiana.
La Chiesa deve rendere Dio presente in questo mondo e aprire agli uomini l’accesso a Dio. Questa missione si realizza anzitutto attraverso la preghiera, personale e liturgica, e richiede di avere a cuore l’unità dei credenti: sono queste, la preghiera e l’unità dei credenti, ulteriori priorità dell’attuale pontificato che coinvolgono tutti, ciascuno per la propria responsabilità.
Un’ultima priorità che pare qui opportuno richiamare riguarda la chiarificazione di un autentico concetto di libertà, necessaria per la vita della persona e per il bene della società. A questo proposito Benedetto XVI, rifiutando ogni etica e concezione riferibili a quella che ha definito come “dittatura del relativismo”, sottolinea che la libertà della persona è per sua natura relazionale e non può escludere la responsabilità verso l’altro. La libertà è tale, si può osservare, solo in relazione con il valore indisponibile di ogni vita, della pace, della giustizia, della solidarietà e di tutti i beni umani fondamentali al cui apprezzamento e rispetto essa peraltro ha bisogno di essere educata.
Se si ignora o trascura questo quadro di priorità nel quale si collocano i diversi interventi del Pontefice è difficile evitare rappresentazioni parziali e fuorvianti, critiche ideologiche e preconcette, letture volte a far dire al Papa ciò che egli con tutta evidenza non dice, fino ad alimentare persino forme di ostracismo estranee alla dialettica democratica.
Rientrano in questa tipo di deriva mediatica alcuni recenti polemiche, come ad esempio quelle conseguenti al celebre discorso di Ratisbona, al Motu proprio che consente l’uso della liturgia preconciliare, o alla remissione della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani, o ai chiarimenti circa la natura del dialogo interreligioso, o alle considerazioni sui limiti dell’uso dei preservativi svolte nel corso del viaggio in Africa.
In tutti questi casi, una rappresentazione corretta avrebbe consentito di superare i fraintendimenti e di chiarire l’effettiva portata di interventi che, lungi dal giustificare talune aspre critiche ch si sono registrate, in realtà sviluppano coerentemente alcune linee guida del pontificato e le priorità sopra richiamate.
É stata invece preferita una lettura parziale e non di rado francamente scorretta, che induce a domandarsi se in alcune componenti della cultura e dei mezzi di informazione non si stia facendo strada un anticlericalismo interessato a nascondere il vero volto della Chiesa e a distorcere il significato del suo messaggio, così che questo risuoni come incoerente o anacronistico e la Chiesa appaia animata solo dalla volontà «di alzare muri e scavare fossati», soprattutto in materia di etica. Sarebbe questa la Chiesa dei «no», nemica dell’uomo e indifferente ai suoi bisogni, oscurantista e contraria alla razionalità scientifica.
In realtà, segnalare i rischi che la mancanza del rispetto incondizionato per l’essere umano può comportare per la dignità dell’uomo non è certamente segno né di ostilità verso la scienza né di ottusa resistenza verso il moderno; è compito della Chiesa segnalarli, la loro segnalazione è piuttosto un sintomo di sollecitudine e di amicizia: l’amico non può non segnalare un pericolo.
Il più della Chiesa è condensabile nel grande «sì» con cui risponde all’amore del Signore indicando Lui a tutti. Per questo parla principalmente di Dio e della vita eterna, destinata cioè a non finire. Parla di speranza e di felicità. Alcuni «no», che ad un certo punto la Chiesa reputa di dover dire, sono il risvolto esatto di un’etica del «sì», e ancora più a fondo di un’etica dell’amore, in nome della quale non si può, per ottenere un facile quanto effimero consenso, scambiare, a danno di chicchessia, il male per il bene.
Si vorrebbe forse da parte di taluni ambienti una Chiesa o supinamente allineata sull’opinione che si autoproclama prevalente e progressista, o semplicemente muta. Le linee di demarcazione chiare, che impongono scelte a volte laceranti per le coscienze e quasi sempre non facili, non sono certamente in sintonia con un mondo dove la relatività (o il relativismo) dell’etica e della morale sottrae la scelta alla coscienza per consegnarla in un limbo dove tutto è al di là del bene e del male.
Tuttavia, la Chiesa non può venire meno alla propria missione. Esprimere liberamente la propria fede, partecipare in nome del Vangelo al dibattito pubblico, portare serenamente il proprio contributo nella formazione degli orientamenti politico-legislativi accettando sempre le decisioni prese dalla maggioranza non può essere scambiato per una minaccia alla laicità dello Stato.
La Chiesa non vuole imporre a nessuno la propria morale “religiosa”: essa enuncia da sempre e non può non enunciare – insieme a principi tipicamente religiosi – i valori fondamentali che definiscono la persona e ne garantiscono la dignità, senza alimentare polemiche ma privilegiando sempre il metodo del confronto sereno e costruttivo e la ricerca del bene comune.
Un ruolo essenziale per la conoscenza e la diffusione di tali valori, richiamati con esemplare chiarezza dal magistero di Benedetto XVI, spetta oggi ai mezzi di comunicazione. Si può auspicare che nell’esercizio di un compito così delicato prevalgano sempre le ragioni e i criteri di una responsabilità deontologica che, se non esclude la possibilità di critiche fondate e costruttive, tuttavia trova la propria ultima verifica nella capacità di contribuire alla conoscenza e alla ricerca della verità.

Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo di Genova
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana

***

Mgr Jean-Pierre Ricard : « Nicolas Sarkozy a développé une approche positive de la laïcité »

Vendredi 2 octobre, une délégation du Conseil des conférences épiscopales européennes, qui tenait son Assemblée plénière à Paris, s’est rendue à l’Élysée. Parmi ses membres, le cardinal Jean-Pierre Ricard, vice-président de la CCEE


Pourquoi le président de la République a-t-il voulu rencontrer les présidents des évêques européens ?

Mgr Jean-Pierre Ricard : Nicolas Sarkozy a souhaité partager ses convictions, non pas à titre personnel, mais comme président de la République, à savoir que les religions ont leur place dans le débat public, qu’elles peuvent contribuer à une société plus fraternelle. Il a notamment eu cette expression intéressante : la République n’a pas comme mission de donner un sens à la vie ; là, en revanche, réside le rôle des religions. S’il n’a pas prononcé l’expression de laïcité positive, il a développé une approche positive de la laïcité. C’était important par rapport à nos collègues évêques de l’Europe, qui parfois voient la laïcité à la française comme un combat violent entre deux camps. Après cette visite, ils en auront une vision plus juste.
Nicolas Sarkozy a-t-il développé cette conception positive dans le cadre européen ?

Il a répété que ce fut une erreur de ne pas mentionner les racines chrétiennes de l’Europe dans les textes européens, alors qu’il s’agit pour lui d’une évidence. Nous avons aussi discuté de l’état de l’opinion. Si les Européens semblent désenchantés vis-à-vis de l’Union, c’est selon lui parce que l’Europe n’a pas tenu ses promesses, elle semble ne proposer qu’un cadre économique où domine une concurrence féroce. De ce point de vue, il a invité les Églises, mais aussi les intellectuels catholiques, à prendre la parole sur les grands sujets.
Avez-vous évoqué la pluralité religieuse en Europe ?

Oui, et Nicolas Sarkozy est revenu sur la notion de réciprocité, rejoignant là l’une de nos préoccupations. Il a expliqué que lorsqu’il était dans les pays musulmans, il se demandait où étaient les églises chrétiennes. Si les communautés musulmanes en Europe peuvent, de bon droit, revendiquer des lieux de culte, l’inverse doit être vrai en terre musulmane.
Le thème de votre Assemblée plénière était les relations entre Église et État. Quelle conception se dégage ?

Je suis frappé par l’extrême diversité des situations, qu’il s’agisse du financement des cultes, de la liberté d’éducation, de l’entretien des lieux de culte, des problèmes de patrimoine.
Mais il y a des points communs…

Oui. Comme la distinction, à peu près partout, du politique et du religieux, à l’exception de pays où l’Église orthodoxe pèse d’un grand poids et où le patriarche peut conduire une délégation de parlementaires. Comme aussi la volonté des États européens de se donner des interlocuteurs officiels parmi les religions.
Au plan européen, les évêques ont-ils le sentiment d’être entendus par le législateur ?

Nous avons parlé des lois qui posent des questions autour de la protection de la vie, de la famille, du mariage, comme par exemple le principe de non-discrimination qui ouvre le droit aux mariages homosexuels. Notre point de vue pourrait être mieux entendu si la mobilisation était plus importante. La voix des seuls évêques ne suffit pas : nous avons besoin de mobiliser les opinions catholiques. D’où la question de savoir comment mieux sensibiliser les chrétiens européens à l’action politique.

Recueilli par Isabelle DE GAULMYN (www.lacroix.com)

Nessun commento:

Posta un commento