mercoledì 30 aprile 2008

Papa Pio V Papa

Associazione Amici di Santa Croce

via Roma, 1 - 15100 Bosco Marengo - AL

e-mail : info@amici-di-santacroce-di-boscomarengo.it

“ Arte in S. Croce” è il titolo della mostra di pittura organizzata dall’Associazione “ Amici di Santa Croce” di Bosco Marengo che avrà luogo dal 1 al 4 maggio 2008 presso i locali del convento di Santa Croce.

L’iniziativa prevede l’esposizione di opere realizzate da oltre un’ottantina di pittori tutti provenienti dalla provincia di Alessandria. Si va dall’arte paesaggistica a quella astratta, con una serie di lavori che raffigurano il territorio e la cultura delle nostre zone.

La mostra, che ha ottenuto anche il Patrocinio del Comune di Bosco Marengo e rientra fra le iniziative organizzate per festeggiare il Santo Patrono, ovvero San Pio V, è stata voluta proprio dall’Associazione per dare un’opportunità ai pittori alessandrini di poter presentare i propri lavori e contemporaneamente far conoscere ai visitatori l’arte “ made in Alessandria”.

L’inaugurazione avverrà giovedì 1° maggio alle ore 16 alla presenza delle autorità locali. Alla cerimonia inaugurale sono stati inoltre invitati a partecipare gli Assessori alla Cultura del Comune e della Provincia di Alessandria.

L’ingresso all’esposizione è gratuito e gli orari di apertura sono dalle ore 15 alle ore 19.

Agli organi di Informazione con preghiera di pubblicazione e diffusione

Il presente comunicato è inoltre valido come invito alla cerimonia inaugurale

L’Associazione Amici di Santa Croce

Il presidente

Giuseppe Girardengo

Festa del Vesakh


Messaggio del cardinale Tauran per la festa del Vesakh: cristiani e buddisti uniti per “un mondo pulito, sicuro ed armonioso”




Tradizionale messaggio di auguri del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso alla comunità buddista, in occasione della Festa del Vesakh. “Grati amministratori della Terra”, in questo spirito cristiani e buddisti devono prendersi cura del pianeta. E’ l’invito del cardinale Jean-Louis Tauran rivolto ai “cari amici buddisti”, che nella festa del Vesakh, la loro più importante ricorrenza, commemorano la nascita, l’illuminazione e la morte di Buddha, che la tradizione religiosa vuole sia avvenuta con l’entrata nel Nirvana durante la luna piena di maggio. Con gioia il porporato ricorda “le positive relazioni di cui godono, da molti anni, cattolici e buddisti”, fiducioso che si possa “rafforzare ed approfondire” la “reciproca comprensione” “per costruire un mondo migliore” “per l’intera famiglia umana”. L’esperienza insegna - sottolinea il presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso - che il dialogo permette “di avvicinarsi sempre più coraggiosamente agli altri”, per “affrontare le sfide e le difficoltà che possono sorgere”. Tra queste sfide, è certamente la tutela dell’ambiente, “l’ambiente che Dio creatore ci ha dato perché lo abitassimo con creatività e responsabilità” per il “bene di tutti”, come sottolineava Benedetto XVI nella Giornata mondiale della pace 2008, Anno che le Nazioni Unite hanno proclamato del “Pianeta Terra”.

Riferisce nel suo Messaggio il cardinale Tauran che “molti Governi, ONG, compagnie multi-nazionali, ed istituti di ricerca superiore”, “riconoscendo le implicazioni etiche” dello sviluppo economico e sociale, stanno "investendo risorse finanziarie e condividendo conoscenze” su biodiversità, cambiamenti climatici, conservazione dell’ambiente. E così, “anche i leaders religiosi stanno offrendo al dibattito pubblico il loro contributo”, per evitare che “gli sforzi” intrapresi non siano “compromessi dalla cupidigia del singolo o intralciati dagli interessi di particolari gruppi”. Pure, “non possiamo noi cristiani e buddisti, a livello pratico, fare di più?”, si chiede il porporato, citando “il riciclaggio, il risparmio energetico, la prevenzione della distruzione indiscriminata di piante e animali e la protezione delle vie d’acqua”. Infine, il Messaggio si conclude col richiamo “ad essere insieme essere portatori di speranza per un mondo pulito, sicuro ed armonioso”.















martedì 29 aprile 2008

S. Caterina da Siena

III - Al preposto di Casole, e a Giacomo di Manzi, di detto luogo

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi padri e fratelli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi seguitare l'agnello svenato per noi in su 'l legno della santissima croce. Il quale fu nostra pace e nostro tramezzatore: perocchè intrò in mezzo tra Dio e l'uomo, e della grande guerra fece la grandissima pace; e non ragguardò alle nostre iniquitadi; ma ragguardando alla inestimabile bontà sua. Voi dunque membri, e schiavi ricomprati di così prezioso e glorioso sangue, dovete seguitare le vestigie sue. Bene vedete che la prima dolce Verità s'è fatta regola e via. Cosi dice egli: ego sum via, veritas et vita.


Egli è quella via, che è di tanta dolcezza e di tanto lume, che colui che la sèguita non cade in tenebre. E noi ignoranti, miseri miserabili, sempre ci partiamo dalla via della luce e andiamo per la via delle tenebre, dove è morte perpetua. Onde, carissimi padri e fratelli, io non voglio che facciamo più cosi; ma voglio che seguitiate la via dell'Agnello svenato con tanto fuoco d'amore come abbiamo detto, che egli si fece tramezzatore a fare pace tra Dio e l'uomo. E però questa è dunque la via che io voglio che seguitiate; cioè tra la parte sensitiva e la ragione, cacciando l'odio per l'odio, e l'amore per l'amore. Cioè che abbiate odio e dispiacimento del peccato mortale, e dell'offesa fatta al nostro creatore, e odiate la parte sensitiva, legge perversa che sempre vuole ribellare a Dio; e odio e dispiacimento dell'odio che avete col prossimo vostro. Perocchè l'odio del prossimo non è altro che di offesa di Dio; onde più dobbiamo odiare che noi non odiamo (perchè se ne offende la propria Verità); chè non abbiamo odiare i nemici nostri che ci fanno ingiuria, e debbono avere quest'odio verso di me; però che colui che sta in odio mortale, odia più sè che il suo nemico. Onde voi sapete che tanto è maggiore l'odio, quanto è maggiore la cosa che è offesa, e però rnaggiore odio ha colui che è offeso nella persona, che colui ch'è offeso in parole o in avere: perocchè veruna cosa è che sia tanto tenuta cara, quanto la vita. E però l'uomo s'arreca a maggiore ingiuria l'essere offeso nella persona, e concepe più odio. Or pensate dunque voi, che non è comparazione dall'offesa ch'è ad alcuno per la creatura a quella che si fa esso medesimo. Che comparazione si fa dalla cosa finita alla infinita? non veruna. Onde se io sono offeso nel corpo, e io sto in odio per l'offesa che m'è fatta: sèguita che io offendo l'anima mia, e accidola tollendole la vita della Grazia, e dandole la morte eternale, se la morte gli mena nel tempo dell'odio; che non è sicuro. Adunque io debbo avere maggiore odio di me che uccido l'anima, che è infinita (perocchè non finisce mai quanto che ad essere; perocchè benchè finisca a Grazia, non finisce ad essere), che verso di colui, che vi uccide il corpo, che è cosa finita, perocchè o per uno modo o per un altro ha a finire; però ch'ell'è cosa corruttibile e che non dura lo verdura sua; ma tanto si conserva e vale, quanto il tesoro dell'anima v'è dentro. Or che è egli a vedere quando n'è fuora la pietra preziosa? è uno sacco pieno di sterco, cibo di morte, e cibo di vermini. Adunque io non voglio che per questa ingiuria che è fatta contra a questo corpo finito, e è tanto vile, che voi offendiate Dio e l'anima vostra, che è infinita, stando in odio e in rancore. Avete dunque materia di concepire maggiore odio verso di voi che in verso di loro: e a questo modo caccerete l'odio con l'odio: perocchè con l'odio di voi caccerete l'odio del prossimo: gitterete un colpo, e satisfarete a Dio e al prossimo: perchè levando l'odio dell'anima vostra, voi farete pace con Dio, e farete pace col prossimo.

Adunque vedete, fratelli carissimi, che a questo modo voi seguirete l'Agnello che v'è via e regola; la quale tenendo, vi conduce a porto di salute. Questo Agnello fu quello mezzo che in su la croce satisfece alla ingiuria del Padre, e a noi dette la vita della Grazia; e della grande guerra si fece grandissima pace, solo per questo mezzo. Levasi questo dolce Agnello con odio della colpa commessa per l'uomo; e della ingiuria ch'è fatta al Padre per l'offesa fatta; e piglia questa offesa e fanne vendetta sopra sè medesimo, il quale non contrasse mai veleno di peccato. Tutto questo ha fatto l'odio e l'amore. Amore di virtù, e odio del peccato mortale. Or dirò: a questa regola dovete tenere voi. Voi sapete che per li molti peccati mortali siamo in odio e in dispiacere di Dio; fatta è la guerra con lui. Ma è vero che, poichè questo Agnello ci diede il sangue, noi possiamo fare questa pace: onde se ogni dì cadessimo in guerra, ogni dì possiamo fare la pace; ma con modo; chè senza modo non si farebbe mai. Questo è il modo a partecipare il sangue di Cristo crocifisso; di levarsi con odio e con amore, e ponersi per obbietto l'obbrobrio, le pene e vituperio, e i flagelli e la morte di Cristo crocifisso; pensando che noi siamo coloro che l'abbiamo morto, e ogni dì l'uccidiamo, peccando mortalmente. Perocchè non è morto per le sue colpe, ma per le nostre. Allora l'anima concepirà questo perfettissimo odio verso la colpa sua, come detto abbiamo; il quale odio spegnerà il veleno del peccato mortale. E non vorrà fare vendetta del prossimo; anzi l'amerà come sè medesimo, e cercherà pure in che modo egli possa punire le colpe sue. E la ingiuria che gli è fatta dalla creatura, non la piglierà in quanto fatta da creatura; ma penserà che il Creatore permetta quella ingiuria o per li peccati presenti, o per li peccati suoi passati; onde non se la recherà ad ingiuria, ma pareragli, come egli è, che Dio gli l'abbia permesso per grande misericordia, volendo piuttosto punire li suoi difetti in questo tempo finito, che servargli a punire nel tempo infinito, dove è pena senza veruna verecundia.

Or questo è dunque il modo: e pensate che non c'è altra via; ma ogni altra via ci conduce a morte, eccetto che questa. In questa via di Cristo dolce Gesù non ci può stare morte (ma tolleci la morte), non fame (perocchè ci ha perfetta sazietà); perocchè egli c'è Dio e uomo. Egli è via sicura; che non teme de' nemici, e non teme dimonia nè uomini: ma quelli che vanno per essa sono fermi e dicono col dolce innamorato di Paolo: se Dio è per noi, chi sarà contra noi? E voi sapete bene che se voi non sete contra a voi medesimi stando nelle miserie de' peccati mortali, che Dio non sarà mai contra voi; ma sempre vi torrà in sè con misericordia e con benignità. Per l'amore dunque di Cristo crocifisso, non ischifate più la via, nè fuggite la regola che n'è data per lo vostro capo Cristo crocefisso, dolce e buono Gesù; ma levatevi su virilmente e non aspettate il tempo, però che il tempo non aspetta voi. Perocchè noi siamo pur mortali; dobbiamo morire, non sappiamo quando. é vero che senza la guida non potreste andare: e però la guida è questa: odio e amore, siccome dicemmo. Perocchè con l'odio e con l'amore Cristo satisfece e punì le nostre iniquitadi sopra di sè. Orsù dunque, virilmente! E non dormite più nel letto della morte; ma cacciate l'odio con l'odio e l'amore con l'amore. Perocchè con l'amore di Dio, il quale sete tenuti e obbligati d'amare per dovere e per comandamento; e con amore della salute dell'anima vostra (la quale sta in stato di dannazione, stando in odio col prossimo suo); con esso amore, dico che caccerete l'amore sensitivo, il quale dà sempre pena e morte e tribulazione a colui che 'l seguita, e in questa vita gusta l'arra dello inferno. Or non è questa una grande ciechità e oscurità a vedere, che, potendo in questa vita gustare vita eterna, cominciando l'abitazione in questa vita, conversando per affetto e amore con Dio, egli si voglia fare degno dello inferno, cominciando per odio e per rancore la conversazione con le dimonia? Non è creatura che potesse imaginare quanta è questa stoltizia di questi cotali. Non si potrebbe fare vendetta. E non pare che vogliano aspettare il sommo giudice che lor dà la sentenzia nella compagnia delle dimonia, perocchè essi medesimi se la dànno: e prima che essi abbiano separata l'anima dal corpo, la pigliano in questa vita, mentre che sono viandanti e peregrini, vedendosi correre come il vento verso il termine della morte, e non se ne curano: onde come pazzi e frenetici fanno. Oimè, oimè, aprite l'occhio del cognoscimento e non aspettate la forza e la potenzia del sommo giudice. Chè altro è il giudice umano e altro è il giudice divino. Dinanzi a lui non si può appellare, nè avere avvocati nè procuratori; perocchè il giudice vero ha fatto suo avvocato la coscienzia che sè medesima in quella estremità condanna, giudica sè essere degna della morte. Or giudichianci in questa vita, per l'amore di Cristo crocifisso. Giudicando noi peccatori, e confessando d'avere offeso Dio, dimandiamo misericordia a lui, ed egli ce la farà, non volendo noi giudicare nè fare vendetta del prossimo nostro. Perocchè, quella misericordia che io voglio per me, mi conviene donare ad altrui. Facendo così, gusterete Dio in verità, permarrete nella via sicura, e sarete veri tramezzatori tra voi e Dio; e nell'ultimo riceverete l'eterna visione di Dio. E però considerando me e avendo compassione all'anime vostre, non volendo che stiate più in tante tenebre, mi son mossa a invitarvi a queste dolci e gloriose nozze. Perocchè non sete creati nè fatti per altro fine. E perchè mi pare che la via della verità sia chiusa in voi, per l'odio che avete, e quella della bugia e del dimonio padre delle bugie sia molto larga e aperta in voi; voglio che al tutto esciate di questa via tenebrosa, facendo pace con Dio e col prossimo vostro, e riduciatevi nella via che vi dà vita. E di questo vi prego dalla parte di Cristo crocifisso, che non mi deneghiate questa grazia. Non vi voglio gravare di parole. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

sabato 26 aprile 2008

mercoledì 23 aprile 2008

Giornata della Terra e Giornata Meic 2008


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Si celebra il 22 aprile la Giornata mondiale della Terra, giunta alla 38.ma edizione ed incentrata quest'anno sul tema “Proteggi i nostri bambini e il nostro futuro”. Quest’anno, sono oltre 12 mila gli organizzatori mobilitatisi per promuovere, in 174 Paesi, eventi e manifestazioni sui temi della tutela dell’ambiente. Ogni persona può diventare protagonista assumendo un atteggiamento consapevole e riconoscendo l’importanza del proprio ruolo per la difesa del pianeta. Il 22 aprile 1970 rispondendo ad un appello lanciato dal senatore statunitense Gaylord Nelson, oltre 20 milioni di cittadini americani si mobilitarono partecipando ad una serie di manifestazioni in difesa dell’ambiente. Da allora, è diventato un evento internazionale per promuovere la sostenibilità delle politiche di sviluppo. Ecco alcuni dati sulla salute della Terra: nel 2007, sono state rilasciate nell’atmosfera 8 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. A preoccupare, sono ora soprattutto lo scioglimento di grandi ghiacciai e le sue conseguenze, tra tutti l’innalzamento del livello dei mari. La coltivazione di biocombustibili, molto diffusa, toglie terra al grano e al riso compromettendo le risorse alimentari. Secondo la FAO, il 60 per cento dei servizi forniti all’uomo attraverso acqua, cibo e pesca sono degradati o utilizzati in modo insostenibile. La risposta a questo progressivo deterioramento passa anche attraverso un più consapevole e responsabile comportamento individuale. Utilizzando le parole del pioniere dell’ecologia moderna, Barry Commoner, la Giornata mondiale della Terra è un giorno in cui “l’uomo, in qualche modo, fa pace con il pianeta su cui vive”.
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19 aprile 2008
"Ora et labora" Una "Regola" anche per il terzo millennio? Convegno del Meic, Abbazia cistercense di Rivalta Scrivia (Tortona)
Nella splendida cornice dell'antica Abbazia Cistercense di Santa Maria di Rivalta Scrivia, giornata di preghiera e di riflessione nell'ambito delle iniziative proposte dal Meic (Movimento Ecclesiale di impegno culturale). L'intervento di Mons. Canessa, Vescovo di Tortona ha aperto la discussione sul tema "Bellezza del creato, non solo contemplazione". Il rapporto uomo-terra è antico quanto lo stesso uomo. In Genesi leggiamo: “Con polvere del suolo Dio plasmò l'uomo”! Anche l'impegno del cristiano per la salvaguardia dell'ambiente è antico, all'uomo il Signore ha affidato il creato: “soggiogate a terra ed ogni creatura”. Il termine soggiogare sta per “governare come un re saggio”.
Ma gli ultimi dati non sono confortanti: un numero di persone grande come la Cina non ha ancora accesso all'acqua e numerosissime sono le vittime in varie parti del mondo a causa di acque inquinate. Il criterio orientatore deve essere il bene di tutti, dice la Chiesa, tanto che è stato istituito un giorno specifico per la salvaguardia del creato: il 1 settembre. E' necessario inoltre mantenere vivo il senso della giustizia, basta pensare che l'80% dei beni della terra è in mano al 20% del genere umano! Papa Benedetto XVI ha raccomandato in più occasioni di avere uno stile di vita sobrio.
Ma come riscoprire e far riscoprire il fondamento spirituale della vita sociale? A questo interrogativo ha risposto Padre Stefano Zanolini, monaco dell'Abbazia di Tiglieto, partendo dall'episodio evangelico dell'incontro tra Gesù e la donna samaritana. E' possibile essere veri adoratori del Padre, in Spirito e verità, come Gesù chiede alla donna? In realtà ogni Battezzato è un contemplativo e deve esserlo! Sottrarsi a questo impegno comporta grandi perdite e rischio di disintegrazione della personalità, oltre che di incomprensioni reciproche. Essere veri adoratori del Padre, significa ricordarsi che la rassegnazione è un peccato (che raramente confessiamo), è un peccato contro la Resurrezione di Cristo.
Gesù alla samaritana non indica “un luogo” dove adorare, l'uomo non è chiamato a rifugiarsi in paradisi ma ad essere “spirituale” nel mondo, trasfigurando ogni sua attività.
Il tessuto dell'umanità è composto da tanti fili tirati, ogni filo è un uomo, quando il tessuto comincia a rovinarsi dobbiamo rimettere a posto i fili che si sono sconnessi e stracciati, fu quanto intuì S. Benedetto nella sua epoca travagliata, ma vale ancora oggi. L'uomo deve essere un combattente, prima di tutto nel proprio cuore e nel proprio corpo. Il metodo è l'ascesi, che non è una prerogativa dei monaci. Ogni battezzato è un combattente nella lotta contro Satana. Ascesi significa allenamento costante, non disgregarsi ma unificarsi, quando anima e corpo sono uniti non perdiamo il nostro centro. E' importante mandare tutto il nostro essere in una unica direzione: le nostre opere ci diranno verso chi siamo orientati. Essere “adoratori... in spirito e verità” deve essere uno stile di vita costante non una prerogativa nei tempi liturgici forti. S. Benedetto parlando di proprietà era durissimo nella sua Regola, ne parla come di un vizio da sradicare, ma le esigenze di produrre di più per consumare di più le hanno tutti, anche i monaci. La povertà o la sobrietà mantiene teso il “tessuto” dell'umanità.
Come riportare allora l'economia a servizio dell'uomo? Secondo il professor Vittorio Rapetti, il fenomeno della globalizzazione è come una guerra, si è sottratto alla politica il controllo dell'economia. Non sembra più esserci spazio per un capitalismo virtuoso, mentre si fanno strada i nemici “virtuali”, l'Islam, i Cinesi, ecc. ecc. Lo stesso F.M.I è inefficace, funziona ormai solo per conteggiare i debiti dei paesi poveri. Si è fatta strada la teoria del “capitalismo compassionevole”, in America, che ha generato di conseguenza il triste fenomeno dell'assistenzialismo. Ma l'unico criteri di valutazione rimane il profitto, con gravi conseguenze civili, si parla in alcuni casi di “economia di rapina”. Il precariato genera disorientamento e lo stesso risparmio diviene oggetto di saccheggio, senza contare che in alcune regioni il mercato è drogato dalla mafia. Cionostante è importante non demonizzare il mercato, ma riuscire a riprenderne il controllo. “Un buon governo deve puntare non primariamente alla crescita economica ma all'incivilimento del popolo”. (G. Romagnosi 1835)
Ecco allora l'occasione giusta per ricordare come i documenti della dottrina sociale della Chiesa siano ancora poco conosciuti e valutati: dalla Rerum Novarum di Leone XIII alla Gaudium et Spes del Vaticano II, dalla Populorum Progressio di Paolo VI alle tre belle encicliche di Giovanni Paolo II, (Laborem Exercens, Sollicitudo rei socialis, Centesimus Annus), e inoltre la nota pastorale di Mons. Charrier “Il lavoro è per l'uomo”, e la recente “Etica, sviluppo, finanza” della CEI.
Lo stesso Mons.Charrier, Vescovo Emerito di Alessandria e pioniere di tutte queste discipline ha ricordato come sia sovente rimosso il concetto di peccato “sociale”, pur presente nello stesso Catechismo della Chiesa Cattolica e di quanto lavoro sia necessario ancora fare per riprendere il “filo” iniziato dal Meic nel Codice di Camaldoli. Le conclusioni sono state affidate al Presidente nazionale del Meic, Renato Balduzzi.
(Informazioni aggiuntive e approfondimenti: www.meic.net)
Marialetizia Azzilonna

giovedì 17 aprile 2008

Uno dei mille


Generale Romeo Bozzetti, Uno dei mille, di Carla Moruzzi Bolloli, 2008, Caesar Editore. In appendice, Cino Bozzetti, pittore, di Filippo Oddone, Giuseppe Bozzetti, Rosminiano, di Virginia Capelli.
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Si incomincia con l'avvincente storia di un garibaldino, di “uno dei mille”, e si finisce con la storia di una gran bella famiglia. In mezzo un'affresco completo di un preciso momento storico della nostra storia, con elementi che vanno dalle vicende politiche a quelle artistiche fino a quelle religiose. Anche i luoghi che hanno ospitato le vicende narrate spaziano in tutto il territorio italiano: la nascita di Romeo a S. Martino in Beliseto, provincia di Cremona, nel 1835,gli studi primari a Brescia, quelli universitari presso l'Ateneo di Giurisprudenza (e in seguito a Matematica) di Padova, i viaggi spericolati del Bozzetti garibaldino in tutto il meridione fino alla Sicilia, la scelta, dopo il matrimonio, di risiedere a Borgoratto, in provincia di Alessandria. Nel periodo degli studi il nostro conobbe Tito Speri e Ippolito Nievo, assorbì idee e programmi di libertà che originarono il Risorgimento che lo resero in breve sospetto al governo austriaco. Trovò quindi rifugio nelle terre sabaude dopo essere passato da Genova. Trattato con sospetto e sottoposto a sorveglianza dalla polizia, dovette far fronte a difficoltà di natura economica, finché riuscì ad ottenere un ruolo di Istitutore Provvisorio nel Collegio Convitto Nazionale di Nizza Marittima, allora sabauda. Tornò a Torino dove prese a dare ripetizioni private e a collaborare con il Giornale d'Italia. Ma lascerà tutto questo per arruolarsi come volontario per la spedizione contro l'Austria nel 1859. Combattente come volontario di Garibaldi, si distinse e ottenne promozioni: "Cominciavamo a comprendere che i siciliani ci avrebbero appoggiato perché più che l'idea dell'Unità d'Italia, trovava presa (...) la guerra contro il Borbone", tanto quelle popolazioni erano esasperate.
Al momento dell'armistizio era Sergente Furiere Maggiore dei Cacciatori degli Appennini.
Nominato Maggiore nel 18° Reggimento Fanteria E.I., Brigata Acqui, e inviato nell'Italia Meridionale a continuare il servizio attivo, (fu tra i pochi garibaldini ad essere accettati nell'esercito del Regno d'Italia) si dovette misurare con il triste fenomeno del brigantaggio. Sottolinea l'autrice dell'opera, come sarebbero "da leggere e meditare, per la loro intensa umanità, certi passi in cui (Romeo Bozzetti) depreca le fucilazioni operate dall'esercito, quando sarebbe stato solo necessario educare (...) nel sud l'analfabetismo era molto alto e Bozzetti comprendeva che la via da percorrere era quella di educare i nuovi italiani".
Grazie ad un caro amico, Antonio Colombo, riuscì a comprare casa e a stabilirsi con tutta la famiglia a Borgoratto Alessandrino. Nel 1872 si sposa con Edvige De Gianani che l'accompagnerà in tutti i suoi viaggi attraverso l'Italia. La prima figlia Lena, diventerà suora in una congregazione francese, le Figlie della Presentazione e morirà a Morlaix, come Superiora del suo istituto. Un secondo figlio, Cino, si dedicherà alla pittura contro le aspettative paterne (il volume riporta in appendice numerose sue opere). Il quarto figlio, Giuseppe, entra nell'Ordine dei Rosminiani, raggiungendo incarichi di responsabilità. E l'ultimo figlio Stefano diventerà avvocato e si prenderà cura di tutte le memorie paterne, (altri 3 figli morirono piccoli). Quando Romeo Bozzetti andò in pensione era il 1895, aveva il grado di Tenente Generale della Riserva.
Merita particolare menzione l'appendice dedicata al Rosminiano Giuseppe Bozzetti. Nel maggio del 1900 scrive al padre: “ho acquistato la certezza della mia vocazione, donde una grandissima calma di spirito, una serenità d'animo straordinaria, se tu mi vuoi bene non puoi volere che la mia felicità.” Laureato prima in Giurisprudenza e in seguito a Roma in Filosofia e in Lettere, pubblicò anche un saggio sull' origine della lingua italiana e fu Presidente dell'Unione degli Insegnanti Italiani. Fu insegnante di Lettere e di Filosofia teoretica all'Università di Roma, finché nel 1935 non venne eletto Preposito Generale dell'Istituto Rosminiano. Amico di Alcide De Gasperi, (con il quale giocava a bocce), in seguito al suo apostolato in opere di integrazione sociale e religiosa, venne nominato Presidente Onorario della Sezione del Sindacato dei Ferrovieri Cattolici, e conosciuto da molti come l'Apostolo dei ferrovieri. Fu Socio perpetuo della Croce Rossa e Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia, fondò l'Associazione degli ex alunni e degli Amici di Antonio Rosmini e pubblicò anche un libro di orazioni per l'istruzione religiosa.
Maria Letizia Azzilonna

martedì 15 aprile 2008

Opera di Josè Parlà


Josè Parlà è nato a Miami nel 1973, vive e lavora a New York. Le sue opere sono state al centro di numerose mostre personali e collettive. Debutta con questa mostra in Italia.
Galleria il Trifoglio nero
Palazzo Ducale
Piazza Matteotti 80-82
Genova 16123 Italia

martedì 1 aprile 2008

Giovanni Paolo II

III° ANNIVERSARIO DELLA SUA NASCITA AL CIELO


Grazie ! Perché continui a prenderti cura del popolo di Dio,
delle pecorelle che hai riportato all'ovile,
del tuo successore, dei tuoi amati giovani,
di tutti i tuoi numerosissimi (come le stelle del cielo)
figli spirituali! E di ogni persona che con cuore sincero a te si rivolge!

marialetizia azzilonna