venerdì 20 maggio 2011

Dio al centro della comunicazione




La comunicazione della Chiesa come sfida e opportunità è stata al centro del terzo Congresso internazionale di giornalisti cattolici svoltosi all’Università Cattolica San Antonio di Murcia, in Spagna, aperto dal direttore dell«L’Osservatore Romano» e concluso da una significativa riflessione di monsignor Paul Tighe, segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.
Iniziative come questa sono molto utili per migliorare la comunicazione della Chiesa, resa difficile non solo dall’ insufficiente adeguamento culturale di due universi molto spesso contrapposti — quello dei media e quello della Chiesa — ma anche dalla sterile atomizzazione di molte iniziative mediatiche cattoliche, soprattutto per l’insistenza nel sottolineare ciò che le differenzia rispetto a quanto le unisce nella comune causa evangelizzatrice che dà loro senso. Il tema del congresso riassume il compito dei comunicatori cristiani: da una parte unire con naturalezza due realtà — la Chiesa e il mondo dei media — fra le quali è frequente, purtroppo, la contrapposizione; e dall’altra aiutare la Chiesa ad assumere questo impegno sempre più in chiave di responsabilità e non di angoscia, al servizio di quella nuova evangelizzazione a cui Benedetto XVI ci invita nel nuovo scenario della «società dell’informazione». Quest’ultimo ambito è diventato il paradigma di un mondo secolarizzato, soprattutto in occidente, dove Dio è stato relegato alla marginalità, quando non alla totale irrilevanza. Per i media la religione è, secondo la loro logica parziale, un contenuto estraneo in quanto appartiene alla «vita privata», a meno che non abbia i colori della «cronaca» o l’onnipresente considerazione «politica».
A Santiago de Compostela Benedetto XVI ha lanciato uno dei messaggi più importanti del suo pontificato su quella che deve essere la missione prioritaria della Chiesa: «Il suo apporto è centrato in una realtà così semplice e decisiva come questa: che Dio esiste e che è Lui che ci ha dato la vita. Solo Lui è assoluto, amore fedele e immutabile, meta infinita che traspare dietro tutti i beni, verità e bellezze meravigliose di questo mondo».
Il Papa ha ribadito lo stesso concetto nella sua lettera che ha chiuso la polemica per la remissione della scomunica ai quattro prelati lefebvriani: nel nostro tempo «la priorità che sta al di sopra di tutte è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio» e «condurre gli uomini verso Dio, verso il Dio che parla nella Bibbia: questa è la priorità suprema e fondamentale della Chiesa e del Successore di Pietro in questo tempo».
Così, uno dei compiti principali della comunicazione cristiana è quello di far emergere nell’agenda dei media la dimensione trascendente dell’esistenza umana: il piano religioso, senza il quale non capiamo pienamente né noi stessi né il mondo. Si tratta, in definitiva, di collocare Dio al suo posto, al centro dei media, perché egli è al centro della vita umana.
Questa rivendicazione nasce non solo in virtù dell’inviolabile diritto della presenza di Dio nell’umano, ma anche per il non meno importante diritto della persona a vivere la propria dimensione religiosa anche nella libertà di espressione. In tal senso, è particolarmente illuminante l’insistenza di Benedetto XVI nell’esortare a tornare all’essenziale nella proposta della Chiesa al mondo di oggi, ossia quella dell’esistenza di Dio quale fondamento di tutta la realtà. Come ha ricordato nel discorso all’episcopato latinoamericano ad Aparecida: «Che cosa è il reale? Sono “realtà” solo i beni materiali, i problemi sociali, economici e politici? Qui sta precisamente il grande errore delle tendenze dominanti nell’ultimo secolo, errore distruttivo, come dimostrano i risultati tanto dei sistemi marxisti quanto di quelli capitalisti. Falsificano il concetto di realtà con l’amputazione della realtà fondante e per questo decisiva che è Dio. Chi esclude Dio dal suo orizzonte falsifica il concetto di “realtà” e, in conseguenza, può finire solo in strade sbagliate e con ricette distruttive. La prima affermazione fondamentale è, dunque, la seguente: Solo chi riconosce Dio, conosce la realtà e può rispondere ad essa in modo adeguato e realmente umano. La verità di questa tesi risulta evidente davanti al fallimento di tutti i sistemi che mettono Dio tra parentesi».
Per ottenere una presenza normale del fatto religioso nell’agenda comunicativa, in primo luogo bisogna rivendicare l’importanza dell’informazione religiosa come genere specializzato, con professionisti formati; in secondo luogo, la Chiesa deve promuovere fra le sue fila l’esistenza di professionisti della comunicazione, cattolici coerenti, e anche la creazione di media propriamente cattolici, per dare così rappresentatività sociale alla visione cristiana del mondo ed evitare che scompaia dall’operatività sociale e culturale, dall’influenza sul pensiero e sull’agenda pubblica.
Riusciremo così a recuperare dalle rovine della modernità e dal dominio del relativismo la semantica delle grandi verità dell’uomo e della religione, della trascendenza e della fede, eluse nella comunicazione di oggi. Aiutando i media a recuperare il senso della vera realtà.
  José María Gil Tamayo, Direttore della Commissionedei mezzi di comunicazione sociale della Conferenza episcopale spagnola

Dall'Osservatore  Romano  del  20 maggio 2011



ASSEMBLEA GENERALE DI CARITAS INTERNATIONALIS

CITTA' DEL VATICANO, 20 MAG. 2011 (VIS). Dal 22 al 27 maggio si terrà a Roma, nei locali della Domus Mariae Palazzo Carpegna, la XIX Assemblea Generale di "Caritas Internationalis". Circa 300 delegati celebreranno il 60° anniversario di fondazione della Confederazione. I partecipanti saranno ricevuti in Udienza dal Santo Padre e, nel giorno dell'apertura, il Cardinale Segretario di Stato presiederà la celebrazione eucaristica.

  "Caritas Internationalis" raggruppa 165 "Caritas" nazionali e mira anzitutto a coordinare il loro intervento in caso di emergenze e di crisi. Attualmente è presieduta dal Cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, Arcivescovo di Tegucigalpa. Nel 2004 il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II le ha accordato la personalità canonica giuridica pubblica, sia in ragione della natura delle "Caritas" nazionali e diocesane, che sono l'organo ufficiale della carità dei Vescovi, sia  in riconoscimento dei grandi servizi che la Confederazione svolge da decenni per il bene della Chiesa intera e dell'umanità.

  L'attribuzione della personalità giuridica pubblica ha comportato la necessità di adeguare ad essa gli statuti, perché riflettano la natura e la finalità di "Caritas Internationalis" e la sua missione. L'Assemblea sarà un momento prezioso per presentare il lavoro svolto in detto ambito e, a norma degli statuti ora in vigore, per procedere a rinnovare gli uffici direttivi della Confederazione. Nel corso dell'incontro si rifletterà anche sul piano di lavoro di "Caritas Internationalis" per i prossimi 4 anni.
                                                                                              VIS 20110520 (240)

VALORI UMANI E RELIGIOSI CONDIVISI DA CRISTIANI E MUSULMANI

CITTA' DEL VATICANO, 20 MAG. 2011 (VIS). Dal 18 al 19 maggio, si è tenuto a Roma un secondo Colloquio del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e del Reale Istituto per gli Studi Interreligiosi (Amman, Giordania), presieduto dal Cardinale Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e dal Professor Kamel Abu Jaber, Direttore del Reale Istituto per gli Studi Interreligiosi.

  Tema del colloquio è stato: "Valori umani e religiosi condivisi da cristiani e musulmani per una educazione comune".

  Un Comunicato reso pubblico oggi riporta i punti principali esaminati dai partecipanti:

"1) Cristiani e musulmani condividono valori umani fondamentali come la sacralità della vita umana, la dignità della persona e i diritti fondamentali inalienabili che ne derivano.

"2) Alcuni valori religiosi sono comuni a cristiani e musulmani, mentre altri sono specifici di ogni comunità. È pertanto importante indicare gli elementi comuni ed identificare le diversità. Il rispetto delle diversità è condizione fondamentale per un dialogo autentico.

3) L'educazione, l'educazione religiosa in particolare, non deve formare identità in antagonismo o in conflitto, ma al contrario, deve aiutare il giovane ad avere una identità religiosa ben fondata e favorire la formazione di identità aperte ad altre identità.

4) Le scuole, le istituzioni e le università, private o statali, sono luogo privilegiato dell'educazione comune, dove i bambini e i giovani cristiani e musulmani studiano insieme. Tale esperienza deve essere protetta e salvaguardata, anche perché offre l'occasione di creare amicizie solide e durature.

  Le due parti hanno concordato di incontrarsi nuovamente entro due anni. Un incontro preparatorio precederà il Colloquio".
                                                                                                            
                                                                               Fonte: VIS 20110520 (290) 

Peut-être j'ai trop de fantaisie mais...

Chers amis, je crois que si vraiment je complote il y ait eu contre DSK il y aurait même une valide motivation. La clé est dans la femme de couleur impliquée dans présumée violence, ou mieux dans ses origine et dans sa provienienza. En effet chose il y à FMI dans ceux-ci derniers temps ? En étant une experte d'économie internationale, je ne sais aussi pas seulement qu'on occupe d'assainir l' économie de pays fortement en crise. Voilà qu'un événement du genre surtout si en se dévoilant il révélera qu'il s'agissait d'une menzogna, d'une lascerà un terrible héritage pour des eventuelles futures initiatives d'aide à des populations dans le besoin et surtout de couleur. De la série " mais lasciamoli mourir de faim… après la figuraccia qui nous ont faits faire sur échelle mondaile ! ".  Je ne peux pas oublier que ce fait est arrivé après quelques jours qui le Président N. Sarkozy avaient prononcé un fort discours contre le racisme et les discriminations sociales (Jardin du Luxembourg, 10 mai). Mais pour beaucoup de personnes l' aide et le soutien aux pays pauvres, ou dans de je développe que dire on veut, résulte être une insopportabile et dangereux "buonismo", parce que beaucoup qui se retrouve dans le besoin certainement et sans aucun doute est pour sa mauvaise volonté et/ou pour un détail des predispositions génétique à la paresse, à se laisser aller et ainsi de suite. MLA

Forse ho troppa fantasia, ma ...

Cari amici,
credo che se davvero un complotto ci sia stato contro DSK ci sarebbe anche una valida motivazione. La chiave sta nella donna di colore coinvolta nella presunta violenza, o meglio nella sua origine e nella sua provienienza. Infatti cosa fa il FMI in questi ultimi tempi? Pur non essendo una esperta di economia internazionale, so solo che si occupa di risanare l'economia di paesi fortemente in crisi. Ecco che una vicenda del genere soprattutto se svelandosi rivelerà che trattavasi di una menzogna, lascerà una terribile eredità per eventuali future iniziative di aiuto a popolazioni nel bisogno e soprattutto di colore. Della serie "ma lasciamoli morire di fame ... dopo la figuraccia che ci hanno fatto fare su scala mondaile!" Non posso dimenticare che questo fatto è accaduto dopo alcuni giorni che il Presidente N. Sarkozy aveva pronunciato un forte discorso contro il razzismo e le discriminazioni sociali (Jardin du Luxembourg, 10 maggio). Ma per molte persone l'aiuto e il sostegno ai paesi poveri, o in via di sviluppo che dir si voglia, risulta essere un insopportabile e pericoloso  "buonismo", perchè tanto chi si ritrova nel bisogno certamente e senza ombra di dubbio è per sua cattiva volontà e/o per una particolare predisposizione genetica alla fannulloneria, al lasciarsi andare e via dicendo. MLA

sabato 14 maggio 2011

GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI.


15 MAGGIO 2011 -  IV DOMENICA DI PASQUA
Tema: “Proporre le vocazioni nella Chiesa locale”

La XLVIII Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che sarà celebrata il 15 maggio 2011, quarta Domenica di Pasqua, ci invita a riflettere sul tema: “Proporre le vocazioni nella Chiesa locale”. Settant’anni fa, il Venerabile Pio XII istituì la Pontifìcia Opera per le Vocazioni Sacerdotali. In seguito, opere simili sono state fondate dai Vescovi in molte diocesi, animate da sacerdoti e da laici, in risposta all'invito del Buon Pastore, il quale, “vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore”, e disse: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai. Pregate, dunque, il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe!” (Mt 9,36-38).
L’arte di promuovere e di curare le vocazioni trova un luminoso punto di riferimento nelle pagine del Vangelo in cui Gesù chiama i suoi discepoli a seguirlo e li educa con amore e premura. Oggetto particolare della nostra attenzione è il modo in cui Gesù ha chiamato i suoi più stretti collaboratori ad annunciare il Regno di Dio (cfr Lc 10,9). Innanzitutto, appare chiaro che il primo atto è stata la preghiera per loro: prima di chiamarli, Gesù passò la notte da solo, in orazione ed in ascolto della volontà del Padre (cfr Lc 6,12), in un’ascesa interiore al di sopra delle cose di tutti i giorni. La vocazione dei discepoli nasce proprio nel colloquio intimo di Gesù con il Padre. Le vocazioni al ministero sacerdotale e alla vita consacrata sono primariamente frutto di un costante contatto con il Dio vivente e di un'insistente preghiera che si eleva al “Padrone della messe” sia nelle comunità parrocchiali, sia nelle famiglie cristiane, sia nei cenacoli vocazionali.
Il Signore, all’inizio della sua vita pubblica, ha chiamato alcuni pescatori, intenti a lavorare sulle rive del lago di Galilea: “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini” (Mt 4,19). Ha mostrato loro la sua missione messianica con numerosi “segni” che indicavano il suo amore per gli uomini e il dono della misericordia del Padre; li ha educati con la parola e con la vita affinché fossero pronti ad essere continuatori della sua opera di salvezza; infine, “sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre” (Gv 13,1), ha affidato loro il memoriale della sua morte e risurrezione, e prima di essere elevato al Cielo li ha inviati in tutto il mondo con il comando: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19).
È una proposta, impegnativa ed esaltante, quella che Gesù fa a coloro a cui dice “Seguimi!”: li invita ad entrare nella sua amicizia, ad ascoltare da vicino la sua Parola e a vivere con Lui; insegna loro la dedizione totale a Dio e alla diffusione del suo Regno secondo la legge del Vangelo: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24); li invita ad uscire dalla loro volontà chiusa, dalla loro idea di autorealizzazione, per immergersi in un’altra volontà, quella di Dio e lasciarsi guidare da essa; fa vivere loro una fraternità, che nasce da questa disponibilità totale a Dio (cfr Mt 12,49-50), e che diventa il tratto distintivo della comunità di Gesù: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Gv13,35).
Anche oggi, la sequela di Cristo è impegnativa; vuol dire imparare a tenere lo sguardo su Gesù, a conoscerlo intimamente, ad ascoltarlo nella Parola e a incontrarlo nei Sacramenti; vuol dire imparare a conformare la propria volontà alla Sua. Si tratta di una vera e propria scuola di formazione per quanti si preparano al ministero sacerdotale ed alla vita consacrata, sotto la guida delle competenti autorità ecclesiali. Il Signore non manca di chiamare, in tutte le stagioni della vita, a condividere la sua missione e a servire la Chiesa nel ministero ordinato e nella vita consacrata, e la Chiesa “è chiamata a custodire questo dono, a stimarlo e ad amarlo: essa è responsabile della nascita e della maturazione delle vocazioni sacerdotali” (Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 41). Specialmente in questo nostro tempo in cui la voce del Signore sembra soffocata da “altre voci” e la proposta di seguirlo donando la propria vita può apparire troppo difficile, ogni comunità cristiana, ogni fedele, dovrebbe assumere con consapevolezza l’impegno di promuovere le vocazioni. È importante incoraggiare e sostenere coloro che mostrano chiari segni della chiamata alla vita sacerdotale e alla consacrazione religiosa, perché sentano il calore dell’intera comunità nel dire il loro “sì” a Dio e alla Chiesa. Io stesso li incoraggio come ho fatto con coloro che si sono decisi ad entrare in Seminario e ai quali ho scritto: “Avete fatto bene a farlo. Perché gli uomini avranno sempre bisogno di Dio, anche nell’epoca del dominio tecnico del mondo e della globalizzazione: del Dio che ci si è mostrato in Gesù Cristo e che ci raduna nella Chiesa universale, per imparare con Lui e per mezzo di Lui la vera vita e per tenere presenti e rendere efficaci i criteri della vera umanità” (Lettera ai Seminaristi, 18 ottobre 2010).
Occorre che ogni Chiesa locale si renda sempre più sensibile e attenta alla pastorale vocazionale, educando ai vari livelli, familiare, parrocchiale, associativo, soprattutto i ragazzi, le ragazze e i giovani - come Gesù fece con i discepoli – a maturare una genuina e affettuosa amicizia con il Signore, coltivata nella preghiera personale e liturgica; ad imparare l’ascolto attento e fruttuoso della Parola di Dio, mediante una crescente familiarità con le Sacre Scritture; a comprendere che entrare nella volontà di Dio non annienta e non distrugge la persona, ma permette di scoprire e seguire la verità più profonda su se stessi; a vivere la gratuità e la fraternità nei rapporti con gli altri, perché è solo aprendosi all’amore di Dio che si trova la vera gioia e la piena realizzazione delle proprie aspirazioni. “Proporre le vocazioni nella Chiesa locale”, significa avere il coraggio di indicare, attraverso una pastorale vocazionale attenta e adeguata, questa via impegnativa della sequela di Cristo, che, in quanto ricca di senso, è capace di coinvolgere tutta la vita.
Mi rivolgo particolarmente a voi, cari Confratelli nell’Episcopato. Per dare continuità e diffusione alla vostra missione di salvezza in Cristo, è importante “incrementare il più che sia possibile le vocazioni sacerdotali e religiose, e in modo particolare quelle missionarie” (Decr. Christus Dominus, 15). Il Signore ha bisogno della vostra collaborazione perché le sue chiamate possano raggiungere i cuori di chi ha scelto. Abbiate cura nella scelta degli operatori per il Centro Diocesano Vocazioni, strumento prezioso di promozione e organizzazione della pastorale vocazionale e della preghiera che la sostiene e ne garantisce l’efficacia. Vorrei anche ricordarvi, cari Confratelli Vescovi, la sollecitudine della Chiesa universale per un’equa distribuzione dei sacerdoti nel mondo. La vostra disponibilità verso diocesi con scarsità di vocazioni, diventa una benedizione di Dio per le vostre comunità ed è per i fedeli la testimonianza di un servizio sacerdotale che si apre generosamente alle necessità dell’intera Chiesa.
Il Concilio Vaticano II ha ricordato esplicitamente che “il dovere di dare incremento alle vocazioni sacerdotali spetta a tutta la comunità cristiana, che è tenuta ad assolvere questo compito anzitutto con una vita perfettamente cristiana” (Decr. Optatam totius, 2). Desidero indirizzare quindi un fraterno e speciale saluto ed incoraggiamento a quanti collaborano in vario modo nelle parrocchie con i sacerdoti. In particolare, mi rivolgo a coloro che possono offrire il proprio contributo alla pastorale delle vocazioni: i sacerdoti, le famiglie, i catechisti, gli animatori. Ai sacerdoti raccomando di essere capaci di dare una testimonianza di comunione con il Vescovo e con gli altri confratelli, per garantire l’humus vitale ai nuovi germogli di vocazioni sacerdotali. Le famiglie siano “animate da spirito di fede, di carità e di pietà” (ibid.), capaci di aiutare i figli e le fìglie ad accogliere con generosità la chiamata al sacerdozio ed alla vita consacrata. I catechisti e gli animatori delle associazioni cattoliche e dei movimenti ecclesiali, convinti della loro missione educativa, cerchino “di coltivare gli adolescenti a loro affidati in maniera di essere in grado di scoprire la vocazione divina e di seguirla di buon grado” (ibid.).
Cari fratelli e sorelle, il vostro impegno nella promozione e nella cura delle vocazioni acquista pienezza di senso e di efficacia pastorale quando si realizza nell’unità della Chiesa ed è indirizzato al servizio della comunione. È per questo che ogni momento della vita della comunità ecclesiale - la catechesi, gli incontri di formazione, la preghiera liturgica, i pellegrinaggi ai santuari - è una preziosa opportunità per suscitare nel Popolo di Dio, in particolare nei più piccoli e nei giovani, il senso di appartenenza alla Chiesa e la responsabilità della risposta alla chiamata al sacerdozio ed alla vita consacrata, compiuta con libera e consapevole scelta.
La capacità di coltivare le vocazioni è segno caratteristico della vitalità di una Chiesa locale. Invochiamo con fiducia ed insistenza l’aiuto della Vergine Maria, perché, con l’esempio della sua accoglienza del piano divino della salvezza e con la sua efficace intercessione, si possa diffondere all’interno di ogni comunità la disponibilità a dire “sì” al Signore, che chiama sempre nuovi operai per la sua messe. Con questo auspicio, imparto di cuore a tutti la mia Apostolica Benedizione.


Dal Vaticano, 15 novembre 2010

BENEDETTO XVI

mercoledì 11 maggio 2011

"Quale futuro per i giornali?"

Sarà Mario Calabresi, direttore de "La Stampa", a rispondere a questa domanda, in un incontro
organizzato dal Circolo della Stampa con l'Ordine dei Giornalisti del Piemonte e l'Associazione Stampa Subalpina. L'appuntamento è per giovedì 19 maggio, alle 18, al Circolo della Stampa, Palazzo Ceriana-Mayneri, in corso Stati Uniti 27, a Torino.

Giornalisti e Unità d'Italia

IL CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI A TORINO
NEI 150 ANNI DELL’UNITA’ D’ITALIA


Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti è protagonista a Torino delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia.

Un incontro con la presidenza nazionale aperto a tutti i giornalisti del Piemonte avverrà alle ore 15 di mercoledì 11 maggio nella storica Sala della Radio al Centro di Produzione Rai in Via Verdi 16.

Sarà il momento culminante della tre giorni con la quale il giornalismo italiano rivendicherà la sua importanza storica nella costruzione dell’idea dell’Unità nazionale.


giovedì 5 maggio 2011

La preghiera secondo Benedetto XVI

CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 4 maggio 2011 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito la catechesi tenuta questo mercoledì da Papa Benedetto XVI, in occasione dell'Udienza generale in piazza San Pietro, nell'iniziare un nuovo ciclo di catechesi sul tema della preghiera.


* * *
Cari fratelli e sorelle,
quest’oggi vorrei iniziare una nuova serie di catechesi. Dopo le catechesi sui Padri della Chiesa, sui grandi teologi del Medioevo, sulle grandi donne, vorrei adesso scegliere un tema che sta molto a cuore a tutti noi: è il tema della preghiera, in modo specifico di quella cristiana, la preghiera, cioè, che ci ha insegnato Gesù e che continua ad insegnarci la Chiesa. E’ in Gesù, infatti, che l’uomo diventa capace di accostarsi a Dio con la profondità e l’intimità del rapporto di paternità e di figliolanza. Insieme ai primi discepoli, con umile confidenza ci rivolgiamo allora al Maestro e Gli chiediamo: "Signore, insegnaci a pregare" (Lc 11,1).
Nelle prossime catechesi, accostando la Sacra Scrittura, la grande tradizione dei Padri della Chiesa, dei Maestri di spiritualità, della Liturgia vogliamo imparare a vivere ancora più intensamente il nostro rapporto con il Signore, quasi una "Scuola della preghiera". Sappiamo bene, infatti, che la preghiera non va data per scontata: occorre imparare a pregare, quasi acquisendo sempre di nuovo quest’arte; anche coloro che sono molto avanzati nella vita spirituale sentono sempre il bisogno di mettersi alla scuola di Gesù per apprendere a pregare con autenticità. Riceviamo la prima lezione dal Signore attraverso il Suo esempio. I Vangeli ci descrivono Gesù in dialogo intimo e costante con il Padre: è una comunione profonda di colui che è venuto nel mondo non per fare la sua volontà, ma quella del Padre che lo ha inviato per la salvezza dell’uomo.
In questa prima catechesi, come introduzione, vorrei proporre alcuni esempi di preghiera presenti nelle antiche culture, per rilevare come, praticamente sempre e dappertutto si siano rivolti a Dio.
Comincio con l’antico Egitto, come esempio. Qui un uomo cieco, chiedendo alla divinità di restituirgli la vista, attesta qualcosa di universalmente umano, qual è la pura e semplice preghiera di domanda da parte di chi si trova nella sofferenza, quest’uomo prega: "Il mio cuore desidera vederti... Tu che mi hai fatto vedere le tenebre, crea la luce per me. Che io ti veda! China su di me il tuo volto diletto" (A. Barucq – F. Daumas, Hymnes et prières de l’Egypte ancienne, Paris 1980, trad. it. inPreghiere dell’umanità, Brescia 1993p. 30). Che io ti veda; qui sta il nucleo della preghiera!
Presso le religioni della Mesopotamia dominava un senso di colpa arcano e paralizzante, non privo, però, della speranza di riscatto e liberazione da parte di Dio. Possiamo così apprezzare questa supplica da parte di un credente di quegli antichi culti, che suona così: "O Dio che sei indulgente anche nella colpa più grave, assolvi il mio peccato... Guarda, Signore, al tuo servo spossato, e soffia la tua brezza su di lui: senza indugio perdonagli. Allevia la tua punizione severa. Sciolto dai legami, fa’ che io torni a respirare; spezza la mia catena, scioglimi dai lacci" (M.-J. Seux, Hymnes et prières aux Dieux de Babylone et d’Assyrie, Paris 1976, trad. it. inPreghiere dell’umanità, op. cit., p. 37). Sono espressioni che dimostrano come l’uomo, nella sua ricerca di Dio, ne abbia intuito, sia pur confusamente, da una parte la sua colpa, dall’altra aspetti di misericordia e di bontà divina.
All’interno della religione pagana dell’antica Grecia si assiste a un’evoluzione molto significativa: le preghiere, pur continuando a invocare l’aiuto divino per ottenere il favore celeste in tutte le circostanze della vita quotidiana e per conseguire dei benefici materiali, si orientano progressivamente verso le richieste più disinteressate, che consentono all’uomo credente di approfondire il suo rapporto con Dio e di diventare migliore. Per esempio, il grande filosofo Platone riporta una preghiera del suo maestro, Socrate, ritenuto giustamente uno dei fondatori del pensiero occidentale. Così pregava Socrate: "Fate che io sia bello di dentro. Che io ritenga ricco chi è sapiente e che di denaro ne possegga solo quanto ne può prendere e portare il saggio. Non chiedo di più" (Opere I. Fedro 279c, trad. it. P. Pucci, Bari 1966). Vorrebbe essere soprattutto bello di dentro e sapiente, e non ricco di denaro.
In quegli eccelsi capolavori della letteratura di tutti i tempi che sono le tragedie greche, ancor oggi, dopo venticinque secoli, lette, meditate e rappresentate, sono contenute delle preghiere che esprimono il desiderio di conoscere Dio e di adorare la sua maestà. Una di queste recita così: "Sostegno della terra, che sopra la terra hai sede, chiunque tu sia, difficile a intendersi, Zeus, sia tu legge di natura o di pensiero dei mortali, a te mi rivolgo: giacché tu, procedendo per vie silenziose, guidi le vicende umane secondo giustizia" (Euripide, Troiane, 884-886, trad. it. G. Mancini, in Preghiere dell’umanitàop. cit., p. 54). Dio rimane un po’ nebuloso e tuttavia l’uomo conosce questo Dio sconosciuto e prega colui che guida le vie della terra.
Anche presso i Romani, che costituirono quel grande Impero in cui nacque e si diffuse in gran parte il Cristianesimo delle origini, la preghiera, anche se associata a una concezione utilitaristica e fondamentalmente legata alla richiesta della protezione divina sulla vita della comunità civile, si apre talvolta a invocazioni ammirevoli per il fervore della pietà personale, che si trasforma in lode e ringraziamento. Ne è testimone un autore dell’Africa romana del II secolo dopo Cristo, Apuleio. Nei suoi scritti egli manifesta l’insoddisfazione dei contemporanei nei confronti della religione tradizionale e il desiderio di un rapporto più autentico con Dio. Nel suo capolavoro, intitolato Le metamorfosi, un credente si rivolge a una divinità femminile con queste parole: "Tu sì sei santa, tu sei in ogni tempo salvatrice dell’umana specie, tu, nella tua generosità, porgi sempre aiuto ai mortali, tu offri ai miseri in travaglio il dolce affetto che può avere una madre. Né giorno né notte né attimo alcuno, per breve che sia, passa senza che tu lo colmi dei tuoi benefici" (Apuleio di Madaura, Metamorfosi IX, 25, trad. it. C. Annaratone, in Preghiere dell’umanitàop. cit., p. 79).
Nello stesso periodo l’imperatore Marco Aurelio – che era pure filosofo pensoso della condizione umana – afferma la necessità di pregare per stabilire una cooperazione fruttuosa tra azione divina e azione umana. Scrive nei suo Ricordi: "Chi ti ha detto che gli dèi non ci aiutino anche in ciò che dipende da noi? Comincia dunque a pregarli, e vedrai" (Dictionnaire de Spiritualitè XII/2, col. 2213). Questo consiglio dell’imperatore filosofo è stato effettivamente messo in pratica da innumerevoli generazioni di uomini prima di Cristo, dimostrando così che la vita umana senza la preghiera, che apre la nostra esistenza al mistero di Dio, diventa priva di senso e di riferimento. In ogni preghiera, infatti, si esprime sempre la verità della creatura umana, che da una parte sperimenta debolezza e indigenza, e perciò chiede aiuto al Cielo, e dall’altra è dotata di una straordinaria dignità, perché, preparandosi ad accogliere la Rivelazione divina, si scopre capace di entrare in comunione con Dio.
Cari amici, in questi esempi di preghiere delle diverse epoche e civiltà emerge la consapevolezza che l’essere umano ha della sua condizione di creatura e della sua dipendenza da un Altro a lui superiore e fonte di ogni bene. L’uomo di tutti i tempi prega perché non può fare a meno di chiedersi quale sia il senso della sua esistenza, che rimane oscuro e sconfortante, se non viene messo in rapporto con il mistero di Dio e del suo disegno sul mondo. La vita umana è un intreccio di bene e male, di sofferenza immeritata e di gioia e bellezza, che spontaneamente e irresistibilmente ci spinge a chiedere a Dio quella luce e quella forza interiori che ci soccorrano sulla terra e dischiudano una speranza che vada oltre i confini della morte. Le religioni pagane rimangono un’invocazione che dalla terra attende una parola dal Cielo. Uno degli ultimi grandi filosofi pagani, vissuto già in piena epoca cristiana, Proclo di Costantinopoli, dà voce a questa attesa, dicendo: "Inconoscibile, nessuno ti contiene. Tutto ciò che pensiamo ti appartiene. Sono da te i nostri mali e i nostri beni, da te ogni nostro anelito dipende, o Ineffabile, che le nostre anime sentono presente, a te elevando un inno di silenzio" (Hymni, ed. E. Vogt, Wiesbaden 1957, in Preghiere dell’umanitàop. cit., p. 61).
Negli esempi di preghiera delle varie culture, che abbiamo considerato, possiamo vedere una testimonianza della dimensione religiosa e del desiderio di Dio iscritto nel cuore di ogni uomo, che ricevono compimento e piena espressione nell’Antico e nel Nuovo Testamento. La Rivelazione, infatti, purifica e porta alla sua pienezza l’anelito originario dell’uomo a Dio, offrendogli, nella preghiera, la possibilità di un rapporto più profondo con il Padre celeste.
All’inizio di questo nostro cammino nella "Scuola della preghiera" vogliamo allora chiedere al Signore che illumini la nostra mente e il nostro cuore perché il rapporto con Lui nella preghiera sia sempre più intenso, affettuoso e costante. Ancora una volta diciamoGli: "Signore, insegnaci a pregare" (Lc 11,1).


blogospheère


Le Vatican aborde la blogosphère
 Cent cinquante blogueurs catholiques ont rencontré mardi 3 mai à Rome les responsables de la culture et de la communication du Vatican. Le P. Federico Lombardi a pris acte de l’émergence positive d’une « nouvelle opinion publique, qui aide à la formation de la pensée dans l’Église ».

Fascinante rencontre, hier, au Vatican, entre deux mondes. L’un, institutionnel, hiérarchisé, lent, et fondé depuis des siècles sur le papier : le Saint-Siège. Et l’autre, anonyme, participatif, incontrôlé, intégralement sur le Net : les blogueurs. 
Invités à une première rencontre d’échanges par les conseils pontificaux pour la culture et pour les communications sociales, 150 blogueurs catholiques du monde entier (à l’exception visible de l’Afrique et de l’Asie) se sont mutuellement découverts durant quatre heures. 
Loin de la polémique française, ils ont entamé ce que Mgr Claudio Celli, président du Conseil pontifical pour les communications sociales, a joliment appelé « le premier mouvement d’une symphonie à venir ».

L’EXPLORATION DU CONTINENT NUMÉRIQUE


L’idée en revient au cardinal Gianfranco Ravasi, président du Conseil pontifical pour la culture, malheureusement retenu à Saint-Domingue, mais déjà artisan du « Parvis des gentils ». Le Vatican poursuit donc son exploration des nouveaux continents, qu’ils soient non croyants ou numériques. 
En son nom, Richard Rouse, maître d’œuvre de la rencontre, a pris les devants, face à ce public fort jaloux de sa liberté : « Pas question d’édicter un code de moralité des blogueurs ! » Dans la salle, tablettes et smartphones chauffaient, filmant, twittant, chattant, mailant… pour finalement saturer le wi-fi local !…
Dès la première table ronde, la diversité des blogueurs apparut : « Je me confesse moins depuis que je blogue », avoua en souriant l’ Américaine Elisabeth Scalia. Et pourtant, la blogosphère est pour elle « une chambre d’écho des ego, car les passions galopent », a-t-elle reconnu. Le Français François Jeanne-Beylot, spécialisé dans l’intelligence économique, constata : « Le Net est le royaume de celui qui crie le plus fort, d’où la nécessité pour les catholiques d’y être présents. » « Trois raisons motivent les blogueurs, a-t-il poursuivi, se vendre, flatter son ego et faire passer des idées. »

« AUJOURD’HUI, LE CHRIST SERAIT BLOGUEUR »


Cette dernière motivation guide le P. Roderick Vonhögen, jeune prêtre néerlandais hyperconnecté: « Si le Christ revenait, il serait blogueur, ne craint-il pas d’affirmer. Je veux être un berger pour ceux qui en ont besoin, et non pour ceux qui en ont déjà. » 
Blogueurs prêtres, blogueurs journalistes, blogueurs personnels : dans la blogosphère, la diversité des statuts est grande. Si des voix se sont fait entendre pour demander à l’Église une sorte de « nihil obstat numérique », elles ont vite été couvertes avec fermeté : « Nous ne voulons aucune approbation, ni du Vatican, ni des diocèses, ni des médias catholiques, a lancé une blogueuse américaine. Simplement, nous pensons ce que nous pensons ! »

LES REPRÉSENTANTS DU VATICAN ONT JOUÉ LE JEU

Face à cette ébullition, les représentants du Vatican ont joué le jeu. Le P. Federico Lombardi, directeur de la Salle de presse du Saint-Siège, a rappelé que le pape est « disponibilissimo (très disponible) à tous les nouveaux moyens de communication ». Mais surtout, il a pris acte de l’émergence positive de cette « nouvelle opinion publique, qui aide à la formation de la pensée dans l’Église ». 
Le P. Lombardi a expliqué que le blogueur qui, pour ses services, veille sur les réseaux sociaux, lui « a changé la vie ». Chacun se souvient que le pape lui-même avait reconnu dans son livre Lumière du monde que si la Curie avait mieux utilisé Internet, le « cas Williamson » aurait pu être réglé bien en amont…
Mais le P. Lucio Ruiz, qui dirige les services Internet du Vatican (dont le site « aux 500 000 pages », a-t-il expliqué, est « mis à jour manuellement »), a soutenu qu’en aucun cas le pape ne pourrait tenir un blog : « Le pape ne doit pas remplacer les évêques. Si nous faisons en sorte que son message parvienne à la terre entière, il ne doit pas, à lui seul, réaliser l’ensemble de la mission universelle. »
FRÉDÉRIC MOUNIER  (lwww.la-croix.com)
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3/5/11 - 17