mercoledì 29 aprile 2009


32a Convocazione nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo
“Andate e proclamate al popolo tutte queste parole di vita” (At 5, 20)

Fiera di Rimini, 30 aprile – 3 maggio 2009
Da giovedì 30 aprile a domenica 3 maggio, presso la Fiera di Rimini, si terrà la 32a Convocazione nazionale dei Gruppi e delle Comunità del Rinnovamento nello Spirito Santo (RnS), Movimento ecclesiale che in Italia conta più di 200mila aderenti, raggruppati in oltre 1.900 gruppi e comunità. L’abituale appuntamento di primavera avrà come tema per il 2009 “Andate e proclamate al popolo tutte queste parole di vita” (At 5, 20).

L’intenso programma della 32a Convocazione prevede: momenti di preghiera comunitaria, sessioni dedicate alla nuova evangelizzazione e solenni celebrazioni liturgiche. Molti gli ospiti attesi, tra cui: il card. Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana; il card. Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici; il card. Clàudio Hummes, ofm, prefetto della Congregazione per il Clero; mons. Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini; don Sabino Palumbieri sdb, fondatore del Movimento “Testimoni del Risorto”; Kiko Argüello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale; Ironi Spuldaro, membro del CNS del Rinnovamento Carismatico Cattolico del Brasile.

Durante la sessione mattutina di sabato, 2 maggio, si terrà un incontro di Cultura della Pentecoste rivolto all’evangelizzazione del sociale dal titolo “Economia della salvezza e salvezza dell’economia”. Moderati da Francesco Giorgino, giornalista del TG 1, interverranno: Angelino Alfano, ministro della Giustizia; Enrico Letta, ministro-ombra del Lavoro e delle Politiche Sociali; Francesco D’Agostino, giurista; Stefano Zamagni, economista. Il presidente nazionale del RnS, Salvatore Martinez, concluderà la sessione con una preghiera d’intercessione per l’Italia.

Come sempre, presso la Fiera di Rimini, parallelamente alla Convocazione per ‘adulti’ si terrà quella per i ‘più giovani’. Per i bambini dai 3 ai 5 anni, ci sarà il Baby Meeting “Annunciamo Gesù con Tv Tele-Blu”. “Gridiamo ai quattro venti: ‘Dio è vita’” sarà il titolo del Meeting Bambini, dedicato ai bimbi tra i 6 ed i 10 anni. Invece, per i ragazzi dagli 11 ai 13 anni il Meeting Ragazzi si chiamerà “Gridiamo a tutti che Dio è vita!!!”.

Sarà possibile seguire la Convocazione nazionale del RnS, come sempre, sulle frequenze di Radio Maria e via satellite su Oasi Tv (sintonizzazione automatica su Sky – Canale 848). Mentre, il sito www.rns-italia.it pubblicherà, in tempo reale, interventi, sintesi, foto e notizie.

“Alla Convocazione Nazionale si raduna un popolo – commenta Martinez – che cerca e incontra una Parola che dà speranza, che ridona gioia ai cuori, che ripropone la potenza soprannaturale del Vangelo. Un popolo, il RnS, che professa una fede forte e comunitaria, che vuole dar corso alla nuova evangelizzazione carismatica con uno sguardo profondo alle realtà temporali. Anno dopo anno abbiamo visto famiglie, giovani, vedove, sacerdoti cambiare stile di vita, ‘sospinti’ dallo Spirito a sperimentare un nuovo amore per la Chiesa e a ricentrarsi sulla persona di Gesù, ineguagliabile maestro d’umanità e di dignità umana”.

lunedì 27 aprile 2009


Udienza del Papa ai partecipanti all'Incontro degli insegnanti di religione

25 aprile 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo del discorso pronunciato da Benedetto XVI questo sabato, ricevendo in udienza i partecipanti all'Incontro degli Insegnanti di Religione Cattolica.
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Cari fratelli e sorelle,

è un vero piacere per me incontrarvi quest'oggi e condividere con voi alcune riflessioni sulla vostra importante presenza nel panorama scolastico e culturale italiano, nonché in seno alla comunità cristiana. Saluto tutti con affetto, a cominciare dal Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto, presentandomi questa numerosa e vivace Assemblea. Ugualmente rivolgo un saluto cordiale a tutte le autorità presenti.

L'insegnamento della religione cattolica è parte integrante della storia della scuola in Italia, e l'insegnante di religione costituisce una figura molto importante nel collegio dei docenti. È significativo che con lui tanti ragazzi si tengano in contatto anche dopo i corsi. L'altissimo numero di coloro che scelgono di avvalersi di questa disciplina è inoltre il segno del valore insostituibile che essa riveste nel percorso formativo e un indice degli elevati livelli di qualità che ha raggiunto. In un suo recente messaggio la Presidenza della CEI ha affermato che "l'insegnamento della religione cattolica favorisce la riflessione sul senso profondo dell'esistenza, aiutando a ritrovare, al di là delle singole conoscenze, un senso unitario e un'intuizione globale. Ciò è possibile perché tale insegnamento pone al centro la persona umana e la sua insopprimibile dignità, lasciandosi illuminare dalla vicenda unica di Gesù di Nazaret, di cui si ha cura di investigare l'identità, che non cessa da duemila anni di interrogare gli uomini".

Porre al centro l'uomo creato ad immagine di Dio (cfr Gn 1,27) è, in effetti, ciò che contraddistingue quotidianamente il vostro lavoro, in unità d'intenti con altri educatori ed insegnanti. In occasione del Convegno ecclesiale di Verona, nell'ottobre 2006, io stesso ebbi modo di toccare la "questione fondamentale e decisiva" dell'educazione, indicando l'esigenza di "allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza dell'intrinseca unità che le tiene insieme" (Discorso del 19 ottobre 2006: Insegnamenti di Benedetto XVI, II, 2 [2006], 473; 471). La dimensione religiosa, infatti, è intrinseca al fatto culturale, concorre alla formazione globale della persona e permette di trasformare la conoscenza in sapienza di vita.

Il vostro servizio, cari amici, si colloca proprio in questo fondamentale crocevia, nel quale - senza improprie invasioni o confusione di ruoli - si incontrano l'universale tensione verso la verità e la bimillenaria testimonianza offerta dai credenti nella luce della fede, le straordinarie vette di conoscenza e di arte guadagnate dallo spirito umano e la fecondità del messaggio cristiano che così profondamente innerva la cultura e la vita del popolo italiano. Con la piena e riconosciuta dignità scolastica del vostro insegnamento, voi contribuite, da una parte, a dare un'anima alla scuola e, dall'altra, ad assicurare alla fede cristiana piena cittadinanza nei luoghi dell'educazione e della cultura in generale. Grazie all'insegnamento della religione cattolica, dunque, la scuola e la società si arricchiscono di veri laboratori di cultura e di umanità, nei quali, decifrando l'apporto significativo del cristianesimo, si abilita la persona a scoprire il bene e a crescere nella responsabilità, a ricercare il confronto ed a raffinare il senso critico, ad attingere dai doni del passato per meglio comprendere il presente e proiettarsi consapevolmente verso il futuro.

L'appuntamento odierno si colloca anche nel contesto dell'Anno Paolino. Grande è il fascino che l'Apostolo delle genti continua ad esercitare su tutti noi: in lui riconosciamo il discepolo umile e fedele, il coraggioso annunciatore, il geniale mediatore della Rivelazione. Caratteristiche, queste, a cui vi invito a guardare per alimentare la vostra stessa identità di educatori e di testimoni nel mondo della scuola. È Paolo, nella prima Lettera ai Tessalonicesi (4,9), a definire i credenti con la bella espressione di theodidaktoi, ossia "ammaestrati da Dio", che hanno Dio per maestro. In questa parola troviamo il segreto stesso dell'educazione, come anche ricorda sant'Agostino: "Noi che parliamo e voi che ascoltate riconosciamoci come fedeli discepoli di un unico Maestro" (Serm. 23, 2).

Inoltre, nell'insegnamento paolino la formazione religiosa non è separata dalla formazione umana. Le ultime Lettere del suo epistolario, quelle dette "pastorali", sono piene di significativi rimandi alla vita sociale e civile che i discepoli di Cristo devono ben tenere a mente. San Paolo è un vero "maestro" che ha a cuore sia la salvezza della persona educata in una mentalità di fede, sia la sua formazione umana e civile, perché il discepolo di Cristo possa esprimere in pieno una personalità libera, un vivere umano "completo e ben preparato", che si manifesta anche in un'attenzione per la cultura, la professionalità e la competenza nei vari campi del sapere a beneficio di tutti. La dimensione religiosa non è dunque una sovrastruttura; essa è parte integrante della persona, sin dalla primissima infanzia; è apertura fondamentale all'alterità e al mistero che presiede ogni relazione ed ogni incontro tra gli esseri umani. La dimensione religiosa rende l'uomo più uomo. Possa il vostro insegnamento essere sempre capace, come lo fu quello di Paolo, di aprire i vostri studenti a questa dimensione di libertà e di pieno apprezzamento dell'uomo redento da Cristo così come è nel progetto di Dio, esprimendo così, nei confronti di tanti ragazzi e delle loro famiglie, una vera carità intellettuale.

Certamente uno degli aspetti principali del vostro insegnamento è la comunicazione della verità e della bellezza della Parola di Dio, e la conoscenza della Bibbia è un elemento essenziale del programma di insegnamento della religione cattolica. Esiste un nesso che lega l'insegnamento scolastico della religione e l'approfondimento esistenziale della fede, quale avviene nelle parrocchie e nelle diverse realtà ecclesiali. Tale legame è costituito dalla persona stessa dell'insegnante di religione cattolica: a voi, infatti, oltre al dovere della competenza umana, culturale e didattica propria di ogni docente, appartiene la vocazione a lasciar trasparire che quel Dio di cui parlate nelle aule scolastiche costituisce il riferimento essenziale della vostra vita. Lungi dal costituire un'interferenza o una limitazione della libertà, la vostra presenza è anzi un valido esempio di quello spirito positivo di laicità che permette di promuovere una convivenza civile costruttiva, fondata sul rispetto reciproco e sul dialogo leale, valori di cui un Paese ha sempre bisogno.

Come suggeriscono le parole dell'apostolo Paolo che fanno da titolo a questo vostro appuntamento, auguro a tutti voi che il Signore vi doni la gioia di non vergognarvi mai del suo Vangelo, la grazia di viverlo, la passione di condividere e coltivare la novità che da esso promana per la vita del mondo. Con questi sentimenti benedico voi e le vostre famiglie, insieme a tutti coloro - studenti e insegnanti - che ogni giorno incontrate in quella comunità di persone e di vita che è la scuola.

[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
AI MEMBRI DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA

23 aprile 2009

Signor Cardinale, Eccellenza,
cari Membri della Pontificia Commissione Biblica,

sono lieto di accogliervi ancora una volta al termine della vostra annuale Assemblea plenaria. Ringrazio il Signor Cardinale William Levada per il suo indirizzo di saluto e per la concisa esposizione del tema che è stato oggetto di attenta riflessione nel corso della vostra riunione. Vi siete nuovamente radunati per approfondire un argomento molto importante: l'ispirazione e la verità della Bibbia. Si tratta di un tema che riguarda non soltanto la teologia, ma la stessa Chiesa, poiché la vita e la missione della Chiesa si fondano necessariamente sulla Parola di Dio, la quale è anima della teologia e, insieme, ispiratrice di tutta l'esistenza cristiana. Il tema che avete affrontato risponde, inoltre, a una preoccupazione che mi sta particolarmente a cuore, poiché l'interpretazione della Sacra Scrittura è di importanza capitale per la fede cristiana e per la vita della Chiesa.

Come Ella ha già ricordato, Signor Presidente, nell'Enciclica Providentissimus Deus Papa Leone XIII offriva agli esegeti cattolici nuovi incoraggiamenti e nuove direttive in tema di ispirazione, verità ed ermeneutica biblica. Più tardi Pio XII nella sua Enciclica Divino afflante Spiritu raccoglieva e completava il precedente insegnamento, esortando gli esegeti cattolici a giungere a soluzioni in pieno accordo con la dottrina della Chiesa, tenendo debitamente conto dei positivi apporti dei nuovi metodi di interpretazione nel frattempo sviluppati. Il vivo impulso dato da questi due Pontefici agli studi biblici, come Lei ha anche detto, ha trovato piena conferma ed è stato ulteriormente sviluppato nel Concilio Vaticano II, cosicché tutta la Chiesa ne ha tratto e ne trae beneficio. In particolare, la Costituzione conciliare Dei Verbum illumina ancora oggi l'opera degli esegeti cattolici e invita i Pastori e i fedeli ad alimentarsi più assiduamente alla mensa della Parola di Dio. Il Concilio ricorda, al riguardo, innanzitutto che Dio è l'Autore della Sacra Scrittura: «Le cose divinamente rivelate che nei libri della Sacra Scrittura sono contenute e presentate, furono consegnate sotto l'ispirazione dello Spirito Santo. La Santa Madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia dell'Antico che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché, scritti sotto ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa» (Dei Verbum, 11). Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, invisibile e trascendente Autore, si deve dichiarare, per conseguenza, che «i libri della Scrittura insegnano fermamente, fedelmente e senza errore la verità che Dio per la nostra salvezza volle fosse consegnata nelle sacre Lettere» (ibid., 11).

Dalla corretta impostazione del concetto di divina ispirazione e verità della Sacra Scrittura derivano alcune norme che riguardano direttamente la sua interpretazione. La stessa Costituzione Dei Verbum, dopo aver affermato che Dio è l'autore della Bibbia, ci ricorda che nella Sacra Scrittura Dio parla all'uomo alla maniera umana. E questa sinergia divino-umana è molto importante: Dio parla realmente per gli uomini in modo umano. Per una retta interpretazione della Sacra Scrittura bisogna dunque ricercare con attenzione che cosa gli agiografi hanno veramente voluto affermare e che cosa è piaciuto a Dio manifestare tramite parole umane. «Le parole di Dio infatti, espresse con lingue umane, si sono fatte simili al linguaggio degli uomini, come già il Verbo dell'eterno Padre, avendo assunto le debolezze dell'umana natura, si fece simile agli uomini» (Dei Verbum, 13). Queste indicazioni, molto necessarie per una corretta interpretazione di carattere storico-letterario come prima dimensione di ogni esegesi, richiedono poi un collegamento con le premesse della dottrina sull'ispirazione e verità della Sacra Scrittura. Infatti, essendo la Scrittura ispirata, c'è un sommo principio di retta interpretazione senza il quale gli scritti sacri resterebbero lettera morta, solo del passato: la Sacra Scrittura deve «essere letta e interpretata con l'aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta» (Dei Verbum, 12).

Al riguardo, il Concilio Vaticano II indica tre criteri sempre validi per una interpretazione della Sacra Scrittura conforme allo Spirito che l'ha ispirata. Anzitutto occorre prestare grande attenzione al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura: solo nella sua unità è Scrittura. Infatti, per quanto siano differenti i libri che la compongono, la Sacra Scrittura è una in forza dell'unità del disegno di Dio, del quale Cristo Gesù è il centro e il cuore (cfr Lc 24,25-27; Lc 24,44-46). In secondo luogo occorre leggere la Scrittura nel contesto della tradizione vivente di tutta la Chiesa. Secondo un detto di Origene, «Sacra Scriptura principalius est in corde Ecclesiae quam in materialibus instrumentis scripta» ossia «la Sacra Scrittura è scritta nel cuore della Chiesa prima che su strumenti materiali». Infatti la Chiesa porta nella sua Tradizione la memoria viva della Parola di Dio ed è lo Spirito Santo che le dona l'interpretazione di essa secondo il senso spirituale (cfr Origene, Homiliae in Leviticum, 5,5). Come terzo criterio è necessario prestare attenzione all'analogia della fede, ossia alla coesione delle singole verità di fede tra di loro e con il piano complessivo della Rivelazione e la pienezza della divina economia in esso racchiusa.

Il compito dei ricercatori che studiano con diversi metodi la Sacra Scrittura è quello di contribuire secondo i suddetti principi alla più profonda intelligenza ed esposizione del senso della Sacra Scrittura. Lo studio scientifico dei testi sacri è importante, ma non è da solo sufficiente perché rispetterebbe solo la dimensione umana. Per rispettare la coerenza della fede della Chiesa l'esegeta cattolico deve essere attento a percepire la Parola di Dio in questi testi, all'interno della stessa fede della Chiesa. In mancanza di questo imprescindibile punto di riferimento la ricerca esegetica resterebbe incompleta, perdendo di vista la sua finalità principale, con il pericolo di essere ridotta ad una lettura puramente letteraria, nella quale il vero Autore – Dio – non appare più. Inoltre, l'interpretazione delle Sacre Scritture non può essere soltanto uno sforzo scientifico individuale, ma deve essere sempre confrontata, inserita e autenticata dalla tradizione vivente della Chiesa. Questa norma è decisiva per precisare il corretto e reciproco rapporto tra l'esegesi e il Magistero della Chiesa. L'esegeta cattolico non si sente soltanto membro della comunità scientifica, ma anche e soprattutto membro della comunità dei credenti di tutti i tempi. In realtà questi testi non sono stati dati ai singoli ricercatori o alla comunità scientifica «per soddisfare la loro curiosità o per fornire loro degli argomenti di studio e di ricerca» (Divino afflante Spiritu, EB 566). I testi ispirati da Dio sono stati affidati in primo luogo alla comunità dei credenti, alla Chiesa di Cristo, per alimentare la vita di fede e guidare la vita di carità. Il rispetto di questa finalità condiziona la validità e l'efficacia dell'ermeneutica biblica. L'Enciclica Providentissimus Deus ha ricordato questa verità fondamentale e ha osservato che, lungi dall'ostacolare la ricerca biblica, il rispetto di questo dato ne favorisce l'autentico progresso. Direi, un’ermeneutica della fede corrisponde più alla realtà di questo testo che non una ermeneutica razionalista, che non conosce Dio.

Essere fedeli alla Chiesa significa, infatti, collocarsi nella corrente della grande Tradizione che, sotto la guida del Magistero, ha riconosciuto gli scritti canonici come parola rivolta da Dio al suo popolo e non ha mai cessato di meditarli e di scoprirne le inesauribili ricchezze. Il Concilio Vaticano II lo ha ribadito con grande chiarezza: «Tutto quello che concerne il modo di interpretare la Scrittura è sottoposto in ultima istanza al giudizio della Chiesa, la quale adempie il divino mandato e ministero di conservare e interpretare la Parola di Dio» (Dei Verbum, 12). Come ci ricorda la summenzionata Costituzione dogmatica esiste una inscindibile unità tra Sacra Scrittura e Tradizione, poiché entrambe provengono da una stessa fonte: «La sacra Tradizione e la Sacra Scrittura sono strettamente congiunte e comunicanti tra loro. Ambedue infatti, scaturendo dalla stessa divina sorgente, formano, in un certo qual modo, una cosa sola e tendono allo stesso fine. Infatti la Sacra Scrittura è parola di Dio in quanto è messa per iscritto sotto l'ispirazione dello Spirito Santo; invece la sacra Tradizione trasmette integralmente la parola di Dio, affidata da Cristo Signore e dallo Spirito Santo agli apostoli, ai loro successori, affinché questi, illuminati dallo Spirito di verità, con la loro predicazione fedelmente la conservino, la espongano e la diffondano. In questo modo la Chiesa attinge la sua certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola Sacra Scrittura. Perciò l'una e l'altra devono esser accettate e venerate con pari sentimento di pietà e di riverenza» (Dei Verbum, 9). Come sappiamo, questa parola “pari pietatis affectu ac reverentia” è stata creata da San Basilio, è poi stata recepita nel Decreto di Graziano, da cui è entrata nel Concilio di Trento e poi nel Vaticano II. Essa esprime proprio questa inter-penetrazione tra Scrittura e Tradizione. Soltanto il contesto ecclesiale permette alla Sacra Scrittura di essere compresa come autentica Parola di Dio che si fa guida, norma e regola per la vita della Chiesa e la crescita spirituale dei credenti. Ciò, come ho già detto, non impedisce in nessun modo un’interpretazione seria, scientifica, ma apre inoltre l’accesso alle dimensioni ulteriori del Cristo, inaccessibili ad un’analisi solo letteraria, che rimane incapace di accogliere in sé il senso globale che nel corso dei secoli ha guidato la Tradizione dell'intero Popolo di Dio.

Cari Membri della Pontificia Commissione Biblica, desidero concludere il mio intervento formulando a tutti voi i miei personali ringraziamenti e incoraggiamenti. Vi ringrazio cordialmente per l'impegnativo lavoro che compite al servizio della Parola di Dio e della Chiesa mediante la ricerca, l'insegnamen­to e la pubblicazione dei vostri studi. A ciò aggiungo i miei incoraggiamenti per il cammino che resta ancora da percorrere. In un mondo dove la ricerca scientifica assume una sempre maggiore importanza in numerosi campi è indispensabile che la scienza esegetica si situi a un livello adeguato. E' uno degli aspetti dell'inculturazione della fede che fa parte della missione della Chiesa, in sintonia con l'accoglienza del mistero dell'Incarnazione. Cari fratelli e sorelle, il Signore Gesù Cristo, Verbo di Dio incarnato e divino Maestro che ha aperto lo spirito dei suoi discepoli all'intelligenza delle Scritture (cfr Lc 24,45), vi guidi e vi sostenga nelle vostre riflessioni. La Vergine Maria, modello di docilità e di obbedienza alla Parola di Dio, vi insegni ad accogliere sempre meglio la ricchezza inesauribile della Sacra Scrittura, non soltanto attraverso la ricerca intellettuale, ma anche nella vostra vita di credenti, affinché il vostro lavoro e la vostra azione possano contribuire a fare sempre più risplendere davanti ai fedeli la luce della Sacra Scrittura. Nell’assicurarvi il sostegno della mia preghiera nella vostra fatica, vi imparto di cuore, quale pegno dei divini favori, l’Apostolica Benedizione.

sabato 25 aprile 2009

Durban Declaration

Draft outcome document (Rev. 2)
SECTION 1:
Review of progress and assessment of implementation of the Durban Declaration and Programme of Action by all stakeholders at the national, regional and international levels, including the assessment of contemporary manifestations of
racism, racial discrimination
, xenophobia and related intolerance

1. Reaffirms the Durban Declaration and Programme of Action (DDPA), as it was adopted at the World Conference against Racism, Racial Discrimination, Xenophobia and Related Intolerance in 2001;
2. Reaffirms the commitment to prevent, combat and eradicate racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance that was a basis for convening the World Conference against Racism, Racial Discrimination, Xenophobia and Related Intolerance in 2001;
3. Takes note of the efforts undertaken at all levels and welcomes the progress achieved since the adoption of the Durban Declaration and Programme of Action to implement its provisions;
4. Expresses concern that challenges and obstacles identified in the Durban Declaration and Programme of Action remain to be addressed and overcome in order to effectively prevent, combat and eradicate racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance and that there are still many areas where achievements have not been gained or further improvements have to be attained;
5. Emphasizes the need to address with greater resolve and political will all forms and manifestations of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, in all spheres of life and in all parts of the world, including all those under foreign occupation; [adopted ad ref]
6. Reaffirms that all peoples and individuals constitute one human family, rich in diversity, and that all human beings are born free and equal in dignity and rights; and strongly rejects any doctrine of racial superiority along with theories which attempt to determine the existence of so-called distinct human races;
7. Reiterates that cultural diversity is a cherished asset for the advancement and welfare of humanity at large and should be valued, enjoyed, genuinely accepted and embraced as a permanent feature which enriches our societies;
8. Reiterates that poverty, underdevelopment, marginalization, social exclusion and economic disparities are closely associated with racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance and contribute to the persistence of racist attitudes and practices which in turn generate more poverty;
9. Reaffirms the responsibility of Governments for safeguarding and protecting the rights of individuals within their jurisdiction against crimes perpetrated by racist or xenophobic individuals or groups or agents of the State;
10. Condemns legislation, policies and practices based on racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance which are incompatible with democracy, transparent and accountable governance;
11. Reaffirms that democracy and transparent, responsible, accountable and participatory governance at the national, regional and international levels, responsive to the needs and aspirations of the people, are essential to effectively prevent, combat and eradicate racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
12. Deplores the global rise and number of incidents of racial or religious intolerance and violence, including Islamophobia, anti-Semitism, Christianophobia and anti-Arabism manifested in particular by the derogatory stereotyping and stigmatization of persons based on their religion or belief; and in this regard urges all the UN Member States to implement paragraph 150 of the DDPA;
13. Reaffirms that any advocacy of national, racial or religious hatred that constitutes incitement to discrimination, hostility or violence shall be prohibited by law; reaffirms further that all dissemination of ideas based on racial superiority or hatred, incitement to racial discrimination as well as all acts of violence or incitement to such acts shall be declared offence punishable by law, in accordance with the international obligations of States and that these prohibitions are consistent with freedom of opinion and expression;
14. Recognizes that racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance are still among the root causes of armed conflict and very often one of its consequences and deplores the occurrences of armed conflicts as well as ethnic or religious violence, and notes relevant provisions of the 2005 World Summit outcome, in particular paragraphs 138 and 139;
15. Reaffirms that the principles of equality and non-discrimination are fundamental principles of international human rights law and international humanitarian law that are essential in the fight against racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
16. Expresses its appreciation for progress made in addressing the situation of the victims of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance identified in the Durban Declaration and Programme of Action, while regretting that racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, including their contemporary forms and manifestations, still persist;
17. Acknowledges that all victims of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance should receive the same necessary attention and protection and accordingly appropriate treatment;
18. Recognizes that prevention, combating and eradication of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance are of crucial importance and key elements for the promotion of cohesion and peaceful resolution of community tensions;
19. Stresses the need to increase appropriate preventive measures to eliminate all forms of racial discrimination, and emphasizes the important role that Governments, international and regional organizations, national human rights institutions, the media, non-governmental organizations and
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civil society can play in developing such measures;
20. Notes with appreciation the activities at the local and national levels of various information networks on racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance which collect relevant information and develop strategies, while also highlighting and disseminating good practices which could assist national bodies and institutions in the development of strategies to prevent, combat and eradicate on racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
21. Welcomes preventive initiatives to tackle discrimination in employment such as, inter alia, programmes for training and counseling of excluded persons belonging to a minority to help them in the labour market, programmes for employers to combat discrimination or to raise cultural awareness, some examples of mentoring and of positive action in recruitment, and some further experiments with contract compliance and anonymous job applications;
22. Recognizes steps taken at national level to promote human rights education in all parts of the world after the adoption in 2001 of the Durban Declaration and Programme of Action, particularly in order to sensitize the public at large and to foster respect for cultural diversity;
23. Notes with appreciation the increasing number of initiatives to promote intercultural dialogue and affirms the need to intensify engagement between all interested parties in a constructive and genuine dialogue rooted in mutual respect and understanding;
24. Welcomes the numerous awareness-raising activities involving States aimed at the fight against racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, including through financial support for the projects of civil society;
25. Notes with concern the precarious situation of human rights defenders and non-governmental organizations, including anti-racist non-governmental organizations, which undermines the struggle against racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
26. Welcomes the adoption of legislation, at the national and regional levels, to address discrimination and victimization, as defined in the DDPA, in employment and training, the provision of goods, facilities and services, education, housing and public functions;
27. Recalls the importance of a competent, independent and impartial judiciary to determine in a fair and public procedure whether allegations and facts before it constitute acts of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance according to international human rights law in order to ensure effective remedies and adequate redress for the victims;
28. Reaffirms its call upon States to implement all commitments resulting from international and regional conferences in which they participated, and to formulate national policies and action plans to prevent, combat, and eradicate racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
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SECTION 2:
Assessment of the effectiveness of the existing Durban follow-up mechanisms and other
United Nations mechanisms dealing with the issue of
racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance in order to enhance them
29. Takes note with appreciation of the efforts to prevent, combat and eradicate racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, undertaken by all mechanisms established following the request of the WCAR, namely the Intergovernmental Working Group on the effective implementation of the DDPA, the Working Group of Experts on People of African descent and the Independent Eminent Experts Group, and of the contributions they have made to implement the DDPA;
30. Welcomes the important role played by the Special Rapporteur on contemporary forms of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, and all other relevant special procedures and mechanisms in the fight against racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance and calls on States to cooperate fully with these mechanisms;
31. Acknowledges the need to enhance further the effectiveness of the mechanisms dealing with or addressing racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, with a view to achieving better synergy, coordination, coherence and complementarity in their work;
32. Reaffirms its support for the mandate of the Special Adviser of the Secretary-General on the Prevention of Genocide, who acts, inter alia, as an early warning mechanism to prevent potential situations that could result in genocide;
SECTION 3:
Promotion of the universal ratification and implementation of the
International Convention on the Elimination of All Forms of Racial Discrimination and proper consideration of the recommendations of the
Committee on the Elimination of Racial Discrimination (CERD)
33. Reaffirms that the International Convention on the Elimination of All Forms of Racial Discrimination is the principal international instrument to prevent, combat and eradicate racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
34. Affirms that full implementation of the Convention is fundamental for the fight against all forms and manifestations of racism and racial discrimination occurring today worldwide;
35. Takes note of the interpretation given by the Committee on the Elimination of Racial Discrimination to the definition of the concept of racial discrimination as contained in the Convention, so as to address multiple or aggravated forms of discrimination;
36. Welcomes the ratification of the ICERD by a number of countries since the 2001 World Conference, while regretting that the goal of universal ratification by 2005 was not achieved;
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37. Renews in this context its call to States that have not yet done so to consider ratifying or acceding to the Convention as a matter of high priority;
38. Reiterates its call to States parties to the Convention to consider making the declaration under its article 14 to enable victims to resort to the envisaged remedy, and requests States parties that made the declaration under article 14 to increase awareness of this procedure so as to fully exploit its potential;
39. Urges States parties to the Convention to withdraw reservations contrary to the object and purpose of the Convention and to consider withdrawing other reservations;
40. Expresses its concern at the delays in the submission of reports by the States parties to the CERD, which hinder the effective implementation of the Convention and hamper the Committee’s operation and monitoring function and reiterates that timely submission of reports by States parties is an obligation under article 9 of the Convention, and urges States parties to comply with their reporting obligations;
41. Encourages the States parties to include in their periodic reports information on action plans or other measures to implement the Durban Declaration and Programme of Action;
42. Acknowledges that the reporting process should encourage and facilitate, at the national level, public scrutiny of government policies and constructive engagement with relevant civil society actors, conducted in a spirit of cooperation and mutual respect, with the aim of advancing the enjoyment by all of the rights protected by the Convention, and in this context encourages States parties to engage with national human rights institutions and civil society while preparing their periodic reports and their follow-up;
43. Encourages non-governmental organizations to continue to provide the Committee with relevant information for the reporting process;
44. Notes with appreciation the early warning and urgent action procedure, as well as the follow-up procedure established by the CERD, which, applied in cooperation with States concerned, can play a conducive role for a proper implementation of the Convention;
45. Emphasizes the importance of setting up effective national monitoring and evaluation mechanisms to ensure that all appropriate steps are taken to follow up on the concluding observations and general recommendations of the Committee;
46. Emphasizes, while acknowledging the primary responsibility of States to implement their obligations under the Convention, that international cooperation and technical assistance play an important role in assisting countries with the implementation of their obligations under it and the follow-up to the recommendations of Committee, and calls on the OHCHR to provide, upon request, timely assistance to countries which have capacity and other constraints;
47. Stresses the importance of and invites States parties to ratify the amendment to its article 8, on the financing of the Convention, and requests that sufficient additional resources be allocated for that purpose from the regular budget of the United Nations, so that the Committee may discharge
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its mandate fully;
SECTION 4:
Identification and sharing of best practices achieved at the national, regional and international levels in the fight against racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance
48. Takes note with interest of examples of best practices at all levels provided by Governments, regional and international organizations and other stakeholders, including, inter alia, institutions, provisions and legislation to prevent, combat and eradicate racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
49. Recognizes that a broad sharing of best practices in all regions of the world, aimed at preventing, combating and eradicating racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, can assist Governments, Parliaments, the judiciary, social partners and civil society with the effective implementation of the provisions of the DDPA, when considered appropriate to adapt or replicate best practices, including international cooperation;
50. Recommends that examples of best practices provided for by Governments, regional and international organizations and other stakeholders be placed on the website of the OHCHR and linked to the section on the outcome of Durban Review Conference, with a view to their adaptation and replication, and recommends that the website be duly and timely updated by OHCHR;
SECTION 5:
Identification of further concrete measures and initiatives at all levels
for combating and eliminating all manifestations of
racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance,
in order to foster the implementation of the DDPA and to address challenges and impediments hereto, including in light of developments since its adoption in 2001
51. Stresses the need for a comprehensive and universal approach to preventing, combating and eradicating racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance in all its forms and manifestations in all parts of the world;
52. Emphasizes its determination and commitment to ensure the full and effective implementation of the Durban Declaration and Programme of Action, which constitute a solid foundation for the struggle against racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
53. Stresses the need for mobilizing the political will of relevant actors at all levels which is essential to eliminate racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
54. Reaffirms the positive role that the exercise of the right to freedom of opinion and expression, as well as the full respect for the freedom to seek, receive and impart information can play in combating racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, in line with relevant
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provisions of international human rights law, instruments, norms and standards;
55. Calls on States to undertake effective media campaigns to enhance the struggle against all manifestations of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, inter alia, by disseminating and giving adequate visibility to the DDPA and its follow-up mechanisms;
56. Calls on States to take effective, tangible and comprehensive measures to prevent, combat and eradicate all forms and manifestations of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
57. Calls on States to combat impunity for acts of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, to secure expeditious access to justice, and to provide fair and adequate redress for victims;
58. Stresses that the right to freedom of opinion and expression constitutes one of the essential foundations of a democratic, pluralistic society and stresses further the role these rights can play in the fight against racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance worldwide;
59. Invites Governments and their law enforcement agencies to collect reliable information on hate crimes in order to strengthen their efforts to combat racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
60. Urges States to punish violent, racist and xenophobic activities by groups that are based on neo-Nazi, neo-Fascist and other violent national ideologies;
61. Reiterates its call on developed States, the United Nations and its specialized agencies, as well as international financial institutions, to take tangible steps to honour the commitments contained in paragraphs 157, 158 and 159 of the Durban Declaration and Programme of Action;
62. Recalls that slavery and the slave trade, including the transatlantic slave trade, apartheid, colonialism and genocide must never be forgotten and in this regard welcomes actions undertaken to honour the memory of victims;
63. Notes actions of those countries that have, in the context of these past tragedies, expressed remorse, offered apologies, initiated institutionalized mechanisms such as truth and reconciliation commissions and/or restituted cultural artifacts since the adoption of the Durban Declaration and Programme of Action, and calls on those who have not yet contributed to restoring the dignity of the victims to find appropriate ways to do so;
64. Urges all States to implement General Assembly resolutions 61/19, 62/122 and 63/5 on the transatlantic slave trade;
65. Urges States to combat impunity for crimes of genocide in accordance with international law, in particular the 1948 Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide, and in this context urges States to cooperate with international criminal tribunals as stipulated in paragraph 82 of the DDPA;
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66. Recalls that the Holocaust must never be forgotten, and in this context urges all Member States to implement General Assembly resolutions 60/7 and 61/255;
67. Calls upon States to ensure that any measures taken in the fight against terrorism are implemented in full respect of all human rights, in particular the principle of non-discrimination and in this context urges all Member-States to implement relevant provisions of the General Assembly resolutions 60/288 and 62/272;
68. Expresses its concern over the rise in recent years of acts of incitement to hatred, which have targeted and severely affected racial and religious communities and persons belonging to racial and religious minorities, whether involving the use of print, audio-visual or electronic media or any other means, and emanating from a variety of sources;
69. Resolves to, as stipulated in art. 20 of the ICCPR, fully and effectively prohibit any advocacy of national, racial, or religious hatred that constitutes incitement to discrimination, hostility or violence and implement it through all necessary legislative, policy and judicial measures;
70. Urges States to bolster measures to eliminate the barriers and to broaden access to opportunities for greater and more meaningful participation by people of African and Asian descent, indigenous peoples and persons belonging to national or ethnic, religious and linguistic minorities in the political, economic, social and cultural spheres of society, and to grant special attention to the situation of women, in particular their practical incorporation into the labour market and in income and employment-generation programmes;
71. Urges States to adopt a social and human rights perspective when tackling the violence experienced by indigenous youth and youth of African descent, particularly in the peri-urban areas of major cities, and to focus on strengthening social capital, granting assistance to, and building the capacity of indigenous youth and youth of African descent;
72. Urges States to direct their special measures, including affirmative or positive measures, and strategies or actions, as well as new investments in health care, public health, education, employment, electricity, drinking water and environmental control, to communities of African descent and indigenous peoples;
73. Welcomes the adoption of the UN Declaration on the rights of indigenous peoples which has a positive impact on the protection of victims and, in this context, urges States to take all necessary measures to implement the rights of indigenous peoples in accordance with international human rights instruments without discrimination;
74. Welcomes the entry into force of the International Convention on the Protection of the Rights of All Migrant Workers and Members of their Families and urges States to step up efforts to protect the human rights of all migrants regardless of their immigration status;
75. Urges States to prevent manifestations of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance at country border entry areas, in particular vis-à-vis immigrants, refugees and asylum seekers, and in this context encourages States to formulate and implement training programmes for law enforcement, immigration and border officials, prosecutors and service providers, with a
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view to sensitizing them to racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
76. Urges States to take measures to combat the persistence of xenophobic attitudes towards and negative stereotyping of non-citizens, including by politicians, law enforcement and immigration officials and in the media, that have led to xenophobic violence, killings and the targeting of migrants, refugees and asylum-seekers;
77. Urges States to adopt a comprehensive and balanced approach to migration, including by strengthening the international dialogue on migration, by developing real partnerships between countries of origin, transit and destination, and by exploring all possible synergies between the management of migration and the promotion of development, while fully taking into account the human rights of migrants;
78. Renews the call on all States to review and, if necessary, to revise immigration policies inconsistent with international human rights obligations, with a view to eliminating all discriminatory policies and practices;
79. Urges States that have not yet done so to adopt and enforce legislation to protect migrant domestic workers, regardless of their immigration status, in particular women, and to grant migrant workers in domestic service access to transparent mechanisms for bringing complaints against employers, while stressing that such instruments should not punish migrant workers, and calls on States to promptly investigate and punish all abuses, including ill-treatment;
80. Reiterates that the national, regional and international response and policies, including financial assistance, towards refugee and internal displacement situations in different parts of the world, should not be guided by any form of discrimination prohibited by international law and urges the international community to take concrete action to meet the protection and assistance needs of refugees, and to contribute generously to projects and programmes aimed at alleviating their plight and finding durable solutions;
81. Urges States to step up their efforts to combat racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance and to protect the human rights of internally displaced persons, to use comprehensive and rights-based strategies to discharge their obligations, and to provide internally displaced persons with protection, assistance and specialized public care; and further urges States to seek lasting solutions for the internally displaced, which may include their safe return, resettlement or reintegration in dignified conditions and in accordance with their own will;
82. Affirms that the existence and the national or ethnic, cultural, religious and linguistic identity of minorities shall be protected, and that the persons belonging to these minorities should be treated equally and enjoy human rights and fundamental freedoms without discrimination of any kind;
83. Urges States to refrain from taking discriminatory measures and from enacting or maintaining legislation that would arbitrarily deprive persons of their nationality, especially if such measures and legislation render a person stateless;
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84. Recognizes with deep concern the persistence of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance against Roma/Gypsies/Sinti/Travellers, and the violence affecting these communities and urges States to take concrete measures to prevent, combat and eradicate these scourges and to provide access to just and effective remedies and special protection to the victims;
85. Notes with concern the increased instances of multiple or aggravated forms of discrimination and reiterates that such discrimination affects the enjoyment of human rights and can lead to particular targeting or vulnerability and urges States to adopt or strengthen programmes or measures to eradicate multiple or aggravated forms of discrimination, in particular by adopting or improving penal or civil legislation to address these phenomena;
86. Expresses concern at the persistence of discrimination against women and girls on the grounds of race, racial discrimination, xenophobia and related intolerance and stresses the urgent need to combat such discrimination by prioritizing the development of a systematic and consistent approach to identifying, evaluating, monitoring and eliminating such discrimination against women and girls, in accordance with the DDPA;
87. Stresses, in the context of multiple discrimination, the need to treat all forms of violence against women and violence against children as a criminal offence, punishable by law, as well as the duty to provide access to just and effective remedies, and the importance of providing specialized assistance and rehabilitation to victims, including medical and psychological assistance and effective counseling;
88. Calls upon States to review, as a matter of priority, the extent to which they have adopted and implemented policies, programmes and specific measures to incorporate a gender1 perspective in all programmes and plans of action to combat racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance and invites States to include an assessment of the effectiveness of such programmes and plans of action in reports to relevant treaty bodies;
89. Acknowledges that although all children are vulnerable to violence, some children, because of, inter alia, their gender, race, ethnic origin, physical or mental ability, or social status, are especially vulnerable, and in this context calls upon States to address the special needs of unaccompanied migrant and refugee children and to combat the sexual exploitation of children;
90. Recognizes that victims of slavery, slavery-like practices, contemporary forms of slavery, debt bondage, sexual exploitation or labour exploitation, are particularly exposed to racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, and that women and girls often suffer multiple forms of discrimination, victimization, and violence; and stresses, in this regard, that contemporary forms and manifestations of slavery need to be investigated by different stakeholders and given greater prominence and priority if these practices are to be eradicated once and for all;
91. Urges States to enact and implement legislation, and to devise, enforce, and strengthen national, regional and global action plans that integrate a human rights perspective, in particular accounting for gender and age, to combat and eliminate all forms of trafficking in persons,
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1 The footnote in the Durban Declaration and Programme of Action is also relevant for the outcome document of the Durban Review Conference.
particularly of women and children and other vulnerable groups, taking into account the practices that endanger human lives or lead to various forms of slavery and exploitation, such as debt bondage, child pornography and sexual exploitation and forced labour;
92. Urges States to strengthen bilateral, sub-regional, regional and international cooperation on trafficking in persons, especially women and children, and to facilitate the work of the Special Rapporteur on trafficking in persons, especially in women and children, and of non-governmental organizations that provide assistance to victims;
93. Urges States in which the victimization of trafficked persons occurs to ensure the protection of and assistance to the victims of trafficking with full respect for their human rights, and to actively promote the rehabilitation of the victims of trafficking by providing them with access to adequate physical and psychological care and services, including those related to HIV/AIDS, as well as shelter, legal assistance and helplines, and to facilitate their safe and dignified return to the countries of origin;
94. Notes progress in the adoption of policies and programmes to improve the prevention and treatment of HIV/AIDS, especially among populations at higher risk of exposure, and to eradicate multiple discrimination against persons living with and affected by HIV/AIDS, and recommends that States guarantee universal and effective access to all health services, including medications at affordable prices, particularly those required for the prevention, diagnosis, and treatment of HIV/AIDS, malaria, tuberculosis and other pandemics, and intensify research in vaccines as appropriate;
95. Welcomes the entry into force of the Convention on the Rights of Persons with Disabilities and its Optional Protocol, and urges States to effectively address the difficult conditions faced by persons with disabilities who are subject to multiple or aggravated forms of discrimination;
96. Urges States to consider signing and ratifying or acceding to all instruments mentioned in paragraph 78 of the Durban Declaration and Programme of Action;
97. Urges States to consider signing and ratifying or acceding to all instruments adopted after the World Conference against Racism, Racial Discrimination, Xenophobia and Related Intolerance, including
a) Convention on the Rights of Persons with Disabilities and its Optional Protocol;
b) Optional Protocol to the International Covenant on Economic, Social and Cultural Rights;
c) Convention on the Protection and Promotion of the Diversity of Cultural Expressions;
98. Urges States to combat impunity for crimes with racist or xenophobic motivations, including through adopting appropriate legislation, as well as amending, rescinding or nullifying any laws and regulations which create or perpetuate racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
99. Calls upon States, in accordance with their human rights obligations, to declare illegal and to prohibit all organizations based on ideas or theories of superiority of one race or group of persons of one colour or ethnic origin, or which attempt to justify or promote national, racial and religious hatred and discrimination in any form, and to adopt immediate and positive measures
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designed to eradicate all incitement to, or acts of, such discrimination;
100. Urges States to ensure that everyone within their jurisdiction, including victims of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance enjoys access to justice, as well as access to appropriate State institutions and mechanisms in order to seek recognition of wrong-doing and just, fair and adequate reparation or satisfaction for any damage suffered, and stresses the importance of providing specialized assistance to victims, including medical and psychological assistance, as well as necessary counseling and draws attention to the need to increase awareness of judicial recourse and other existing legal remedies and for these to be readily and easily accessible;
101. Calls on States to ensure that investigations of all acts of racism and racial discrimination, in particular those committed by law enforcement officials, are carried out in an impartial, timely and exhaustive manner, that those responsible are brought to justice in accordance with the law, and that victims receive prompt, just and adequate reparation or satisfaction for any damage;
102. Calls upon States not to resort to profiling founded on grounds of discrimination prohibited by international law, including on racial, ethnic or religious grounds and prohibit it by law;
103. Recommends that States that have not yet done so establish mechanisms to collect, compile, analyze, disseminate and publish reliable and disaggregated statistical data, and undertake all other related measures necessary to regularly assess the situation of all victims of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, in accordance with the Durban Declaration and Programme of Action;
104. Recommends States to develop a system of data collection, including equal-opportunity and non-discrimination indicators that, upholding the right to privacy and the principle of self-identification, makes it possible to assess and guide the formulation of policies and actions to eradicate racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, and to consider, where appropriate, seeking the assistance of OHCHR;
105. Urges States to establish national programmes that facilitate the access of all to basic social services without discrimination;
106. Reaffirms that the eradication of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance should aim not only at promoting equality and eliminating discrimination but also at promoting interaction, social harmony and integration, respect for tolerance and diversity among ethnic, cultural and religious communities;
107. Encourages States to develop national capacity for human rights education, training activities and public information, by involving national human rights institutions, non-governmental organizations and other relevant stakeholders in order to combat racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, in line with the Plan of Action of the World Programme for Human Rights Education;
108. Encourages all States and relevant international organizations to initiate and develop cultural and educational programmes aimed at countering racism, racial discrimination, xenophobia and
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related intolerance and enhancing mutual understanding among various cultures and civilizations;
109. Calls upon States to implement cultural rights through the promotion of intercultural and inter-religious dialogue and cooperation at all levels, especially the local and grass-roots levels;
110. Urges States to encourage political parties to work towards fair representation of national or ethnic, religious and linguistic minorities within and at all levels of their party system, to ensure that their political and legal systems reflect the multicultural diversity of their societies, and to develop more participatory democratic institutions in order to avoid the discrimination, marginalization and exclusion of specific sectors of society;
111. Urges States to improve democratic institutions, to increase participation, and to avoid marginalization, exclusion of and discrimination against specific sectors of society;
112. Encourages Parliaments to regularly address the issue of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, with a view to consolidating their legislation, including anti-discrimination legislation, and to enhance policies to fight racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
113. Encourages States to adopt strategies, programmes and policies, including, inter alia, special measures, including affirmative or positive measures, strategies or actions, to enable the victims of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance to fully realize their civil, cultural, economic, political, and social rights, including through improved access to political, judicial and administrative institutions, and to grant them greater opportunity to participate fully in all spheres of life of the societies in which they live;
114. Urges all States that have not developed and/or implemented national action plans to combat racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance to elaborate such plans and monitor their implementation in consultation with relevant stakeholders, including in particular national human rights institutions and civil society;
115. Calls on States, when implementing paragraph 90 of the DDPA, to ensure that national human rights institutions have focal points on racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, as well as the capacity to contribute to effective remedies to victims;
116. Calls on States that have not yet done so to establish and equip specialized bodies and mechanisms for the implementation of public policies to eradicate racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, and to promote racial equality with suitable financial resources, capability and capacity to survey, investigate, educate and undertake public awareness-raising activities;
117. Requests all States to protect human rights defenders, in particular those working on racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, to lift any impediments to their effective functioning which are inconsistent with international human rights standards and norms, and to allow them to work freely for the promotion and protection of human rights;
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118. Invites States to provide and, where appropriate, to increase funding for civil society organizations, inter alia those working on racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, to bolster their work against this scourge;
119. Recognizes the valuable role played by regional and sub-regional organizations, institutions and initiatives in the struggle against racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, including through their complaint mechanisms, and encourages the establishment or strengthening of regional mechanisms to examine the effectiveness of measures taken to prevent, combat and eradicate these scourges;
120. Recommends that States, regional and international organizations establish independent bodies, where they do not already exist, to receive complaints from victims of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, inter alia, regarding discrimination in housing, education, health, employment, or access hereto, as well as other human rights;
121. Commends media organizations that have elaborated voluntary ethical codes of conduct aimed at, inter alia, meeting the goals defined in paragraph 144 of the Durban Programme of Action, and encourages consultations among media professionals through relevant associations and organizations at the national, regional and international levels, with the assistance of OHCHR, with a view to exchanging views on this subject and sharing best practices, taking into account the independence of the media and international human rights standards and norms;
122. Re-emphasizes the importance of enhancing international cooperation to achieve the goals identified in the DDPA with a view to combating, preventing and eradicating racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
123. Encourages States to include in their national reports to the universal periodic review mechanism of the Human Rights Council information on measures to prevent and combat racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
124. Requests the Human Rights Council to consider the necessary measures to enhance the effectiveness of the follow up mechanisms to the DDPA and to ensure better synergy and complementarities in the work of these mechanisms. In this regard, recommends that the Human Rights Council enhance the interface among and focus of follow up mechanisms with a view to achieve greater synchronization and coordination at all levels, within their respective mandates, including through restructuring and reorganization of their work if deemed appropriate by the Human Rights Council, and to allow joint discussions and meetings;
125. Takes note that the Ad Hoc Committee on the Elaboration of International Complementary Standards convened its first session and agreed upon a road map, with a view to achieving full implementation of paragraph 199 of the Durban Programme of Action;
126. Invites the Human Rights Council, its special procedures and mechanisms, as well as relevant treaty bodies, within their respective mandates, to take fully into account the Durban Declaration and Programme of Action and the outcome of the Review Conference;
127. Request the Human Rights Council to continue promoting intercultural and interreligious
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dialogue with enhanced participation of all stakeholders, including from the grass-roots level;
128. Urges all international sporting bodies to promote, through their national, regional and international federations, a world of sports free from racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
129. Invites the Fédération Internationale de Football Association, in connection with the 2010 Football World Cup tournament to be held in South Africa, to introduce a visible theme on non-racism in football and requests the High Commissioner for Human Rights in her capacity as Secretary-General of the Durban Review Conference to bring this invitation to the attention of the Fédération and to bring the issue of racism in sport to the attention of other relevant international sporting bodies;
130. Invites the High Commissioner for Human Rights to further increase awareness of the struggle against racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, including the awareness of the relevant mechanisms and bodies, through the appropriate activities and programmes of OHCHR;
131. Reiterates its call on OHCHR to continue its efforts to increase awareness and support for the work of the Committee on the Elimination of Racial Discrimination, as part of the overall endeavor to strengthen the work of the treaty bodies;
132. Encourages OHCHR to continue to provide support to the mechanisms of the Human Rights Council to monitor the implementation of the DDPA;
133. Request the High Commissioner for Human Rights to continue fully and effectively implement the mandate given to OHCHR in the DDPA;
134. Takes note of the proposal of the OHCHR, in cooperation with regional stakeholders in all parts of the world, to organize in light of the OHCHR Expert Seminar on the links between art. 19 and 20 of the ICCPR a series of expert workshops to attain a better understanding of the legislative patterns, judicial practices and national policies in the different regions of the world with regard to the concept of incitement to hatred, in order to assess the level of implementation of the prohibition of incitement, as stipulated in article 20 of the ICCPR, without prejudice to the mandate of the Ad Hoc Committee on the Complementary Standards;
135. Encourages OHCHR to intensify its collaboration with international and regional bodies dealing with the fight against racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
136. Welcomes the proposal of the High Commissioner for Human Rights to incorporate the implementation of the Durban Declaration and Programme of Action in the human rights mainstreaming in the whole UN system and, in this regard, takes note with appreciation of the plan of the High Commissioner to make its implementation a standing agenda item in her high-level consultations with United Nations partners with due regard to her entire mandate, to be followed up at the working level by an inter-agency task force;
137. Emphasizes the need for the relevant UN bodies and specialized agencies to provide, within the
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mainstreaming of the implementation of the DDPA, technical cooperation to enhance its effective implementation, and in this context encourages States to seek assistance to establish or improve national policy frameworks, administrative structures and practical measures to give effect to the Durban Programme of Action;
138. Requests the Secretary-General to provide OHCHR with adequate necessary resources to continue to implement the Durban Declaration and Programme of Action and to implement the outcome of the Review Conference in full, including by strengthening and enhancing its anti-discrimination unit with a view to, inter alia, increasing national capacity to prevent, combat and eradicate racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance through the provision of technical assistance, upon request;
139. Encourages Member States to increase their voluntary contributions to OHCHR to enhance its capacity to ensure the effective implementation of the DDPA at the national, regional and international levels;
140. Calls on OHCHR to continue to support States, at their request, in the process of establishing and strengthening national human rights institutions in compliance with the Paris Principles, and in implementing national plans of action against racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
141. Calls on Member States to contribute to the Trust Fund for the Programme of the Decade to Combat Racism and Racial Discrimination for, inter alia, the participation of people of African descent, representatives of developing countries, especially the least developed countries, non-governmental organizations and experts, in the work of the Intergovernmental Working Group on the effective implementation of the DDPA;
142. Welcomes the important role of the United Nations Educational Scientific and Cultural Organization (UNESCO) and encourages it to pursue its work aimed at mobilizing municipal authorities and local governments against racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance, particularly through its Coalition of Cities against Racism, Discrimination, Xenophobia and Related Intolerance initiative and its integrated strategy to combat racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance;
143. Calls on the United Nations system, in particular the Department of Public Information of the Secretariat, to undertake effective media campaigns to enhance the visibility of the message of the Durban Declaration and Programme of Action and its follow-up mechanisms.
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domenica 19 aprile 2009

Conférence d’examen de Durban


Conférence d’examen de DurbanLes Etats-Unis, les Pays-Bas, l'Australie, le Canada, l'Italie et Israël. Aucun de ces pays ne participera à la conférence des Nations unies sur le racisme qui s'ouvre lundi à Genève. Pour expliquer ce boycott, les participants affirment craindre que cette réunion ne serve de tremplin à des critiques contre Israël.

L'Union européenne doit prendre une décision dimanche soir. La Grande-Bretagne a annoncé qu'elle enverrait une délégation mais pas de haut responsable. Bernard Kouchner a déclaré que la France était "encore en train de travailler" sur son éventuelle participation.

L'ONU organise la conférence "Durban II" afin d'évaluer les progrès réalisés depuis "Durban I", qui s'était tenu en 2001 en Afrique du Sud. Il s'agira surtout de surmonter l'issue catastrophique de cette première conférence sur le racisme. Israël et les Etats-Unis s'en étaient retirés parce que des pays arabes avaient tenté d'y assimiler le sionisme au racisme.

L'absence de plusieurs grands pays occidentaux à Genève est un revers pour les Nations unies. Elle risque de compromettre les efforts futurs pour traiter de questions sensibles comme les appartenances ethniques et religieuses. Des groupes juifs et israéliens se sont quant à eux réjouis du boycott, estimant qu'il permettra d'éviter une répétition de "Durban I" et de réduire l'auditoire du président iranien, Mahmoud Ahmadinejad, qui prendra la parole au cours de la conférence.
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Durban II: le Saint-Siège envoie une délégation.

A la veille de l’ouverture, à Genève, de la 2° conférence de l’ONU contre le racisme, le Pape a demandé, ce dimanche, une action ferme et concrète au niveau national et international pour prévenir et éliminer toute forme de discrimination et d’intolérance. Pour le Saint Siège, cette rencontre de Genève est une initiative importante. Aujourd’hui encore, en dépit des enseignements de l’histoire, a relevé Benoît XVI, on constate encore de déplorables phénomènes de discrimination raciale et de xénophobie. La déclaration adoptée à Durban en 2001, lors de la première conférence, reconnaît que tous les peuples et les individus forment une famille humaine riche en diversité. La promotion de la tolérance, du pluralisme et du respect peut conduire à une société plus inclusive. A partir de cette affirmation, Benoît XVI a demandé une action ferme et surtout, un vaste travail d’éducation qui exalte la dignité de la personne et en protège les droits fondamentaux. L’Eglise, de son coté, réaffirme que cet engagement passe par la reconnaissance de la dignité de l’homme créé à l’image et à la ressemblance de Dieu. Le Pape a formulé des vœux sincères pour que les délégations présentes à la Conférence de Genève travaillent ensemble dans un esprit de dialogue et d’accueil réciproque afin de franchir une étape fondamentale vers l’affirmation de la valeur universelle de la dignité de l’homme et de ses droits.

Cette conférence, dite de Durban II, se tiendra du 20 au 24 avril dans un climat de désunion. Les pays occidentaux reprochent aux pays musulmans de vouloir stigmatiser Israël et de tenter d’imposer un concept de diffamation de la religion qui remettrait en cause la liberté d’expression. La délégation vaticane sera dirigée par Mgr Silvano Tomasi, observateur permanent du Saint-Siège auprès des Nations Unies à Genève.

II Domenica di Pasqua


Humainement il n'y a plus aucun espoir après sa mort, et la Croix reste un instrument de torture dont nous n'avons pas idée. Essayons d'imaginer que Jésus serait mort pendu, guillotiné, ou d'une injection de produit mortel. Vous vous imaginez prier devant la glorieuse seringue qui lui aurait donné la mort, ou devant un nœud de pendu ?




C'est pourtant ce que nous faisons avec la Croix !




Humainement il n'y a plus aucun espoir après sa mort.




Sur la Croix, Jésus a prouvé son amour, l'amour jusqu'au bout. Nous savons comment : en demeurant obéissant à son Père, avec le but de nous sauver ainsi, malgré tout le poids du péché qui pesait sur lui.

Poids du péché par la haine de certains juifs, poids du péché par les calculs opportunistes faits sur son dos, poids du péché par la solitude, l'abandon de ses amis (c'est bien ainsi qu'il appelle ses disciples), poids du péché par la souffrance de toute la Passion. Oui Jésus nous a prouvé son amour sur la Croix.

Il a prouvé son amour. C'est pas rien...

mais il ne nous a pas prouvé qu'il avait raison ! Il a prouvé qu'il y croyait, qu'il était sincère, il ne nous a pas prouvé qu'il était vrai, qu'il était dans la vérité...




Pour enfoncer le clou : les terroristes en opération suicide aussi croient en ce qu'ils font.




C'est la Résurrection qui nous prouve qu'il est vrai, qu'il a raison, qu'il est le chemin.




C'est la Résurrection qui est le point d'appui de la foi chrétienne. « La foi des chrétiens, dit saint Augustin, est la résurrection du Christ. Il n’est pas difficile de croire que Jésus est mort ; les païens le croient également, tout le monde le croit. Mais ce qui est vraiment grand, c’est de croire qu’il est ressuscité ».

C’est sur la Résurrection du Christ que repose tout l’enseignement de l’Église (BXVI).




Sans la Résurrection, plus rien ne tient et l'Église ne serait qu'un mensonge monté en institution ! Si le Christ n’est pas ressuscité nous demeurons dans nos péchés et nous sommes les plus malheureux des hommes.




Alors que pouvons-nous dire de la Résurrection ? Un tel événement est-il croyable ?




Bien sûr vous vous attendez à ce que je dise oui, et j'espère bien, effectivement, le montrer. Mais posez-vous vraiment la question en pensant à tous ceux qui ne partagent pas notre foi : en dehors de la foi, avons-nous quelque chose à dire de la Résurrection ?




Jésus ressuscité n'est pas accessible à l'expérience sensible. Pas de n° de tél, pas de courriel, pas de site.

Sa condition est telle que les disciples d'Emmaüs ne le reconnurent pas. Les disciples eux-mêmes ne le virent pas à leur gré, mais seulement en des circonstances voulues par Jésus.




La vie de Jésus ressuscité échappe à l'histoire, mais...

mais la Résurrection a eu lieu, elle est historique.




Premier indice : le tombeau vide !

La mise au tombeau du cadavre de Jésus a été attesté officiellement puisque des scellés ont été apposés sur la pierre. Tous les contemporains savent bien que le Corps de Jésus y était enfermé. C’est pourquoi la disparition du corps de Jésus, si elle a été constatée par les apôtres et les disciples de Jésus, a pu être aussi constatée par tous. Elle jamais fait l’objet d’une contestation. Il est donc certain que le tombeau de Jésus était vide le jour de Pâques, alors que la veille le cadavre de Jésus y fut déposé.




Et l'on a jamais retrouvé le corps de Jésus.

Soyons sérieux, c'est certain que ce corps a été soigneusement cherché, le corps de celui qu'on avait guetté et piégé depuis si longtemps avec tant de soin. les autorités avaient pris leur précaution pour empêcher toute imposture. Un mensonge et de la corruption ont même été utilisées pour lutter contre la nouvelle stupéfiante, la bonne nouvelle... Les disciples auraient volé le corps, et bien sûr on aurait rien fait pour le récupérer et montrer leur supercherie ?




Si donc le corps a disparut, réellement, c'est un signe.




Deuxième indice : la foi des disciples.

Traumatisés. Souvenons-nous de l'évangile de cette nuit, la résurrection n'y éclate pas encore de joie : la peur y est omniprésente :

« Elles furent saisies de peur » - « N'ayez pas peur ! » - « Elles s'enfuirent du tombeau parce qu'elles étaient toutes tremblantes ». Ne nous imaginons pas que ça s'arrange dans ce récit dont voici les derniers mots : « Elles ne dirent rien à personne, car elles avaient peur ».




Pourtant cette foi soudaine, inexplicable et unanime des disciples, une foi d’une ténacité telle, qu’elle résiste même à l’épreuve du martyre. Lorsque Jésus fut arrêté, les disciples n’étaient dans l’attente d’aucune résurrection. Les mots que Jésus avait eu pour essayer d'en parler n'étaient même pas compris. Après sa mort, ils prirent la fuite et considérèrent que l'aventure « Jésus » était terminée.




Quelque chose s'est passé, qui a radicalement changé leur compréhension des événements et les a poussés à la fondation de l'Église.

Ce « quelque chose » est infiniment précieux.

Ce « quelque chose » est le noyau historique de la foi de Pâques.




Le plus ancien témoignage de la résurrection est de Paul qui affirme : « Je vous ai donc transmis en premier lieu ce que j’avais moi-même reçu, à savoir que le Christ est mort pour nos péchés selon les Écritures, qu’il a été mis au tombeau, qu’il est ressuscité le troisième jour selon les Écritures, qu’il est apparu à Céphas, puis aux Douze. Ensuite ... en tout dernier lieu, il m’est apparu à moi aussi, comme à l’avorton ». (1 Co 15, 3-8).

La première aux corinthiens a été écrite en 56 ou 57 après J.C. Le texte est appuyé sur un credo archaïque antérieur, que saint Paul a lui-même reçu d’autres personnes. L'ayant apprit immédiatement après sa conversion, nous pouvons les dater à environ 35 après J.C., c’est-à-dire à cinq, six ans après la mort du Christ. Un témoignage tiré d'une analyse scientifique des textes, d’une surprenante valeur historique, par conséquent.




le matin de Pâques, quelques disciples se sont rendus au sépulcre de Jésus et ont trouvé les choses comme l’avaient rapporté les femmes, qui y étaient allées avant eux, « mais lui, ils ne l’ont pas vu ».

Le tombeau vide est nécessaire à la foi, il ne suffit pas.




Il faut le témoignage !




Le témoignage de Jésus, des disciples, le nôtre.




Ce témoignage est reçu par les témoins que Dieu avait choisi d'avance...

Les disciples le reçurent de Jésus lui-même « il est apparu à plus de 500 frères à la fois — la plupart d’entre eux demeurent jusqu’à présent et quelques-uns se sont endormis — ensuite il est apparu à Jacques, puis à tous les apôtres. »

Ce témoignage, nous l'avons reçu pour beaucoup de nos familles, de nos parents. Nous sommes aussi témoins les uns pour les autres.

Mais ce témoignage, nous le recevons aussi de la liturgie. Dans la liturgie. Sacramentellement nous avons mangé et bu avec lui.

Ce témoignage, nous le recevons aussi dans et par la Parole de Dieu.




Enfin, je vous laisse relire la première lecture, comment Pierre décrit l'activité terrestre de Jésus avec des lunettes pascales... il vivait déjà de sa vie d'intimité avec le Père, avant sa mort et sa Résurrection.




Hé bien c'est pareil pour nous. Nous qui sommes des tombeaux. Nous ne sommes sûrs que d'une chose en cette vie, c'est de mourir un jour. Nous sommes des tombeaux. Et nous recevons le corps de Jésus. C'est pas ça la communion ? Jésus ressuscite en nous, ce qu'il faut, c'est juste un peu de foi : « Le corps du Christ - Amen ».




Par la foi, nous vivons déjà de cette vie de ressuscité. Alléluia !



--
Fr. Vianney

venerdì 17 aprile 2009


Intervista di P. Aldo Bergamaschi al Prof. Gustavo Bontadini
Milano, 5-4-81


Padre Bergamaschi : Prof. Bontadini, se un oscuro, ma assiduo frequentatore del peripatos avesse avuto l'opportunità di intervistare Aristotele, con una macchina da presa, che cosa, secondo Lei, avrebbe dovuto chiedergli?

Prof. Gustavo Bontadini : Certo poteva chiedergli tante cose, presentargli tutto l'elenco delle cose che non sono accettabili nei suoi scritti, perché ce ne sono, ma se fossi stato io quell'oscuro frequentatore gli avrei chiesto, immagino di trovarlo ormai vecchio e quindi solo, come sono tutti i vecchi, abbandonato. Ti sembra di essere stato veramente giusto, equo con il tuo maestro Platone? Non senti qualche rimorso di coscienza per averlo trattato come l'hai trattato? Intendo teoreticamente, vero!

D'accordo! Sicchè lei si sarebbe rivolto all'Aristotele teoretico e non certamente all'Aristotele empirico? Bene, io mi trovo nei medesimi panni, cioè io sono questo oscuro intervistatore, però un assiduo frequentatore del peripatos, diciamo milanese. Le domando anzitutto: quali sono i traguardi che lei ha programmato e quali sono invece stati esplorati con successo?

I traguardi erano immensi perché quando si è giovani non si pongono limiti alle proprie possibilità, poi quelli che invece ho realizzato sono pochissimi, anzi si sono andati riducendo sempre di più, si riducono a quelli che io e i miei amici che amiamo volentieri il discorso breve, cioè l'essenzializzazione della metafisica dell'essere, questo è un traguardo che ritengo ormai di avere sufficientemente conseguito: questa rigorizzazione del discorso metafisico.

D'accordo. Ma prima di arrivare alla discussione su questa rigorizzazione io le vorrei chiedere i risultati delle sue ricerche sullo gnoseologismo moderno, può dirci in breve in che cosa consistono queste ricerche?

Sì, la discussione del gnoseologismo moderno è stata una delle tappe che ho dovuto percorrere per arrivare a quel risultato che ho detto prima, cioè per difendere e per fondare la metafisica dovevo fare i conti col pensiero moderno che è essenzialmente antimetafisico. E allora l'analisi di struttura dei grandi autori moderni mi hanno, per dire sinteticamente in brevi parole, perché il discorso qui sarebbe lunghissimo, mi hanno messo innanzi questa situazione: la filosofia moderna è un ciclo di pensiero che fa dimenticare se stessa perché la sua conclusione toglie il suo punto di partenza. Il suo punto di partenza è quello che io chiamo e molto altri amici sono d'accoro nel chiamare il presupposto realistico, il presupposto naturalistico. L'ammissione dogmatica della dualità di essere di pensiero.
La tematica e l'indagine dei filosofi moderni si svolge soprattutto su questo presupposto traendone le conseguenze, la principale conseguenza è la concezione fenomenistica, cioè se l'essere è altro dal pensiero, ciò che noi conosciamo non è l'essere, ma il fenomeno, ciò che appare. L'ulteriore passo della filosofia moderna può essere rappresentato, parlo sempre brevemente, sinteticamente e in forma molto approssimativa, è l'idealismo, il quale trae questa ulteriore conseguenza: se noi abbiamo a che fare soltanto col fenomeno non possiamo neanche affermare l'esistenza del noumeno e quindi il pensiero si chiude in qualche maniera in se stesso.

Scusi se l'interrompo, ma se uno studente liceale le dovesse chiederle una lezione breve sull'errore di Cartesio, lei come strutturerebbe questa lezione breve?

Ecco, quello di Cartesio non è un errore, anzi è la presa di coscienza di una situazione speculativa in cui si trovava la sua epoca e questa situazione speculativa Cartesio la eredita dalla tarda scolastica, dal tardo Medio Evo, come ha messo molto bene in luce Jeusson (?) specialmente nel commento, nell'amplissimo commento che lui ha fatto "Etude de la metode" (?) di Cartesio per mostrare quanti elementi medioevali della tarda scolastica sono ancora presenti nella problematica cartesiana.
Non è un errore, anzi il suo merito è quello di avere tratto le conseguenze di questo che essendo un presupposto, in metafisica, in buona dottrina, ogni presupposto deve essere eliminato, deve essere scartato. Cartesio ha messo in rilievo quali sono le conseguenze di questo presupposto.
Ha indicato per quale via noi eravamo costretti a camminare sotto la spinta di questo presupposto, il quale poi ha portato alle varie tappe della filosofia moderna. In questo senso, Cartesio è stato veramente il padre della filosofia moderna.

Lei lo ritiene padre, ma c'è al fondo un errore o non c'è? Ad esempio lo smarrimento dell'essere?

C'è lo smarrimento dell'essere e questo è un errore, ma non è di Cartesio è del suo tempo, è di tutti.
E' un'eredità, è anche una convinzione partecipe del senso comune, che l'essere è qualcosa d'altro dal conoscere, è il cosiddetto realismo al quale la filosofia moderna ha sostituito dapprima il fenomenismo e poi addirittura l'idealismo.
Il significato speculativo dell'idealismo con cui in qualche maniera si concluse il ciclo moderno, è il semplice toglimento del presupposto naturalistico formalmente in quanto presupposto.
Abbia la cortesia di spiegarci in cosa consiste questo presupposto realistico.
E' semplicissimo. E' l'assunto che l'essere è altro dal pensiero.
Io potrei dare, dato che siamo nel secondo centenario della Critica della ragion pura che fu pubblicata nel 1781.
Se io a uno studente di liceo o anche a un contadino che incontrassi per la strada gli chiedessi qualcosa di quest'opera direi ecco: il più breve riassunto che si può fare di quest'opera, che consta di molte centinaia di pagine, è questo: dato che l'essere è altro dal pensiero, la scienza dell'essere, cioè la metafisica, non è possibile. Questo è il riassunto più sintetico della Critica della ragion pura.
Poi c'è tutta questa opera meravigliosa che è una delle opere più geniali che siano mai state scritte nella storia della filosofia, si intrecciano una quantità di motivi che riguardano la possibilità della matematica come scienza, della fisica come scienza, poi l'esame di quelli che egli riteneva fossero gli argomenti portati a sostegno della metafisica tradizionale, e allora qui naturalmente vien fatto subito derivare da parte mia, o da parte nostra, che la metafisica che Kant confutava non era assolutamente la metafisica classica, è strutturalmente diversa da quella che noi presentiamo come metafisica classica.
Le darò poi opportunità di riparlare dell'argomento, cioè dei rapporti fra Kant e metafisica. Adesso però vorrei che a conclusione di questo discorso, diciamo così sul dualismo gnoseologistico come lei lo chiama, ci risolvesse alcune perplessità dei cultori di scienze filmiche, per esempio i cultori del linguaggio filmico sembrano accettare il dualismo gnoseologistico dicono: altro è la realtà, altro la sua immagine, l'evento non si identifica con la sua rappresentazione, quindi l'immagine di questo tavolo non è il tavolo. Io le domando: filmicamente parlando siamo o non siamo sull'essere?

Io sono ignorante in sede di filmologia, però direi che, dal punto di vista metafisico, è ente cioè non nulla sia l'immagine come la realtà che il linguaggio filmico contrappone all'immagine stessa. Sono tutte e due realtà e vengono sia l'una che l'altra intenzionate dalla conoscenza. Il termine intenzionato è importante perché l'intenzionalità è proprio la figura che in qualche maniera conclude tutta la vicenda del pensiero moderno ed apre la possibilità di entrare in una nuova epoca.
Tento di fare una verifica ulteriore in questo suo discorso: Noi conosciamo direttamente il tavolo o l'immagine del tavolo?

Senz'altro il tavolo.
Conosciamo il tavolo anche pur sapendo che il discorso filmico mi presenta una immagine del tavolo.
Sì, perché il dualismo filmico è un dualismo che è interno al non dualismo della conoscenza umana. E' un dualismo interno, cioè da interno del globo della conoscenza umana, si elevano questi due ordini: l'ordine filmico e l'ordine di quella realtà che viene contrapposta a quello filmico.
Vediamo se riesco ad identificare il senso di questo discorso.
La realtà quindi trascende la rappresentazione empirica ma non trascende il pensiero. Dunque comunque il pensiero sarebbe sulla realtà.
Certamente, in ogni caso non si trascende il pensiero e questa è la verità.
Abbia la cortesia di spiegare il significato di questa frase.
L'intrascendibilità del pensiero è la formula un po' banalizzata dell'idealismo: fuori dal pensiero non si salta. Perché se io dico che c'è una realtà che trascende il pensiero, perciò stesso l'ho già pensata e quindi ricondotta dentro al pensiero. Ma anche stando nella semplice orbita dell'unità dell'esperienza o se vogliamo dire dell'esperienza della percezione.

Scusi se l'interrompo professore: Questa unità dell'esperienza è un'espressione che lei ha introdotto...
50 anni fa.
Adesso, direi che ha l'onere di spiegarla per chi la udisse per la prima volta.
L'unità dell'esperienza è la totalità delle cose che sono presenti e che vengono affermate in base al loro esser presenti.

Per esempio?

Tutto ciò che io constato, tutto ciò di cui posso dire consta, tutti quei giudizi che possono essere giustificati e fondati con questa formula: perché consta.
Ad esempio: questo tavolo è di colore amaranto, perché mi consta che sia di colore amaranto, perché è sperimentalmente dato ed empiricamente dato che è tale, in questo momento è giorno perché constato che in questo momento è giorno, perché consta.
Quindi ciò che conta sarebbe l'unità dell'esperienza.
L'unità dell'esperienza è l'unità dei dati, dei dati come tali.
Quindi successivamente noi che cosa verremmo a scoprire, che il dato è là e io sono.
No, io sono un dato, l'unità dell'esperienza include l'io, che anche l'io come (?) nella forma dell'autocoscienza è dato, l'io è un dato. E' un dato che l'esperienza è polare cioè che ha la polarità del soggetto e dell'oggetto.
Io che ho presente questo tavolo, questo tavolo che è presente a me.
Quindi ci sarebbe la compresenza nell'attualità.
Qui naturalmente il discorso sulla struttura dell'unità dell'esperienza può proseguire per almeno 4-5 lezioni dell'Università.
Vediamo di esemplificarlo (?) in rapporto sempre anche al discorso cartesiano.
Dall'unità dell'esperienza è presente che le cose sono presenti a me, questo è un rilievo fondamentale in ordine alla determinazione della struttura dell'unità dell'esperienza.
L'unità dell'esperienza è la totalità delle cose presenti, ma c'è una caratteristica di queste cose presenti; anzitutto è quello di essere presenti poi determinatamente di essere presenti a, in questo caso all'io, a me, a un soggetto.
Le faccio una domanda che implica un riferimento storico: a suo parere S. Tommaso era immerso, chiamiamolo nell'errore gnoseologistico, cioè nel dualismo gnoseologistico, oppure aveva guadagnato questa unità dell'esperienza come punto di partenza?

Eh! Che avesse guadagnato questa unità dell'esperienza come punto di partenza forse no, perché io non avrei avuto niente da fare se l'avesse già guadagnato lui, però se S. Tommaso fosse o non fosse libero dal presupposto gnoseologistico, questo è un argomento di esegesi storica molto interessante.
S. Tommaso era un aristotelico e un grande commentatore di Aristotele, ora Aristotele era certamente immune dal presupposto dualistico, perché è un suo teorema fondamentale che il conoscente in atto e il conosciuto in atto si identificano e questo è già l'eliminazione del presupposto dualistico.
Aristotele poi aggiunge che il conoscente in potenza ed il conosciuto in potenza si distinguono, ma di questo essere distinti in potenza egli dà una fondazione, in quanto da una fondazione riscatta il presupposto come presupposto. La fondazione (?) è metafisica.
Probabilmente ci siamo avvicinati all'area della verità totale, ma io sto pensando a un ipotetico liceista.
Forse se lei mi farà altre domande che riguardino questi problemi fondamentali potremo dare una risposta esauriente anche per il liceista di primo anno.

Torniamo brevemente al discorso dell'inganno dei sensi.l'errore dei sensi.
Il senso non inganna, dice S. Tommaso.
Quando io vedo il legno spezzato nell'acqua, in che cosa consisterebbe l'errore?
L'errore consisterebbe nel ritenere che se io andassi a toccare il legno lo troverei spezzato mentre invece non lo trovo spezzato.
Questo è un giudizio. Invece (?) la vista non mi inganna perché è empiricamente dato che il legno si presenta come spezzato. E' un giudizio ulteriore.
Quando io vedo per esempio una torre - anche questo è un esempio famoso - una torre in lontananza che mi sembra circolare mentre è quadrata, allora c'è un'illusione.
L'illusione in che cosa consiste? La torre appare circolare e nella misura in cui appare essa è tale, nella misura in cui appare essa è tale.
Così se usciamo anche da questo paragone della torre e pensiamo al sogno. Io sogno che accadono certe cose; nella misura in cui quelle cose sono sognate sono reali; quindi non c'è nessun inganno.
L'inganno consisterebbe nel giudizio il quale volesse riferire ad una realtà che è ulteriore al sogno, quella che si rivela nel sogno.
Credo che questi esempi siano abbastanza chiari. Dalla gnoseologia passiamo alla metafisica. Anzitutto, ritorniamo al discorso lasciato sospeso su Kant, le domando: è veramente impossibile la metafisica dopo Kant, oppure lei ritiene che sia invece possibile?

Dopo 50 anni di meditazione ritengo che sia possibile perché (?) la metafisica si costruisce.
Quando io ero studente c'era lo slogan del dopo Kant, certe cose dopo Kant non si possono più sostenere e quindi dopo Kant non si poteva più sostenere che fosse possibile la metafisica.
Ma un'attenta considerazione di quella metafisica che Kant criticava, ci rende subito edotti che la struttura di questa metafisica ha poco a che vedere con la struttura di quella che noi chiamiamo la metafisica classica e che è quella che noi intendiamo difendere e sostenere.
La metafisica classica è fuori dalla portata della critica kantiana e naturalmente il discorso per mostrare questo dovrebbe essere abbastanza complesso ma è un discorso che oramai in qualche maniera abbiamo messo al sicuro; ritengo di averlo messo al sicuro.
In che cosa consisterebbe l'errore kantiano, come mai Kant è arrivato a dire che non è possibile la metafisica?

Anche qui potrei dire di Kant quello stesso che ho detto di Cartesio. Non si tratta di un errore suo, è
un errore un po' del genere umano e un po' dei suoi tempi.
Ho proposto prima un brevissimo riassunto della Critica della Ragion Pura ed allora lì si vede quello che è il limite del kantismo ammesso che l'essere sia originariamente altro dal conoscere, non è possibile una scienza dell'essere, quindi il presupposto è dualistico, perché tutta l'analisi di struttura (?) del pensiero kantiano, e specialmente della Critica della Ragion Pura, mette in luce come questo presupposto diventa in lui cespite di teoremi, dei teoremi di cui consta la Critica della Ragion Pura.
La Critica della Ragion Pura non sarebbe intelligibile all'infuori della sua prospettazione dentro questo presupposto dualistico. La dualità di fenomeno e di noumeno.
Quindi il vero errore sarebbe...?

Il vero errore questo che però non è da attribuire a Kant, è da attribuire al tempo; era già di Cartesio, era già della filosofia moderna.
Oh, un kantiamo potrebbe venire qui e difendermi Kant, per esempio potrebbe difenderlo con questa considerazione: che Kant intende di rispettare il presupposto dualistico, cioè intenderebbe di mostrarci che la dualità dell'essere e del conoscere non è semplicemente e dogmaticamente presupposta, ma è fondata.
In quale maniera? In questa maniera è fondata: se non si ammette questa dualità noi cadiamo in antinomie; in contraddizioni.
Kant riscatterebbe il presupposto naturalistico, dualistico, mostrando che se non lo si ammette, il pensiero umano cadrebbe in antinomie.
Queste antinomie sono sviluppate nella dialettica Trascendentale, cioè la parte della Ragion Pura che è destinata esplicitamente alla critica della metafisica, specialmente a quel settore che tratta della cosmologia, lì abbiamo le antinomie cosmologiche, se non si ammette la dualità dei fenomeni del noumeno si cade in queste antinomie.
Allora per sostenere la mia tesi che la speculazione kantiana è condizionata dal presupposto, dovrei far vedere che anche l'istituzione di queste antinomie dipendono dalla presupposizione naturalistica, ma qui il discorso sarebbe lungo.
Lei ha accentrato la sua attenzione sul divenire, credo che buona parte della sua vita sia dedicata a questa ricerca, potrei fare questo paragone, così come un chimico accentra la sua attenzione sul petrolio fino a ricavarne la lana, lei avrebbe ricavato il principio di creazione dall'analisi del divenire, potrebbe spiegare come?

Questo è tutto. Questo è il famoso discorso breve metafisico. Non ancora famoso, ma certamente diventerà famoso.
Abbia la cortesia di sintetizzare.
Il divenire si presenta come una realtà contraddittoria.In che cosa consiste la contraddittorietà del divenire? Ho detto si presenta come realtà contraddittoria però devo subito avvertire che io so già in partenza che il divenire non è contraddittorio perché è reale. Siccome il reale non è contraddittorio e il divenire è reale il divenire non può essere contraddittorio, però si presenta contraddittorio. Allora devo uscire da questa empasse, cercando di integrare la visione del reale in guisa tale che il divenire non risulti contraddittorio.
Potrebbe spiegare che cosa vuol dire contraddittorio?

E' una domanda necessaria, io sorvolavo, volavo verso la conclusione. La contraddittorietà del divenire consiste in ciò che nel divenire è presente ad ogni istante ad ogni battuta sua il non essere di un certo essere.
Questo divenire di cui lei parla potrebbe esemplificarlo?

Sì, divenire significa movimento, significa alterazione. Aristotele ci portava avanti quattro forme di divenire, divenire sostanziale, ____
Prendiamo quello più semplice.
Il divenire locale, lo spostamento di questa matita, l'essere qui di questa matita viene meno, cioè l'essere qui di questa matita che non è un nulla (l'esser qui non è un nulla), vien meno, cioè và nel nulla. Cioè c'è il momento in cui qualche cosa è nulla.
Qualche non nulla è nulla, un positivo è negativo, un essere è non essere, questa è la contraddittorietà del divenire. Cioè bisogna por mente che la contraddittorietà del divenire non consiste nel fatto che prima Socrate è vivo e poi è morto, che prima la matita è qui e poi non è più qui, perché allora il tempo dirime la contraddizione, non è nello stesso tempo che Socrate è vivo e che Socrate è morto. Perciò Aristotele diceva che è impossibile che una cosa possa essere e non essere nello stesso tempo, ma può essere e non essere in tempi diversi e allora sotto questo modo di riguardarlo il divenire non risulta contraddittorio, perché il divenire mi presenta l'essere di un qualche cosa in un momento e il suo non essere in qualche altro momento.
Ma la verità è che se io dico che c'è il non essere di questa cosa in un altro momento riconosco che in quel momento l'essere, un certo essere, una certa (?) non è. L'essere è non essere questa è la contraddittorietà del divenire.
Perfetto. Adesso io le chiedo di esemplificare; questi concetti lei li riempia con un opportuno esempio.
L'esempio può essere quello della matita che ho in mano e che si muove.
Vediamo, vediamo di applicare le formule di cui lei ha parlato al dato (?)
Come dicevo la matita è in questa posizione, si muove, l'esser lì è venuto meno, l'esser dove era e dove io ricordo che era, perché la percezione del divenire implica quello che Husserl chiama la ritensione, che noi potremmo chiamare con Agostino semplicemente la memoria, implica la memoria, perché la mia esperienza, non è puntuale, non è che io semplicemente veda questo positivo, quest'altro positivoquest'altro, come sosteneva la mia contraddittrice Rivetti-Barbò, che l'esperienza mi dà sempre un positivo. Mi da sempre un positivo, ma insieme mi dà anche un negativo, infatti bastava analizzare il suo discorso e veniva fuori una frase come questa: quando non c'è A, c'è B per dire che c'è sempre un positivo; allora quando c'è B non c'è A, ha detto tutto, mi ha detto un quando non c'è A, cioè quando un certo essere è non essere.

Questa frase bisogna ripeterla solennemente: quando l'essere non è catastrofico!
Abbia la cortesia di continuare nell'esempio. Concluda il discorso.

Il discorso costruttivo?

Il discorso costruttivo, esatto.

Questo divenire presenta questa contraddizione, la contraddizione è qualche cosa che deve essere rimosso perché la realtà non può essere contraddittoria.
E' uno scandalo del pensiero.
Qui interviene il cosiddetto èlenkòs, cioè la difesa del principio di Contraddizione, difendiamo confutativamente (vuol dire confutando l'avversario) il negatore del principio di contraddizione, fondiamo (?) affermiamo che la realtà non può essere contraddittoria. Il divenire non può essere contraddittorio, ma si presenta contraddittorio quindi noi dobbiamo, siamo spinti, ad (?) diceva Aristotele, a cercare di integrare la rappresentazione del reale, in guisa tale che il divenire non risulti più contraddittorio.
Questa integrazione del reale, della visione del reale è la metafisica ed è precisamente quello che io chiamo il teorema di creazione.
Questo è tutto, questo è anche il punto più arduo, un po' difficile perché . esigerebbe per renderlo accessibile, di stare insieme parecchie ore.
Quando la realtà diveniente è vista come creata allora si fa manifesta la sua non contraddittorietà.
Per quale motivo?
Abbiamo detto che la contraddittorietà del divenire è costituita da quel non essere dell'essere.
Nella visione creazionistica, qui interviene un nuovo fattore che è l'atto creatore il quale è identico alla sostanza divina, questo atto è un positivo e in quanto atto creatore continua in sé tanta perfezione quanto è quella che nel divenire va annullata e perciò l'atto creatore colma, usiamo questa metafora, ma il linguaggio umano è sempre metaforico e comunque le metafore servono appunto per farci intendere, questa positività dell'atto creativo colma quel vuoto di essere che c'è nel divenire, lo sana per così dire.
Traduce, quindi il negativo in positivo, cioè quello che sullo specchio dell'esperienza è l'annullarsi e quindi andare nelle identità col nulla di una certa quantità di realtà, nel quadro metafisico, invece, è l'annullare come atto positivo, come atto di potenza annullante e cioè è un positivo. Quello che nel quadro empirico è un negativo nel quadro metafisico è un positivo. La negatività che costituisce il motivo della contraddizione è tolta, è soppressa, è colmata o come altrimenti si voglia dire per metafora.
Mentre lei stava parlando, mi è venuto il dubbio che lei utilizzasse il principio di creazione senza averlo sufficientemente fondato; probabilmente non ho udito bene il passaggio, per togliere la contraddizione dobbiamo ipotizzare.
Dobbiamo affermare, non ipotizzare.
E l'affermazione di che genere è?
E' incontrovertibile.
Quindi non apparterrebbe all'antropos.
Appartiene al logos. L'antropos può parteciparne o non parteciparne, infatti dei miei simili vede che solo l'1% condivide questo mio discorso, il 99% non lo capisce e questo è il 98% e poi c'è l'1% che dopo averlo capito dice: non lo condivido.
L'essere pensante non può non ipotizzare.
Nella misura in cui è pensante, ma siccome l'uomo in larga misura è non pensante.
Può anche decidere di non pensare.
Evidentemente qui sto tirando troppo l'acqua al mio mulino, sto pretendendo troppo.
Qui allora si potrebbe fare un discorso su quelle che sono le obiezioni, le riserve che comunemente sono in circolazione contro la metafisica. La prima è quella del disinteresse, è un discorso che non interessa, quindi nessuno ci presta attenzione; il secondo è dell'insignificanza, i termini metafisici, cominciando da quello stesso di essere dicevano i vecchi positivisti, cioè i vecchi nuovi positivisti i vecchi neopositivisti i neopositivisti di qualche generazione fa, sono insignificanti e allora qui il metafisico risponde istituendo la semantizzazione del termine, cioè l'istituzione del significato, però il significato è un po' come i colori e i suoni che ci sono per coloro che li percepiscono, se uno non li percepisce, se uno è daltonico io non gli posso spiegare cos'è quel colore che lui non vede, e così è il significato.
Allora non vi sarebbe nemmeno colpevolezza se uno è daltonico.
Certamente, qui nessuno viene colpevolizzato.
Quindi ci sarebbe una differenziazione antropologica.
Anche qui, anche in altri campi, compaiono le cosiddette differenze antropologiche.
Si possono dare tanti altri chiarimenti di questa potenza del teorema di creazione. Voci non identificate.
Il teorema di creazione è difficile, perché se fosse facile non si spiegherebbe come quasi nessuno lo capisce. Eh! Eh! Dicendo che il divenire è contraddittorio ho già detto Parmenide.
Rovighi: Implicitamente però (?)
Esplicitamente, sì certo, ma come si fa? Abbiamo già perso mezz'ora!
Rovighi: E' tua, diciamo, la fondazione della neoclassica e quindi dovresti dedurre il principio della creazione proprio dal principio di Parmenide.
Quando dico che il divenire è contraddittorio dico Parmenide, perché l'essere non può non essere.
Prof. Bontadini, potrebbe illustrarci brevemente il teorema di creazione, quello che lei chiama il teorema di creazione?
Sì, mi pare di avere già sufficientemente illustrato. Il teorema di creazione è quello che, sulla base del principio di Parmenide, il quale dice che l'essere non può non essere, toglie la contraddittorietà che inerisce al divenire che empiricamente, fenomenologicamte inerisce al divenire. Contraddittorietà che come ho detto, consiste nel presentarsi al non essere dell'essere. La concezione creazionistica sopprime queste contraddittorietà perché quel non essere dell'essere, quel vuoto di essere viene colmato dalla positività dell'atto creativo che contiene in sé almeno tanto di realtà quanto di realtà viene meno nel divenire. Chiaro poi che l'atto creativo essendo identico alla sostanza divina è infinita, è la non initudo realitatis, è l'ipsum est substistens è la perfectios nomnenon ma noi qui la consideriamo soltanto per quel tanto che è sufficiente a colmare il vuoto di essere che si trova nel negativo. Quel negativo che è nel divenire.
Lei è in grado di esprimere questo pensiero con una formula?
La formula serve solo ad aiutare la immaginazione è chiaro che qui incipit nomerare incipit errare, quindi non è attraverso questi strumenti che si arriva, la contrarietà è data, dicevamo non dal fatto che Socrate prima è vivo, poi è morto, questo gesso prima è qui poi non è qui, è data dal fatto che non è una certa posizione, che la vita di Socrate non è un positivo, non c'è che possiamo esprimerlo con il (-n) ; questa situazione di (-n) è la contraddizione perché il (-n) è il non essere di un certo essere. Già il concetto di non essere, già quindi nel logos (?) semantico perciò in questo significato di non essere, troviamo la carica esplosiva della contraddizione perché non essere significa negativo - positivo, già il concetto di non essere è un concetto sbalorditivo, cioè pazzesco, scandaloso positivo-negativo. Quando interviene la creazione cioè quella positività dell'atto creativo che noi commisuriamo
Quando interviene?
Quanto noi pensiamo il divenire come creato, quindi facciamo nel nostro pensiero intervenire la creazione, allora vediamo che [(-n) +(n)] = 0 dove 0 (zero), come nelle cinque formule famose di Einstein che terminano tutte con = 0, esprime la razionalizzazione della situazione. La razionalizzazione dello status rerum.
Quindi sarebbe la espunzione della contraddizione.
La situazione 0 (zero) non è (-n), (-n) è stato cancellato dall'intervento del (+n) che dà luogo a zero. Questo è uno dei tanti modi con cui si può rendere chiara, si può aiutare alla comprensione dell'argomento. Ma è chiaro che non è questa la via regia per arrivare in porto.
Ecco la successiva domanda. Nella realtà, diciamo così, nel divenire perché è questa la qualifica che lei dà della realtà, vi sono cose che il filosofo vede e che il volgo non vede?
Sì, per esempio il volgo probabilmente non ha mai posto mente a questa contraddittorietà del divenire. Questa contraddittorietà del divenire noi l'abbiamo colta dietro soprattutto l'insegnamento di Parmenide e poi i filosofi che sono venuti dietro a Parmenide si sono arrovellati su questo tema.
Quindi sarebbe nascosto dentro la realtà così come, poniamo, la legge dell'isocronismo del pendolo è nascosta nel pendolo.
Sì, indubbiamente. Si tratta di porre attenzione, richiamare l'attenzione. Questo richiamo di attenzione non esige, nell'interlocutore, nell'ascoltatore, una grande cultura, non esige una grande preparazione specifica, esige soltanto l'uso dell'intelletto, perché è una cosa elementare, veramente originaria.
Le faccio una successiva domanda. In che cosa si distingue la sua ricerca da quella di S. Tommaso, se vuole che specifichi. Specifico meglio il mio pensiero: San Tommaso accede al teorema di creazione attraverso la causalità, lei come giudica questa causalità, se ha trovato una via più breve, una via regia, una via incontrovertibile?
Se lei dice con fondamento che San Tommaso e i tomisti dietro lui ed il pensiero medioevale anche prima di San Tommaso accedono alla creazione, quindi al creatore attraverso la via della causalità, io dirò allora che vi accede non attraverso la via della causalità però in base alla stessa logica per cui si fonda il principio di causalità. Vediamo di chiarire questo concetto.
Io non arrivo a Dio come al chiodo cui è attaccata la catena dei vari anelli delle cose che succedono, le cosiddette cause seconde, ciò che adesso è stato causato da qualche cosa che precedeva, poi questo da quest'altro, all'origine stabilita, l'ultimo anello poi si attacca ad un chiodo che sarebbe Dio, qui non ci sono chiodi, però la causalità viene introdotta per una ragione ontologica, per esempio, facciamo un esempio, si possono fare tanti esempi, se io metto in un cassetto un biglietto da 100.000 lire, Kant avrebbe detto 100 talleri, io ho la convinzione che se vado a riaprire il cassetto lo ritrovo. Se non lo ritrovo non ammetto che sia venuto meno per sé stesso: o lo ha rubato un ladro o l'ha mangiato un topo o l'ha corroso un acido, qualche cosa deve essere intervenuto per spiegare, per dare ragione di questo venir meno. Perché il puro empirista potrebbe dire: non c'è più, basta.
Hume che critica il principio di causalità. Hume, non come uomo, ma come professore si ferma davanti a questo. Poi accanto alla critica dell'esperienza in base alla quale diceva che noi abbiamo un fondamento empirico del principio di causalità, del rapporto di causalità, e in questo aveva perfettamente ragione, perché il fondamento è ontologico, Hume però diceva che la natura umana è convinta che la causalità c'e e che se il biglietto non c'e più è che qualcuno l'ha portato via.
Quindi per l'empirista sarebbe andato nel nulla?
Per l'empirista sarebbe andato nel nulla e non se ne parla più, non c'è più, basta. Invece noi diciamo che se non c'è più c'è stata qualcosa, che chiamiamo una causa, che l'ha soppresso: è il ladro che l'ha rubato, il topo che l'ha mangiato e così via.
Ora perché noi diciamo questo? Perché non ammettiamo che l'essere, qualunque essere, possa andare nel nulla per sé stesso. Se viene annullato ci deve essere un qualche cosa di positivo che l'annulla, questa logica che fonda il principio di causalità, è la fondazione ontologica del principio di causalità, è la stessa che porta all'affermazione della causa per eccellenza che è il creatore. E' lo stesso.
Allora in questo caso lei riscatterebbe il principio di contraddittorietà come formulato, poniamo, da San Tommaso, oppure, se ho capito bene, lei farebbe questo tipo di ingrazione, innesterebbe la sua ricerca.
Sì, sì.
Potrebbe dirci in breve in che cosa si distingue la sua ricerca?
La mia ricerca pretenderebbe di essere, si parla si licet parva componete magnis, perché S.Tommaso era un colosso, nella rigorizzazione, poniamo, della prima via di S.Tommaso che si fonda sul divenire. Prima manifester (?) viae, (?) è dal movimento, quindi dal divenire, ma in che cosa mi distinguo? Nel senso che non sono soddisfatto della giustificazione della fondazione della dimostrazione che S.Tommaso dà del principio omne cum movetur(?). Questo principio omne (?) può essere tradotto così: tutto ciò che è mosso è mosso da altri. Allora se tradotto così la cosa è pacifica perché l'essere mosso implica già che ci sia qualcuno che lo muove ma bisognerebbe dimostrare quest'altro principio: tutto ciò che diviene è mosso, allora se tutto ciò che diviene è mosso, allora siccome tutto ciò che è mosso è mosso da altri, ciò che diviene è mosso da altri, infatti i tomisti traducono l'espressione tomistica omne (?): ciò che diviene è mosso da altri, ma se tradotto così, nel testo di S.Tommaso noi non lo troviamo dimostrato, e qui bisognerebbe fare l'analisi del testo che ci richiederebbe dieci minuti o più, nel testo di S. Tommaso si trova provato che ciò che è mosso, è mosso da altri, ma non si trova provato che ciò che diviene è mosso.
Questa lacuna verrebbe colmata dall'intervento del principio di Parmenide, perché il contributo del prof. Bontadini è minimo, è infinitesimale, è solo una piccola e ultima pedatina data per mandare in sé questo discorso metafisico.
La ringrazio di questo. Adesso le faccio una domanda sulla distinzione tra metafisica e filosofia, nel dare la definizione dell'una e dell'altra lei distingue
Certo, questa distinzione si è posta soprattutto nei nostri tempi quando assistiamo ad una filosofia che si annuncia senza metafisica.
Oggi siamo in clima di antimetafisica, quindi la metafisica contemporanea è pluribus (?) senza metafisica, il che vuol dire che si distingue la filosofia dalla metafisica.
Allora questi semantémi sono andati un po' autenticandosi lungo la storia del linguaggio, lungo la storia del pensiero e quindi lungo la storia del linguaggio. Per ciò che riguarda la metafisica noi manteniamo ancora ferma la definizione aristotelica che è la considerazione dell'essere in quanto tale, quindi è l'epistéme, la scienza dell'essere come essere, questa è la metafisica.
Vediamo di visualizzare che cosa vorrebbe dire qui essere, la scienza dell'essere in quanto tale.
Questo presuppone la semantizzazione del termine essere, l'essere come equivalente è la realtà, è la considerazione dell'intero, considerazione dell'essere in quanto essere suppone una semantizzazione particolare dell'essere.
La semantizzazione particolare dell'essere che noi diamo nel contesto di quel discorso che noi un momento fa abbiamo brevemente richiamato, è questo: che l'essere è il positivo, in contrapposto al negativo.

Ma io mi sto mettendo nei panni o della vecchietta o dello studente liceale. Quando lei parla di essere, che cosa intende con questa parola? Per esempio, questo bicchiere è un essere?

Sì, ma cosa vuol dire che questo bicchiere è un essere? Perché i positivisti mi dicono: se io analizzo questo bicchiere trovo un colore, una forma, un peso, un sapore e così via.. dopo di che quando ho messo da parte tutte queste determinazioni non c'è più niente di Hume, che corrisponda alla determinazione essere.

Secondo il nostro discorso, che cosa corrisponde alla determinazione essere?

Corrisponde questo significato, che questo bicchiere non è stato distrutto e cioè il significato dell'essere come positivo si istituisce in contrapposizione al negativo che compare nel divenire.
Siccome la realtà diviene ecco che allora il divenire è il cespite semantico dei termini essere e non essere, perché il divenire consta di essere e di non essere. Il divenire è il grande cespite semantico.
Quindi questo essere sarebbe ciò che resta indipendentemente dalle caratteristiche empiriche.

No, no, è il suo contrapporsi al negativo.

Spieghi un momento.

Cioè l'emergere dal significato essere si ha nell'esperienza del negativo, così come l'emergere del significato presenza, io dico che questo oggetto è presente, ma cosa significa presenza? Questo oggetto è bianco ecc. e poi cosa significa che è presente?
Significa che non è assente, il significato di presenza emerge allorché questa scompare. Allora la contrapposizione dei due status, quello che chiamo di presenza e quello che chiamo di assenza, fa emergere i due significati. Cioè sono significati che emergono per contrapposizione, così essere emerge in contrapposizione al non, al negativo

E la metafisica sarebbe la scienza di questo essere?

La scienza di questo essere, intendendo però che diversamente da quello che diceva il grande Parmenide, l'essere non è, perché Parmenide ci diceva che l'essere è e il non essere non è,viceversa l'essere è e quindi la realtà contiene anche il non essere, che è la cosa scandalosa, quello scandalo che noi dobbiamo togliere. Questa è la scienza, l'epistème.
La filosofia invece è, come oggi risulta attraverso la gestazione di questa semantema nel pensiero soprattutto più recente, è la scelta che l'uomo fa di se stesso, del significato della propria vita, della finalità del suo agire, è quella che San Tommaso chiamerebbe con una frase stupenda la deliberatio de se ipso (?) che ogni uomo deve fare quando giunge ad una certa età che è praticamente l'età pubere intorno ai 16-17-18 anni, lì l'uomo è chiamato a deliberare de se ipso, a decidere che cosa vuole essere, questa è la sua filosofia.
Oggi il termine filosofia si usa parecchio anche nel linguaggio giornalistico, si parla, per esempio, della filosofia di una azienda, cioè che cosa si propone di essere questa azienda, se vuole proporsi dei fallimenti più o meno dolosi, se vuole invece proporsi un certo lucro e così via.
Allora questa è la filosofia. La filosofia è la scelta che l'uomo fa di sé stesso e l'interpretazione che l'uomo da di se stesso in base alla sua stessa volontà di essere.

Successiva pennellata al discorso. Allora le filosofie sarebbero molteplici?

Sì, ogni uomo è una filosofia.

Invece la metafisica è unica.

La metafisica vorrebbe essere unica, vuole essere unica, si presenta come unica. E' unica di diritto.
Allora sarebbe improprio parlare di una molteplicità di metafisiche?
No, storicamente c'è una molteplicità di metafisiche, di fatto c'è. Si tratta di vedere qual è il grado di validità che ciascuna di esse ha.
Per esempio la metafisica di Spinoza è una metafisica imponente, meravigliosa.
Per quale motivo noi non accettiamo la metafisica di Spinoza? Per un motivo che, al limite, è semplicissimo, perché Spinoza, come panteista, è costretto a far inerire a Dio il negativo, il che è assurdo. E' costretto a far inerire l'assoluto il negativo mentre il negativo può inerire solo al creato, quindi la metafisica deve essere necessariamente creazionistica.

Allora in questo caso, nella sua visione, queste metafisiche sarebbero delle filosofie?

No, sarebbero delle metafisiche, sono delle proposte teoretiche; poi noi sappiamo che nell'etica di Spinoza c'è anche una sua filosofia che è proprio l'etica, che è la quinta parte, dove parla della libertà umana.

Una successiva domanda. Qualcuno ha contrapposto la rivoluzione alla metafisica, le sembra corretto?

Qui il discorso sarebbe molto complesso, chiama in causa soprattutto il marxismo, perché secondo il marxismo il criterio della verità è la rivoluzione. E' la rivoluzione quella che ci deve prospettare la realtà.
La metafisica essendo qualcosa di teoreticistico mentre secondo il marxismo la verità si dovrà palesare quando l'uomo avrà smesso di mettersi soltanto a contemplare la realtà, ma si sarà messo a trasformarla in maniera da farne uscire l'autentica sua essenza, la metafisica presentandosi una visione definitiva e teoretica, teoretistica anzi, della realtà sarebbe fuori della verità.
Ma la verità è questa, che la metafisica non è affatto qualcosa che si opponga, che limiti l'iniziativa umana, non è affatto una verità assoluta che pretende di avere concluso tutto e messo a posto tutto in maniera che non ci sia altro che da assumere un atteggiamento contemplativo, anzi, la metafisica , proprio perché prospetta il rapporto tra la creatura e il creatore e ci dice che la creatura è destinata a ritornare al creatore, secondo lo schema neoplatonico che poi viene mutato anche nel cristianesimo dell' (?), cioè della processione della realtà da Dio e del ritorno della realtà a Dio, la metafisica sollecita questo ritorno a Dio e quindi sollecita a quella razionalizzazione della nostra realtà naturale e sociale che corrisponde all'ideale di ritornare al regno di Dio ed alla sua giustizia, di accedere al regno di Dio ed alla sua giustizia, quindi di introdurre quella giustizia sociale che era anche nella mente di Marx e del marxismo.

Adesso le faccio una domanda piuttosto delicata. Il discorso scientifico è falsificabile. Credo che sia un'asserzione di Popper

Certo, è ormai ricevuta da tutti

E quello metafisico è falsificabile?

No. Il discorso metafisico non è falsificabile per struttura perché è incontrovertibile. Mentre il sapere scientifico non è incontrovertibile come ha riconosciuto l'epistemiologia contemporanea, Popper compreso, ma è ipotetico - deduttivo e quindi l'ipotesi può essere confermata da 100 esperimenti favorevoli all'ipotesi, che rinvergano con l'ipotesi, ma può essere distrutto da un solo esperimento che è contrario all'ipotesi.
Nel caso della metafisica questo non è possibile perché la metafisica non attende nessuna conferma dall'esperienza.
La metafisica non è che si costituisca in sede pura, prendendo il termine puro nel significato kantiano di ciò che è assolutamente indipendente ed estraneo all'esperienza, la metafisica, come l'abbiamo presentata noi, è mediazione dell'esperienza, è metafisica dell'esperienza, cioè è interpretazione, alla luce dell'esigenza dell'essere, della struttura, dell'esperienza che è sostanzialmente divenienza.
Questo discorso approda all'incontrovertibile e quindi non può essere falsificato.
(intervista interrotta per motivi tecnici)
C'era un oratore greco che ad un certo momento si è sentito applaudire freneticamente, allora si rivolge al vicino e gli dice: " Ho detto forse qualche bestialità?"
Ho visto che hanno avuto un convegno a Saint Vincent su Kant...
Sì, anzi, bisognerebbe che facciamo anche noi qualcosa su Kant, c'è il secondo centenario della Critica. Io ho detto a Bausolo (?) di fare qualcosa. Bausolo va addirittura a Messina a fare una conferenza su Kant, perché là commemorano Kant; ma dobbiamo fare qualche cosa anche noi.
Aall'Isituto di Studi filosofici. E sì, lì a Saint Vincent hanno parlato poco della Critica alla Ragion Pura ed hanno parlato di più della ragion pratica, del giudizio ecc., perché ho visto qualche relazione giornalistica, e quando parlavano della Critica alla Ragion Pura parlavano soprattutto dell'estetica e dell'analitica, cioè della possibilità della matematica come scienza e della fisica come scienza, e nessuno parlava della critica della metafisica, che invece è proprio quella, la davano per scontato. Dopo Kant non si parla più di metafisica.
No, un momento, negli gli scritti (?) Principiorum primiorum conditiones metaphisicae dove Kant è ad un passo dalla metafisica classica e dopo non la prende più in considerazione, la lascia cadere, non ne parla più, e nel '62 scrive l'unico argomento possibile (?) e di questo della Critica alla Ragion Pura non ne parla più. Gli argomenti sono: l'argomento ontologico; l'argomento (?) e l'argomento (?). L'unico argomento di cui ha parlato nel '62 non compare più e quello di cui aveva parlato nella principiorum primorum nova diocidiatio (?) che diceva quidquid contingentere existit non potest carere ratione antecedente e determinante e ne dà una prova che è proprio classica, è proprio parmenidea, non ne parla più, stranissimo.
Qui bisognerebbe andare a rovistare coi filologi kantiani, nell'epistolario, come mai è successo questo, qui ci vuole uno Zanatta.
La scienza non è che neghi la metafisica, è un'altra cosa. Però intendiamoci, la Critica della Ragion Pura anche quantitativamente dedica un quinto alla matematica ed alla fisica e gli altri quattro quinti alla critica della metafisica.
La dialettica trascendentale è enormemente più lunga delle altre, anche quantitativamente. E poi Critica della Ragion Pura vuol dire critica della metafisica.
Lei appunto diceva: questo discorso approda all'incontrovertibile, stavamo parlando della metafisica.
In quanto la metafisica presume di approdare ad una conclusione incontrovertibile e infalsificabile per struttura; mentre il discorso scientifico per la sua struttura ipotetico - deduttiva è strutturalmente confutabile, falsificabile, ed ha significato solo in quanto parla di cose che siano falsificabili.
Lei dice che il discorso metafisico è dimostrativo ma non persuasivo e poi credo che spieghi: l'antropos sporgerebbe oltre il logos, quindi l'antropos potrebbe anche affermare l'irrazionalità del reale, per esempio.
Sì. Può anche affermare l'irrazionalità del reale. Può anche semplicemente dire che non è persuaso della mia razionalizzazione del reale ed aspettarne magari un'altra.
Comunque io vedo che gli antropoi che io incontro, nove su dieci, non arrivano ad essere pienamente persuasi a condividere il mio discorso. Uno su dieci lo condivide; il secondo dice: è dimostrativo ma non mi persuade; poi altri dicono che non solo non è persuasivo ma neanche dimostrativo, poi, naturalmente c'è il decimo che dice: non capisco niente .
Lei quale atteggiamento assume di fronte a queste reazioni?
Io cerco di spiegarmi più che sia possibile, chiedo l'aiuto dei miei scolari, dei miei amici, del prof. Zanatta, per esempio, dellaprof.ssa Carilli che non condivide assolutamente questo discorso, e soprattutto di Padre Bergamaschi, chiedo aiuto, cioè di esporre con altri termini, con altre esemplificazioni, con certe metafore.
La metafora deve venire in soccorso.
Jacopson, che è il più grande linguista dei nostri tempi, dice che tutto il linguaggio umano è metaforico, quindi anche se usiamo la metafora qui, non è male, non inquina il discorso, ma io sono poco poeta quindi trovo poco l'aiuto della metafora. Aspetto l'aiuto di amici poeti, anche poeti che rincalzino il mio discorso.
Circa i rapporti col personalismo sarebbe la persona in funzione della ragione o viceversa, perché i personalisti privilegiano, credo, la persona per accedere all'essere, per accedere a Dio; lei invece dice che si può accedere a Dio sia partendo dal filo d'erba che dalla persona.
Certamente. Qui io ho uno slogan che è quello dell'escludenza dell'escludenza.
Abbiamo discusso, noi neoclassici, noi metafisici più o meno tomisti, più o meno ultratomisti, abbiamo discusso a lungo specialmente in sede di convegni di Gallarate, del centro di filosofia di Gallarate, abbiamo discusso a lungo, tomisti o metafisici coi personalisti che chiamavamo anche fideisti e la conclusione del discorso è stata questa: che avevamo più ragione noi di loro, perché noi non eravamo escludenti delle loro tesi. Noi ammettevamo ed ammettiamo che si possa giungere a Dio per tante altre vie che non siano quelle della metafisica, però voi, dicevamo, non dovete escludere la positività del discorso metafisico.
Sotto allo strano atteggiamento dei fideisti, di difendere tutte le motivazioni della loro fede, ma nello stesso tempo di combattere la pretesa metafisica di dimostrare l'esistenza di Dio, di dimostrare la creazione, c'era un presupposto, c'era un atteggiamento tipicamente Kantiano. Anche qui Kant era vivo sotto gli stessi spiritualisti cristiani, la formula kantiana che sta sulla soglia della Critica alla Ragion Pura quando Kant dice: Ho dovuto togliere di mezzo la scienza per far posto alla fede perché secondo Kant la metafisica, lungi dal portare a Dio, anzi, corrompeva l'immagine di Dio ed il motivo generale o di fondo per cui Kant riteneva che la metafisica corrompesse l'immagine di Dio era questo: che il sapere umano è sempre condizionato dalla sensibilità e che quindi se noi pretendiamo di rappresentarci col pensiero il divino, lo corrompiamo riconducendolo a delle dimensioni sensibili che non possono competere la divinità come tale.
Questo è lo schema dell'esigenza Kantiana. Schema a cui la nostra tradizione filosofica aveva già risposto, soprattutto con la dottrina dell'analogia che S.Tommaso ha sviluppato in modo superbo.
Adesso le chiedo un giudizio sull'idealismo.
E perché? L'idealismo è morto, lasciamo che i morti seppelliscano i loro morti.
Lei lo considera definitivamente morto?
Avevo detto che la filosofia moderna è un ciclo di pensiero che si conclude togliendo se stessa e facendosi dimenticare. La conclusione della filosofia moderna è precisamente l'idealismo.
Oggi infatti l'idealismo non è più neanche preso in considerazione; per lo più viene considerato come una filosofia evasiva, come una filosofia astrattamente teoreticistica, lontana dai problemi reali, dai problemi concreti.
Altro è snobbarlo o deriderlo ed altro è ricavarne la lezione.
Si capisce. La lezione è stata ricavata. Il torto della filosofia contemporanea è di non tener conto di quel positivo che c'era nell'idealismo, precisamente in quanto conclusione della filosofia del conoscere, cioè della filosofia moderna.
L'idealismo era la conclusione, il significato elementare dell'idealismo, detto in poche parole perché qui non ne possiamo dirne molte, era l'eliminazione del presupposto naturalistico in quanto presupposto.
Quel famoso presupposto che ha condizionato tutto lo svolgimento del pensiero moderno.
Prof. Bontadini, il Dio che lei ammette essere all'origine di tutte le cose e che scopre al termine della sua ricerca razionale, le sembra che sia quello di cui parla la teologia positiva o rivelata?
Indubbiamente. E' lo stesso, solo che la teologia positiva mi rivela di Dio degli elementi, degli aspetti, mi rivela di Dio qualche cosa che la metafisica non mi dice.
A quella stessa maniera che io conosco una persona per i suoi dati anagrafici ma non conosco tante altre sue qualità, tanti altri avvenimenti della sua vita. Questi altri avvenimenti della sua vita possono essermi rivelati da una maggiore conoscenza di queste persone.
La rivelazione mi dice intorno a Dio cose che la metafisica non mi dice, però me lo dice di quello stesso Dio, perché?
Perché per esempio la rivelazione cristiana ci dice che Cristo è uomo e Dio, e questa proposizione non avrebbe significato se io non sapessi che cosa vuol dire Dio. E questo me lo dice la ragione.
Questo è presupposto al messaggio cristiano. Se il messaggio cristiano mi dice che Cristo è Dio, questo messaggio deve essere rivolto ad un uomo che comprende che cosa vuol dire Dio. E la metafisica aiuta a questa comprensione di che cosa voglia dire Dio.
Non che la metafisica si sostituisca al messaggio cristiano, la metafisica congruisce col messaggio cristiano.
I due messaggi sono circuminsesSì, si intrecciano, si potenziano a vicenda, perché la vera rivelazione, la vera manifestazione di Dio noi l'abbiamo in Cristo, ma quello che la metafisica dice razionalmente non è contrario, non è divergente da ciò che è contenuto nel Vangelo.
Il simbolo della Chiesa cattolica come terzo attributo di Dio ci dice: Dio Padre, questo l'ha rivelato Cristo, onnipotente e creatore, vero? Questo è il terzo aggettivo.

Lei il terzo teorema di creazione l'ha scoperto...

Razionalmente. E questo è anche nello stesso tempo contenuto di fede. Non è assurdo che la medesima cosa possa essere creduta e dimostrata.

La fede va colta filosoficamente per essere vera fede allora?
Sì, ma è sempre colta filosoficamente, prendendo filosofia nel senso che abbiamo detto, perché ogni uomo è una filosofia e ogni uomo riceve la fede dentro il suo essere e di qui il suo essere filosofo.

Quindi la fede della vecchietta e la fede di S.Bonaventura sarebbero sulla medesima linea.

Sono e non sono sulla medesima linea. Gioberti diceva che ogni cattolico ha il suo cattolicesimo. Quando gli dissero: ma guarda che il Papa non è di questo parere, egli rispose: per l'appunto.
La verità si trova paradigmaticamente nella visione leibinitziana (?) della monadologia.
Ogni monade è assolutamente distinta dalle altre, cioè non ci sono due monadi uguali e ogni monade è centro di rappresentazione dell'universo.
Ogni uomo rappresenta l'universo a suo modo e ogni cattolico riceve il cattolicesimo a suo modo. Questo non significa che non vuol togliere ai molteplici cattolici la caratteristica di essere cattolico e dire ce n'è uno solo che è il vero cattolico, sono tutti cattolici, ma tutti cattolici a modo suo.
Mi sono espresso in modo un po' involuto, un po' contorto ma questo, voglio dire, non è contrario alla verità cattolica che ognuno di noi vive, anzi, deve vivere, perché nel Cristus totus ognuno di noi rappresenta l'apporto di un piccolo contributo che è suo e non è di altri. Ognuno di noi è chiamato dalla Provvidenza a dare quello specifico contributo che deve essere mio e non del mio amico. Il mio amico deve dare il suo.

Io però sto pensando a quello che diceva prima sulla metafisica, quella resta una.
Certo, la metafisica resta una, ma poi questa metafisica ricevuta dal singolo pensante entra in rapporto col contesto coscienziale e sapienziale e culturale di questo individuo e quindi assume delle risonanze esistenziali diverse.
Se la sua ricerca fosse sfociata nella negazione di Dio ed anche del teorema di creazione, naturalmente, lei l'avrebbe accettata (questa ricerca) pur essendo credente?

Avrei accettato questa conclusione? Questo scopo?
Se io fossi arrivato razionalmente a dimostrare che Dio non esiste avrei indubbiamente accettato questa conclusione, perché non posso ammettere una visione irrazionale, contraddittoria della realtà.
L'ipotesi che lei mi ha prospettato significa questo: se io fossi arrivato a dimostrare che è contraddittorio affermare l'esistenza di Dio? C'è qualcuno che pretende di essere arrivato a questo.
L'ateismo è la concezione della realtà che non accede all'affermazione di Dio. L'antiteismo è quello che pretende di arrivare alla dimostrazione della non esistenza di Dio.
Se così mi fosse accaduto io avrei accettato la conclusione, ma io so che questa ipotesi non si verifica precisamente perché sono incontrovertibilmente persuaso del contrario.
E' più importante la sua fedeltà alla sua vocazione di filosofo o la fedeltà ai gruppi cui lei appartiene, per esempio: l'essere cattolico; decano dell'Università Cattolica; parrocchiano della tal parrocchia; membro della società filosofica e così via
Ora qui bisogna vedere cosa significa il termine importante.
Perché la fedeltà alla filosofia è una fedeltà a cui nessuno può venire meno perché nessuno può non essere filosofo e quindi la fedeltà alla filosofia significa fedeltà a se stesso e non possiamo non essere fedeli a noi stessi perché non possiamo smettere la nostra identità.
Nell'orbita di questa fedeltà a me stesso, che è la fedeltà alla filosofia, allora posso poi valutare la fedeltà ai vari gruppi a cui io aderisco, cioè alla Chiesa cattolica, alla nazione italiana, alla città di Milano, alla Società filosofica, e allora qui c'è una gerarchia.
Naturalmente quella che più è importante è l'adesione alla Chiesa cattolica perché lì ne va della salvezza.

Se una istituzione sentisse in lei il suo filosofo, lei sarebbe soddisfatto?

Sì, sarei soddisfattissimo, perché io sono "smisuratamente ambizioso".
Quindi vorrei avere come miei seguaci tutti gli uomini, tutta l'umanità, o meglio la parte migliore, la pars potior, la parte peggiore invece contro di me.

E se qualcuno le chiedesse una summa per avere un quadro teoretico di sostegno alla propria ideologia, lei la scriverebbe questa summa?

No, io scriverei un breviario, non una summa.

Più o meno come sarebbe concepito?

Il discorso breve cui abbiamo cercato di accennare in questa seduta, un 50 - 60 pagine, dove sarebbe un po' più sviluppato però la prospettiva storica, la gestazione storica, la genesi storica di questo discorso breve, di questa metafisica, a partire dai greci, a partire soprattutto da Parmenide e vedendo come gradualmente, pedentetim (?) avrebbe detto S.Tommaso, passo passo si sia arrivati a questo esito.

Prof. Bontadini, ognuno di noi ha un maestro che riconosce come tale, se fosse trovato, per ipotesi, un documento inedito in cui Aristotele ripudiasse proprio quei punti per i quali lei lo ha riconosciuto come maestro, quale sarebbe la sua reazione?

Ma, mi sembra che Lei mi ha fatto due domande o due osservazioni; la prima diceva che ognuno di noi ha un maestro
Sì, ognuno di noi riconosce un maestro
Aristotele è maestro di coloro che sanno e quindi è anche mio maestro, nell'ipotesi che io sappia.
Però se fosse scoperto un documento inedito in cui Aristotele ritratta proprio quei punti che per lei erano fondanti
E direi: "povero Aristotele", ma metterei in dubbio l'autenticità del documento.
Ah, metterebbe in dubbio la ...
Intendiamoci, nella fase della vecchiaia, quando si dice che l'uomo rimbambisce, uno può anche ritrattare le cose migliori che uno ha detto da giovane o da maturo. Quindi non è da escludere che Aristotele ad un certo momento si dimenticasse delle verità che aveva scoperto.
Quindi le verità che lei ha acquisito da Aristotele sono indipendenti da lui
Sì, lei mi continua a citare Aristotele, ma io più che Aristoteleo sono parmenideo.
Le ho citato Aristotele perché è più noto.
I miei grandi autori sono Parmenide in primo luogo, poi Platone in secondo luogo, poi venendo avanti S.Agostino, poi venendo giù anche S.Tommaso, si capisce, anche Leibniz che ha dato grandi contributi a questo, e poi lo stesso Gioberti, il nostro Gioberti, va tenuto in considerazione più di quanto non abbia fatto la Chiesa cattolica in questo ultimo secolo.
La Chiesa cattolica ha sottratto alla condanna alcuni testi di Rosmini ma secondo me dovrebbe sottrarre anche alcuni testi di Gioberti, non tutto Gioberti forse, forse il gesuita moderno non potrebbe essere sottratto alla condanna, ma la protologia potrebbe essere sottratta; lì veniva accusato di ontologismo ma non è ontologismo, nel senso che portava al panteismo.

Senta, ancora due domande.

Due sole?

Si. Horkaimer (?) mi pare che abbia detto nella nostalgia del totalmente altro: certamente possiamo riconoscere la nostra finitezza senza nulla sapere dell'infinito. Questa asserzione è d'accordo con la sua analisi del divenire?
No. Perché noi comprendiamo razionalmente la nostra finitezza solo in rapporto alla affermazione dell'infinito, cioè del creatore.
Se un'arca di Noè dovesse ancora salvare una sola delle sue opere, quale lei imbarcherebbe?

Questa che ho qui, sono 20 pagine, è intitolata Per una teoria del fondamento.
Potrebbe riassumerla in poche battute?

Sono 53 pagine, ma si potrebbero ridurre anche a 20. L'ho già riassunta oggi come oggi. Domani spero di scrivere, di far in tempo ancora a scrivere 20 pagine migliori.
Pensando ai suoi scritti, avrebbe alcune retractationes da fare?
Sostanzialmente no. Ci sono dentro vari spropositi, ma anche quegli spropositi stavano bene al loro posto.

Prof. Bontadini, la ringrazio.

Ringrazio lei.