sabato 30 ottobre 2010

Festival of Festivals. I professionisti degli eventi culturali si danno appuntamento a Bologna

FESTIVAL OF FESTIVALS 2010

Festival of Festivals è il congresso italiano dedicato ai professionisti degli eventi culturali. E' un momento di incontro, di aggiornamento, di formazione e di riflessione sulla forma Festival. Un'occasione di promozione, di comunicazione, di contatto con le istituzioni, i fornitori, gli investitori, i media. L'opportunità per un confronto sui temi, le potenzialità e le sfide di un settore in grande trasformazione e in costante crescita.

Festival of Festivals è l'unico evento che annualmente fa il punto sugli eventi, chiamando a confronto a Bologna, per quattro giorni di serrata programmazione, tutti i soggetti che operano nel settore a livello nazionale ed offrendo al contempo una vetrina d'eccezione a chi negli eventi culturali investe energie, professionalità ed economie.

Oltre trecento eventi nazionali e internazionali di cinema, musica, culture, teatro e scienze, saranno presenti a Festival of Festivals, tra cui tra cui Umbria Jazz, Coumayeur Noir in Festival, Pergine Spettacolo Aperto, Festival della Creatività, Italia Wave Love Festival, Giffoni Experience, MiTo, SettembreMusica, Festival della Scienza di Genova, Festival della Mente, Festivaletteratura, Festivalfilosofia, Ravello Festival, Romaeuropa Festival, Torino Film Festival.

Festival of Festivals 2010 presenta la mostra fotografica Il Vangelo secondo Matera, realizzata in collaborazione con la Feltrinelli Basilicata Cinema e Mediateca Provinciale di Matera. L'esposizione raccoglie i migliori scatti di Domenico Notarangelo dal set de Il Vangelo secondo Matteo, il capolavoro di Pier Paolo Pasolini girato nel materese.

I festival italiani colorano le notti di Bologna con le Festival of Festivals Nights! Dopo il grande successo della passata edizione, l'appuntamento notturno delle FoF Nights torna ad animare le notti bolognesi dal 3 al 7 novembre 2010. Cinque serate di concerti, anteprime cinematografiche, spettacoli teatrali, reading musicati e molto altro ancora, realizzati in collaborazione con ATC e ARCI Bologna. Consulta il programma integrale su www.fofnights.it

Appuntamento a Bologna dal 3 al 7 novembre 2010.

venerdì 29 ottobre 2010

Buona festa di Diwali a tutti gli Indù

La festa di Divali, festa delle luci, rappresenta la divina unione di Laksmi con il Dio Visnu. In questo periodo ogni luce, ogni lumino, ogni lampada viene accesa in onore della venuta di Laksmi sulla terra, come per rischiararle il cammino e rendere ogni casa, ogni villaggio, ogni capanna sparsa nella foresta accoglienti e pronti per la visita della Madre Divina portatrice di abbondanza e prosperità. Nel sud India, in questi giorni, di mattina molto presto, alle quattro, dopo il brahmamuhurta, gli indù si lavano, si cospargono il corpo di olio e indossano, così puliti e profumati, vestiti nuovi. I più fortunati fanno il bagno nel fiume Gange in segno di purificazione. E' diffusa anche l'usanza di scambiarsi abiti, sari e doti, dai vivaci colori; anche i datori di lavoro, in questi giorni, regalano vestiti ai propri dipendenti. Ognuno dimentica gli antichi rancori, tutti sono gentili e festosi e si abbracciano gioiosamente in segno di amicizia.

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(ZENIT.org).- Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha inviato agli indù il suo tradizionale messaggio di auguri per la festa di Diwali, che molti indù celebreranno quest'anno il 5 novembre.

Il testo, intitolato “Cristiani e Indù: per accrescere il rispetto reciproco, la fiducia e la cooperazione”, è stato pubblicato questo giovedì dalla Sala Stampa della Santa Sede.

“In quest’occasione, vorrei riflettere su come meglio consolidare la nostra amicizia e cooperazione garantendo e accrescendo in maniera reciproca il rispetto e la fiducia”, indica il presidente del dicastero vaticano, il Cardinale Jean-Louis Tauran, dopo aver augurato agli indù una felice festa.

Il porporato firma il messaggio insieme al segretario del Pontificio Consiglio, l'Arcivescovo Pier Luigi Celata.

Nel testo, si riferisce al rispetto reciproco come a “uno dei fondamenti della coesistenza pacifica ed armoniosa ed anche del progresso nella società”.

“Il rispetto è la considerazione dovuta per la dignità che appartiene per natura ad ogni persona indipendentemente da qualunque riconoscimento esteriore – indica il Messaggio –. La dignità implica il diritto inalienabile di ogni individuo ad essere protetto da qualsiasi forma di violenza, negligenza o indifferenza”.

Circa la fiducia, il porporato sottolinea che “nutre ogni sincera relazione umana, sia personale che comunitaria”.

“La fiducia reciproca, oltre a creare un ambiente che tende alla crescita ed al bene comune, forma il mutuo convincimento che possiamo fare assegnamento gli uni sugli altri per raggiungere un comune obiettivo”.

“Tale mutuo convincimento – prosegue il testo – crea negli individui e nelle comunità la disponibilità e la prontezza ad avviare una fruttuosa cooperazione non solo nel compiere il bene in generale, ma anche nel dedicarsi alle gravi ed irrisolte sfide del nostro tempo”.

Il Cardinal Tauran applica quindi questa riflessione all'ambito dell'apprezzamento e della promozione del dialogo e delle relazioni interreligiose, indicando di sapere bene “che il rispetto e la fiducia non sono dei sovrappiù opzionali ma i veri pilastri sui quali si fonda l’edificio stesso del nostro impegno”.

Citando il discorso che Papa Benedetto XVI ha rivolto ai delegati di varie tradizione religiose il 25 aprile 2005, spiega che il compito consiste nel “diventare assieme artefici di pace, in un reciproco impegno di comprensione, di rispetto e di amore”.

“Di conseguenza, quanto più grande è il nostro impegno nel dialogo interreligioso, tanto più pieni diventano il nostro rispetto e fiducia, portandoci a sviluppare la cooperazione e l’azione comune”.

Il Cardinal Tauran cita anche il discorso che Papa Giovanni Paolo II ha rivolto ai leader non cristiani a Madras-Chennai il 5 febbraio 1986, durante la sua prima visita in India.

In quell'occasione, il Papa polacco ha affermato che “il dialogo tra i membri di religioni diverse accentua e approfondisce il rispetto reciproco e apre la via a relazioni che sono fondamentali nella soluzione di problemi della sofferenza umana”.

Il Messaggio della Santa Sede agli indù termina poi auspicando che “come persone che hanno a cuore il benessere degli individui e delle comunità, possiamo dare maggiore visibilità con ogni mezzo in nostro potere ad una cultura che promuova il rispetto, la fiducia e la cooperazione”.

La festa di Diwali, celebrata ogni anno da tutti gli indù, è nota come Deepavali, cioè “fila di lampade ad olio”.

“Simbolicamente fondata su un’antica mitologia, essa rappresenta la vittoria della verità sulla menzogna, della luce sulle tenebre, della vita sulla morte, del bene sul male”, spiega la Sala Stampa della Santa Sede.

La celebrazione vera e propria dura tre giorni e segna l’inizio di un nuovo anno, la riconciliazione familiare, specialmente tra fratelli e sorelle, e l’adorazione a Dio.

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Il sole, la luna, le stelle, tutte le luci del mondo non potranno mai uguagliare la luce della Conoscenza. Emergiamo dall'oscurità e dall'ignoranza e realizziamo, attraverso la meditazione, la luce eterna dell'anima".

(tratto da Sri Vidya n.4 pag.5)

L'Africa, il Sud America e l'India non hanno ancora rappresentanti al Consiglio di sicurezza dell'ONU


Discours à l'occasion du XIIIe Sommet de la Francophonie à Montreux, N. Sarkozy

XIIIème Sommet de la Francophonie- Montreux - Samedi 23 octobre 2010

Mesdames et Messieurs,
Mes chers amis,

Mes premiers mots seront pour vous remercier, Madame la Présidente, de nous accueillir aujourd'hui dans votre magnifique pays qui offre un exemple parfait, et finalement trop rare, de coexistence harmonieuse de quatre communautés linguistiques. En accueillant à Montreux la famille francophone dix mois seulement après qu'a été prise la décision d'y tenir notre 13ème sommet, vous avez relevé un défi difficile et comme mes prédécesseurs à cette tribune, je voudrais vous en remercier très chaleureusement.

Le premier capital que chaque être humain reçoit, c'est sa langue, la langue que lui enseignent ses parents, la langue que lui enseignent ses professeurs. La langue française, c'est notre trésor, un trésor commun. Mais la langue française n'est pas simplement un outil de travail. Elle véhicule des valeurs, des valeurs qui lui sont propres, les valeurs de l'humanisme, de la liberté, de l'égalité -- quelle que soit la couleur de sa peau, quelles que soient ses origines --, de la fraternité. La langue française est un instrument d'incarnation et elle est un instrument de transmission des valeurs.

Dans un monde où progresse le risque -- car c'est un risque -- du monolinguisme, au fond de l'uniformité, je voudrais dire de l'aplatissement, se battre pour notre langue et pour les valeurs qu'elle porte, c'est se battre pour la diversité culturelle. Que serait notre monde s'il n'était fait que d'une seule langue, d'une seule culture ? Que serait notre monde si la diversité n'y avait plus le droit de cité.

La francophonie, c'est donc une solidarité au service de cette diversité. En février, elle s'est exprimée auprès du peuple d'Haïti, confronté à la pire catastrophe de son histoire. Notre organisation a su se mobiliser. Je veux rendre hommage à son action humanitaire, comme je veux saluer son engagement croissant dans le règlement des crises politiques et l'observation des élections : hier en Mauritanie, aujourd'hui en Guinée, demain je l'espère au Niger, en Côte d'Ivoire -- oui, où il doit y avoir des élections comme partout ailleurs dans le monde --, à Madagascar.

Depuis la première réunion des pères fondateurs, à Niamey, il y a 40 ans, la francophonie n'a cessé d'étendre le champ de son action. Aujourd'hui, avec 70 États membres ou observateurs dans notre organisation, nous représentons plus du tiers des membres des Nations Unies. Et parfois je me demande si nous sommes conscients de la force que nous représentons. Si nous en sommes conscients, nous pourrons exercer cette force.

Je veux remercier notre ami le Président Abdou Diouf de conduire avec talent et avec sagesse les destinées de notre organisation. La France souhaite qu'il poursuive son action au cours des prochaines années, tant nous avons besoin de son autorité sur la scène mondiale. Je veux également lui dire combien je serai heureux de venir inaugurer début janvier, le nouveau siège de l'organisation, cette Maison de la Francophonie à Paris que nous attendions depuis si longtemps.

Mes chers amis, il y a deux ans, lors du sommet si réussi de Québec, nos débats ont été dominés par la crise financière. Je me souviens très bien qu'avec votre soutien, je m'étais rendu directement de Québec à Camp David pour convaincre le Président Bush d'accepter ce sommet. Un mois plus tard, le G20 tenait sa première réunion à Washington. C'était un mois après le sommet de la Francophonie. Depuis, de Londres à Pittsburg puis Toronto, chez nos amis Canadiens, le G20 des temps de crise a accompli un travail considérable.

Mais aujourd'hui, que devons-nous faire du G20 ? Un calme relatif est restauré et une tentation, mauvaise, existe de borner les ambitions du G20 à l'application des décisions prises, complétées par quelques mesures utiles. Et je veux souligner devant vous ce paradoxe, il était plus facile d'être audacieux lorsque le monde était au bord du précipice, parce qu'on n'avait pas le choix. C'était avancer, c'était changer, c'était réformer ou c'était mourir. Aujourd'hui, nous commettrions une très grave erreur si nous pensions que les problèmes sont réglés et que les mêmes causes ne risquent pas de produire les mêmes effets. Nous ne pouvons pas nous arrêter sur la route du changement et de la réforme.

La France va prendre, dans quelques semaines, la double présidence du G20 et du G8, la France proposera d'ouvrir de nouveaux chantiers.

Madame la Présidente, je serais très heureux que notre sommet de Montreux soit l'occasion d'une discussion très libre sur ces sujets : la France est à l'écoute de tous ses partenaires, à commencer par ceux du premier cercle, de ses amis de la francophonie.

Mais quels sont ces chantiers décisifs qu'il nous faut faire avancer dès l'année 2011 ?

Le premier, c'est celui de la réforme du système monétaire international. Qui, aujourd'hui, pourrait se lever pour me dire que l'instabilité des changes ne fait pas peser une lourde menace sur la croissance mondiale ? Est-ce que l'on va continuer à se faire des reproches, à s'envoyer des anathèmes, à dénoncer des attitudes unilatérales alors que ne nous sommes pas capables de définir un système multilatéral ? Nous nous en sortirons tous ensemble ou nous échouerons tous ensemble.

La France propose d'aborder ce débat sur le système monétaire international sans tabou. Mais qui peut contester que Bretton Woods c'était en 1945, à une époque où, au fond, il y avait une monnaie et une grande économie. Les choses n'ont-elles pas changé depuis 1945 ? Devons-nous nous attacher à un système qui a vécu et qui ne fonctionne plus ou devons-nous avoir le courage d'imaginer ensemble, en se coordonnant, comment on peut créer les bases d'un nouveau système monétaire international ?

A quoi sert de parler de stabilité si l'instabilité des changes s'étale aux yeux du monde entier chaque jour qui passe ?

Il y a un deuxième chantier que la France souhaite ouvrir, c'est celui de la volatilité extravagante des prix des matières premières.

Qui ne se souvient des « émeutes de la faim » à Haïti ou en Afrique quand les prix de certains produits alimentaires ont brutalement explosé en 2008 ? Est-ce qu'on a déjà oublié cela ? Combien faudra-t-il d'émeutes, de guerres, de drames pour que nous comprenions que nous ne pouvons pas laisser faire cela ? On vient me dire : « mais c'est la loi du marché ». Non justement, ce n'est pas la loi du marché, c'est la loi de la spéculation, c'est la loi du refus de la transparence, c'est la loi de l'intérêt de quelques uns sans que personne ne puisse dire où vont des milliards de dollars qui sont soustraits aux États, aux producteurs et aux pays ? Cette situation ne peut pas durer parce qu'elle générera des guerres et des affrontements.

A-t-on déjà oublié les conséquences dramatiques pour l'économie mondiale des hausses brutales des prix du pétrole et du gaz, suivies de baisses tout aussi rapides ? Avec un prix du baril de Brent, qui en quelques mois, passe de 40$ à 140$. Et n'opposons pas les pays consommateurs d'énergie et les pays producteurs d'énergie, ils ont en vérité le même intérêt : des prix trop bas de l'énergie sont une catastrophe, mais des prix trop élevés et c'est la mort pour tout le monde. Là encore, ayons le courage de dire que le marché ne fonctionne pas, parce que les prix des matières premières sont pris en otage par des mouvements spéculatifs que personne ne maitrise. C'est à nous de prendre les voies et les moyens pour qu'au minimum il y ait la transparence sur la formation des prix et sur l'arrivée des bénéfices considérables qui sont réalisés.

Alors qui osera dire que le sujet est trop difficile et qu'il vaut mieux ne rien faire ? Qui peut penser que quand on n'évoque pas les sujets difficiles, il ne vous rattrapent pas de la pire des façons ?

Le troisième chantier que la France souhaite faire progresser et je ne me lasserai pas de plaider en faveur de ce chantier, c'est celui de la gouvernance mondiale, dont nous avions déjà parlé au sommet de Québec.

Depuis lors, la Banque mondiale a adopté une réforme importante et le FMI est engagé, non sans débats vigoureux, dans la sienne. Mais enfin, nous représentons le tiers des États membres de l'ONU, qu'est-ce qui nous empêche de porter ensemble, devant l'Assemblée générale, la réforme indispensable des Nations Unies pour adapter l'organisation aux réalités du XXIème siècle ? Nous avons changé de siècle, peut-on réfléchir à un changement de gouvernance ?

Est-il normal qu'il n'y ait aucun membre permanent du Conseil de Sécurité émanant de l'Afrique ? Un milliard d'habitants, dans trente ans deux milliards d'habitants, qui n'ont pas de représentation permanente. C'est un scandale.

Est-il normal qu'il n'y ait pas de représentant permanent du continent sud-américain au Conseil de sécurité ? Pas un seul ! Est-il normal qu'un pays comme l'Inde, qui sera bientôt le pays le plus peuplé du monde, n'y soit pas ? Et même, est-il normal que des pays soient absents alors qu'ils pèsent dans l'économie du monde -- je pense au Japon, je pense à l'Allemagne --, parce que leurs dirigeants avaient fait le mauvais choix au moment de la Seconde guerre mondiale ? Nous sommes au XXIème siècle, nous ne sommes plus au XXème siècle.

J'ai entendu, Madame la Présidente, votre inquiétude sur le fait qu'un petit nombre d'États prendraient en main la résolution de problèmes qui concernent, vous avez raison, tous les États du monde. Mais alors ayons le courage d'aller jusqu'au bout. Le G192, j'y crois, mais à condition qu'il ait le courage de prendre des décisions ! Et le système qui consiste à dire : « on ne prend de décision que si tout le monde est d'accord », c'est un système qui est condamné parce que c'est un système qui fera le lit de l'immobilisme, du conservatisme et donc, à l'arrivée, de ceux qui ne veulent rien faire. Nous n'avons pas le choix. Si nous voulons garder ce système, il faut le réformer et la réforme intérimaire du Conseil de Sécurité, je le dis, elle est indispensable.

Je poserai également un quatrième sujet qui est passionnant et qui concerne la francophonie au premier plan, c'est celui des financements innovants. Il y a quelque chose auquel je suis très attaché et qui à mes yeux compte plus que tout, c'est le respect de la parole donnée. Quand on n'est pas d'accord, il faut dire non ; quand on est d'accord il faut dire oui ; mais on ne peut pas dire oui et faire non. Vous voulez savoir où je veux en venir ? Je m'explique.

A Copenhague, nous avons apposé notre signature sur un document qui prévoit 100 milliards à partir de 2020 pour l'Afrique et pour las pays les plus pauvres. Qui va oser dire à l'Afrique que nous serons au rendez-vous de ces sommes colossales en faisant simplement appel à nos budgets qui sont tous, sans exception, en déficit ? Si on veut tenir notre parole -- et il faut la tenir -- à l'endroit de l'Afrique, alors il faut poser la question des financements innovants. Peu importe que ces financements innovants soient une taxe sur les transactions financières, une taxe sur les containers de bateaux, une taxe sur les connections internet. Mais qui ne voit que si nous ne donnons pas les moyens aux pays les plus pauvres de construire les fondements de leur croissance, c'est nous, les pays les plus riches, qui serons les premiers à payer la facture en ne maitrisant pas les courants migratoires et en affrontant, avec le changement climatique, de véritables guerres qui seront les guerres de la faim et les guerres de l'eau.

Nous n'avons pas le choix. Nous ne pouvons pas, quelles que soient les conséquences de la crise, réduire notre aide au développement. La question des financements innovants est une question centrale. Je sais qu'elle divise entre nous mais enfin, mes chers amis, si nous ne parlions que des sujets sur lesquels nous sommes spontanément d'accord, on peut lever la séance tout de suite et profiter de Montreux ! Je n'ai pas compris que les sommets ne devaient servir qu'à parler des sujets qui n'intéressent personne. La question du développement est un sujet majeur, absolument majeur.

Voilà, vous avez compris que cela me tenait à cœur, du coup j'ai complètement perdu la suite de mon papier ! Cela n'a aucune espèce d'importance.

Je voudrais terminer en vous disant deux choses.

La première, c'est que pèse sur nous, chefs d'État, chefs de gouvernement, ministres, dirigeants, une responsabilité historique. Nous sommes face à un changement du monde technologique. Nos sociétés civiles l'ont parfaitement compris, elles changent. Est-ce que nous nous allons être les seuls à ne pas comprendre la nécessité de changer ? Voilà la question qui se pose aujourd'hui. Est-ce que la classe politique dans son ensemble, va être en retard ou va accompagner ces changements pour les maitriser ? C'est cela qui est en cause et ce n'est pas en cause dans deux ans, dans trois ans, c'est en cause tout de suite, maintenant. Il faudra faire des compromis, il faudra se comprendre, mais sur la marche du changement, nous ne pourrons pas faire l'économie de ces débats.

Enfin, sur ces débats il faudra qu'on arrive à avoir une position commune entre nous, les pays francophones et les pays attachés à la francophonie. Plutôt que d'avoir des positions défensives et frileuses, nous devons avoir des positions courageuses et offensives pour montrer le chemin, pour montrer la voie.

Voilà tout ce que je souhaite pour notre sommet de Montreux.

Je vous remercie

giovedì 28 ottobre 2010

Tetto fotovoltaico per una chiesa alsaziana

353 m² de panneaux photovoltaïques soit 462 ardoises ont été installés sur le toît de l’église Saint-Léger à Manspach (Haut-Rhin). "Coincé entre l'obligation concordataire et le réalisme financier des contribuables, le conseil municipal a choisi de se tourner vers le ciel pour trouver une solution" à la rénovation de la toiture de l'édificie religieux, a expliqué au site internet du Moniteur , le maire de cette commune de 537 habitants, Dany Dietmann. L'achat par EDF de l'électricité produite par les panneaux permettra de payer les travaux.

Le curé se dit lui aussi satisfait, ajoutant que son église "plus belle qu’avant". Il la trouve même parfaitement en accord avec le message du clergé : "on se sert de l'astre que Dieu a créé pour lui chiper un peu d'énergie".

La-Croix.com

Photo : La toiture photovoltaïque de l'église de Manspach (Haut-Rhin) (Capture d'écran d'une vidéo réalisée par Actu-environnement.com)

martedì 26 ottobre 2010

Sinodo per il Medio Oriente: messaggio finale


Les Pères synodaux ont approuvé vendredi soir 22 octobre, le Message au Peuple de Dieu en conclusion de l’assemblée spéciale pour le Moyen-Orient du Synode des évêques.

« La multitude de ceux qui devenus croyants avait un seul cœur et une seule âme » (Ac 4, 32)

À nos frères les prêtres, les diacres, les religieux, les religieuses, à toutes les personnes consacrées, à tous nos bien-aimés fidèles laïcs et à toute personne de bonne volonté.
Introduction

1. La grâce de Jésus Notre Seigneur, l’amour de Dieu le Père et la communion de l’Esprit Saint soit avec vous.

Le Synode des Évêques pour le Moyen-Orient a été pour nous une nouvelle Pentecôte. « La Pentecôte est l’événement originaire, mais est aussi un dynamisme permanent. Le Synode des Évêques est un moment privilégié dans lequel peut se rénover le chemin de l’Église et la grâce de la Pentecôte » (Benoît XVI, Homélie de la Messe d’ouverture du Synode, 10.10.2010).

Nous sommes venus à Rome, nous les patriarches et les évêques des Églises catholiques en Orient, avec tous nos patrimoines spirituels, liturgiques, culturels et canoniques, portant dans nos cœurs les soucis de nos peuples et leurs attentes.

Pour la première fois, nous nous sommes réunis en Synode autour de Sa Sainteté le Pape Benoît XVI, avec les Cardinaux et les Archevêques responsables des Dicastères romains, les Présidents des Conférences épiscopales du monde qui sont concernées par les questions du Moyen-Orient, et des représentants des Églises orthodoxes et communautés évangéliques, et des invités juifs et musulmans.

Nous exprimons à sa Sainteté Benoît XVI notre gratitude pour sa sollicitude et ses enseignements illuminant la marche de l’Église en général et celle de nos Églises orientales en particulier, surtout pour la question de la justice et de la paix. Nous remercions les Conférences épiscopales pour leur solidarité, leur présence parmi nous lors de leur pèlerinage aux Lieux saints et leur visite à nos communautés. Nous les remercions pour leur accompagnement de nos Églises dans les différents aspects de notre vie. Nous remercions les Organisations d’Église qui nous soutiennent par leur aide efficace.

Nous avons réfléchi ensemble, à la lumière de l’Écriture Sainte et de la Tradition vivante, sur le présent et l’avenir des chrétiens et des peuples du Moyen-Orient. Nous avons médité sur les questions de cette région du monde que Dieu a voulu, dans le mystère de son amour, être le berceau de son plan universel du salut. De là, en effet, partit la vocation d’Abraham. Là, le Verbe de Dieu, Jésus-Christ, s’est incarné de la Vierge Marie par l’action de l’Esprit Saint. Là, Jésus proclama l’Évangile de la vie et du Royaume. Là, il mourut pour racheter le genre humain et le libérer du péché. Là, il ressuscita d’entre les morts pour donner la vie nouvelle à tout homme. Là, naquit l’Église et c’est de là qu’elle partit proclamer l’Évangile jusqu’aux extrémités de la terre.

Le but premier du Synode est d’ordre pastoral, aussi avons-nous porté dans nos cœurs la vie, les souffrances et les espérances de nos peuples et les défis qu’ils ont à affronter chaque jour avec la « grâce de l’Esprit-Saint et son amour répandus en nos cœurs » (Rm 5, 5). C’est pourquoi nous vous adressons ce message, bien-aimés frères et sœurs, et nous voulons qu’il soit un appel à la fermeté dans la foi, fondée sur la Parole de Dieu, à la collaboration dans l’unité et à la communion dans le témoignage de l’amour, dans tous les domaines de la vie.
I. L’Église au Moyen-Orient: communion et témoignage à travers l’histoire

Cheminement de la foi en Orient

2. En Orient est née la première communauté chrétienne. De l’Orient partirent les Apôtres après la Pentecôte pour évangéliser le monde entier. Là, a vécu la première communauté chrétienne au milieu des tensions et des persécutions, « [assidue] à l'enseignement des apôtres, fidèles à la communion fraternelle, à la fraction du pain et aux prières » (Ac 2, 42), et personne n’était dans le besoin. Là, les premiers martyrs ont arrosé par leur sang les fondations de l’Église naissante. À leur suite, les anachorètes ont rempli les déserts du parfum de leur sainteté et de leur foi. Là vécurent les Pères de l’Église orientale qui continuent à nourrir par leurs enseignements l’Église d’Orient et d’Occident. De nos Églises partirent, aux premiers siècles et aux siècles suivants, les missionnaires vers l’Extrême-Orient et vers l’Occident portant la lumière du Christ. Nous en sommes les héritiers et nous devons continuer à transmettre leur message aux générations futures.

Nos Églises n’ont pas cessé de donner des saints, des prêtres, des consacrés, et de servir d’une façon efficace dans les nombreuses institutions, contribuant à la construction de nos sociétés et de nos pays, se sacrifiant pour tout homme, créé à l’image de Dieu et porteur de son image. Certaines de nos Églises ne cessent aujourd’hui encore d’envoyer des missionnaires, porteurs de la parole du Christ dans les différents coins du monde. Le travail pastoral, apostolique et missionnaire nous demande aujourd’hui de penser à une pastorale pour promouvoir les vocations sacerdotales et religieuses et assurer l’Église de demain.

Nous nous trouvons aujourd’hui devant un tournant historique : Dieu qui nous a donné la foi dans notre Orient, depuis 2000 ans, nous appelle à persévérer avec courage, assiduité et force à porter le message du Christ et à témoigner de son Évangile qui est un Évangile d’amour et de paix.

Défis et attentes

3.1. Nous sommes aujourd’hui confrontés à de nombreux défis. Le premier vient de nous-mêmes et de nos Églises. Ce que le Christ nous demande c’est d’accepter notre foi et de la vivre en tout domaine de la vie. Ce qu’il demande à nos Églises c’est de renforcer la communion dans chaque Église sui iuris et entre les Églises catholiques de diverses traditions, de faire tout notre possible dans la prière et la charité pour atteindre l’unité de tous les chrétiens, et réaliser ainsi la prière du Christ : « Père, que tous soient un comme toi, tu es en moi et moi en toi, qu’eux aussi soient un en nous, afin que le monde croie que tu m’as envoyé » (Jn 17, 21).

3.2. Le deuxième défi vient de l’extérieur, des conditions politiques et de sécurité dans nos pays ainsi que du pluralisme religieux.

Nous avons exploré ce qui concerne la situation sociale et la sécurité dans tous nos pays du Moyen-Orient. Nous avons eu conscience de l’impact du conflit israélo-palestinien sur toute la région, surtout sur le peuple palestinien, qui souffre des conséquences de l’occupation israélienne : le manque de liberté de mouvement, le mur de séparation et les barrières militaires, les prisonniers politiques, la démolition des maisons, la perturbation de la vie économique et sociale et les milliers de réfugiés. Nous avons aussi réfléchi sur la souffrance et l’insécurité dans lesquelles vivent les Israéliens. Nous avons médité sur la situation de la ville sainte de Jérusalem. Nous sommes préoccupés des initiatives unilatérales qui risquent de changer sa démographie et son statut. Face à tout cela, nous voyons qu’une paix juste et définitive est l’unique moyen de salut pour tous, pour le bien de la région et de ses peuples.

3.3. Nous avons réfléchi, dans nos réunions et nos prières, aux souffrances sanglantes du peuple irakien. Nous avons fait mémoire des chrétiens assassinés en Irak, des souffrances permanentes de l’Église de l’Irak et de ses fils déplacés et dispersés de par le monde, qui portent avec eux les soucis de leur terre et de leur patrie. Les Pères synodaux ont exprimé leur solidarité avec le peuple et les Églises en Irak et ont exprimé le vœu que les émigrés, forcés à quitter leur pays, puissent trouver là où ils arrivent les secours nécessaires, afin de pouvoir retourner dans leurs pays et y vivre en sécurité.

3.4. Nous avons réfléchi aux relations entre concitoyens, chrétiens et musulmans. Nous voudrions ici affirmer, dans notre vision chrétienne des choses, un principe primordial qui devrait gouverner ces relations : Dieu veut que nous soyons chrétiens dans et pour nos sociétés moyen-orientales. C’est le plan de Dieu sur nous, et c’est notre mission et notre vocation que de vivre ensemble chrétiens et musulmans. Nous nous comporterons dans ce domaine guidés par le commandement de l’amour et par la force de l’Esprit en nous.

Le deuxième principe qui gouverne ces relations est le fait que nous sommes une partie intégrante de nos sociétés. Notre mission, basée sur notre foi et notre devoir envers nos patries, nous oblige à contribuer à la construction de nos pays avec tous les citoyens, musulmans, juifs et chrétiens.
II. Communion et témoignage au sein des Églises catholiques du Moyen-Orient

Aux fidèles de nos Églises

4.1. Jésus nous dit: « Vous êtes le sel de la terre, la lumière du monde » (Mt 5, 13.14). Votre mission, bien-aimés fidèles, est d’être, par la foi, l’espérance et l’amour, dans vos sociétés, comme le « sel » qui donne saveur et sens à la vie, comme la « lumière » qui illumine les ténèbres par la vérité, et comme le « levain » qui transforme les cœurs et les intelligences. Les premiers chrétiens à Jérusalem étaient peu nombreux. Ils ont pu malgré cela porter l’Évangile jusqu’aux extrémités de la terre, avec la grâce du « Seigneur qui agissait avec eux et qui confirmait leur Parole par les signes » (Mc 16, 20).

4.2. Nous vous saluons, chrétiens du Moyen-Orient, et nous vous remercions pour tout ce que vous avez réalisé dans vos familles et vos sociétés, dans vos Églises et vos nations. Nous saluons votre persévérance dans les difficultés, les peines et les angoisses.

4.3. Chers prêtres, nos collaborateurs dans la mission catéchétique, liturgique et pastorale, nous vous renouvelons notre amitié et notre confiance. Continuez à transmettre à vos fidèles, avec zèle et persévérance, l’Évangile de la vie et la Tradition de l'Église, par le moyen de la prédication, de la catéchèse, de la direction spirituelle et du bon exemple. Consolidez la foi du Peuple de Dieu pour qu’elle se transforme en une civilisation de l’amour. Prodiguez-lui les sacrements de l’Église pour qu’il aspire au renouvellement de sa vie. Rassemblez-le dans l’unité et la charité par le don de l'Esprit Saint.

Chers religieux, religieuses et consacrés dans le monde, nous vous exprimons notre gratitude, et avec vous nous remercions Dieu pour le don des conseils évangéliques - de la chasteté consacrée, de la pauvreté et de l’obéissance – avec lesquels vous avez fait le don de vous-mêmes, à la suite du Christ, auquel vous désirez témoigner votre amour de prédilection. Grâce à vos initiatives apostoliques diversifiées, vous êtes le vrai trésor et la richesse de nos Églises et un oasis spirituel dans nos paroisses, nos diocèses et nos missions.

Nous nous unissons en esprit aux ermites, aux moines et aux moniales qui ont consacré leur vie à la prière dans les monastères contemplatifs, sanctifiant les heures du jour et de la nuit, portant dans leurs prières les soucis et les besoins de l’Église. Vous offrez au monde, par le témoignage de votre vie, un signe d'espérance.

4.4. Nous vous exprimons, fidèles laïcs, notre estime et notre amitié. Nous apprécions tout ce que vous faites pour vos familles et vos sociétés, vos Églises et vos patries. Restez fermes au milieu des épreuves et des difficultés. Nous sommes remplis de gratitude envers le Seigneur pour les charismes et les talents dont il vous a comblés, et avec lesquels vous participez, par la force de votre baptême et de votre confirmation, au travail apostolique et à la mission de l’Église, imprégnant le domaine des choses temporelles avec l’esprit et les valeurs de l’Évangile. Nous vous invitons au témoignage d'une vie chrétienne authentique, à une pratique religieuse consciente et aux bonnes mœurs. Ayez le courage de dire la vérité avec objectivité.

Vous les souffrants dans votre corps, votre âme et votre esprit, les opprimés, les expatriés, les persécutés, les prisonniers et les détenus, nous vous portons dans nos prières. Unissez vos souffrances à celles du Christ Rédempteur, et cherchez dans sa croix la patience et la force. Par le mérite de vos souffrances, vous obtenez pour le monde l'amour miséricordieux de Dieu.

Nous saluons chacune de nos familles chrétiennes, et nous regardons avec estime votre vocation et votre mission, comme cellule vivante de la société, école naturelle des vertus et des valeurs éthiques et humaines, et église domestique qui éduque à la prière et à la foi de génération en génération. Nous remercions les parents et les grands-parents pour l’éducation de leurs enfants et de leurs petits-enfants, à l’exemple de l'Enfant-Jésus qui « grandissait en sagesse, en taille et en grâce sous le regard de Dieu et des hommes » (Lc 2, 52). Nous nous engageons à protéger la famille par une pastorale familiale, grâce à des cours de préparation au mariage, et aux centres d’accueil et de consultation, ouverts à tous et surtout aux couples en difficulté, et par nos revendications des droits fondamentaux de la famille.

Nous nous adressons d’une manière spéciale aux femmes. Nous exprimons notre estime pour ce que vous êtes dans les divers états de votre vie : comme jeunes filles, mères, éducatrices, consacrées et travaillant dans la vie publique. Nous vous rendons hommage, car vous protégez la vie humaine depuis son début, lui offrant soin et affection. Dieu vous a donné une sensibilité particulière pour tout ce qui se rapporte à l’éducation, au travail humanitaire et à la vie apostolique. Nous rendons grâce à Dieu pour vos activités et nous aspirons à ce que vous exerciez une plus grande responsabilité dans la vie publique.

Nous vous regardons avec amitié, jeunes gens et jeunes filles, comme l’a fait le Christ avec le jeune homme dans l’Évangile (cf. Mc 10, 21). Vous êtes l'avenir de nos Églises, de nos communautés, de nos pays, leur potentiel et leur force rénovatrice. Faites le projet de votre vie sous le regard aimant du Christ. Soyez des citoyens responsables et des croyants sincères. L'Église se joint à vous dans vos soucis pour trouver un travail en fonction de vos compétences, ce qui contribuera à stimuler votre créativité, et à assurer l'avenir et la formation d'une famille croyante. Surmontez la tentation du matérialisme et du consumérisme. Soyez fermes dans vos valeurs chrétiennes.

Nous saluons les chefs des établissements d’éducation catholiques. Dans l’enseignement et l’éducation recherchez l’excellence et l’esprit chrétien. Ayez pour but de consolider la culture de la convivialité, le souci des pauvres et de ceux qui souffrent de handicaps. Malgré les défis et les difficultés dont souffrent vos institutions, nous vous invitons à les maintenir pour assurer la mission éducatrice de l'Église, et à promouvoir le développement et le bien de nos sociétés.

Nous nous adressons avec grande estime à ceux qui travaillent dans le secteur social. Dans vos institutions vous êtes au service de la charité. Nous vous encourageons et soutenons dans cette mission de développement, guidée par le riche enseignement social de l’Église. Par votre travail, vous renforcez les liens de fraternité entre les hommes, en servant les pauvres, les marginalisés, les malades, les réfugiés et les prisonniers, sans discrimination. Vous êtes guidés par la parole du Seigneur Jésus : « Tout ce que vous faites à l’un de ces petits, c’est à moi que vous le faites » (Mt 25, 40).

Nous regardons avec espoir les groupes de prière et les mouvements apostoliques. Ils sont des écoles d'approfondissement de la foi pour la vivre dans la famille et la société. Nous apprécions leurs activités dans les paroisses et les diocèses et leur soutien aux pasteurs en conformité avec les directives de l'Église. Nous remercions Dieu pour ces groupes et ces mouvements, cellules actives dans la paroisse et pépinières pour les vocations sacerdotales et religieuses.

Nous apprécions le rôle des moyens de communication écrite et audio-visuelle. Nous vous remercions, vous les journalistes, pour votre collaboration avec l'Église dans la diffusion de ses enseignements et dans ses activités, et en ces jours pour avoir couvert les nouvelles de l'Assemblée du Synode sur le Moyen-Orient dans toutes les parties du monde.

Nous nous félicitons de la contribution des médias internationaux et catholiques. Pour le Moyen-Orient, mérite une mention particulière le canal de Télé Lumière-Noursat. Nous espérons qu’il puisse continuer son service d’information et de formation à la foi, son travail pour l’unité chrétienne, la consolidation de la présence chrétienne en Orient, le renforcement du dialogue interreligieux, et la communion entre les Orientaux répandus dans tous les continents.

À nos fidèles dans la diaspora

5. L’émigration est devenue un phénomène général. Le chrétien, le musulman et le juif émigrent, et pour les mêmes causes provenant de l’instabilité politique et économique. En outre, le chrétien commence à se sentir dans l’insécurité, bien qu’à des degrés divers, dans les pays du Moyen-Orient. Que les chrétiens aient confiance dans l’avenir et continuent à vivre dans leurs chers pays.

Nous vous saluons, bien-aimés fidèles, dans vos différents pays de la diaspora. Nous demandons à Dieu de vous bénir. Nous vous demandons de garder le souvenir de vos patries et de vos Églises vivant dans vos cœurs et vos préoccupations. Vous pouvez contribuer à leur évolution et à leur croissance par vos prières, votre pensée, vos visites, et par divers moyens, même si vous en êtes loin.

Gardez les biens et les terres que vous avez dans la patrie, ne vous hâtez pas à les abandonner et à les vendre. Gardez-les comme patrimoine pour vous et comme un morceau de la patrie à laquelle vous restez attachés, que vous aimez et soutenez. La terre fait partie de l’identité de la personne et de sa mission ; elle est un espace vital pour ceux qui y restent et pour ceux qui, un jour, y retourneront. La terre est un bien public, un bien de la communauté, un patrimoine commun. Elle ne saurait être réduite à des intérêts individuels, de la part de celui qui la possède et qui seul décide à son gré de la garder ou de l’abandonner.

Nous vous accompagnons de nos prières, vous les enfants de nos Églises et de nos pays, forcés à émigrer. Portez avec vous votre foi, votre culture et votre patrimoine, afin d’enrichir vos nouvelles patries qui vous procurent paix, liberté et travail. Regardez l’avenir avec confiance et joie. Restez toujours attachés à vos valeurs spirituelles, à vos traditions culturelles et à votre patrimoine national, afin d’offrir aux pays qui vous ont accueillis le meilleur de vous-mêmes et le meilleur de ce que vous avez. Nous remercions les Églises des pays de la diaspora qui ont accueilli nos fidèles et qui ne cessent de collaborer avec nous pour leur assurer le service pastoral nécessaire.

Aux migrants dans nos pays et nos Églises

6. Nous saluons tous les immigrés, de diverses nationalités, venus dans nos pays pour raison de travail.

Nous vous accueillons, bien-aimés fidèles, et nous voyons en votre foi un enrichissement et un soutien à la foi de nos fidèles. C’est avec joie que nous vous procurerons toute l’aide spirituelle dont vous avez besoin.

Nous demandons à nos Églises de prêter une attention spéciale à ces frères et sœurs et à leurs difficultés, quelle que soit leur religion, surtout lorsqu’ils sont exposés à des atteintes à leurs droits et à leur dignité. Car ils viennent chez nous non seulement pour trouver les moyens de vivre, mais aussi pour procurer des services dont nos pays ont besoin. Ils tiennent leur dignité de Dieu et, comme toute personne humaine, ils ont des droits qu’il faut respecter. Il n’est permis à personne d’y porter atteinte. C’est pourquoi nous invitons les gouvernements des pays d’accueil à respecter et à défendre leurs droits.
III. Communion et témoignage avec les Églises orthodoxes et les Communautés évangéliques au Moyen-Orient

7. Nous saluons les Églises orthodoxes et les Communautés évangéliques en nos pays. Ensemble nous travaillons pour le bien des chrétiens, pour qu’ils restent, croissent et prospèrent. Nous sommes sur la même route. Nos défis sont les mêmes et notre avenir est le même. Nous voulons porter ensemble le témoignage comme disciples du Christ. C’est uniquement par notre unité que nous pouvons accomplir la mission que Dieu nous a confiée à tous, malgré la diversité de nos Églises. La prière du Christ est notre soutien, et c’est le commandement de l’amour qui nous unit, même si la route vers la pleine communion reste encore longue devant nous.

Nous avons marché ensemble dans le Conseil des Églises du Moyen-Orient, et nous voulons continuer cette marche avec la grâce de Dieu et promouvoir son action, ayant comme but ultime le témoignage commun à notre foi, le service de nos fidèles et de tous nos pays. Nous saluons et nous encourageons toutes les instances de dialogue œcuménique dans chacun de nos pays.

Nous exprimons notre gratitude au Conseil Œcuménique des Églises et aux diverses organisations œcuméniques qui travaillent pour l’unité des Églises et pour leur soutien.
IV. Coopération et dialogue avec nos concitoyens juifs

8. La même Écriture Sainte nous unit, l’Ancien Testament, qui est la Parole de Dieu à vous et à nous. Nous croyons en tout ce que Dieu y a révélé, depuis qu’il a appelé Abraham, notre père commun dans la foi, père des juifs, des chrétiens et des musulmans. Nous croyons dans les promesses de Dieu et son alliance données à lui et à vous. Nous croyons que la Parole de Dieu est éternelle.

Le Concile Vatican II a publié le document Nostra aetate, concernant le dialogue avec les religions, avec le judaïsme, l’islam et les autres religions. D’autres documents ont précisé et développé par la suite les relations avec le judaïsme. Il y a d’autre part un dialogue continu entre l’Église et des représentants du judaïsme. Nous espérons que ce dialogue puisse nous conduire à agir auprès des responsables pour mettre fin au conflit politique qui ne cesse de nous séparer et de perturber la vie de nos pays.

Il est temps de nous engager ensemble pour une paix sincère, juste et définitive. Tout deux sommes interpelés par la Parole de Dieu. Elle nous invite à entendre la voix de Dieu « qui parle de paix » : « J’écoute. Que dit Dieu ? Ce que Dieu dit c’est la paix pour son peuple et ses amis » (Ps 85, 9). Il n’est pas permis de recourir à des positions bibliques et théologiques pour en faire un instrument pour justifier les injustices. Au contraire le recours à la religion doit porter toute personne à voir le visage de Dieu dans l’autre, et le traiter selon les attributs de Dieu et selon ses commandements, c’est-à-dire selon la bonté de Dieu, sa justice, sa miséricorde et son amour pour nous.
V. Coopération et dialogue avec nos concitoyens musulmans

9. Nous sommes unis par la foi en un Dieu unique et par le commandement qui dit : fais le bien et évite le mal. Les paroles du Concile Vatican II sur les rapports avec les religions posent les bases des relations entre l’Église catholique et les musulmans : « L’Église regarde avec estime les musulmans qui adorent le Dieu un, vivant […] miséricordieux et tout-puissant, qui a parlé aux hommes » (Nostra aetate 3).

Nous disons à nos concitoyens musulmans : nous sommes frères et Dieu nous veut ensemble, unis dans la foi en Dieu et par le double commandement de l’amour de Dieu et du prochain. Ensemble, nous construirons nos sociétés civiles sur la citoyenneté, la liberté religieuse et la liberté de conscience. Ensemble, nous travaillerons pour promouvoir la justice, la paix, les droits de l’homme et les valeurs de la vie et de la famille. Notre responsabilité est commune dans la construction de nos patries. Nous voulons offrir à l’Orient et à l’Occident un modèle de convivialité entre les différentes religions et de collaboration positive entre les diverses civilisations, pour le bien de nos patries et celui de toute l’humanité.

Depuis la parution de l’islam au VIIe siècle et jusqu’à aujourd’hui, nous avons vécu ensemble, et nous avons collaboré à la création de notre civilisation commune. Il est arrivé par le passé, comme cela arrive aujourd’hui encore, quelques déséquilibres dans nos rapports. Par le dialogue, nous devons écarter tout déséquilibre ou malentendu. Le Pape Benoît XVI nous dit que notre dialogue ne peut pas être une réalité passagère. Il est plutôt une nécessité vitale dont dépend notre avenir. (cf. Discours aux représentants des communautés musulmanes à Cologne, 20.8.2005). Il est donc de notre devoir d’éduquer les croyants au dialogue interreligieux, à l’acceptation du pluralisme, au respect et à l’estime réciproques.
VI. Notre participation à la vie publique : appels aux gouvernements et aux responsables politiques de nos pays

10. Nous apprécions les efforts que vous déployez pour le bien commun et le service de nos sociétés. Nous vous accompagnons de nos prières et nous demandons à Dieu de guider vos pas. Nous nous adressons à vous au sujet de l’importance de l’égalité entre les citoyens. Les chrétiens sont des citoyens originels et authentiques, loyaux à leurs patries et s’acquittant de tous leurs devoirs nationaux. Il est naturel qu’ils puissent jouir de tous les droits de la citoyenneté, de la liberté de conscience et de culte, de la liberté dans le domaine de l’éducation et de l’enseignement et dans l’usage des moyens de communication.

Nous vous demandons de redoubler d’efforts que vous déployez pour établir une paix juste et durable dans toute la région, et pour arrêter la course à l’armement, ce qui mènera à la sécurité et à la prospérité économique, arrêtera l’hémorragie de l’émigration qui vide nos pays de ses forces vives. La paix est un don précieux que Dieu a confié aux hommes et ce sont les « artisans de paix qui seront appelés les fils de Dieu » (Mt 5, 9).
VII. Appel à la communauté internationale

11. Les citoyens des pays du Moyen-Orient interpellent la communauté internationale, en particulier l’O.N.U., pour qu’elle travaille sincèrement à une solution de paix juste et définitive dans la région, et cela par l’application des résolutions du Conseil de Sécurité et la prise des mesures juridiques nécessaires pour mettre fin à l’occupation des différents territoires arabes.

Le peuple palestinien pourra ainsi avoir une patrie indépendante et souveraine et y vivre dans la dignité et la stabilité. L’État d’Israël pourra jouir de la paix et de la sécurité au-dedans des frontières internationalement reconnues. La Ville Sainte de Jérusalem pourra obtenir le statut juste qui respectera son caractère particulier, sa sainteté et son patrimoine religieux, pour chacune des trois religions juive, chrétienne et musulmane. Nous espérons que la solution des deux États devienne une réalité et ne reste pas un simple rêve.

L’Irak pourra mettre fin aux conséquences de la guerre meurtrière et rétablir la sécurité qui protègera tous ses citoyens avec toutes leurs composantes sociales, religieuses et nationales.

Le Liban pourra jouir de sa souveraineté sur tout son territoire, fortifier son unité nationale et continuer sa vocation à être le modèle de la convivialité entre chrétiens et musulmans, par le dialogue des cultures et des religions et la promotion des libertés publiques.

Nous condamnons la violence et le terrorisme d’où qu’ils viennent et tout extrémisme religieux. Nous condamnons toute forme de racisme, l’antisémitisme, l’antichristianisme et l’islamophobie, et nous appelons les religions à assumer leurs responsabilités dans la promotion du dialogue des cultures et des civilisations dans notre région et dans le monde entier.
Conclusion : Continuer à témoigner de la vie divine qui nous est apparue dans la personne de Jésus

12. En conclusion, Frères et Sœurs, nous vous disons avec l’apôtre Saint Jean dans sa première épître : « Ce qui était dès le commencement, ce que nous avons entendu, ce que nous avons vu de nos yeux, ce que nous avons contemplé, ce que nos mains ont touché du Verbe de vie - car la vie s’est manifestée : nous l’avons vue, nous en rendons témoignage et nous vous annonçons cette Vie éternelle, qui était tournée vers le Père et qui nous est apparue – ce que nous avons vu et entendu, nous vous l’annonçons, afin que vous aussi soyez en communion avec nous. Quant à notre communion, elle est avec le Père et avec son Fils Jésus-Christ » (1Jn 1, 1-3).

Cette Vie divine qui s’est manifestée aux apôtres il y a deux mille ans dans la personne de Notre Seigneur et Sauveur Jésus-Christ, de laquelle l’Église a vécu et à laquelle elle a témoigné au cours de son histoire, demeurera toujours la vie de nos Églises au Moyen-Orient et l’objet de notre témoignage.

Soutenus par la promesse du Seigneur : « voici que je suis avec vous pour toujours jusqu’à la fin du monde » (Mt 28, 20), nous poursuivrons ensemble notre chemin dans l’espérance, « et l’espérance ne déçoit pas parce que l’amour de Dieu a été répandu dans nos cœurs par le Saint-Esprit qui nous a été donné » (Rm 5, 5).

Nous confessons que nous n’avons pas fait, jusqu’à maintenant, tout notre possible pour mieux vivre la communion entre nos communautés. Nous n’avons pas suffisamment fait pour vous confirmer dans la foi et vous donner la nourriture spirituelle dont vous avez besoin dans vos difficultés. Le Seigneur nous invite à une conversion personnelle et collective.

Aujourd’hui, nous retournons à vous pleins d’espoir, de force et de détermination, portant avec nous le message du Synode et ses recommandations, afin de les étudier ensemble et de les appliquer dans nos Églises, chacun selon son état. Nous espérons aussi que ce nouvel effort soit œcuménique.

Nous vous adressons cet humble et sincère appel afin qu’ensemble nous commencions un chemin de conversion, pour nous laisser renouveler par la grâce de l’Esprit-Saint et revenir à Dieu.

À la Très Sainte Vierge Marie, Mère de l’Église et Reine de la paix, sous la protection de laquelle nous avons mis nos travaux synodaux, nous confions notre marche vers de nouveaux horizons chrétiens et humains, dans la foi au Christ et par la force de sa parole : « voici je fais toutes choses nouvelles » (Ap 21, 5).

(Source : Bulletin du Synode des évêques)

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Di seguito riportiamo estratti del Messaggio:

I. LA CHIESA NEL MEDIO ORIENTE: COMUNIONE E TESTIMONIANZA ATTRAVERSO LA STORIA. CAMMINO DELLA FEDE IN ORIENTE

“In Oriente è nata la prima comunità cristiana. Dall’Oriente partirono gli Apostoli dopo la Pentecoste per evangelizzare il mondo intero. (…) Ci troviamo oggi davanti a una svolta storica: Dio che ci ha donato la fede nel nostro Oriente da 2000 anni, ci chiama a perseverare con coraggio, assiduità e forza, a portare il messaggio di Cristo e la testimonianza al suo Vangelo che è un Vangelo di amore e di pace”.

“Oggi siamo di fronte a numerose sfide. (…) Ciò che Cristo domanda alle nostre Chiese è di rafforzare la comunione all’interno di ciascuna Chiesa ‘sui iuris’ e tra le Chiese cattoliche di diversa tradizione, inoltre di fare tutto il possibile nella preghiera e nella carità per raggiungere l’unità di tutti i cristiani”.

“Abbiamo analizzato quanto concerne la situazione sociale e la sicurezza nei nostri paesi del Medio Oriente. Abbiamo avuto coscienza dell’impatto del conflitto israelo-palestinese su tutta la regione, soprattutto sul popolo palestinese che soffre le conseguenze dell’occupazione israeliana: la mancanza di libertà di movimento, il muro di separazione e le barriere militari, i prigionieri politici, la demolizione delle case, la perturbazione della vita economica e sociale e le migliaia di rifugiati. Abbiamo riflettuto sulla sofferenza e l’insicurezza nelle quali vivono gli Israeliani. Abbiamo meditato sulla situazione di Gerusalemme, la Città Santa. Siamo preoccupati delle iniziative unilaterali che rischiano di mutare la sua demografia e il suo statuto. Di fronte a tutto questo, vediamo che una pace giusta e definitiva è l’unico mezzo di salvezza per tutti, per il bene della regione e dei suoi popoli”.

“Nelle nostre riunioni e nelle nostre preghiere abbiamo riflettuto sulle sofferenze cruente del popolo iracheno. Abbiamo fatto memoria dei cristiani assassinati in Iraq, delle sofferenze permanenti della Chiesa in Iraq, dei suoi figli espulsi e dispersi per il mondo, portando noi insieme con loro le preoccupazioni della loro terra e della loro patria”.

“I padri sinodali hanno espresso la loro solidarietà con il popolo e che Chiese in Iraq e hanno espresso il voto che gli emigrati, forzati a lasciare i loro paesi, possano trovare i soccorsi necessari là dove arrivano, affinché possano tornare nei loro paesi e vivervi in sicurezza”.

“La nostra missione basata sulla nostra fede e il nostro dovere verso le nostre patrie ci obbligano a contribuire alla costruzione dei nostri paesi insieme con tutti i cittadini musulmani, ebrei e cristiani”.

II. COMUNIONE E TESTIMONIANZA ALL’INTERNO DELLE CHIESE CATTOLICHE DEL MEDIO ORIENTE. AI FEDELI DELLE NOSTRE CHIESE

“Vi salutiamo, cristiani del Medio Oriente, e vi ringraziamo per tutto ciò che voi avete realizzato nelle vostre famiglie e nelle vostre società, nelle vostre Chiese e nelle vostre nazioni. Salutiamo la vostra perseveranza nelle difficoltà, pene e angosce”.

“Portiamo nelle nostre preghiere voi, sofferenti nel corpo, nell’anima e nello spirito, voi oppressi, espatriati, perseguitati, prigionieri e detenuti. Unite le vostre sofferenze a quelle di Cristo Redentore e cercate nella sua croce la pazienza e la forza. Con il merito delle vostre sofferenze, voi ottenete per il mondo l’amore misericordioso di Dio”.

“Ci rivolgiamo ora in modo speciale alle donne. Esprimiamo la nostra stima per quanto voi siete nei diversi stati di vita: come ragazze, educatrici, madri, consacrate e operatrici nella vita pubblica. Vi elogiamo perché proteggete la vita umana fin dall’inizio, offrendole cura e affetto. Dio vi ha donato una sensibilità particolare per tutto ciò che riguarda l’educazione, il lavoro umanitario e la vita apostolica. Rendiamo grazie a Dio per le vostre attività e auspichiamo che voi esercitiate una più grande responsabilità nella vita pubblica”.

“(…) Ragazzi e ragazze: (…) Progettate la vostra vita sotto lo sguardo amorevole di Cristo. Siate cittadini responsabili e credenti sinceri. La Chiesa si unisce a voi nelle vostre preoccupazioni di trovare un lavoro in funzione delle vostre competenze. (…) Superate la tentazione del materialismo e del consumismo. Siate saldi nei vostri valori cristiani”.

“Apprezziamo il ruolo dei mezzi di comunicazione scritta e audio-visiva. (…) Per il Medio Oriente merita una menzione particolare il canale ‘Télé Lumière-Noursat’. Speriamo che possa continuare il suo servizio di informazione e di formazione alla fede, il suo lavoro per l’unità dei cristiani, il consolidamento della presenza cristiana in Oriente, il rafforzamento del dialogo inter-religioso e la comunione tra gli orientali sparsi in tutti i continenti”.

“Ai nostri fedeli nella diaspora: (…) Vi accompagniamo con le nostre preghiere, voi figli delle nostre Chiese e dei nostri Paesi, forzati a emigrare. (…) Guardate all’avvenire con fiducia e gioia, restate sempre attaccati ai vostri valori spirituali, alle vostre tradizioni culturali e al vostro patrimonio nazionale per offrire ai paesi che vi hanno accolto il meglio di voi stessi e il meglio di ciò che avete. Ringraziamo le Chiese dei paesi della diaspora che hanno accolto i nostri fedeli e che non cessano di collaborare con noi per assicurare loro il servizio pastorale necessario”.

“Salutiamo tutti gli immigrati delle diverse nazionalità, venuti nei nostri paesi per ragione di lavoro. (…) Noi domandiamo alle nostre Chiese di prestare un’attenzione speciale a questi fratelli e sorelle e alle loro difficoltà, qualunque sia la loro religione, soprattutto quando sono esposti ad attentati ai loro diritti e alla loro dignità. (…) È per questo che invitiamo i governi dei paesi di accoglienza a rispettare e difendere i loro diritti”.

III. COMUNIONE E TESTIMONIANZA CON LE CHIESE ORTODOSSE E LE COMUNITÀ EVANGELICHE NEL MEDIO ORIENTE

“(...) Siamo sulla stessa strada. Le nostre sfide sono le stesse e il nostro avvenire è lo stesso. Vogliamo portare insieme la testimonianza di discepoli di Cristo. Soltanto con la nostra unità possiamo compiere la missione che Dio ha affidato a tutti, malgrado la diversità delle nostre Chiese (...) Salutiamo e incoraggiamo tutte le istanze di dialogo ecumenico in ciascuno dei nostri paesi”.

IV. COOPERAZIONE E DIALOGO CON I NOSTRI CONCITTADINI EBREI

“La stessa Scrittura santa ci unisce, l’Antico Testamento che è la Parola di Dio per voi e per noi (...)Il Concilio Vaticano II ha pubblicato il documento ‘Nostra aetate’, riguardante il dialogo con le religioni, con l’ebraismo, l’islam e le altre religioni. C’è inoltre un dialogo continuo tra la Chiesa e i rappresentanti dell’ebraismo. Noi speriamo che questo dialogo possa condurci ad agire presso i responsabili per mettere fine al conflitto politico che non cessa di separarci e di perturbare la vita dei nostri paesi. (...) Non è permesso di ricorrere a posizioni teologiche bibliche per farne uno strumento a giustificazione delle ingiustizie. Al contrario, il ricorso alla religione deve portare ogni persona a vedere il volto di Dio nell’altro e a trattarlo secondo gli attributi di Dio e i suoi comandamenti”.

V. COOPERAZIONE E DIALOGO CON I NOSTRI CONCITTADINI MUSULMANI

“Siamo uniti dalla fede in un Dio unico e dal comandamento che dice: fa il bene ed evita il male. (...) Insieme noi costruiremo le nostre società civili sulla cittadinanza, sulla libertà religiosa e sulla libertà di coscienza. Insieme noi lavoreremo per promuovere la giustizia, la pace, i diritti dell’uomo, i valori della vita e della famiglia. La nostra responsabilità è comune nella costruzione delle nostre patrie. (...) È nostro dovere, dunque, educare i credenti al dialogo inter-religioso, all’accettazione del pluralismo, al rispetto e alla stima reciproca”.
VI. LA NOSTRA PARTECIPAZIONE ALLA VITA PUBBLICA: APPELLI AI GOVERNI E AI RESPONSABILI PUBBLICI DEI NOSTRI PAESI

“(...) Ci rivolgiamo a voi a riguardo dell’importanza dell’uguaglianza tra i cittadini. I cristiani sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a tutti i loro doveri nazionali. È naturale che essi possano godere di tutti i diritti di cittadinanza, di libertà di coscienza e di culto, di libertà nel campo dell’insegnamento e dell’educazione e nell’uso dei mezzi di comunicazione. (...) Vi chiediamo di raddoppiare gli sforzi che dispiegate per stabilire una pace giusta e duratura in tutta la regione e per arrestare la corsa agli armamenti. È questo che condurrà alla sicurezza e alla prosperità economica, arresterà l’emorragia dell’emigrazione che svuota i nostri paesi delle loro forze vive”.

VII. APPELLO ALLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

“I cittadini dei paesi del Medio Oriente interpellano la comunità internazionale, in particolare l’O.N.U., perché essa lavori sinceramente ad una soluzione di pace giusta e definitiva nella regione, e questo attraverso l’applicazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, e attraverso l’adozione delle misure giuridiche necessarie per mettere fine all’Occupazione dei differenti territori arabi.

“Il popolo palestinese potrà così avere una patria indipendente e sovrana e vivervi nella dignità e nella stabilità. Lo Stato d’Israele potrà godere della pace e della sicurezza all’interno delle frontiere internazionalmente riconosciute. La Città Santa di Gerusalemme potrà trovare lo statuto giusto che rispetterà il suo carattere particolare, la sua santità, il suo patrimonio religioso per ciascuna delle tre religioni ebraica, cristiana e musulmana. Noi speriamo che la soluzione dei due Stati diventi realtà e non resti un semplice sogno”.

“L’Iraq potrà mettere fine alle conseguenze della guerra assassina e ristabilire la sicurezza che proteggerà tutti i suoi cittadini con tutte le loro componenti sociali, religiose e nazionali”.

“Il Libano potrà godere della sua sovranità su tutto il territorio, fortificare l’unità nazionale e continuare la vocazione a essere il modello della convivenza tra cristiani e musulmani, attraverso il dialogo delle culture e delle religioni e la promozione delle libertà pubbliche”.

“Noi condanniamo la violenza e il terrorismo, di qualunque origine, e qualsiasi estremismo religioso. Condanniamo ogni forma di razzismo, l’antisemitismo, lìanticristianesimo e l'islamofobia e chiamiamo le religioni ad assumere le loro responsabilità nella promozione del dialogo delle culture e delle civiltà nella nostra regione e nel mondo intero”.

CONCLUSIONE. CONTINUARE A TESTIMONIARE LA VITA DIVINA CHE CI È APPARSA NELLA PERSONA DI GESÙ

“In conclusione, fratelli e sorelle, noi vi diciamo con l’apostolo san Giovanni nella sua prima lettera: (...) La vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi”. Questa Vita divina (...) rimarrà sempre la vita delle nostre Chiese nel Medio Oriente e l’oggetto della nostra testimonianza.(...) Sostenuti dalla promessa del Signore: ‘Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo’ proseguiamo insieme il nostro cammino nella speranza”.

“Confessiamo che non abbiamo fatto fino ad ora tutto ciò che era in nostra possibilità per vivere meglio la comunione tra le nostre comunità. Non abbiamo operato a sufficienza per confermarvi nella fede e darvi il nutrimento spirituale di cui avete bisogno nelle vostre difficoltà. Il Signore ci invita ad una conversione personale e collettiva. Oggi torniamo a voi pieni di speranza, di forza e di risolutezza, portando con noi il messaggio del Sinodo e le sue raccomandazioni per studiarle insieme e metterci ad applicarle nelle nostre Chiese, ciascuno secondo il suo stato. Speriamo anche che questo sforzo nuovo sia ecumenico”.

(fonte: VIS, Vatican Information Service)

venerdì 22 ottobre 2010

Finzioni e funzioni

Lo studio della storia sembra insegnare che in tempo di civiltà l’umanità produce tragedie, commedie, epica, poesia più o meno drammatica, mentre il tempo dell’inciviltà, della decadenza, se non della barbarie, produce i “colossei”, i “reality”, cadono le maschere degli attori, ognuno di noi può ritrovarsi al centro dell’arena di un qualche tormentone tragico. Il sangue versato deve essere vero, non succo di pomodoro, così le lacrime, gli amplessi, e quant’altro tutto in diretta. Ma mettendo per un attimo da parte i riferimenti scontati alle regole di etica per i mezzi di comunicazione, quel fenomeno che anticamente si chiamava “katharsis” artistica, cioè purificazione, può ancora chiamarsi così davanti alle tragedie-reality che ormai accompagnano il nostro quotidiano? Oppure avviene esattamente l’opposto, cioè una non-purificazione, una sorta di insozzamento che quotidianamente si riversa su di noi dai nostri media?
C’è poi una seconda questione, perché solo alcuni tra i tanti avvenimenti di cronaca diventano tormentoni e su altri cala subito il sipario? Personalmente ritengo che molti di questi casi, quelli che diventano tragedie-reality, siano o omicidi rituali, o eventi “tarocchi” utilizzati per colpire in modo subdolo l'inconscio di persone che non potrebbero essere colpite, una sorta di terrorismo psicologico-subliminare (vedi la “mamma di Cogne”).
E’ avvenuto così che alcuni giornalisti hanno subito una strana mutazione genetica, sono diventati gli inquisitori moderni, conservando quella cruenta frettolosità di giudizio che ha causato in certe epoche migliaia di vittime innocenti. Ma un giornalista oggi più che mai deve essere un appassionato della verità, non un inquisitore bramoso di fare audience vendendo tragiche o erotiche emozioni (fermo alla regola delle famigerate tre s = sesso, sangue, soldi) al punto da confondere le idee anche a chi deve indagare per mestiere.
Bisogna oggi prendere atto del fatto che esistono persone (aldilà delle forze dell’ordine) che sanno di noi molto più di quanto sappiamo noi stessi e i nostri più stretti congiunti e che possono rendere ricattabile non solo il Presidente della Camera ma anche i piccioni di piazza S. Marco! I famosi dossier segreti sono ciò che permettono ai giornalisti-inquisitori di svolgere la loro missione di perturbatori della quiete pubblica e del sonno altrui. Se hai investito con la tua auto una povera volpe in una notte di nebbia e non te ne sei neanche mai accorto, loro lo sanno! Viene in mente una divertente battuta: se gli armadi sono pieni di scheletri e i cassetti pieni di sogni, i nostri vestiti dove li mettiamo?

Maria Letizia Azzilonna

lunedì 18 ottobre 2010

Lettera ai seminaristi

LETTERA AI SEMINARISTI DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

CITTA' DEL VATICANO, 18 OTT. 2010 (VIS). Di seguito riportiamo ampi estratti della "Lettera ai seminaristi", del Santo Padre Benedetto XVI, datata 18 ottobre 2010, a conclusione dell'Anno Sacerdotale.

"Nel dicembre 1944, quando fui chiamato al servizio militare, il comandante di compagnia domandò a ciascuno di noi a quale professione aspirasse per il futuro. Risposi di voler diventare sacerdote cattolico. Il sottotenente replicò: Allora Lei deve cercarsi qualcos'altro. Nella nuova Germania non c'è più bisogno di preti. Sapevo che questa 'nuova Germania' era già alla fine, e che dopo le enormi devastazioni portate da quella follia sul Paese, ci sarebbe stato bisogno più che mai di sacerdoti. Oggi, la situazione è completamente diversa. In vari modi, però, anche oggi molti pensano che il sacerdozio cattolico non sia una 'professione' per il futuro, ma che appartenga piuttosto al passato. Voi, cari amici, vi siete decisi ad entrare in seminario, e vi siete, quindi, messi in cammino verso il ministero sacerdotale nella Chiesa Cattolica, contro tali obiezioni e opinioni. Avete fatto bene a farlo. Perché gli uomini avranno sempre bisogno di Dio, anche nell'epoca del dominio tecnico del mondo e della globalizzazione: del Dio che ci si è mostrato in Gesù Cristo e che ci raduna nella Chiesa universale, per imparare con Lui e per mezzo di Lui la vera vita e per tenere presenti e rendere efficaci i criteri della vera umanità. Dove l'uomo non percepisce più Dio, la vita diventa vuota; tutto è insufficiente".

"Con questa lettera vorrei evidenziare - anche guardando indietro al mio tempo in seminario - qualche elemento importante per questi anni del vostro essere in cammino".

"1. Chi vuole diventare sacerdote, dev'essere soprattutto un 'uomo di Dio', come lo descrive san Paolo (1 Tm 6,11). Per noi Dio non è un'ipotesi distante, (...). Dio si è mostrato in Gesù Cristo. (...). Perciò la cosa più importante nel cammino verso il sacerdozio e durante tutta la vita sacerdotale è il rapporto personale con Dio in Gesù Cristo. Il sacerdote non è l'amministratore di una qualsiasi associazione, di cui cerca di mantenere e aumentare il numero dei membri. È il messaggero di Dio tra gli uomini. Vuole condurre a Dio e così far crescere anche la vera comunione degli uomini tra di loro. Per questo, cari amici, è tanto importante che impariate a vivere in contatto costante con Dio. Quando il Signore dice: 'Pregate in ogni momento', naturalmente non ci chiede di dire continuamente parole di preghiera, ma di non perdere mai il contatto interiore con Dio".

"2. Dio non è solo una parola per noi. Nei Sacramenti Egli si dona a noi in persona, attraverso cose corporali. Il centro del nostro rapporto con Dio e della configurazione della nostra vita è l'Eucaristia. Celebrarla con partecipazione interiore e incontrare così Cristo in persona, dev'essere il centro di tutte le nostre giornate. (...) Nella liturgia preghiamo con i fedeli di tutti i secoli - passato, presente e futuro si congiungono in un unico grande coro di preghiera. Come posso affermare per il mio cammino personale, è una cosa entusiasmante imparare a capire man mano come tutto ciò sia cresciuto, quanta esperienza di fede ci sia nella struttura della liturgia della Messa, quante generazioni l'abbiano formata pregando".

"3. Anche il sacramento della Penitenza è importante. Mi insegna a guardarmi dal punto di vista di Dio, e mi costringe ad essere onesto nei confronti di me stesso. (...)
Benché abbiamo da combattere continuamente con gli stessi errori, è importante opporsi all'abbrutimento dell'anima, all'indifferenza che si rassegna al fatto di essere fatti così. (...) E, nel lasciarmi perdonare, imparo anche a perdonare gli altri. Riconoscendo la mia miseria, divento anche più tollerante e comprensivo nei confronti delle debolezze del prossimo".

"4. Mantenete pure in voi la sensibilità per la pietà popolare, che è diversa in tutte le culture, ma che è pur sempre molto simile, perché il cuore dell'uomo alla fine è lo stesso. Certo, la pietà popolare tende all'irrazionalità, talvolta forse anche all'esteriorità. Eppure, escluderla è del tutto sbagliato. Attraverso di essa, la fede è entrata nel cuore degli uomini, è diventata parte dei loro sentimenti, delle loro abitudini, del loro comune sentire e vivere".

"5. Il tempo in seminario è anche e soprattutto tempo di studio. La fede cristiana ha una dimensione razionale e intellettuale che le è essenziale. Senza di essa la fede non sarebbe se stessa. (...) Posso solo pregarvi insistentemente: Studiate con impegno! (...) Non si tratta appunto soltanto di imparare le cose evidentemente utili, ma di conoscere e comprendere la struttura interna della fede nella sua totalità, così che essa diventi risposta alle domande degli uomini, i quali cambiano, dal punto di vista esteriore, di generazione in generazione, e tuttavia restano in fondo gli stessi. Perciò è importante andare oltre le mutevoli domande del momento per comprendere le domande vere e proprie e capire così anche le risposte come vere risposte. È importante conoscere a fondo la Sacra Scrittura interamente, nella sua unità di Antico e Nuovo Testamento (...) È importante conoscere i Padri e i grandi Concili, nei quali la Chiesa ha assimilato, riflettendo e credendo, le affermazioni essenziali della Scrittura. (...) Che sia importante conoscere le questioni essenziali della teologia morale e della dottrina sociale cattolica, non ho bisogno di dirlo espressamente. Quanto importante sia oggi la teologia ecumenica, il conoscere le varie comunità cristiane, è evidente (...). Ma imparate anche a comprendere e - oso dire - ad amare il diritto canonico nella sua necessità intrinseca e nelle forme della sua applicazione pratica (...). Ora non voglio continuare ad elencare, ma solo dire ancora una volta: amate lo studio della teologia e seguitelo con attenta sensibilità per ancorare la teologia alla comunità viva della Chiesa, la quale, con la sua autorità, non è un polo opposto alla scienza teologica, ma il suo presupposto. Senza la Chiesa che crede, la teologia smette di essere se stessa e diventa un insieme di diverse discipline senza unità interiore".

"6. Gli anni nel seminario devono essere anche un tempo di maturazione umana. Per il sacerdote, il quale dovrà accompagnare altri lungo il cammino della vita e fino alla porta della morte, è importante che egli stesso abbia messo in giusto equilibrio cuore e intelletto, ragione e sentimento, corpo e anima, e che sia umanamente 'integro'. (...) Di questo contesto fa parte anche l'integrazione della sessualità nell'insieme della personalità. La sessualità è un dono del Creatore, ma anche un compito che riguarda lo sviluppo del proprio essere umano. Quando non è integrata nella persona, la sessualità diventa banale e distruttiva allo stesso tempo. Oggi vediamo questo in molti esempi nella nostra società. Di recente abbiamo dovuto constatare con grande dispiacere che sacerdoti hanno sfigurato il loro ministero con l'abuso sessuale di bambini e giovani. Anziché portare le persone ad un'umanità matura ed esserne l'esempio, hanno provocato, con i loro abusi, distruzioni di cui proviamo profondo dolore e rincrescimento. A causa di tutto ciò può sorgere la domanda in molti, forse anche in voi stessi, se sia bene farsi prete; se la via del celibato sia sensata come vita umana. L'abuso, però, che è da riprovare profondamente, non può screditare la missione sacerdotale, la quale rimane grande e pura. Grazie a Dio, tutti conosciamo sacerdoti convincenti, plasmati dalla loro fede, i quali testimoniano che in questo stato, e proprio nella vita celibataria, si può giungere ad un'umanità autentica, pura e matura. Ciò che è accaduto, però, deve renderci più vigilanti e attenti, proprio per interrogare accuratamente noi stessi, davanti a Dio, nel cammino verso il sacerdozio, per capire se ciò sia la sua volontà per me. È compito dei padri confessori e dei vostri superiori accompagnarvi e aiutarvi in questo percorso di discernimento".

"7. Oggi gli inizi della vocazione sacerdotale sono più vari e diversi che in anni passati. La decisione per il sacerdozio si forma oggi spesso nelle esperienze di una professione secolare già appresa. Cresce spesso nelle comunità, specialmente nei movimenti, che favoriscono un incontro comunitario con Cristo e la sua Chiesa, un'esperienza spirituale e la gioia nel servizio della fede. La decisione matura anche in incontri del tutto personali con la grandezza e la miseria dell'essere umano. (...) I movimenti sono una cosa magnifica. Voi sapete quanto li apprezzo e amo come dono dello Spirito Santo alla Chiesa. Devono essere valutati, però, secondo il modo in cui tutti sono aperti alla comune realtà cattolica, alla vita dell'unica e comune Chiesa di Cristo che in tutta la sua varietà è comunque solo una. Il seminario è il periodo nel quale imparate l'uno con l'altro e l'uno dall'altro. Nella convivenza, forse talvolta difficile, dovete imparare la generosità e la tolleranza non solo nel sopportarvi a vicenda, ma nell'arricchirvi l'un l'altro, in modo che ciascuno possa apportare le sue peculiari doti all'insieme, mentre tutti servono la stessa Chiesa, lo stesso Signore. Questa scuola della tolleranza, anzi, dell'accettarsi e del comprendersi nell'unità del Corpo di Cristo, fa parte degli elementi importanti degli anni di seminario.

Cari seminaristi! Con queste righe ho voluto mostrarvi quanto penso a voi proprio in questi tempi difficili e quanto vi sono vicino nella preghiera. E pregate anche per me, perché io possa svolgere bene il mio servizio, finché il Signore lo vuole".

giovedì 14 ottobre 2010

VAN GOGH

Dopo 22 anni torna a Roma Vincent van Gogh
Campagna e città in oltre settanta capolavori dell'artista olandese e in circa 40 opere di chi gli fu d'ispirazione, come Gaugin e Cézanne

Il Complesso del Vittoriano riporta a Roma dopo ventidue anni Vincent van Gogh con una selezione di oltre settanta capolavori – tra dipinti, acquarelli e opere su carta – e circa quaranta opere dei grandi artisti che gli furono di ispirazione, tra i quali Millet, Pissarro, Cézanne, Gauguin e Seurat.

Nonostante sia priva dei capolavori più noti, l’esposizione, con sintetici apparati informativi bilingue, consente al visitatore d’apprezzare senza troppi condizionamenti l’evoluzione delle tecniche d’esecuzione (qualche riferimento didascalico è impreciso) e d’espressione di quest’artista dalla personalità complessa. Artista nel quale convivevano l’amore per la gente, il bisogno irrefrenabile d’esprimersi e il tormento della malattia.

Il percorso scientifico è focalizzato su due inclinazioni contraddittorie che emergono dalla scelta dei suoi soggetti: l’amore per la campagna, come ambiente fisso e immutabile, e il suo legame con la città, centro della vita moderna e del suo rapido movimento. In entrambi i contesti il suo scopo era di presentare valori eterni e situazioni contemporanee in uno specifico repertorio di temi e immagini.

Caratterizzato da una sorprendente memoria visiva che gli permetteva di ricordare fin nei minimi dettagli dipinti o stampe dei suoi predecessori che considerava maestri, van Gogh non intendeva ritrarre una verità oggettiva quanto divulgare i valori della campagna, della felicità della vita rurale. Felicità ideale, per celebrare la quale egli dipinse, ad esempio, casette col tetto di paglia, ignorando consapevolmente che quelle dimore erano in realtà baracche miserabili, cadute in disuso già ai suoi tempi.

I suoi contadini – tutti anonimi – esprimono l’intrinseco legame con la terra. Sono rozzi, con la fronte bassa e le labbra grosse, le spalle curve. Ritratti con una tavolozza di colori cupi, smorti, non rivolgono mai (anche quelli in posizione frontale) lo sguardo verso l’artista.

Il suo ritratto della campagna come luogo immutabile, segnato da gesti lenti e ripetitivi – come intendono suggerire le opere messe a confronto – non si basava sulla semplice osservazione e sul resoconto di quanto aveva visto: era piuttosto il risultato della sua vasta cultura artistica e delle precise idee che intendeva trasmettere.

Anche i contesti urbani, nei quali la tavolozza dei colori si fa più vivace, sono stati rappresentati con un’angolazione specifica, preferendo le stradine dei sobborghi, all’epoca in rapido sviluppo, alle vie affollate o alle pittoresche piazze di Parigi. In mostra anche una selezione di autoritratti. Date le tematiche, discutibile, anche se di facile richiamo, la scelta di rappresentare con uno di essi la mostra.

“Vincent van Gogh. Campagna senza tempo – Città moderna”. Fino al 6 febbraio 2011. Orari: dal lunedì al giovedì dalle 9.30 alle 19.30; venerdì e sabato dalle 9.30 alle 23.30; domenica dalle 9.30 alle 20.30. La biglietteria chiude un’ora prima. Biglietto: intero 12 euro; ridotto 8,50 euro. Curatore: Cornelia Homburg. Catalogo: Skira 35 euro. Organizzazione: Comunicare organizzando. Segreteria della mostra, visite guidate e prenotazione gruppi c/o il Complesso del Vittoriano: tel. 06.6780664 – 06.6780363.

12 ottobre 2010

(di Francesca Romana Cicero da Romasette.it)

mercoledì 13 ottobre 2010

ubicumque et semper!


LETTERA APOSTOLICA IN FORMA DI «MOTU PROPRIO»

UBICUMQUE ET SEMPER

DEL SOMMO PONTEFICE BENEDETTO XVI
CON LA QUALE SI ISTITUISCE
IL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE
DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

La Chiesa ha il dovere di annunciare sempre e dovunque il Vangelo di Gesù Cristo. Egli, il primo e supremo evangelizzatore, nel giorno della sua ascensione al Padre comandò agli Apostoli: "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20). Fedele a questo comando la Chiesa, popolo che Dio si è acquistato affinché proclami le sue ammirevoli opere (cfr 1Pt 2,9), dal giorno di Pentecoste in cui ha ricevuto in dono lo Spirito Santo (cfr At 2,1­4), non si è mai stancata di far conoscere al mondo intero la bellezza del Vangelo, annunciando Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, lo stesso "ieri, oggi e sempre" (Eb 13,8), che con la sua morte e risurrezione ha attuato la salvezza, portando a compimento la promessa antica. Pertanto, la missione evangelizzatrice, continuazione dell'opera voluta dal Signore Gesù, è per la Chiesa necessaria ed insostituibile, espressione della sua stessa natura.

Tale missione ha assunto nella storia forme e modalità sempre nuove a seconda dei luoghi, delle situazioni e dei momenti storici. Nel nostro tempo, uno dei suoi tratti singolari è stato il misurarsi con il fenomeno del distacco dalla fede, che si è progressivamente manifestato presso società e culture che da secoli apparivano impregnate dal Vangelo. Le trasformazioni sociali alle quali abbiamo assistito negli ultimi decenni hanno cause complesse, che affondano le loro radici lontano nel tempo e hanno profondamente modificato la percezione del nostro mondo. Si pensi ai giganteschi progressi della scienza e della tecnica, all'ampliarsi delle possibilità di vita e degli spazi di libertà individuale, ai profondi cambiamenti in campo economico, al processo di mescolamento di etnie e culture causato da massicci fenomeni migratori, alla crescente interdipendenza tra i popoli. Tutto ciò non è stato senza conseguenze anche per la dimensione religiosa della vita dell'uomo. E se da un lato l’umanità ha conosciuto innegabili benefici da tali trasformazioni e la Chiesa ha ricevuto ulteriori stimoli per rendere ragione della speranza che porta (cfr 1Pt 3,15), dall’altro si è verificata una preoccupante perdita del senso del sacro, giungendo persino a porre in questione quei fondamenti che apparivano indiscutibili, come la fede in un Dio creatore e provvidente, la rivelazione di Gesù Cristo unico salvatore, e la comune comprensione delle esperienze fondamentali dell'uomo quali il nascere, il morire, il vivere in una famiglia, il riferimento ad una legge morale naturale.

Se tutto ciò è stato salutato da alcuni come una liberazione, ben presto ci si è resi conto del deserto interiore che nasce là dove l'uomo, volendosi unico artefice della propria natura e del proprio destino, si trova privo di ciò che costituisce il fondamento di tutte le cose.

Già il Concilio Ecumenico Vaticano II assunse tra le tematiche centrali la questione della relazione tra la Chiesa e questo mondo contemporaneo. Sulla scia dell'insegnamento conciliare, i miei Predecessori hanno poi ulteriormente riflettuto sulla necessità di trovare adeguate forme per consentire ai nostri contemporanei di udire ancora la Parola viva ed eterna del Signore.

Con lungimiranza il Servo di Dio Paolo VI osservava che l'impegno dell'evangelizzazione "si dimostra ugualmente sempre più necessario, a causa delle situazioni di scristianizzazione frequenti ai nostri giorni, per moltitudini di persone che hanno ricevuto il battesimo ma vivono completamente al di fuori della vita cristiana, per gente semplice che ha una certa fede ma ne conosce male i fondamenti, per intellettuali che sentono il bisogno di conoscere Gesù Cristo in una luce diversa dall'insegnamento ricevuto nella loro infanzia, e per molti altri” (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, n. 52). E, con il pensiero rivolto ai lontani dalla fede, aggiungeva che l'azione evangelizzatrice della Chiesa "deve cercare costantemente i mezzi e il linguaggio adeguati per proporre o riproporre loro la rivelazione di Dio e la fede in Gesù Cristo” (Ibid., n. 56). Il Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II fece di questo impegnativo compito uno dei cardini del suo vasto Magistero, sintetizzando nel concetto di "nuova evangelizzazione", che egli approfondì sistematicamente in numerosi interventi, il compito che attende la Chiesa oggi, in particolare nelle regioni di antica cristianizzazione. Un compito che, se riguarda direttamente il suo modo di relazionarsi verso l'esterno, presuppone però, prima di tutto, un costante rinnovamento al suo interno, un continuo passare, per così dire, da evangelizzata ad evangelizzatrice. Basti ricordare ciò che si affermava nell'Esortazione post sinodale Christifideles Laici: "Interi paesi e nazioni, dove la religione e la vita cristiana erano un tempo quanto mai fiorenti e capaci di dar origine a comunità di fede viva e operosa, sono ora messi a dura prova, e talvolta sono persino radicalmente trasformati, dal continuo diffondersi dell'indifferentismo, del secolarismo e dell'ateismo. Si tratta, in particolare, dei paesi e delle nazioni del cosiddetto Primo Mondo, nel quale il benessere economico e il consumismo, anche se frammisti a paurose situazioni di povertà e di miseria, ispirano e sostengono una vita vissuta «come se Dio non esistesse». Ora l'indifferenza religiosa e la totale insignificanza pratica di Dio per i problemi anche gravi della vita non sono meno preoccupanti ed eversivi rispetto all'ateismo dichiarato. E anche la fede cristiana, se pure sopravvive in alcune sue manifestazioni tradizionali e ritualistiche, tende ad essere sradicata dai momenti più significativi dell'esistenza, quali sono i momenti del nascere, del soffrire e del morire. [...] In altre regioni o nazioni, invece, si conservano tuttora molto vive tradizioni di pietà e di religiosità popolare cristiana; ma questo patrimonio morale e spirituale rischia oggi d'essere disperso sotto l'impatto di molteplici processi, tra i quali emergono la secolarizzazione e la diffusione delle sette. Solo una nuova evangelizzazione può assicurare la crescita di una fede limpida e profonda, capace di fare di queste tradizioni una forza di autentica libertà. Certamente urge dovunque rifare il tessuto cristiano della società umana. Ma la condizione è che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali che vivono in questi paesi e in queste nazioni" (n. 34).

Facendomi dunque carico della preoccupazione dei miei venerati Predecessori, ritengo opportuno offrire delle risposte adeguate perché la Chiesa intera, lasciandosi rigenerare dalla forza dello Spirito Santo, si presenti al mondo contemporaneo con uno slancio missionario in grado di promuovere una nuova evangelizzazione. Essa fa riferimento soprattutto alle Chiese di antica fondazione, che pure vivono realtà assai differenziate, a cui corrispondono bisogni diversi, che attendono impulsi di evangelizzazione diversi: in alcuni territori, infatti, pur nel progredire del fenomeno della secolarizzazione, la pratica cristiana manifesta ancora una buona vitalità e un profondo radicamento nell'animo di intere popolazioni; in altre regioni, invece, si nota una più chiara presa di distanza della società nel suo insieme dalla fede, con un tessuto ecclesiale più debole, anche se non privo di elementi di vivacità, che lo Spirito Santo non manca di suscitare; conosciamo poi, purtroppo, delle zone che appaiono pressoché completamente scristianizzate, in cui la luce della fede è affidata alla testimonianza di piccole comunità: queste terre, che avrebbero bisogno di un rinnovato primo annuncio del Vangelo, appaiono essere particolarmente refrattarie a molti aspetti del messaggio cristiano.

La diversità delle situazioni esige un attento discernimento; parlare di “nuova evangelizzazione” non significa, infatti, dover elaborare un'unica formula uguale per tutte le circostanze. E, tuttavia, non è difficile scorgere come ciò di cui hanno bisogno tutte le Chiese che vivono in territori tradizionalmente cristiani sia un rinnovato slancio missionario, espressione di una nuova generosa apertura al dono della grazia. Infatti, non possiamo dimenticare che il primo compito sarà sempre quello di rendersi docili all'opera gratuita dello Spirito del Risorto, che accompagna quanti sono portatori del Vangelo e apre il cuore di coloro che ascoltano. Per proclamare in modo fecondo la Parola del Vangelo, è richiesto anzitutto che si faccia profonda esperienza di Dio.

Come ho avuto modo di affermare nella mia prima Enciclica Deus caritas est: “All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (n. 1). Similmente, alla radice di ogni evangelizzazione non vi è un progetto umano di espansione, bensì il desiderio di condividere l'inestimabile dono che Dio ha voluto farci, partecipandoci la sua stessa vita.

Pertanto, alla luce di queste riflessioni, dopo avere esaminato con cura ogni cosa e aver richiesto il parere di persone esperte, stabilisco e decreto quanto segue:



Art.1.

§ 1. È costituito il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, quale Dicastero della Curia Romana, ai sensi della Costituzione apostolica Pastor bonus.

§ 2. Il Consiglio persegue la propria finalità sia stimolando la riflessione sui temi della nuova evangelizzazione, sia individuando e promuovendo le forme e gli strumenti atti a realizzarla.

Art. 2.

L’azione del Consiglio, che si svolge in collaborazione con gli altri Dicasteri ed Organismi della Curia Romana, nel rispetto delle relative competenze, è al servizio delle Chiese particolari, specialmente in quei territori di tradizione cristiana dove con maggiore evidenza si manifesta il fenomeno della secolarizzazione.



Art. 3.

Tra i compiti specifici del Consiglio si segnalano:

1°. approfondire il significato teologico e pastorale della nuova evangelizzazione;

2°. promuovere e favorire, in stretta collaborazione con le Conferenze Episcopali interessate, che potranno avere un organismo ad hoc, lo studio, la diffusione e l'attuazione del Magistero pontificio relativo alle tematiche connesse con la nuova evangelizzazione;

3°. far conoscere e sostenere iniziative legate alla nuova evangelizzazione già in atto nelle diverse Chiese particolari e promuoverne la realizzazione di nuove, coinvolgendo attivamente anche le risorse presenti negli Istituti di Vita Consacrata e nelle Società di Vita Apostolica, come pure nelle aggregazioni di fedeli e nelle nuove comunità;

4°. studiare e favorire l'utilizzo delle moderne forme di comunicazione, come strumenti per la nuova evangelizzazione;

5°. promuovere l'uso del Catechismo della Chiesa Cattolica, quale formulazione essenziale e completa del contenuto della fede per gli uomini del nostro tempo.



Art. 4

§ 1. Il Consiglio è retto da un Arcivescovo Presidente, coadiuvato da un Segretario, da un Sotto-Segretario e da un congruo numero di Officiali, secondo le norme stabilite dalla Costituzione apostolica Pastor bonus e dal Regolamento Generale della Curia Romana.

§ 2. Il Consiglio ha propri Membri e può disporre di propri Consultori.



Tutto ciò che è stato deliberato con il presente Motu proprio, ordino che abbia pieno e stabile valore, nonostante qualsiasi cosa contraria, anche se degna di particolare menzione, e stabilisco che venga promulgato mediante la pubblicazione nel quotidiano "L'Osservatore Romano" e che entri in vigore il giorno della promulgazione.

Dato a Castel Gandolfo, il giorno 21 settembre 2010, Festa di san Matteo, Apostolo ed Evangelista, anno sesto di Pontificato.



BENEDETTO PP. XVI

martedì 12 ottobre 2010

CONGRESSO MONDIALE UCIP

UCIP Congress in Burkina Faso - Ouagadougou, Burkina Faso, 12-19 September 2010


This report brings you images and sounds from Africa after the world congress took place at Ouagadougou, Burkina Faso from 12 to 19 September 2010. Photographs bring you images while the citations from some keynote addresses and other words bring you thoughts and ideas. For hundreds of participants and organisers, the UCIP World congress held at Ouagadougou, Burkina Faso was one of the beautiful congresses to date, an example and model for congresses to come. This was the first time the UCIP congress was organised on the African continent.

Just a few numbers

More than 1,000 participants from all the continents were present at the sessions. Of these, 455 were professional journalists coming from 48 nationalities of all five continents. More than 600 were political leaders, diplomats, religious personalities, professors, publishers, men and women from diverse walks of life and lawyers – representing 49 nationalities. More than 400 of those attending were young. More than 200 traditional and folk musicians, animators and dancers gave a glimpse into the rich cultures of Burkina Faso and more than 1,000 women and men welcomed a congress delegation to their village. More than 250 organising committee members, volunteers and security personnel attended to the needs of participants and escorted congress delegations to various parts of Burkina Faso. 32 national and international media organs reported the events live.

Importance of the Congress

The congress was above all an exceptional opportunity for ongoing learning, formation and exposure. The event clearly showed that the UCIP congress attracted not only media professionals but also all those who were interested in the congress theme, “Media at the Service of Justice, Peace and Good Governance in a World of Inequalities and Poverty”. The congress has been recognised as a world event for public utility and general interest.

Journalism Awards

The International Media Awards ceremony was one of the important catalysts for many journalists, especially from other parts of the world, who came to the congress. Twenty-six out of 43 winners of awards and honourable mentions came to the congress. In some cases they were represented by their institutions, publishing houses or colleagues.

The Dutch Bishops’ Conference offered the monetary prize for the Titus Brandsma Award. Titus Brandsma was a courageous and exemplary journalist. In paying honour to the Blessed Titus Brandsma, the representative of the Dutch Bishops’ Conference, Dr Bert Elbertse, said: “At an early stage Titus Brandsma warned against the dangers of National Socialism in Germany and elsewhere. He fiercely opposed in newspapers and lectures the racist measures of the Hitler regime. After Hitler invaded the Netherlands and occupied the country Brandsma continued with his resistance against the racist and anti-democratic measures of the occupier. For these activities he was arrested in 1942 and eventually ended up in the Dachau concentration camp. Here he was an example and guidance for many of his fellow prisoners. After undergoing medical experiments he died that same year.” The Titus Brandsma Award was conferred upon Professor Andres Canizalez, a journalist and professor based in Caracas, Venezuela

The Symposium of the Episcopal Conferences of Africa and Madagascar contributed to the Gold Medal. The Gold medal was conferred upon the Burkinabe daily newspaper L’Observateur Paalga and its founder-director, Edouard Ouédraogo. Congratulating the daily and its founder- director, journalist Stephen Rweikiza, based in Dar Es Salaam, Tanzania said: “We know that some press media in Africa and the world over have lived under oppression and dictatorships; their journalists and editors are being arrested, detained and even killed for simply performing the honourable cause of spearheading press freedom and the dignity of the people. Refusing to be controlled by the former regime we are happy today that the Burkina Faso government cherishes the daily L’Observateur Paalga’s contribution towards peoples and humanity at large.”

Keynotes

The following excerpts from the keynote addresses and messages give us a taste of the sessions and debates at the congress:

The human and spiritual values promoted by your organisation are full of hope, fraternity and peace. It predisposes itself to play a major role at international, regional and national levels in the promotion of democracy, good government, and social and economic development. These are the prerequisites for a united and blossoming world society. It is for this reason your organisation needs our support and encouragement. This present assembly constitutes an ideal setting for the reinforcement of the actions of women and men in the perspective of building a world of peace and justice. The involvement of other religious confessions in your activities, especially at this congress, shows the commitment of your association to the promotion of the fundamental values of fraternity and solidarity. – Blaise Campaore, President of Burkina Faso

Journalism is the best profession in the world but it is difficult and demanding. When one decides to be a journalist, one must work hard. Anyone without a vocation to this profession should stay away from the scene. – Beatrice Damiba, Chairperson of the National Council of Communication and Patroness of the Congress.

You have chosen to come to Ouagadougou to reflect on the establishment of a society of good governance that pledges peace in the world. You give hope to us mayors and administrators of cities and towns, these establishments that have to deal every day with so many problems arising from our consumerist society. - Simon Compaore, Mayor of Ouagadougou

In a time where the functioning of the media is more than ever contributory to economic forces the news cannot be presented well. The information itself has been taken hostage in a neo-liberal system where information is reduced to its commercial value. The media, as we can observe, put products into the market with the aim of profitability and competition. – Archbishop Séraphin François Rouamba, President of Episcopal Conference of Burkina-Niger

Dialogue without ambiguity and with respect is today a priority in which the Church clearly participates through the presence of the Holy See in diverse international organisations and through the specific and multifaceted engagement of local churches and the faithful in the diverse human communities in respect for subsidiarity. Dear journalist friends, you are the architects and witnesses of this way in which the Church sees dialogue, offering her humble service to society, attracting particular attention towards the poor, offering new horizons for a future of grandeur and dignity. – Archbishop Claudio Maria Celli, President of the Pontifical Council for Social Communications.

Society has become dependent on the media, which now play an advanced role in the dissemination of information. Part of the role of the media is to serve as gatekeeper. This entails a huge responsibility to inform the public about happenings around the world without fear or favour and devoid of any influence from any quarter. Nothing can be more constructive, purposeful and liberating than the integrity of truth just as nothing can be more destructive, fruitless and harmful as untruth. - Jerry John Rawlings, Former President of Ghana

The situation in Africa is that of multi-culturalism and religious pluralism. This situation puts other inter-cultural relations and experiences which are at the height of the human spirit in the heart of our social life. – Archbishop Anselme T. Sanon of Bobo Dioulasso

In a “globalised” society, even if we try our best, we Africans live outside this society. It is important to underline that the transfer of information be done at the speed of light. – Achille Kouawo, Journalist based in Niamey, Niger

No one can take the media out their own universe. The media gives us news on what happens around the world, disturbing views and perspectives, establishing a rapport with reality and an authenticity based on a temporary and reversible consensus, but away from certitudes based on the history and from absolute truth. Instead of supporting one theory and one faith in one religious or philosophical tradition, the media try in their diversity to operate the amalgam among diverse doctrines and visions of the world from a pragmatic and experiential understanding of the world. – Serge Théopile Balima, Journalist, diplomat and professor at the University of Ouagadougou

The poverty and social marginalisation endured by large sectors of society in Latin America affect the freedom of expression of the citizens. Their voices are ignored and consequently left out of any debate. Experience shows that extreme poverty has the potential seriously to erode the democratic institutional framework, as it tends to thwart democracy and render illusory citizen participation, access to justice, and the effective enjoyment of human rights. – Andres Canizalez, Journalist and professor at the University of Caracas, Venezuela

In Africa, the opening of possibilities for effective and integral democratisation gave rise, among other remarkable phenomena, to a revitalisation of national media landscapes with the development of diverse pluralistic print media as well as a wave of liberalisation through reinforced radio signals, supported by the new technological opportunities increasing the possibility of emission and reception. – Luc Adolphe Tiao, Burkina Faso Ambassador at Paris

The press in fact is irreplaceable and a prodigious instrument for the development of all relationships and of harmony and rapprochement among peoples. It can also be a horrible instrument of destruction. The journalist is at the heart of the trilogy of good governance, democracy and development. Journalists should therefore measure the importance and the gravity of their roles, with strict observance of ethical and deontological norms. Being honest in our profession must be a permanent and constant engagement. – Boureima Jérémie Sigue, Founder of “Le Pays” Publishing House, Burkina Faso

The non-written and non-spoken languages, the languages of tam-tam, the languages of masks, are divine expressions and divine forces from the unmeasurable depths of ages. A living, life-giving and animated word of the Ancestors and the Divine are thus heard and respected amidst the society. - Titinga Frederic Pacere, Advocate and expert on Burkina Faso cultures

Among all the means of peaceful settlement of disputes and wars, mediation constitutes without any doubt the most promising and most frequently used means. In fact, Mediation is considered efficient and less expensive in settling conflicts. Therefore mediation enjoys for several years growing success worldwide, especially throughout Africa. - Vincent Zakane, Doctor in rights, professor at the University of Ouagadougou

Brazil received between 3 to 4 million African slaves, that is 37 per cent of slaves transported to the Americas. Today Brazil is the second “black” nation after Nigeria. 45 per cent of the Brazilian population is of Afro-Brazilian origin. – Paulo Lima, Journalist and editor, Sao Paulo, Brazil

African women are seen as the mirror of how the international media present Africa as marginalised and as victims of discrimination and violence in everyday life. Women are more often silent; others speak for them on various levels and this inability to speak for themselves seems to coincide with their economic, political and cultural subordination. – Eugénie E. AW-Ndiyae, Centre of Studies of Sciences and Techniques of Information (CESTI), Senegal

Inter-religious Dialogue presumes true knowledge and appreciation of one’s own religion and that of the other. One task of dialogue is the removal of prejudices and a wrong perception of the religion of the other. The partners in dialogue need to accept and respect each other as each person is endowed with human dignity. – Varghese Paul SJ, Writer and journalist based at Ahmedabad, India

EduCom

For the first time, an International Edu-Communication workshop was organised together with the congress. Its participants appreciated the organisers for being so open to new ideas and new realities on the media landscape. The congress also took a resolution to promote EduCommunication as it can give recognition to the voiceless and engage young people as responsible citizens. EduCommunication consists of improving communication and educative activities, increasing the capacity of expression of social and media subjects, developing the critical spirit of citizens, promoting democratic government and active participation of all, using the resources of information and communication from its potentials, democratising information and communication, and validating the process of teaching and apprenticeship.

Resolutions

The congress delegates made recommendations and adopted resolutions requesting the organisation of workshops and formation sessions on relevant themes on national and regional levels in co-operation with all partners; to promote EduCommunication as it can give a voice to the voiceless and engage young people as responsible citizens; to support leaders to work for peace and justice through listening and dialogue; to support the Catholic agency of information based in Nairobi; to support positive initiatives by States, institutions and personalities in order to achieve the millennium goals signed by the United Nations in the year 2000; and to give testimony to the practice of the journalistic profession by being honest and rejecting all forms of corruption.

Visit to Orphanage

A congress delegation visited an orphanage in the city of Ouagadougou together with Archbishop Caludio Maria Celli, President of the Pontifical Council for Social Communications. The delegation presented the proceeds of a collection from the congress participants to the Sister-directress of the orphanage. Archbishop Celli spoke at the ceremony, mentioning the Asian reality of people giving offerings to Buddhist monks. The president of the National Organising Committee said that this visit was particular to this congress in Africa. The gathering was told that those who give are not more important than who receive. Peoples in Asia make offerings to Buddhist monks and not because the giver is more important than the receiver but because of all that is represented and conveyed by a Buddhist monk.

Exposure

The congress gave one of the most interesting cultural exposures to Africa as the participants were greeted by the Emperor of Mosse Mogho Naba and were taken to the villages of Laongo, Manega, and Ramongo and the city of Koudougou. They were received by hundreds of people in the villages, political and traditional leaders, traditional and folk musicians, dancers, storytellers and animators.

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Le immagini e gli echi di UCIP Congresso in Burkina Faso
Ouagadougou, Burkina Faso, 12-19 settembre 2010

Per le centinaia di partecipanti e organizzatori, il Congresso Mondiale è stata una delle più belle conferenza nella storia dell' UCIP e persino un modello per le future conferenze. Si deve ricordare che questa edizione è stata la prima a svolgersi nel continente africano.

Alcune cifre

Oltre 1000 partecipanti da tutti i continenti erano presenti a vari incontri e attività. Tra di loro c'erano 455 giornalisti professionisti provenienti da 48 paesi e cinque continenti. Oltre 600 i partecipanti tra i leader politici, diplomatici, religiosi, professori, editori, avvocati. Tra di loro più di 400 giovani. Degna di nota la presenza di oltre 200 folkloristi, musicisti, animatori e ballerini che hanno fatto scoprire alcune delle ricche culture del Burkina Faso.
Più di 250 organizzatori, volontari e personale di sicurezza, 32 organi di stampa e media nazionali e internazionali per gli eventi dal vivo.

L'importanza del Congresso

Il congresso è stato occasione eccezionale per conoscenze, formazione, turismo. Questo evento ha dimostrato che il Congresso UCIP non attira solo i giornalisti ma anche gli interessati al tema della conferenza: "I media al servizio della giustizia, della pace e il buon governo in un mondo di disuguaglianza e povertà". Il Congresso è stato riconosciuto come un evento veramente globale e di interesse pubblico generale.

International Awards: Premio Internazionale per i Media attirato molti giornalisti e molti di loro provenivano da varie parti del mondo. Dei 43 uomini e donne che hanno ricevuto una menzione d'onore premio, 26 erano presenti, mentre gli altri erano rappresentati delle istituzioni, case editrici o colleghi.

La Conferenza dei Vescovi dell' Olanda ha offerto la borsa di studio che accompagna il Premio Titus Brandsma. (Tito Brandsma è stato un giornalista coraggioso ed esemplare) Il rappresentante dei vescovi d'Olanda ha dichiarato: "In passato, Tito Brandsma ha combattuto contro i pericoli del nazismo in Germania e altrove. Egli ha fortemente osteggiato in riviste e conferenze le azioni razziste del regime di Hitler. Dopo che Hitler aveva invaso l'Olanda e aveva occupato il paese, Titus Brandsma ha mantenuto la sua resistenza alle azioni anti-democratiche e razziste degli occupanti. Tutte queste attività sono cessate dopo che fu arrestato nel 1942 e terminò la sua vita nel campo di concentramento di Dachau, dove è stato esempio e guida per molti dei suoi compagni di prigionia. Sottoposto anche ad esperimenti medici, morì nel corso dello stesso anno, il 1942. Il Premio Titus Brandsma è stato conferito al professor Andres Canizalez, giornalista e insegnante a Caracas, in Venezuela.

Il Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar ha assegnato una medaglia d'oro al giornale del Burkina Faso "Il Paalga Observer" e al suo fondatore e direttore Edouard Ouedraogo. Il giornalista Stephen Rweikiza di Dar Es Salsam, in Tanzania, ha dichiarato: "Sappiamo che i supporti di stampa in Africa e in tutto il mondo hanno sperimentato l'oppressione e la dittatura: i loro giornalisti e i loro editori sono stati arrestati, detenuti e persino uccisi semplicemente per aver difeso la causa della libertà di stampa così grande e la dignità della persona umana. Mentre Il Paalga Observer ha rifiutato di essere manipolato da tali piani, siamo lieti che oggi il governo del Burkina Faso riconosca il contributo di questo lavoro per il benessere del suo popolo e dell'umanità .