mercoledì 28 dicembre 2011

Il presepe di Tortona (AL) Immagini 2



Il presepe di Tortona (AL) Immagini 1

Il presepe di Tortona

Il presepe del Santuario della Madonna della Guardia di Tortona è uno dei più grandi e incantevoli d'Europa. Con i suoi 650 mq di figure meccaniche illustra paesaggi, costumi, protagonisti della terra di Gesù. San Luigi Orione amava proporre ai fedeli la contemplazione del mistero dell'incarnazione, rivelatosi nella nascita di Gesù Cristo a Betlemme. Come S. Francesco, per vari anni organizzò personalmente anche il presepio vivente. Gli Orionini hanno sempre coltivato l'amore per il presepio, nel principale santuario della loro congregazione, a Tortona, ne costruirono uno negli anni 1950/60 nella cripta. Aveva una superficie di circa 50 mq. ed era visitatissimo tutto l'anno. L'esondazione del torrente Ossona del 1977 inondò la cripta distruggendo totalmente quel presepio. Venne ricostruito anni dopo nel seminterrato del reparto pellegrini del Centro Mater Dei che sorge accanto al Santuario in concomitanza dell'annuncio della canonizzazione di Don Orione (16 maggio 2004). Per realizzarlo sono stati utilizzati oltre quattrocento quintali di materiale come gesso, cemento, legno, stoffa, cavi elettrici, etc., tutto rigorosamente ignifugo, e sono occorse più di seimilacinquecento ore lavorative.


sede mostra
Centro Mater Dei - via Don Sparpaglione 15 - Tortona

orari
tutti i giorni dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 18.



contatti
Provincia Religiosa di San Marziano di Don Orione - Centro Mater Dei
tel. 0131.8183 (406, 407, 429) - fax 0131.8183430/8183432
materdei.tortona@tiscalinet.it

sabato 24 dicembre 2011

Novità in libreria: "Meraviglie della Madre di Dio" operetta in onore di Maria di Don Bosco

Storia della devozione a Maria "Auxilium Christianorum" con riferimenti devozionali, storici, scritturistici. Introduzione di P. Cameroni e commento teologico di R. Carelli.

opere

 

Novità in libreria

Ecco il frutto dell'impegno scientifico e pastorale di un Religioso che ricopre da oltre quarant'anni un importante insegnamento nell'Università Pontificia Salesiana di Torino e che da trent'anni svolge un delicato compito nella Chiesa locale come Vicario  Episcopale per la vita consacrata e le società di vita apostolica. Ecclesiologia, teologia della vita consacrata, pastorale giovanile, sono i temi affrontati in queste riflessioni fresche e aggiornate, perché vissute sul campo e non solo speculazioni teoriche, giunte a feconda maturità.

venerdì 23 dicembre 2011

Una storia avvincente

"Da dove viene il vento" di Mariolina Venezia è sulla scia delle precedenti opere dell'autrice, una storia avvincente di quelle che non si mollano prima di essere arrivati in fondo alle pagine. Ma anche questa sua opera si presta a diversi livelli di lettura e, possiamo dire, accontenta diversi palati. Al di là dell'intreccio ben congegnato e quindi avvincente, c'è l'aspetto di denuncia sociale di alcuni tristi mali del nostro tempo, come la vicenda dell'extracomunitario Idir, prototipo di una nuova categoria di eroi tragici spesso vittime di nuove forme di schiavitù. (Non credo sia stato un caso che l'Einaudi abbia voluto presentare il libro a Torino con la presenza della stessa autrice nella libreria La Torre di Abele!) Ma non mancano neanche una sorta di remake o di citazioni sparse qua e la di celebri opere letterarie tutte aventi come protagonista il viaggio, che alla fine si rivela come il vero protagonista o il vero tema della storia, emblematico in questo senso è lo stesso titolo del romanzo! Idir viaggia fisicamente per motivi sopravvivenza, Salvatore "viaggia" con l'ausilio di sostanze stupefacenti con le quali cerca di tenere a bada una "normalità" subìta, a causa di una moglie troppo accondiscendente, ma non scelta consapevolmente, anche Dora "viaggia" nel tipo di insegnamento che svolge all'università. Persino la voce narrante che a tratti fa capolino nell'intreccio dà l'impressione di star sempre per uscire di casa o di voler uscire da sé stessa. E lo stesso finale non può che risolversi in una vera e propria fuga! Ma c'è una caratteristica che accomuna tutti i personaggi di questo romanzo di Mariolina (e mi è parso così anche in Immacolata Tataranni, protagonista di "Come piante nei Sassi" o di Delfina di "Rivelazione all'Esquilino"), sono tutti disperatamente autentici. (MLA)

giovedì 22 dicembre 2011

La storia dell'albero di Natale

L'albero natalizio al contrario di come generalmente si ritiene è una tradizione cristiana. Risale al Medioevo e a certe rappresentazioni sacre in cui si metteva in scena prima della notte di Natale, l'episodio della caduta di Adamo ed Eva. In origine era un albero decorato con delle mele, per ricordare il motivo della venuta di Cristo. Nel XVI secolo l'usanza di trasferisce dalle chiese alle abitazioni. Oltre ai frutti l'albero si arricchisce di rose di carte multicolori con riferimento all'albero di Jesse di Isaia 11, di datteri, di noci, di oro, per ricordare i dono dei magi. Ai piedi dell'albero si pongono i doni per ricordare che Dio si dona a noi e che l'uomo a sua volta deve imparare a donarsi. I frutti a poco a poco sono stati sostituiti dalle palline o altre forme decorative, si sono aggiunte anche le luci per ricordare che Cristo è la luce che brilla nelle tenebre (Gv 1,5).

mercoledì 21 dicembre 2011

"Quindi dopo aver osato giungere al tuo cuore dolcissimo ed estinguere in esso la mia sete, tu mi promettevi una veste intessuta di tre parti [...] erano la pace, l'amore, la perseveranza. Rivestito di questo indumento di salvezza ero certo che niente mi sarebbe mancato, ma ogni cosa si sarebbe realizzata per la tua gloria". S. Pietro Canisio

lunedì 19 dicembre 2011

Informazioni sull’Ici degli immobili della Chiesa

L’esenzione dall’Ici prevista dalla legge riguarda tutti gli immobili utilizzati da un “ente non commerciale” e destinati “esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”. In pratica c’è un’esenzione che riguarda tutto il mondo no profit ed è circoscritta alle otto attività indicate dalla legge.
La legge. Nel 1992 lo Stato italiano ha istituito l’ICI, l’imposta comunale sugli immobili. Nello stesso intervento normativo (decreto legislativo n. 504/1992) sono state previste delle esenzioni: riguardato a tutti gli immobili utilizzati da un “ente non commerciale” e destinati “esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”. La tassa sugli immobili viene pagata invece per altri tipi di attività commerciali, come ad esempio quella alberghiera. Un pensionato per studenti fuori sede o per l’ospitalità di parenti di malati ricoverati in ospedali lontani dalla residenza, non è assimilabile a un albergo. E’ invece una struttura ricettiva complementare, di carattere sociale, che rientra nelle otto attività suddette. Secondo la legge, perché venga applicata l’esenzione è necessario che si realizzino due condizioni: 1. il proprietario dell’immobile deve essere un “ente non commerciale”; 2. l’immobile deve essere destinato “esclusivamente” allo svolgimento di una o più tra le otto attività di rilevante valore socia-le individuate dalla legge.

Nel 2004 la Cassazione ha aggiunto un nuovo requisito per avere diritto all’esenzione: che l’attività non venga svolta in forma di attività commerciale. Lo Stato italiano è intervenuto con una nuva interpretazione (art. 7 del decreto legge n. 203/2005, governo Berlu-sconi), ribadendo la sufficienza dei due requisiti iniziali e stabilendo che, ai fini dell’esenzione dall’ICI, non rilevava l’eventuale com-mercialità della modalità di svolgimento dell’attività. L’interpretazione nello stesso anno è stata impugnata di fronte alla Commissione europea denunciandola come “aiuto di Stato”. Per escludere ogni dubbio lo Stato è intervenuto con una seconda interpretazione autentica (art. 39 del D.L. n. 223/2006, governo Prodi), con la quale si precisa che l’esenzione “si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera (dl 504/92) che non abbiano esclusivamente na-tura commerciale”.

Presso il ministero dell’Economia e delle finanze è stata poi istituita una commissione con il compito di individuare le modalità di esercizio delle attività che, escludendo una loro connotazione commerciale e lucrativa, consenta di identificare gli elementi della “non esclusiva commercialità”.

“L’esenzione riguarda diversi soggetti come associazioni, fondazioni, comitati, onlus, organizzazioni di volontariato e sportive, ong, circoli culturali, sindacati e partiti politici, enti religiosi di tutte le confessioni e ciò che viene indicato come il mondo del “non profit”.

Alcuni esempi. L’attività alberghiera non rientra tra le otto attività di rilevanza sociale individuate dalla norma di esenzione. Perciò gli alberghi, anche se di enti ecclesiastici, non sono esenti e devono pagare l’imposta. Ad essere esenti sono gli immobili destinati alle attività “ricettive”. Si tratta di immobili nei quali si svolgono attività di “ricettività complementare o secondaria”.

“Basta una cappellina per ottenere l’esenzione”. Falso. Perché l’esenzione si può applicare solo alla condizione che l’intero immobile sia destinato a una delle attività indicate.

A cura dell’AGD

mercoledì 14 dicembre 2011

incontro internazionale sulla condivisione degli spazi sacri nelle religioni.

All' Angelicum di Roma un incontro internazionale sulla condivisione degli spazi sacri nelle religioni.
Oggi e domani, 14 e 15 dicembre 2011, la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino (Angelicum) di Roma, coorganizza e ospita la conferenza internazionale sulla “Condivisione degli Spazi Sacri: Prospettiva Legale, Teologica e Sociologica”. L’iniziativa è stata realizzata in collaborazione con il Programma Interdisciplinare in Diritto e Religione Facoltà di Giurisprudenza Columbus - Università Cattolica degli Stati Uniti d’America, con il Centro Internazionale per gli Studi Giuridici e Religiosi, Brigham Young University, Scuola Giuridica J. Reuben Clark degli Stati Uniti. Molti gli intellettuali ed esponenti religiosi presenti, in rappresentanza di numerosi Paesi e continenti.

L’Imam Yahya Pallavicini, Vicepresidente della CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) Italiana nonché Imam della Moschea Al-Wahid di Milano, interverrà oggi nella sessione dedicata alla Telogia e Filosofia degli spazi sacri, affrontando il tema in relazione alle tre Religioni di Abramo, Ebraismo, Cristianesimo e Islam.

Dice l’Imam Yahya Pallavicini: «“Dio ha fatto della terra un tappeto” (Corano LXXI,19). Questo versetto coranico può rappresentare simbolicamente un aspetto che la dottrina islamica insegna sul valore sacro dello spazio, intendendo ogni punto della terra come uno spazio sacro utile per l’adorazione rituale di Dio, il Signore dei mondi. Questo simbolismo profondo non va interpretato come uno slogan politico di islamizzazione del mondo ma, al contrario, come un richiamo a considerare tutta la terra come uno spazio sacro nel quale ogni creatura, fedele alla legge sacra della propria comunità religiosa, deve compiere il suo percorso di consacrazione rituale e sacralizzazione esistenziale e scoprire la comunione spirituale con l’immanenza del Creatore».

Lo Shaykh Abd al Wahid Pallavicini, Presidente della CO.RE.IS. Italiana, nonché Maestro di una Confraternita Sufi, interverrà invece domani 15 dicembre nella sezione dedicata alla Sharia, la Legge Islamica, negli Spazi Sacri. Il suo intervento “Tradizione Primordiale, origine universale della Verità del Sacro” vuole evidenziare la necessità di uno scambio qualitativo e non sincretistico fra le religioni, un’osmosi intellettuale senza commistioni contingenti. Le religioni hanno «spazi sacri condivisi sulla “terra”, figure comuni nella “profezia” attraverso cui si rinnova ciclicamente l’espressione della Shari’ah o Legge Sacra e infine affermazioni affini nella “teologia”, in quanto l’incontro tra le religioni ortodosse non conduce certo al sincretismo, né tanto meno al relativismo, ma piuttosto al riconoscimento che unica è la tradizione che permea le nostre fedi trasmesseci da tutti i profeti dal tempo della creazione del mondo fino all’avvento messianico al quale dovremmo saperci rivolgere».

«La verità infatti non si esaurisce nei dogmi specifici alle diverse espressioni teologiche della nostra appartenenza confessionale, come per esempio le differenze tra le diverse scuole giuridiche o tra la Sunna e laShi’ah, ma la Verità è Unica, come uno solo e lo stesso è il Profeta Muhammad, dal quale tutte queste Scuole derivano e come Unico è il Dio dal Quale il Profeta stesso ha ricevuto la loro formulazione, affinchè noi uomini potessimo tramite esse e attraverso le conseguenti ortoprassi rituali, risalire fino a Lui che costituisce proprio questa Assoluta Verità».

martedì 6 dicembre 2011

Il Vaticano membro dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni

La sessione plenaria dell'organismo di Ginevra accoglie la richiesta della Santa Sede
GINEVRA, lunedì, 5 dicembre 2011 (ZENIT.org) – La Santa Sede è diventata Stato membro dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. L’integrazione del Vaticano è avvenuta nel corso della sessione plenaria dell’organismo, attraverso l’approvazione da parte degli stati aderenti.
A fronte della crescita del fenomeno delle migrazioni “è importante essere presenti e partecipare agli sforzi della Comunità internazionale per apportare qualcosa di specifico, tipico della Santa Sede: una voce etica che dia una interpretazione di queste nuove situazioni”, ha commentato monsignor Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di Ginevra.
“È importante, dunque – ha proseguito il presule - che la Santa Sede abbia deciso di entrare a far parte, in maniera piena, di questa Organizzazione proprio per sottolineare la sua partecipazione a questo fenomeno di grandissimo rilievo e che, nonostante la crisi economica, si prevede continuerà a crescere”.
La scelta del Vaticano di impegnarsi fino in fondo su questo tema anche a Ginevra, ha precisato monsignor Tomasi, non è dovuta a ragioni politiche ma alla “necessità di andare incontro alle esigenze umane” dei migranti e di chiunque si trovi “in cammino per le regioni del mondo”.
Pur essendo da sempre coinvolta sul fronte delle migrazioni, attraverso la cooperazione diretta con un’organizzazione internazionale di primo livello, la Chiesa intende così “rendere il servizio ancora più efficace”.
Monsignor Tomasi ha poi sottolineato la grande attenzione riservata alla tematica dal magistero di Benedetto XVI e l’importanza di servire le genti di ogni luogo “indipendentemente dalla loro fede religiosa, dal loro colore, dalla loro situazione legale”.
Le emergenze migratorie, infatti, sono fenomeni che mettono alla prova la “dignità della persona umana”, con il rischio che si determinino “situazioni di marginalità” per tutti i migranti “che cercano lavoro o che cerano una forma nuova di sopravvivenza”.
L’intento della Santa Sede, attraverso il suo impegno diretto nell’Organizzazione Internazionale per le migrazioni, è anche quello di fare in modo “che vi sia davvero un contesto democratico dentro cui i servizi sociali vengono offerti alle persone che ne hanno bisogno”, ha poi concluso monsignor Tomasi.

domenica 4 dicembre 2011

Wojtyla lectures

4a edizione delle Wojtyla lectures
 
Blessed John Paul II and the crisis of freedom
Beato Giovanni Paolo II e la crisi della libertà
 
Prof. George Weigel
Biografo di Giovanni Paolo II
Consigliere dell’Ethics and Public Policy Center(Washington D.C.)
 
 
A) Seminario (5-7 dicembre 2011 – ore 15)
Blessed John Paul II and the crisis of freedom - Beato Giovanni Paolo II e la crisi della libertà
 
Dal lunedì, 5 dicembre fino al mercoledì, 7 dicembre 2011 (dalle ore 15.00 alle ore 17.00)
I lavori del seminario si svolgeranno in lingua inglese
 
 
B) Conferenza pubblica (6 dicembre 2011 – ore 17)
Building the Free and Virtuous Society in the 21st Century:
The Contribution of Blessed John Paul II
Costruire una società libera e virtuosa nel XXI secolo: il contributo del beato Giovanni Paolo II
 
Durante la conferenza si assicura la traduzione simultanea inglese-italiano
 
Sede dell’evento:
Pontificio Istituto Giovanni Paolo II
Piazza S. Giovanni in Laterano, 4
00120 Città del Vaticano
 
Iscrizione / informazioni:
Prof. Przemyslaw Kwiatkowski
Segretario della Cattedra Karol Wojtyla
e-mail: cattedrawojtyla@istitutogp2.it
Tel. +39 06 698 95 539

Il cambiamento demografico

Presentazione del Libro
“Il cambiamento demografico”
(a cura del Comitato per il Progetto Culturale della CEI)


Venerdì 2 dicembre, si è svolta presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, la presentazione del libro “Il cambiamento demografico”, a cura del Comitato per il Progetto Culturale della Conferenza Episcopale Italiana, pubblicato da Laterza. Sono intervenuti S.E.R. Camillo Ruini, Presidente del Comitato, Mons. Livio Melina, e i Proff. Sergio Belardinelli, Gabriella Gambino e Gian Carlo Blangiardo.

Ha aperto la presentazione il saluto del Preside, Mons. Livio Melina, il quale ha sottolineato come il volume mostri palesemente l’importanza della dimensione sociale della famiglia, che non può essere ridotta al solo ambito privato.
Nel suo intervento, il Card. Ruini ha sottolineato “la scarsa consapevolezza della gravità e l’inevitabilità della sfida del cambiamento demografico”. Scopo principale, quindi, di questo rapporto-proposta è quello di aumentare questa consapevolezza. Due sono, secondo Sua Eminenza, gli ordini di fattori che possono contribuire a cambiare la tendenza. Da un lato, gli interventi pubblici, volti ad eliminare gli ostacoli economici e sociali che dissuadono le coppie dell’avere i figli che desiderano, nonché a sottolineare come le nuove generazioni siano un bene pubblico e non soltanto un bene privato dei genitori, pur nella libertà di questi ultimi. Il secondo ordine di fattori, che pesa forse di più sulle coppie, si riferisce alla mentalità diffusa oggi e che vede nelle nuove generazioni una minaccia ad un certo welfare. Mentre l’Italia ha un ritardo di circa 30 anni sulla dimensione degli interventi pubblici, trova invece al suo interno una solidarietà e una rilevanza sociale ed economica molto forte della famiglia. La richiesta che il rapporto-proposta fa alla società e ai vari agenti culturali e mediatici è quella di superare l’interpretazione individualistica degli affetti e della famiglia, riscoprendone la dimensione relazionale. Soltanto una alleanza tra tutti questi agenti può far sì che la consapevolezza del corpo sociale sulle questioni demografiche, che sono di per sé di lungo periodo, possa farle entrare nell’agenda politica, rivolta tante volte a periodi più brevi.
La professoressa Gambino ha segnalato come “una delle maggiori novità apportate dal volume quella di mettere per la prima volta in relazione aborto e demografia”, di analizzare a partire dai dati, gli effetti della legge 194 sull’atteggiamento culturale in relazione alle scelte riproduttive tra le coppie e le donne, portando allo scoperto quei bisogni umani che la freddezza della legislazione non è in grado di soddisfare, sottolineando la portata sociale delle scelte legislative del nostro Paese. La legge 194, afferma la Gambino, ha procurato un “costante, silenzioso movimento demografico caratterizzato dalla morte procurata di un bambino su cinque nel ventre della propria madre”. I dati esprimono sul piano privato il ruolo che la legge sta avendo sui comportamenti riproduttivi, lasciando anche intravedere una generale e diffusa indifferenza pubblica verso il fenomeno dell’aborto. In maniera preoccupante, infatti, i sondaggi lasciano emergere la solitudine e l’anonimato relazionale nel quale vengono lasciate le donne che vivono questo dramma. In una prospettiva autenticamente sussidiaria della società civile, si rende oggi più che mai necessario mettere da parte il sistema di aiuto assistenzialistico alla famiglia e preferire un approccio di tipo promozionale, capace cioè di “rimettere in moto” il sistema relazionale della famiglia di fronte alle difficoltà e ai bisogni. La famiglia deve essere parte attiva di un percorso di aiuto all’interno di un sistema di “rete”, che la sostenga dall’esterno e la porti ad essere più coesa e rafforzata al suo interno. 
Il Prof. Gian Carlo Blangiardo, ha ribadito il protagonismo della famiglia dietro alle grandi trasformazioni demografiche, anche come risorsa fondamentale per affrontare la sfida che abbiamo davanti. Illustrando sommariamente i principali dati statistici presenti nel rapporto, ha evidenziato i tre nodi che le statistiche lasciano intravedere sul cambiamento demografico: il ricambio generazionale (dal rinvio delle nascite alla definitiva rinuncia; da sottolineare specialmente il fatto che il numero attuale delle nascite non corrisponde al numero di figli desiderati dalle donne. Inoltre, altro dato importante è vedere come il contributo dell’immigrazione, pur importante, non basta a compensare le gravi carenze della situazione attuale); la difficile conquista dell’autonomia dei giovani adulti, che restano in famiglia fino ad una età superiore ai 30 anni (questo dato, presente in altri Paesi, rimane secondo le statistiche specificamente italiano per quanto riguarda la percentuale); finalmente, l’invecchiamento demografico (dal sorpasso del numero dei “nonni” su quello dei “nipoti”, avvenuto nel primo decennio degli anni 2000, si aspetta adesso il sorpasso dei “bisnonni” sui pronipoti”). Interessante il dato del “PIL demografico” proposto dal prof. Blangiardo, comparando il numero di anni in età di lavoro delle persone con il numero di anni di pensione. Come terapia per governare il cambiamento, il rapporto evidenzia il bisogno di rimettere al centro la famiglia, consentendo di realizzare dei progetti di formazione del capitale umano. Una prima ricetta si trova, secondo il docente, nel Piano Nazionale sulla Famiglia.  
Concludendo l’evento, il prof. Belardinelli, che ha moderato il dialogo, ha messo in relazione il tema del lavoro, che viene trattato nella prima parte del libro, con la questione della famiglia.

sabato 3 dicembre 2011

Nuove tecnologie e nuove dipendenze

Internet: risorsa o trappola per i più giovani?
Al ministero della Salute un dibattito organizzato insieme alla Cattolica sul tema della dipendenza dal web. Monsignor Pompili: «Fondamento della comunicazione è l'uomo, fatto a immagine di Dio» di (Lara Larotondo)

«Non è internet che produce la dipendenza». O meglio, «non è internet la causa della dipendenza, ma esso diventa casomai un nuovo ambiente facilmente disponibile per trovare soddisfazione immediata ai bisogni legati alle nuove insicurezze». Così monsignor Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana (Cei) ha esordito ieri, 29 novembre, nel suo intervento al convegno “Giovani ed internet. Aspetti evolutivi e problemi di dipendenza”, nell’auditorium Biagio d’Alba del ministero della Salute. Un’occasione di riflessione sulla relazione tra i giovani e l’universo internet organizzata dal ministero insieme con l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Al centro dell’attenzione, i dati clinici e le azioni da intraprendere, che coinvolgono la formazione culturale, la prevenzione, il corretto uso delle nuove tecnologie.

Anche per Pietro Bria, psichiatra, docente della Cattolica e direttore dell’Unità complessa di consultazione psichiatrica del Policlinico Gemelli «non è internet che produce la dipendenza: la rete è uno strumento di ampliamento delle conoscenze, anche se può diventare una trappola. È un grande segno di socializzazione anche se può diventare una schiavitù». E ancora, lo psichiatra Federico Tonioni, responsabile del primo ambulatorio per la dipendenza da internet presso il Gemelli: «Non parlo di dipendenza dei giovani - ha detto Tonioni - ma di psicopatologia web-mediata, un concetto più complesso. Al confine tra l’evoluzione di una nuova forma di personalità e di comunicazione e la possibilità di sviluppare nuove patologie». Un’analisi, quella di Tonioni, dettata anche dall’esperienza visto che «in questi due anni dell’ambulatorio abbiamo visto circa 300 pazienti di cui un 20% sono adulti dediti ai siti per adulti e al gioco d’azzardo. Il restante 80% dei nostri pazienti sono giovanissimi dagli 11 ai 23 anni, dediti ai gaming e ai social network. Alcuni hanno sviluppato disturbi relativi ai social network e molti “dipendenza” da giochi di ruolo on line». Che fare, allora? «Non bisogna creare allarme - suggerisce Tonioni - ma neanche sottovalutare la dipendenza da internet».

«Occorre molto equilibrio», ha suggerito Pier Cesare Rivoltella, professore ordinario di Tecnologia dell’apprendimento alla Cattolica di Milano e direttore del Cremit (Centro di ricerca sull’educazione ai media, all’informazione e alla tecnologia). «Bisogna stare attenti alle nuove tecnologie, soprattutto a non sopravvalutarle. Anche se i nuovi media ci suggeriscono delle modalità che sarebbe il caso di utilizzare». Un esempio? A scuola «le materie potrebbero essere insegnate alla luce dei nuovi media». E ancora, bisogna «responsabilizzare le famiglie attraverso “buone pratiche” - ha aggiunto Miela Fagiolo D’Attilia, responsabile dell’Area tutela dei minori dai media dell’Associazione italiana genitori Bisogna avere una nuova cultura della rete che parta dalla famiglia e si allarghi a tutti: istituzioni, scuola, Chiesa».
Insomma, «non è necessario rifiutare la tecnologia - ha ribadito monsignor Pompili -: si può darle una forma che onori ciò che ci sta a cuore. Le tecnologie sono straordinarie opportunità per coltivare le nostre relazioni, avvicinare i lontani, trovare nuove modalità relazionali che non si lasciano ingabbiare dai limiti di spazio e tempo. Ma l’altro posso incontrarlo in rete solo se l’ho già incontrato di persona». Dietro le tecnologie, ha ricordato anche Rivoltella, «c’è sempre la persona». «La comunicazione è possibile non grazie ai dispositivi sempre più sofisticati - ha concluso Pompili - bensì perché l’essere umano è una persona “comunionale”, creata a immagine di Dio”.  (da RomaSette.it)

lunedì 28 novembre 2011

Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo!

Un sant'uomo ebbe un giorno da conversare con Dio e gli chiese: «Signore, mi piacerebbe sapere come sono il Paradiso e l'Inferno».
Dio condusse il sant'uomo verso due porte. Ne aprì una e gli permise di guardare all'interno. C'era una grandissima tavola rotonda. Al centro della tavola si trovava un grandissimo recipiente contenente cibo dal profumo delizioso. Il sant' uomo sentì l'acquolina in bocca.
Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, dall'aspetto livido e malato. Avevano tutti l'aria affamata. Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi, attaccati alle loro braccia. Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un po', ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio, non potevano accostare il cibo alla bocca.
Il sant'uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze. Dio disse: "Hai appena visto l'Inferno".
Dio e l'uomo si diressero verso la seconda porta. Dio l'aprì. La scena che l'uomo vide era identica alla precedente. C'era la grande tavola rotonda, il recipiente che gli fece venire l'acquolina. Le persone intorno alla tavola avevano anch'esse i cucchiai dai lunghi manici.
Questa volta, però, erano ben nutrite, felici e conversavano tra di loro sorridendo. Il sant'uomo disse a Dio: «Non capisco!» - E' semplice, - rispose Dio, - essi hanno imparato che il manico del cucchiaio è troppo lungo, non consente di nutrire sé' stessi.... ma permette di nutrire il proprio vicino. Perciò hanno imparato a nutrirsi gli uni con gli altri!
Quelli dell'altra tavola, invece, non pensano che a loro stessi... Inferno e Paradiso sono uguali nella struttura... La differenza, la portiamo dentro di noi !
Mi permetto di aggiungere... "Sulla terra c'è abbastanza per soddisfare i bisogni di tutti ma non per soddisfare l'ingordigia di pochi. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni.
Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo".
Mahatma Gandhi

venerdì 25 novembre 2011

L'architetto di Dio




MOSTRA GAUDÍ E LA SAGRADA FAMILIA

24 NOV. 2011 (VIS). "Gaudí y la Sagrada Familia de Barcelona. Arte, ciencia y espiritualidad" è il titolo della mostra che si inaugura questo pomeriggio nel Braccio di Carlo Magno (Città del Vaticano), e che rimarrà aperta al pubblico fino al 15 gennaio 2012.

  Questa mattina presso la Sala Stampa della Santa Sede ha avuto luogo una Conferenza Stampa di presentazione della mostra, alla quale sono intervenuti il Cardinale Lluís Martínez Sistach, Arcivescovo di Barcelona; il Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura;  il Dottor Joan Rigol, della Fundaciὁ Junta Constructora de la Sagrada Familia; il Reverendo Antoni Matabosch, Presidente onorario della Fundaciὁ Joan Maragall e l'Architetto Daniel Giralt-Miracle, Responsabile della Mostra e la Dottoressa Cecilia Pereira, Rappresentanta dell'Agenzia AC/E (Acciὁn Cultural Española)..

  "La dedicazione della Basilica della "Sagrada Familia", il 7 novembre 2010, è stato un avvenimento storico per la città di Barcellona - ha detto il Cardinale Martínez Sistach - Nell'anno 2010 abbiamo finito la costruzione della parte interna di questo bellissimo e singolarissimo tempio la cui edificazione ebbe inizio nel 1882 e il cui progetto e realizzazione furono affidati nel 1883 al giovane  innovatore architetto Antoní Gaudí. (...) Questa mostra vuole essere, quindi, un atto di riconoscenza al Santo Padre, al Pontificio Consiglio della Cultura e al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, per l'interesse e la sensibilità che hanno dimostrato nei confronti della Basilica della 'Sagrada Familia' e la figura dell''Architetto di Dio', Antoní Gaudí".

  "L'esposizione che presentiamo (...) è un'espressione in più del contributo della fede cristiana nei confronti del mondo della cultura, dell'arte e della bellezza che la Chiesa ha realizzato lungo i secoli. Mette in risalto la realtà di un magnifico tempio per la sua bellezza, la sua maestosità, la sua simbologia nel centro di una grande metropoli come Barcellona. Come disse Benedetto XVI a Barcellona, questa Basilica è un segno visibile del Dio invisibile, molto necessaria nelle nostre società occidentali europee con un marcato livello di cultura laicista e di indifferenza religiosa. (...) Gaudí era un cristiano di parola e di fatto (...) a cui la costruzione della 'Sagrada Familia' aiutò sempre più la conversione personale. Bisogna vedere in Lui non solo il geniale architetto ma soprattutto il cristiano esemplare: tutti preghiamo il Signore affinché per sua intercessione avvenga un miracolo per poterlo dichiarare Beato".

  Il Dottor Daniel Giralt-Miracle, Responsabile della Mostra, ha spiegato che essa è strutturata in tre parti: l'arte, la scienza e la spiritualità. Nella prima cerchiamo di immergere i visitatori nell'estetica di Gaudí, avvicinarli ai suoi colori, alle sue forme, ai suoi spazi, e renderli partecipi delle arti e dei mestieri che adoperò per le sue opere".  Nella seconda sezione, "la scienza, spieghiamo in maniera didattica gli aspetti tecnici della costruzione del tempio della Sagrada Familia, mentre la terza sezione è dedicata alla spiritualità, alcune fotografie mostrano alcune dirette allusioni alla religione cristiana che Gaudí volle fare nel tempio", anche con una serie di disegni per la facciata della Passione e alcuni esempi per le vetrate.

Il Dottor Joan Rigol, ex Presidente del patronato della Sagrada Familia ha precisato che "Gaudí sviluppò la sua architettura in un contesto ben concreto: il risorgimento della  cultura catalana tra i secoli XIX e XX (...). Articolare un popolo mediante i valori personalizzanti della cultura era l'aspirazione della generazione di Gaudí. (...). La Chiesa ha contribuito considerevolmente alla configurazione della cultura e dell'arte come espressione dei valori spirituali della comunità. Anche in Catalogna".

  Infine il Dottor Antoni Matabosch, Presidente onorario della Fundaciὁ Joan Maragall ha ricordato che: "Oggi si concretizza la proposta che sua Eminenza il Cardinale Ravasi fece alla Fundació Joan Maragall, (...), di organizzare a Roma un evento, ove si manifestasse una dimensione culturale della Chiesa in Catalogna". Il Presidente onorario ha ugualmente annunciato che in occasione della mostra sono state promosse diverse manifestazioni istituzionali ed accademiche, fra le quali il dibattito 'Architettura: simbolo e sacro. Un secolo dopo Gaudí', che si terrà presso la sede del Maxxi di Roma, il 12 dicembre prossimo, e il Concerto del coro di voci bianche del Monastero di Montserrat, in programma il 13 gennaio prossimo, nella Basilica di Santa Maria in Trastevere.
OP/                                                                     VIS 20111124 (700)

giovedì 24 novembre 2011

Lettere dei bambini ai rappresentanti delle religioni riuniti ad Assisi


I bambini di V della Primaria Alfieri di Valle S. Bartolomeo, (Alessandria) hanno voluto nella stessa giornata di questo importante evento, durante l’ora di religione, “sintonizzarsi” spiritualmente con Assisi. L’hanno fatto scrivendo ciascuno una lettera a tutti i rappresentanti delle religioni lì riuniti.  A 25 anni dal primo incontro promosso da Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ha voluto rinnovare questo appuntamento invitando, questa è la bella novità, anche i non credenti. Papa Benedetto XVI ha svolto un’analisi  approfondita sui diversi modi di negare Dio e sui diversi tipi di violenza.
“La negazione di Dio, in definitiva, significa la negazione dell’umanità se si cerca un vero umanesimo questo deve avere Dio al suo vertice. Senza Dio, si ha la vuota religione umanista del terrorismo e il vuoto umanesimo religioso del secolarismo. E nessuna di queste due cose è buona per il nostro mondo. Il nome del Dio unico deve diventare sempre di più un nome di pace, un imperativo di pace, in fondo abbiamo valori fondamentali comuni, quali il senso del rispetto di Dio e del divino, il desiderio di Dio e del divino, il rispetto della vita, la consapevolezza della dignità della famiglia e anche questo immenso desiderio di pace, soprattutto tra i giovani: pace con Dio – o con l’Assoluto – e pace tra gli uomini.”
Curiosamente anche questi ragazzi hanno espresso un desiderio quasi unanime di impegnarsi, di collaborare per la giustizia, la libertà, la pace e la salvaguardia delle risorse naturali. Ancora oggi, come 25 anni fa, il mondo ha bisogno di pace. Ha bisogno che gli uomini e le donne sensibili ai valori religiosi, che gli uomini non credenti ma amanti del bene, ritrovino il gusto di camminare insieme. Vuole essere un sogno che continua e diviene sempre più realtà: ognuno insieme all’altro, non più uno contro l’altro; tutti i popoli in marcia da diversi punti della terra, per riunirsi in un’unica famiglia. 
Ancora una volta – basti pensare ai recenti avvenimenti in Egitto o in altre regioni del mondo – c’è bisogno di dire «no» a qualsiasi strumentalizzazione della religione. La violenza tra religioni è uno scandalo che snatura la vera identità della religione, vela il volto di Dio ed allontana dalla fede. Il cammino delle religioni verso la giustizia e la pace, perché impegno primario della coscienza che anela al vero e al bene, non può che essere caratterizzato da una comune ricerca della verità. La pace ha bisogno della verità sulle persone, sugli Stati, sulle religioni stesse, nonché sulle corrispondenti culture, in cui spesso si annidano elementi non conformi alla verità sull’uomo, per cui divengono ostacolo allo sviluppo integrale dei popoli e alla pace (cf Caritas in veritate, n. 55).
È per questo che Benedetto XVI desidera porre l’esperienza di Assisi 2011, oltre che nel segno della preghiera e del digiuno, sotto la cifra del pellegrinaggio, che implica ascesa, purificazione, convergenza verso un punto superiore, assunzione di un impegno comunitario. La verità rende più liberi e più capaci di essere, insieme, costruttori di pace. La ricerca della verità è premessa per conoscersi meglio, per vincere ogni forma di pregiudizio, ma anche di sincretismo, che offusca le identità. Essere tutti partecipi di un comune cammino di ricerca della verità significa riconoscere la propria specificità, sulla base di ciò che ci fa uguali – tutti siamo capaci di verità - e diversi insieme. Non tutti, infatti, possediamo la verità allo stesso modo; l’averla, poi, ricevuta in dono non impedisce di approfondirla e di sentirsi compagni di viaggio di ogni uomo e donna, perché essa non è mai esauribile.
Ricercare sinceramente ed umilmente la verità significa, poi, rinnovare uno sguardo di benevolenza nei confronti degli altri, per accettarsi reciprocamente, dialogare meglio, e collaborare al bene comune, su cui è possibile convergere sul piano di una ragione naturale. Non sempre è possibile il dialogo sul piano teologico o dottrinale, mentre appare più agevole il dialogo sul piano della vita e delle opere.
La ricerca della verità è, inoltre, condizione per abbattere il fanatismo e il fondamentalismo, per i quali la pace si ottiene con l’imposizione agli altri delle proprie convinzioni. È, ancora, condizione per superare la babele dei linguaggi e quel laicismo che intende emarginare dalla famiglia umana Colui che ne è il Principio e il Fine. È, da ultimo, premessa per ogni rinascimento morale delle persone e delle istituzioni.
In vista della pace, la sola conoscenza teorica non basta, occorrono una mobilitazione dello spirito, la ricerca di nuove vie, di buone pratiche, di gesti e di istituzioni che possono essere posti in atto solo mediante relazioni positive e l’apertura delle coscienze al Sommo Vero e al Sommo Bene, Dio: un’apertura che è scritta anche nello spirito degli atei, perché ogni anelito al bene è un raggio di quel Lógos o «Sole» (Dio) che ancora non si conosce pienamente e a cui si è inevitabilmente protesi per dono dello stesso Creatore.
Tutto questo deve iniziare sin dalle prime fasi di ogni processo educativo, mai nella storia come oggi si dall’infanzia si è a contatto con culture diverse dalla propria ed è terribile accorgersi come sovente i bambini e i giovani siano imbevuti di pregiudizi e stereotipi nel giudicare o rapportarsi a coetanei provenienti da culture diverse dalla propria.
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I Paesi del mondo rappresentati sono più di 50, tra i quali, oltre a numerosi Paesi europei e americani, anche Egitto, Israele, Pakistan, Giordania, Iran, India, Arabia Saudita, Filippine e molti altri (sono quelli che soffrono forse maggiormente, in questo momento storico, per problemi di libertà religiosa e dialogo tra religioni, hanno confermato la loro presenza 176 esponenti di diverse tradizioni religiose non cristiane e non ebraiche.
Sono attese 4 personalità in rappresentanza delle Religioni Tradizionali dell’Africa, dell’America e dell’India. Il rappresentante della tradizione religiosa indiana partecipa per la prima volta alla Giornata di Assisi. L’africano Prof. Wone Abimbola offrirà una riflessione sul tema della Giornata. Per quel che riguarda le religioni connesse col sub-continente indiano, hanno accettato l’invito del Santo Padre 18 persone:
- 5 personalità Indù con 2 accompagnatori. Tra di esse vi è il Prof. Rajhmoon Gandhi, nipote del Mahatma Gandhi, che già partecipò alla Giornata del 1986
- 3 jainisti ;
- 5 Sikh ;
- 1 Zoroastriano ;
- 1 Bahai,  per la prima volta è presente ad una Giornata di Assisi.
Per le altre religioni diorigine asiatica, si sono avute le seguenti conferme di partecipazione:
- 67 Buddisti, di cui 16 capi-delegazione provenienti dal 11 Paesi:
a) 1 gruppo dalla Corea del Sud, dallo Sri Lanka, da Myanmar, dalla Cambogia, dall’India (Tibetani), da Singapore, dalla Cina Popolare (che viene per la prima volta), da Taiwan e dall’Australia;
b) 2 gruppi dalla Tailandia e 5 delegazioni dal Giappone.
È poi atteso il Presidente dell’Associazione del Confucianesimo, con 2 accompagnatori, dalla Corea del Sud.
Da Hong Kong verrà il Presidente dell’Associazione del Taoismo, con 2 accompagnatori.
Hanno confermato la loro presenza 2 delegazioni shintoiste dal Giappone, con un totale di 17 partecipanti. Tra le Nuove Religioni del Giappone sono da registrare esponenti di 4 denominazioni per un totale di 13 persone.
La partecipazione dei musulmani è risultata, indubbiamente, condizionata da alcuni fattori, sia per il numero che per il livello di rappresentatività, come la situazione socio-politica in diversi Paesi arabi a forte maggioranza musulmana del Medio Oriente, del Nord Africa e del Golfo. Si è verificata la quasi coincidenza con il pellegrinaggio alla Mecca e con la Conferenza interreligiosa annuale di Doha, in Qatar. Dai paesi arabi e medio-orientali, e dai Paesi occidentali sono attesi 48 musulmani, e precisamente: dalla Giordania, da Israele, dall’Egitto, dal Libano, dall’Algeria, dal Marocco, dall’Iran, dalla Turchia, dall’Arabia Saudita, dall’Albania, dalla Bosnia ed Erzegovina, dalla Bulgaria, dall’Azerbaigian, dal Tajikistan, dal Regno Unito, dalla Francia, dall’Italia, dal Portogallo, dagli Stati Uniti di America. Tra le personalità provenienti da questi Paesi, precisamente dall’Azerbaigian, è da notare lo Sheick-ul Islam Allahshukur Pashazade, Presidente della Direzione dei Musulmani del Caucaso.
Si può inoltre rilevare la presenza di un rappresentante del Re dell’Arabia Saudita e Custode delle 2 Sacre Moschee:si tratta del Vice Ministro dell’Educazione, S.E. Faisal Al Muammar e Acting Segretario Generale del "King Abdullah Bin Abdulaziz International Centre for Interreligious and Intercultural Dialogue" di Vienna appena istituito; il rappresentante delRe del Marocco, il Ministro delle Pie Fondazioni e degli Affari Islamici, Prof. Ahamd Tawfiq e un Membro della Famiglia reale della Giordania, il P.pe Ghazi bin Muhammad. Si può notare che dalle precedenti Giornate di Assisi a quella attuale vi è stato un crescendo di partecipanti musulmani: 11 nel 1986, 32 nel 2002, 50 quest’anno.
Dai paesi dell’Asia e del Sud-Est a maggioranza musulmana hanno confermato la loro partecipazione 5 personalità, accompagnate da 7 esponenti musulmani, provenienti: dal Pakistan, dal Bangladesh, dalla Tailandia e dall’Indonesia. Da quest’ultimo paese che conta il più grande numero di musulmani nel mondo ( circa 190 milioni) sono attesi esponenti delle due maggiori e più influenti Organizzazioni islamiche : la "Muhammadiyah" e la "Nahdlatul Ulama". Il Sig. Nasihin Hasan, Direttore della Conferenza degli Accademici musulmani, sorta da un’iniziativa della "Nahdlatul Ulama", offrirà una testimonianza sul tema della Giornata.


Ciao!
Sono Magda, ho nove anni ed abito ad Alessandria, Valle S. Bartolomeo. Vorrei tanto che nel mondo ci fosse la pace e che coloro che sono ora nemici collaborino uno con l’altro; nei paesi più poveri vorrei tanto donare un po’ di  amore e serenità. Certe volte mia mamma ai bambini poveri e agli orfanatrofi dona del mangiare per toglierli la fame e qualche vestitino che a me non va più bene, così possiamo aiutare i bambini che non sono fortunati come noi. La cosa che vorrei di più al mondo è che tutti i bambini abbiano una famiglia e amore.

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Ciao!
Sono Gaia ho dieci anni e vivo a Valle S. Bartolomeo. Vorrei  che ci fosse la pace nel mondo e vorrei che tutti i popoli fossero amici. Quando sarò grande vorrei avere un futuro molto bello con la pace senza  guerre. Nei paesi più poveri vorrei donare amore mentre mia mamma dona soldi e i vestiti che non mi vanno bene, vorrei che in quei paesi ci fosse una famiglia molto unita.

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Cari capi delle religioni,
so che per voi oggi sarà una giornata lunga, però vi chiedo di pregare perché ci siano scuole in Africa, per combattere la fame nel mondo, l’analfabetismo e per la protezione dei bambini. In un mondo futuro non vorrei che io, i miei figli o i miei fratelli ci trovassimo ad andare in guerra o in luoghi dove ci fosse il terrorismo. Questo non mi piacerebbe perciò vi chiedo di vegliare sulla protezione dei bambini del mondo che hanno qualche problema e donare loro un futuro e lavoro.
                                                                  Gabriele
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Ciao!
Sono Enrico, ho dieci anni e vivo ad Alessandria in Piemonte, vorrei che questi problemi economici finissero  perché molti edifici pubblici sono uno spreco e milioni di euro vengono consumati invano. Ma il governo dovrebbe essere più responsabile e spendere i soldi per costruire scuole e ospedali e non questi edifici che non servono.

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Ciao!
Mi chiamo Lorenzo ho dieci anni  vivo ad Alessandria in Piemonte. Vorrei che non ci fossero più guerre e che non ci fossero più omicidi in tutto il mondo, perché di questi tempi hai paura ad uscire di casa. Io ho fatto molti sbagli perché a volte me la sono presa con persone che non si sanno difendere, ma ora ho capito che si devono aiutare i deboli e non fare il contrario!
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Ciao!
Mi chiamo Milly, ho dieci anni e sono Argentina, la mia idea è di aiutare i poveri, ma adesso non posso perché ho solo dieci anni. La mia mamma mi dice che sono brava per l’idea di difenderli, anche se io dico che sono un po’ cattiva di carattere, anche se ora leggendo questo mi diranno il contrario. Alcune volte difendo le mie compagne di classe, Cecilia, Magda, Gaia e Lia, anche se non siamo tanto amiche. A me non importa se non sono amiche mie, io le difendo  ugualmente.
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Ciao!
Sono Erik abito ad Alessandria ed ho dieci anni. Vorrei che ci fosse la pace nel mondo e vorrei che nessuno morisse solo, vorrei che i più ricchi donassero dei soldi ai più poveri!
                                         
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Ciao!
Sono Salvatore, frequento la  classe V ed  abito a Pietra Marazzi in provincia di Alessandria. Vorrei che la gente si fidasse delle organizzazioni che aiutano i bambini perché è per mancanza di fiducia che la gente dona poco. Però vorrei aiutare anche amici e nemici perché ad esempio a volte con le ragazze della nostra classe ci scontriamo, ma nonostante i torti che faccio loro, ogni tanto fanno qualcosa per me e per questo le ringrazio!
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Io  sono Francesco, abito ad Alessandria però sono nato a Napoli. Vorrei tanto che ci fosse pace in tutto il mondo e anche che nessuno muoia da solo, se non vi dispiace vi chiedo ancora un’altra cosa, che non ci siano le armi. Vorrei tanto una vita senza distruzioni …
 
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Ciao!
Mi chiamo Cecilia, ho nove anni e mezzo ed abito a Valle S. Bartolomeo in provincia di Alessandria. Vorrei tanto che tutti gli abitanti, soprattutto i poveri, avessero il cibo e l’acqua e se non ce li avessero, vorrei che avessero i soldi! Vorrei anche che il mondo non finisse mai!