Dai manoscritti autobiografici della giovane monaca carmelitana, con la traduzione e introduzione di Giovanni Gennari, pubblicati in Italia da Piemme nel 1998, con la presentazione di Mons. Claudio M. Celli, viene fuori una nuova inedita Teresa. Non più il "santino" stereotipo, la piccola bambina borghese un po' triste, modello di una santità in miniatura, la "santina" delle piccole virtù, la maestra di un "infanzia spirituale", termine che lei, tra l'altro, non ha mai usato! La scoperta è di un prete professore alla Sorbona, poi al Laterano di Roma, André Combes. Questi, nonostante avesse ricevuto le congratulazioni di Pio XII per il suo lavoro sulle Lettere della santa, a firma di Giovanni Battista Montini, nel 1950 viene allontanato dal Carmelo nel corso di una visita canonica: stava mettendo in pericolo la tradizione di Lisieux,la reputazione delle sorelle, la pace interna del Carmelo. Nonostante le resistenze, la verità degli autentici testi di Teresa viene fuori nel 1956 grazie a Padre Francois de S.te Marie che pubblicò i Manoscritti in versione fototipica integrale, con la precisazione delle tante peripezie di quei testi.
Per una edizione critica delle Lettere, con il titolo di Correspondance Générale, dovranno passare ancora vent'anni, fino al centenario della nascita, il 1973. Pur tuttavia, come avvertivano studiosi seri come Laurentin, non si aveva il coraggio di tagliare con il passato e si è continuato a presentare come di Teresa, testi che sono stati scritti dalle sorelle anche vent'anni dopo la morte della Santa. E' il caso dei Derniers Entretiens, di Madre Agnese, e dei Conseils et Souvenirs di Celina, che non sono di Teresa. Nell'opera di divulgazione delle opere di Teresa questi testi sono messi sullo stesso piano degli autografi di Teresa stessa o addirittura preferiti a essi nella loro volontà di spiegare a modo loro le idee di Teresa con conseguenze che ancora pesano molto. Agli inizi degli anni 50, quando Combes era a Lisieux, egli aveva scoperto che nella più antica copia del Petit Carnet, mancava del tutto la famosa definizione della via di Teresa come "infanzia spirituale". Madre Agnese ammise di aver aggiunto quella definizione e anche quel termine, del tutto ignoto a Teresa, che quindi non ha mai usato quella espressione in seguito divenuta lo slogan del suo messaggio.
La copia originale di questo piccolo quaderno venne distrutta volontariamente quando arrivò da Roma Padre Paul Philippe, domenicano e Visitatore apostolico che non pareva disposto a lasciar correre. Il famoso testo di Matteo, 18,3 ("Se non diventerete come bambini non entrerete nel Regno dei cieli") che dovrebbe essere il testo fondamentale di tutta la dottrina divulgata come quella di Teresa di Lisieux, non è mai stato scritto da Teresa che pure abbonda di citazioni del Vangelo di Matteo. Quando agli inizi degli anni '70 il Padre Generale dei Carmelitani, Anastasio Ballestrero, si recò al Carmelo di Lisieux,non potè neppure entrare in parlatorio! La ragione del divieto era che la rivista teologica ufficiale dei Carmelitani Scalzi, Ephemerides Carmeliticae, aveva pubblicato due studi, uno di Mons.Combes nel 62, "Sainte Thérèse de Lisieux, modèle de vie contemplative", e uno di Giovanni Gennari, "Teresa di Lisieux, un'eco del cuore di Dio, nel 68".
Non si può comunque pensare che oggi sia tutto risolto, non si è avuto il coraggio di affrontare seriamente la questione della interpretazione della dottrina di Teresa, neanche quando si sono levate voci autorevoli come René Laurentin e Jean Francois Six. Il cliché della "piccola via" rimane ben saldo. Fa notare Laurentin nella sua opera "Thérèse de Lisieux, mythes et réalité", Beauchesne, Paris 1972, che per tutelare lo schema della "piccolezza" come criterio unico e fondante della sua dottrina, si è omesso deliberatamente in tutte le concordanze dei testi, di inserire l'aggettivo "grande" che pure è presente moltissime volte nella Storia di un'anima. E' così ancora aperta la questione del messaggio vero della sua dottrina propria, che è ancora oggi anchilosata e ridotta ai termini della infanzia spirituale, vista come ricerca della piccolezza umana, delle piccole cose, delle piccole virtù, c'è anche questo in Teresa, ma non è roba sua...è delle sorelle, delle devozioni alimentate da tanti anni di manipolazioni testuali e dottrinali.
I testi dicono che Teresa parla di piccolezza quasi sempre quando scrive alle sorelle, Paolina, Maria, Celina, perché per loro era sempre rimasta la più piccola della famiglia. A lei le sorelle avevano tante volte corretto i compiti da bambina, anche dopo la sua morte e la canonizzazione, avrebbero corretto i testi più preziosi.
Chi legge i veri manoscritti si accorge quanto siano stretti tali schemi, per quanto ripetuti dalla tradizione, a confronto con le sue grandi speranze, i suoi desideri infiniti, i suoi gridi totali di passione per Dio e per il prossimo, con la sua "immedesimazione" fusionale con Gesù Cristo, con lo Spirito Santo che diventa il suo Amore stesso, con cui Dio è riamato in lei e con cui riama attraverso di lei, "piccolo pezzetto di ferro" che brucia del "fuoco" divino stesso.
Per Teresa Dio è amore, per cui ogni paura di lui è senza senso. E lo ha detto nel contesto di una spiritualità francese più giansenista e dolorista che avilana e sangiovannista...in cui l'ideale era quello di placare l'ira di io.Il Dio di Teresa è sempre visto attraverso Gesù, è un Dio il cui unico mestiere è amare, salvare, perdonare, abbassarsi verso la piccolezza che però non è una qualità dei bambini, ma delle creature come tali, compreso Gesù Cristo, uomo vero. L'Enfant di cui parla Teresa, il modello vero della sua spiritualità vera è Gesù, Figlio (enfant) e noi tutti, anche e soprattutto se peccatori, disperati, soli, dubbiosi, lacerati da incredulità e colpe, siamo chiamati ad essere "figli nel Figlio, enfants de Dieu. Nessuna paura ma confidenza e abbandono, l'ascensore che ci innalza fino a Dio sono le stesse braccia dell'Enfant de Dieu, Gesù Salvatore e Redentore di tutti quelli che si lasciano portare da lui.
E' essenziale: il modello non è il bambinetto, ma il Figlio di Dio. Altro che piccolezza! E' l'esaltazione totale dell'umanità. Chi legge il Manoscritto B e la follia dei desideri infiniti che Teresa elenca, pur nel pieno della sua crisi di fede, di dubbio lacerante, alla tavola dei peccatori e dei disperati, coglie ben altro che una piccolezza infantile. Non le bastano i modelli degli apostoli, dei missionari, dei martiri, degli asceti, lei nel 1896 vuole essere "tutto",e scopre che lo è già: "nel Cuore della Chiesa mia Madre io sarò l'Amore, e così sarò tutto"! E' la divinizzazione piena, per grazia della creatura umana.
Questo è il nucleo essenziale della dottrina e della missione di Teresa: la santità dell'uomo, in Gesù Cristo (Enfant de Dieu, Figlio di Dio) e nello Spirito Santo (l'Amore che è tutto), è Dio stesso. Questa è la sua propria "piccola via", una santità non riservata ai professionisti delle perfezione, ma accessibile a tutti quelli che si lasciano amare da Dio e lo riamano e che li "divinizza", Io sarò l'Amore e così sarò tutto. Nelle ultime righe del Manoscritto C, ha scritto: "Anche se avessi sulla coscienza tutti i peccati che si possono commettere andrei, con il cuore spezzato dal pentimento a gettarmi tra le braccia di Gesù... Non è perché il Buon Dio, nella sua preveniente misericordia ha preservato l'anima mia dal peccato mortale che io mi innalzo fino a Lui con la confidenza e con l'amore". E amore è l'ultima parola di tutti e tre i manoscritti, l'ultima parola uscita dalla sua bocca, al momento della sua partenza per il Cielo.
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