venerdì 29 luglio 2011

Il ritrovamento della tomba di San Filippo

A Pamukkale, antica Hierapolis (Turchia), dove l'apostolo morì
È stata probabilmente ritrovata la tomba dell’apostolo Filippo. Il ritrovamento è avvenuto a Pamukkale, l’antica Hierapolis, in Anatolia Occidentale (Turchia), città in cui Filippo, dopo aver predicato in Grecia e Asia Minore, morì. La scoperta si deve alla missione archeologica italiana avviata già nel 1957 e composta oggi da un’équipe internazionale diretta dal 2000 da Francesco D’Andria, docente all’Università del Salento. Un risultato importante nella ricerca della tomba di San Filippo, ricorda “L'Osservatore Romano”, era già stato raggiunto nel 2008, quando l’équipe riportò alla luce la strada processionale percorsa dai pellegrini per raggiungere il sepolcro dell’apostolo, e ora è arrivato questo nuovo e importante traguardo.
“Accanto al Martyrion (edificio di culto ottagonale costruito sul luogo dove forse Filippo fu martirizzato), abbiamo individuato una basilica del V secolo a tre navate”, ha raccontato telefonicamente al quotidiano vaticano il direttore della missione. “Questa chiesa fu costruita intorno a una tomba romana del I secolo che, evidentemente, era tenuta in enorme considerazione se si decise più tardi di edificarvi attorno una basilica. Si tratta di una tomba non a fossa, ma a sacello, con tanto di frontone e camera funeraria”.

Collegando tra loro questi e molti altri elementi, “siamo giunti alla certezza di aver individuato la tomba dell’apostolo Filippo, che era al centro di tutto il sistema di pellegrinaggio a lui legato”, ha affermato D'Andria.

Nel IV secolo, Eusebio di Cesarea scrisse che due stelle brillavano in Asia: Giovanni, sepolto a Efeso, e Filippo, “che riposa a Hierapolis”. Controversa è tuttavia la questione legata alla morte dell’apostolo. Secondo la tradizione più antica, infatti, non morì martire, mentre gli apocrifi raccontano che subì il martirio per mano romana.

Fonte: www.zenit.org

mercoledì 27 luglio 2011

I Guardiani del Destino.

Philip K. Dick, il noto scrittore di storie classificate sotto il genere science-fiction, ha ispirato già molti registi, ricordo tra tutti il più noti film tratti dai suoi romanzi, Blade Runner e Minority Report.  Nelle sale cinematografiche arriva in questo periodo "I guardiani del Destino", regia di George Nolfi, la storia di David Norris, uomo politico vicino ad entrare in Senato, che si scontra con i Guardiani del Destino, misterioso gruppo di uomini dotati di speciali poteri incaricati di controllare le vite di tutti gli abitanti. C'è anche una love-story, contrastata dai Guardiani,  i quali commettono qui un errore non riuscendo a impedire che David ed Elise si rivedano una seconda volta. Da questo loro secondo incontro casuale nascono una serie di complicazioni per i Guardiani del Destino. [...]



Se qualcuno vuole leggere la storia originale:


I guardiani del destino e altri racconti
Dick Philip K., 2011, Fanucci.

Il vichingo pazzo & la cameriera

Ci risiamo! La cameriera di Strauss Khan al contrattacco... ma perché ha atteso tanto prima di raccontare a viso scoperto il fattaccio? Mi pare di vedere un legame tra l'affaire DSK (la cui persona in quel momento impersonava l'FMI) e la strage di Oslo, un brutto brutto brutto legame. Ma spero sia il caldo estivo a darmi le traveggole! A guardare bene la cronologia dei fatti la strade di Oslo avviene subito dopo l'importante accordo per gli aiuti alla Grecia (manifestazione di un'armonia di solidarietà nel nostro vecchio continente) e poco prima del grande summit della FAO a Roma che si sta occupando delle nazioni africane ridotte alla fame. La  terribile deduzione  la lascio a voi. Ma niente paura, questo non è più il tempo dell'egoismo e della sopraffazione, il tempo delle colonie sfruttatrici e delle discriminazioni basate su infondati pregiudizi e neanche su quelle basate su certe forme di pseudo-scienze ferme a fine ottocento.  (M.L.A.)

sabato 23 luglio 2011

Fondamentalismo cristiano o false piste?

Proprio alcuni giorni addietro stavo rileggendo alcuni passi del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, documento firmato in prefazione dalla Segreteria di Stato, con la presentazione dei Card. Raffaele Martino e Giampaolo Crepaldi  firmato in data 2 aprile del 2004, (esattamente un anno prima della scomparsa del compianto Beato Giovanni Paolo II ! ) e dedicato dal Dicastero "Giustizia e Pace" allo stesso Pontefice Giovanni Paolo II. Può essere utile a chiarire le idee su alcune confuse affermazioni che si stanno diffondendo nell'etere, il colpevole della terribile carneficina viene definito con tre parole: "Cristiano" (ma cattolico, protestante, ortodosso? chissà...), "fondamentalista", "celibe". Si aggiunge poi l'Islamofobia e l'appartenenza ad una non meglio identificata estrema destra. .
Dal compendio della Dottrina Sociale della Chiesa:

                           La condanna del terrorismo

Il terrorismo è una delle forme più brutali della violenza che oggi sconvolge la Comunità internazionale: esso semina odio, morte, desiderio di vendetta e di rappresaglia. Da strategia sovversiva tipica soltanto di alcune organizzazioni estremistiche, finalizzata alla distruzione delle cose e all'uccisione delle persone, il terrorismo si è trasformato in una rete oscura di complicità politiche, utilizza anche sofisticati mezzi tecnici, si avvale spesso di ingenti risorse finanziarie ed elabora strategie su vasta scala, colpendo persone del tutto innocenti, vittime casuali delle azioni terroristiche. Bersagli degli attacchi terroristici sono, in genere, i luoghi della vita quotidiana e non obiettivi militari nel contesto di una guerra dichiarata. Il terrorismo agisce e colpisce al buio, al
di fuori delle regole con cui gli uomini hanno cercato di disciplinare, per esempio mediante il diritto internazionale umanitario, i loro conflitti: « In molti casi il ricorso ai metodi del terrorismo è considerato un nuovo sistema di guerra ». Non vanno trascurate le cause che possono motivare tale inaccettabile forma di rivendicazione. La lotta contro il terrorismo presuppone il dovere morale di contribuire a creare le condizioni affinché esso non nasca o si sviluppi. Il terrorismo va condannato nel modo più assoluto. Esso manifesta un disprezzo totale della vita umana e nessuna motivazione può giustificarlo, in quanto l'uomo è sempre fine e mai mezzo. Gli atti di terrorismo colpiscono profondamente la dignità umana e costituiscono un'offesa all'intera umanità: « Esiste perciò un diritto a difendersi dal terrorismo ». Tale diritto non può tuttavia essere esercitato nel vuoto di regole morali e giuridiche, poiché la lotta contro i terroristi va condotta nel rispetto dei diritti dell'uomo e dei principi di uno Stato di diritto.
L'identificazione dei colpevoli va debitamente provata, perché la responsabilità penale è sempre personale e quindi non può essere estesa alle religioni, alle Nazioni, alle etnie, alle quali i terroristi appartengono. La
collaborazione internazionale contro l'attività terroristica « non può esaurirsi soltanto in operazioni repressive e punitive. È essenziale che il pur necessario ricorso alla forza sia accompagnato da una coraggiosa e lucida analisi delle motivazioni soggiacenti agli attacchi terroristici ». È necessario anche un particolare impegno sul piano « politico e pedagogico »  per risolvere, con coraggio e determinazione, i problemi che, in alcune drammatiche situazioni, possono alimentare il terrorismo:
« Il reclutamento dei terroristi, infatti, è più facile nei contesti sociali in cui si semina l'odio, i diritti vengono conculcati e le situazioni di ingiustizia troppo a lungo tollerate ».
È profanazione e bestemmia proclamarsi terroristi in nome di Dio:  così si strumentalizza anche Dio e non solo l'uomo, in quanto si ritiene di possedere totalmente la Sua verità anziché cercare di esserne posseduti. Definire « martiri » coloro i quali muoiono compiendo atti terroristici è stravolgere il concetto di martirio, che è testimonianza di chi si fa uccidere per non rinunciare a Dio e al Suo amore e non di chi uccide in nome di Dio.
Nessuna religione può tollerare il terrorismo e, ancor meno, predicarlo. Le religioni sono impegnate, piuttosto, a collaborare per rimuovere le cause del terrorismo e per promuovere l'amicizia tra i popoli.

giovedì 21 luglio 2011

Luce del mondo non lampadine di noi stessi


 - VITA CONSACRATA: OROZCO (TEOLOGO), “FORMAZIONE PERMANENTE” E “GRAZIA DI DIO” 
“Le sfide per l’evangelizzazione sono molte e i consacrati, come i sacerdoti, devono essere ben preparati per portare la luce di Cristo nel mondo”. Lo ha detto questa mattina a Roma il teologo padre Luis Alfonso Orozco, nella sua conferenza al corso estivo per suore “Psicologia, pedagogia e formazione per la vita consacrata”, organizzato fino a sabato dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum per creare le condizioni idonee ad una vita religiosa completa in ogni sua dimensione. “Il Vangelo – ha spiegato - ci dice che noi siamo ‘luce del mondo’, e non ‘lampadine di noi stessi’. Perciò la necessità di una formazione permanente è un richiamo all’identità e alla missione di ogni persona consacrata” perché “la casa costruita sulla roccia è quella che poi resiste agli uragani e alla forza delle acque, quando si scatena la tormenta”. “Nella vita personale – ha continuato il teologo - si attraversano momenti di prova e di difficoltà che richiamano nervi saldi, virtù provate ed equilibrio spirituale per non crollare e per restare ‘saldi nella fede’. Una buona formazione umana pone le fondamenta sulla roccia della ragione in base a una corretta antropologia. Poi la grazia di Dio santifica progressivamente la persona, ma richiede la diposizione iniziale e costante nel lavoro su di sé per offrire liberamente il proprio contributo all’azione della grazia”. Fonte: SIR

Il genere, la generazione e il tempo



Questo è il titolo di una delle sezioni di un bel volume dal titolo "L'uomo e la donna nella teologia di H.U. von Balthasar" scritto da un sacerdote salesiano milanese, Don Roberto Carelli, docente di Antropologia Teologica nella sezione torinese della Facoltà di Teologia dell'Università Pontificia Salesiana. Il testo, edito nel 2007 dalla EUPRESS FTL di Lugano, è introdotto da Jacques Servais, che mette subito a fuoco l'attualità della questione sul maschile e femminile, tanto che filosofi, teorici sociali e politici, moralisti e teologi se ne occupano sovente. Che cosa distingue alla fine l'uomo dalla donna? Si dice, scrive Servais, che le differenze sessuali affondino le loro radici nelle ideologie culturali che le diverse società avrebbero coniato. Così le nozioni di maschio e femmina non possiedono più una stabile definizione, ma costituiscono due poli di libera scelta individuale. La questione appare in tutta la sua importanza anche in campo educativo, ecco allora che questo "corposo" studio, circa 700 pagine, di Don Roberto Carelli, attingendo al pensiero di giganti della teologia come von Balthasar, K. Barth e Adrienne von Spyr ( ma non solo, vengono riportati sull'argomento anche il pensiero di tanti altri teologi e teologhe) , ci introduce ad una "teologia dei sessi" che ci apre orizzonti nuovi su una antica questione. "La teologia cristiana, scrive Servais, ci offre un'attenta e valida meditazione del mistero della differenza sessuale, intesa non in base alle correnti ideologiche ma secondo il piano del Dio il cui nome è Amore".  Se la prima parte del testo offre i termini generali della questione teorica, la seconda mostra analiticamente il pensiero di Balthasar sull'argomento, dopo aver preso in considerazione da diversi punti  di vista epistemologico, mariologico, cristologico, ecclesiologico il modo in cui l'uomo e la donna sono coinvolti nell'opera della creazione e della redenzione. In conclusione del testo don Carelli scrive: "(...) L'uomo è donazione fecondante e la donna accoglienza feconda, o se si vuole, l'uno è fecondità che principia da sé, mentre l'altra è fecondità che procede dall'altro. In forza dell'unica origine il padre è trasmissione della vita, la donna è il grembo della vita. [...] Sviluppando le virtualità presenti nell'illustrazione balthasariana delle polarità antropologiche, si potrebbero confrontare i due sessi mostrando che se il femminile emerge come integrazione logica del somatico, il maschile interviene per l'integrazione logica del sociale. Il che suggerisce l'evidente analogia fra il mistero familiare e quello ecclesiale, dove a fronteggiarsi sono in effetti l'onnicomprensiva interiorità del motivo mariano e il sacerdozio ministeriale del principio petrino."

lunedì 18 luglio 2011

Galatians 5.11: Evidence of an Early Law-observant Mission by Paul?

Le scuse di Murdoch

L'opinione pubblica mondiale sarà stata certamente scossa dalle scuse presentate da uno degli uomini più potenti del mondo.  Noi  non siamo tanto abituati a questi gesti, ma siamo ormai ahimè soliti tollerare individui potenti che fino all'ultimo sperano di farla franca, disposti a cambiare le loro versioni e opinioni tante volte come le toppe dell'abito di Arlecchino con la sicurezza spavalda di chi si è comprato persino non solo il favore di tutti i santi del paradiso, compresa la Madonna, ma anche il Giudizio universale finale. Che sgomento allora un Murdoch che chiude uno dei suoi  più noti giornali, va bene ne ha molti altri, ma il gesto rimane forte ed eclatante.  Possiamo sperare ad un processo di emulazione? Possiamo pensare che questo sia una sorta di segnale di sgretolamento della "macchina del fango" o se volete del peggior tipo di giornalismo? Ci piacerebbe sperarlo, sarebbe una bella rivoluzione per il mondo giornalistico, certo girerebbero meno soldi, ma quante coscienze si rimetterebbero a posto, quanti danni comincerebbero a venire ripagati. Avremmo meno giornalismo stile inquisizione e più giornalismo di stile "profetico", ecco i giornalisti come profeti del nostro tempo, che consolano nel tempo dell'afflizione, ammoniscono e mettono in guardia nel tempo del pericolo, istruiscono nel tempo dell'ignoranza o più semplicemente raccontano in modo corretto e bilanciato i fatti così come sono accaduti. C'è una grande necessità di giornalismo che in-formi davvero e non de-formi, che dia speranza e non illusioni, che modelli coscienze e non mostri. Questi recenti avvenimenti mi hanno riportato alla mente un sogno che avevo fatto  più di dieci anni fa: visitavo i locali romani dell'ex Santo Uffizio, oggi si chiama Congregazione per la Dottrina della fede e, con grande stupore, mi accorgevo che non c'era l'ombra di prelati o religiosi, ma che seduti a quegli antichi tavoli c'erano tanti giornalisti che consultavano testi e manoscritti. Francamente mi sono chiesta per un bel po' che cosa potesse significare un simile sogno! In seguito mi fu chiaro, oggi direi è lampante! Ma sogni a parte, sarebbe anche onesto risarcire quelle persone che hanno vissuto per anni spiati come cavie da laboratorio, o alla "Truman-show" se preferite, o come inconsapevoli attori del grande-fratello, quelle persone che sono state danneggiate nelle loro attività lavorative, nelle loro relazioni, nei loro progetti, o fin anche nella loro integrità-psicofisica, per quella mail che non hanno mai ricevuto, per quell'sms, quella telefonata, o quella  raccomandata che avrebbe potuto magari cambiare la loro vita e che invece non è mai arrivata a loro ed è finita chissà dove... L'impressione che se ne ricava alla fine è quella che ci sono persone che hanno abusato dei loro ruoli e dei loro poteri, che hanno preteso di diventare registi e sceneggiatori della vita altrui  utilizzando a questo scopo ogni mezzo lecito e illecito. Basteranno a questo scopo delle scuse anche a quattro colonne? E un'altra domanda sorge spontanea, ma perché tutta questa rete di spioni a pagamento non è stata utilizzata contro i trafficanti di droghe e di morte, contro i moderni mercanti di schiave, i traffici illeciti di organi, le carestie che stanno decimando intere nazioni africane, forse tutto questo non è abbastanza per appagare la perversione dei guardoni impenitenti?  M.L.A.

Changement climatique


Les causes du changement climatique
Avec cet article
Le constat. Plusieurs indicateurs montrent sans ambiguïté un réchauffement climatique depuis la seconde moitié du XIXe  siècle. Cette augmentation des températures moyennes s’accélère depuis 1975.
Les gaz à effet de serre sont tenus pour responsables. Pour la très grande majorité de la communauté scientifique, cette augmentation est due à une croissance des concentrations de gaz à effet de serre dans l’atmosphère. Il en existe trois (outre la vapeur d’eau qui se recycle rapidement et en permanence).
– Le dioxyde de carbone (CO 2 ) : sa concentration n’a cessé de progresser depuis le milieu du XIXe  siècle. Une augmentation due pour plus de la moitié à la combustion des fossiles (transport, production énergétique), le reste étant dû aux déboisements massifs et, pour une faible part, à la production de ciment. C’est ce gaz qui contribue le plus à l’accentuation récente de l’effet de serre qui existe à l’état naturel.
– Le méthane (CH 4 ) : dû notamment aux fermentations diverses (zones humides, ruminants, déchets domestiques, etc.) et aux fuites de gaz naturels. Après avoir augmenté depuis un siècle, sa concentration s’est stabilisée depuis 2000.
– Le protoxyde d’azote (N 2 O) : produit principalement par les activités agricoles, sa concentration s’est accrue de 20 % depuis le milieu du XIXe siècle.
L’activité humaine , responsable de l’augmentation de CO2 dans l’atmosphère, est donc bien à l’origine de l’essentiel du réchauffement observé.
L’activité solaire peut avoir un effet sur le climat . Des corrélations ont été mises en évidence entre l’activité du soleil et certaines variations à court terme de la température terrestre. Mais l’activité solaire ayant légèrement décru depuis 1975, elle ne peut expliquer en première ligne le réchauffement observé sur cette période.
Des incertitudes importantes sur l’évolution du climat demeurent, notamment sur le rôle des nuages et du couplage océan-atmosphère. Selon les scientifiques, ces incertitudes peuvent affecter les projections à cent ans mais pas les projections à trente ou cinquante ans.
Source : rapport de l’Académie des sciences sur le changement climatique, octobre  2010
(la-croix.com)

sabato 9 luglio 2011

Bavagli

Cie.Divieto d'ingresso imposto alla stampa dal Viminale :" un'anomalia democratica" 

Un bavaglio per tutta la stampa, italiana e internazionale. Così i vertici delle organizzazioni dei giornalisti italiani hanno definito oggi in conferenza stampa il veto del ministero dell’Interno all’ingresso della stampa nei centri di identificazione ed espulsione degli immigrati. (Fonte: Radio Vaticana)

giovedì 7 luglio 2011

Il Signore degli anelli

L'ultimo giorno di scuola ho ricevuto da un mio alunno appassionato di storie fantasy un manoscritto su un possibile seguito del famoso "Il signore degli anelli" di Tolkien.  Avendo gradito molto la sua coraggiosa  iniziativa creativa ho promesso di trascriverlo sul mio blog anche per incoraggiare tutti i giovani a coltivare la passione per la scrittura e smentire quelle cassandre che sostengono l'incapacità dei giovani di oggi a cimentarsi con la penna. Tutto sommato il giovane autore ci dà una bella idea, quante volte ci è successo di gradire così tanto un libro da essere quasi dispiaciuti di averlo già finito di leggere, allora, è questa l'idea, proviamo a dargli un seguito noi! (M.L.A.)

                                                                       ***
         Gli Eldar, popolo di creature immortali le più sagge e antiche della Terra di Mezzo: gli Elfi

Dopo la distruzione dell'unico anello di Sauro, l'Oscuro Signore, alcuni elfi decisero di lasciare le proprie terre agli uomini che in quel momento avevano raggiunto la gloria dopo le numerose battaglie contro gli Oscuri Eserciti degli orchi. Alcuni  però decisero di rimanere perché ormai affezionati alla terra che abitavano da migliaia di anni e per tramandare la propria saggezza agli uomini. Fin dalla prima era Era gli Elfi abitavano la Terra di Mezzo insediandosi nel Bosco Atro e nel Lothlorien, ora però era il momento di andarsene. Lindir (l'uomo della Melodia) discendente di Elrond, lasciò il Bosco Atro per partire dai Porti Grigi con delle navi che salpavano per l'estremo ovest, dove nessuna creatura in grado di pensare e parlare si era mai spinta. Così all'inizio della Settima Era alcuni Eldar partirono verso occidente portandosi dietro le loro conoscenze, i propri costumi, la propria lingua, i propri canti, la propria cultura e lasciandosi alle spalle la Terra di Mezzo forse per sempre. (Continua)


                                                     Pietro Laurent Signò  


                                     (Ist. Scol. Comunità Montana Gran Combin, Aosta)

lunedì 4 luglio 2011

Premio Ratzinger, discorso di Benedetto XVI

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Sala Clementina
Giovedì, 30 giugno 2011
    
Signori Cardinali,
venerati Confratelli,
illustri Signori e Signore!

Innanzitutto vorrei esprimere la mia gioia e gratitudine per il fatto che, con la consegna del suo premio teologico, la Fondazione che porta il mio nome dia pubblico riconoscimento all’opera condotta nell’arco di un’intera vita da due grandi teologi, e ad un teologo della generazione più giovane dia un segno di incoraggiamento per progredire sul cammino intrapreso. Con il Professor González de Cardedal mi lega un cammino comune di molti decenni. Entrambi abbiamo iniziato con san Bonaventura e da lui ci siamo lasciati indicare la direzione. In una lunga vita di studioso, il Professor Gonzalez ha trattato tutti i grandi temi della teologia, e ciò non semplicemente riflettendone o parlandone a tavolino, bensì sempre confrontato al dramma del nostro tempo, vivendo e anche soffrendo in modo del tutto personale le grandi questioni della fede e con ciò le questioni dell’uomo d’oggi. In tal modo, la parola della fede non è una cosa del passato; nelle sue opere diventa veramente a noi contemporanea. Il Professor Simonetti ci ha aperto in modo nuovo il mondo dei Padri. Proprio mostrandoci, dal punto di vista storico, con precisione e cura ciò che dicono i Padri, essi diventano persone a noi contemporanee, che parlano con noi. Il Padre Maximilian Heim è stato recentemente eletto Abate del monastero di Heiligenkreuz presso Vienna – un monastero ricco di tradizione – assumendo con ciò il compito di rendere attuale una grande storia e di condurla verso il futuro. In questo, spero che il lavoro sulla mia teologia, che egli ci ha donato, possa essergli utile e che l’Abbazia di Heiligenkreuz possa, in questo nostro tempo, sviluppare ulteriormente la teologia monastica, che sempre ha accompagnato quella universitaria, formando con essa l’insieme della teologia occidentale.
Non è, però, mio compito tenere qui una laudatio dei premiati, che è già stata fatta in maniera competente dal Cardinale Ruini. Forse però la consegna del premio può offrire l’occasione di dedicarci per un momento alla questione fondamentale di che cosa sia veramente “teologia”. La teologia è scienza della fede, ci dice la tradizione. Ma qui sorge subito la domanda: è davvero possibile questo? O non è in sé una contraddizione? Scienza non è forse il contrario di fede? Non cessa la fede di essere fede, quando diventa scienza? E non cessa la scienza di essere scienza quando è ordinata o addirittura subordinata alla fede? Tali questioni, che già per la teologia medievale rappresentavano un serio problema, con il moderno concetto di scienza sono diventate ancora più impellenti, a prima vista addirittura senza soluzione. Si comprende così perché, nell’età moderna, la teologia in vasti ambiti si sia ritirata primariamente nel campo della storia, al fine di dimostrare qui la sua seria scientificità. Bisogna riconoscere, con gratitudine, che con ciò sono state realizzate opere grandiose, e il messaggio cristiano ha ricevuto nuova luce, capace di renderne visibile l’intima ricchezza. Tuttavia, se la teologia si ritira totalmente nel passato, lascia oggi la fede nel buio. In una seconda fase ci si è poi concentrati sulla prassi, per mostrare come la teologia, in collegamento con la psicologia e la sociologia, sia una scienza utile che dona indicazioni concrete per la vita. Anche questo è importante, ma se il fondamento della teologia, la fede, non diviene contemporaneamente oggetto del pensiero, se la prassi sarebbe riferita solo a se stessa, oppure vive unicamente dei prestiti delle scienze umane, allora la prassi diventa vuota e priva di fondamento.
Queste vie, quindi, non sono sufficienti. Per quanto siano utili ed importanti, esse diventerebbero sotterfugi, se restasse senza risposta la vera domanda. Essa suona: è vero ciò in cui crediamo oppure no? Nella teologia è in gioco la questione circa la verità; essa è il suo fondamento ultimo ed essenziale. Un’espressione di Tertulliano può qui farci fare un passo avanti; egli scrive che Cristo non ha detto: Io sono la consuetudine, ma: Io sono la verità – non consuetudo sed veritas (Virg. 1,1). Christian Gnilka ha mostrato che il concetto consuetudo può significare le religioni pagane che, secondo la loro natura, non erano fede, ma erano “consuetudine”: si fa ciò che si è fatto sempre; si osservano le tradizionali forme cultuali e si spera di rimanere così nel giusto rapporto con l’ambito misterioso del divino. L’aspetto rivoluzionario del cristianesimo nell’antichità fu proprio la rottura con la “consuetudine” per amore della verità. Tertulliano parla qui soprattutto in base alVangelo di san Giovanni, in cui si trova anche l’altra interpretazione fondamentale della fede cristiana, che s’esprime nella designazione di Cristo come Logos. Se Cristo è il Logos, la verità, l’uomo deve corrispondere a Lui con il suo proprio logos, con la sua ragione. Per arrivare fino a Cristo, egli deve essere sulla via della verità. Deve aprirsi al Logos, alla Ragione creatrice, da cui deriva la sua stessa ragione e a cui essa lo rimanda. Da qui si capisce che la fede cristiana, per la sua stessa natura, deve suscitare la teologia, doveva interrogarsi sulla ragionevolezza della fede, anche se naturalmente il concetto di ragione e quello di scienza abbracciano molte dimensioni, e così la natura concreta del nesso tra fede e ragione doveva e deve sempre nuovamente essere scandagliata.
Per quanto si presenti dunque chiara nel cristianesimo il nesso fondamentale tra Logos, verità e fede – la forma concreta di tale nesso ha suscitato e suscita sempre nuove domande. È chiaro che in questo momento tale domanda, che ha occupato e occuperà tutte le generazioni, non può essere trattata in dettaglio, e neppure a grandi linee. Vorrei tentare soltanto di proporre una piccolissima nota. San Bonaventura, nel prologo al suo Commento alle Sentenze ha parlato di un duplice uso della ragione – di un uso che è inconciliabile con la natura della fede e di uno che invece appartiene proprio alla natura della fede. Esiste, così si dice, la violentia rationis, il dispotismo della ragione, che si fa giudice supremo e ultimo di tutto. Questo genere di uso della ragione è certamente impossibile nell’ambito della fede. Cosa intende Bonaventura con ciò? Un’espressione dal Salmo95,9 può mostrarci di che cosa si tratta. Qui Dio dice al suo popolo: “Nel deserto … mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere”. Qui si accenna ad un duplice incontro con Dio: essi hanno “visto”. Questo però a loro non basta. Essi mettono Dio “alla prova”. Vogliono sottoporlo all’esperimento. Egli viene, per così dire, sottoposto ad un interrogatorio e deve sottomettersi ad un procedimento di prova sperimentale. Questa modalità di uso della ragione, nell’età moderna, ha raggiunto il culmine del suo sviluppo nell’ambito delle scienze naturali. La ragione sperimentale appare oggi ampiamente come l’unica forma di razionalità dichiarata scientifica. Ciò che non può essere scientificamente verificato o falsificato cade fuori dell’ambito scientifico. Con questa impostazione sono state realizzate opere grandiose, come sappiamo; che essa sia giusta e necessaria nell’ambito della conoscenza della natura e delle sue leggi nessuno vorrà seriamente porlo in dubbio. Esiste tuttavia un limite a tale uso della ragione: Dio non è un oggetto della sperimentazione umana. Egli è Soggetto e si manifesta soltanto nel rapporto da persona a persona: ciò fa parte dell’essenza della persona.
In questa prospettiva Bonaventura fa cenno ad un secondo uso della ragione, che vale per l’ambito del “personale”, per le grandi questioni dello stesso essere uomini. L’amore vuole conoscere meglio colui che ama. L’amore, l’amore vero, non rende ciechi, ma vedenti. Di esso fa parte proprio la sete di conoscenza, di una vera conoscenza dell’altro. Per questo, i Padri della Chiesa hanno trovato i precursori e gli antesignani del cristianesimo – al di fuori del mondo della rivelazione di Israele – non nell’ambito della religione consuetudinaria, bensì negli uomini in ricerca di Dio, in cerca della verità, nei “filosofi”: in persone che erano assetate di verità ed erano quindi sulla strada verso Dio. Quando non c’è questo uso della ragione, allora le grandi questioni dell’umanità cadono fuori dell’ambito della ragione e vengono lasciate all’irrazionalità. Per questo un’autentica teologia è così importante. La fede retta orienta la ragione ad aprirsi al divino, affinché essa, guidata dall’amore per la verità, possa conoscere Dio più da vicino. L’iniziativa per questo cammino sta presso Dio, che ha posto nel cuore dell’uomo la ricerca del suo Volto. Fa quindi parte della teologia, da un lato l’umiltà che si lascia “toccare” da Dio, dall’altro la disciplina che si lega all’ordine della ragione, che preserva l’amore dalla cecità e che aiuta a sviluppare la sua forza visiva.
Sono ben consapevole che con tutto ciò non è stata data una risposta alla questione circa la possibilità e il compito della retta teologia, ma è soltanto stata messa in luce la grandezza della sfida insita nella natura della teologia. Tuttavia è proprio di questa sfida che l’uomo ha bisogno, perché essa ci spinge ad aprire la nostra ragione interrogandoci circa la verità stessa, circa il volto di Dio. Perciò siamo grati ai premiati che hanno mostrato nella loro opera che la ragione, camminando sulla pista tracciata dalla fede, non è una ragione alienata, ma è la ragione che risponde alla sua altissima vocazione. Grazie

domenica 3 luglio 2011

La 622* edizione della Festa della Madonna della Bruna

Data particolarmente felice per la Madonna della Bruna quest'anno, cade infatti di sabato, giorno mariano per eccellenza e anche nel giorno dedicato al Cuore Immacolato di Maria. Certo sono particolari che a molti sfuggono ma non a chi nutre particolare devozione per la Madonna. Grazie alla diretta sul web di TRM anche persone fisicamente lontane hanno potuto rendere omaggio alla patrona di Matera seguendo le splendide immagini delle ultime fasi della festa, la sfilata dei cavalieri, il carro, le luminarie e fin anche le emozioni di questa storica celebrazione. Bravi e certamente dei professionisti i conduttori della diretta che hanno arricchito la manifestazione anche con delle interessanti interviste. Solo alcune perplessità:
1. Era proprio necessario durante la sfilata nel cuore della festa citare nell'intervista al Presidente della Provincia  il triste fatto di cronaca della povera e giovane Elisa che guarda combinazione dopo diversi decenni dalla morte proprio nello stesso giorno nel capoluogo lucano ha ricevuto delle esequie cristiane dopo essere rimasta come dicono a lungo nel sottotetto della ormai nota chiesa dedicata alla Santissima Trinità di Potenza?
 2. Ma perché dopo seicento e passa anni in cui la tradizione voleva tre giri del Carro nella piazza prima della rottura del Carro, un riferimento alla Santissima Trinità a detta dei conduttori della diretta, ormai i giri sono diventati quattro?
3. Come si fa a scambiare il Magnificat con l'Aida o, come è stato corretto, con un Inno a Maria? Il canto del Magnificat infatti  secondo il Vangelo di Luca è stato pronunziato dalla stessa Maria ed è conosciuto come il Cantico di Maria, ed è tra l'altro il motivo conduttore di tutta la novena in preparazione alla Festa della Bruna. Inoltre in una delle interviste un giovane appassionato studioso citava l'omonimia con la Madonna della Bruna napoletana, che però non è la festa della Madonna della Visitazione come quella materana, ma è la Madonna del Carmelo. Tra l'altro mi raccontava un mio alunno di origine napoletana che da diversi anni la festa a Napoli non viene più celebrata e allora per consolarlo ho detto che nella mia città di origine la festa della Madonna della Bruna veniva ancora celebrata ma ahimè con alcune inspiegabili variazioni e che la bella Cattedrale con l'icona più antica della Madonna della Bruna è chiusa per restauri da diversi anni.