domenica 29 agosto 2010

Stati generali del cristianesimo

Francia: il bisogno di Dio al centro degli “Stati generali del cristianesimo”


“La nostra epoca ha bisogno di Dio?”: la domanda sarà al centro della prima edizione degli “Stati generali del cristianesimo” che si terranno a Lille, in Francia, dal 23 al 25 settembre. Organizzato dal settimanale “La Vita”, il convegno si articolerà in forum, dibattiti e momenti di preghiera. In un’intervista pubblicata sul sito Internet della Conferenza episcopale francese, mons. Laurent Ulrich, arcivescovo di Lille, spiega: “È giunto il momento di far parlare cristiani di mondi diversi, persone che vivono in quei ‘circuiti’ della Chiesa che non sono automaticamente in comunicazione fra loro”. “La nostra epoca – continua il presule – ha bisogno di Dio né più né meno che le epoche precedenti o seguenti. Però, oggi abbiamo l’opportunità di parlarne”, poiché “siamo segnati da una forma di indifferenza che non soddisfa nessuno. E un certo numero di nostri contemporanei portano nel cuore il desiderio di rimettere l’interiorità al centro della vita”. Poi, l’arcivescovo di Lille fa un’ulteriore precisazione: “La nostra società liberale non impedisce di parlare della fede, ma i suoi interessi sono altrove, ossia nell’immediatezza, nella sfera materiale, nei progetti a breve termine”. Ma tutto questo, aggiunge il presule, “non riempie a sufficienza le nostre vite. Le invade, sì, fa molto rumore, ma non ci fa vivere davvero”. Per questo, ribadisce, “la gente ha bisogno di ritrovare i valori fondamentali”. Tre gli argomenti che saranno affrontati nei diversi giorni del convegno, ognuno portatore di un singolare interrogativo: “Qual è la presenza cristiana nel dibattito pubblico?”, “C’è bisogno di un nuovo Concilio?” e “Evangelizzare vuol dire provocare?”. A proposito di quest’ultimo argomento, mons. Ulrich sottolinea: “Sono molti i cristiani presenti ed impegnati nella vita sociale. Ma se è vero che la ragione del loro impegno è il legame con Cristo, è anche vero che oggi ciò è molto difficile da dire. Queste persone portano avanti il loro operato, ma hanno delle riserve a testimoniare la loro fede”. La provocazione, quindi, ribadisce il presule, sta proprio nel capire se oggi si può parlare liberamente dell’amicizia con Dio, della fede che stimola il nostro impegno. Tra i presenti agli “Stati generali del cristianesimo” anche Bernard Podvin, portavoce dei vescovi francesi, e suor Nathalie Becquart, co-direttrice del Servizio nazionale per l’evangelizzazione dei giovani. (I.P.)

Bollettino Radio Vaticana 27-9-2010

Congresso sul ruolo della stampa cattolica

Monsignor Celli anticipa temi e prospettive del prossimo congresso promosso dal dicastero

La stampa cattolica a scuola di comunicazione digitale


Il mandato di Benedetto XVI è chiaro: trasformare il multiforme pianeta digitale in un'accogliente piazza virtuale dove gli uomini possano conoscersi per dialogare, sfruttandone a pieno le potenzialità. E per rispondere al compito ricevuto dal Papa l'arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, ha convocato un congresso sul ruolo della stampa cattolica nell'era digitale che si svolgerà dal 4 al 7 ottobre in Vaticano.
Presentando l'incontro al nostro giornale, monsignor Celli libera il campo da ogni possibile equivoco e anticipa che dal congresso vaticano "non ci si devono aspettare chissà quali pronunciamenti, annunci di nuove strategie o chiamate alle armi". Si tratta di "un punto privilegiato di osservazione per analizzare le questioni cruciali della comunicazione cattolica a livello mondiale, in un contesto di dialogo e di apertura verso tutti". Un "mattone in più" per la realizzazione del "cortile dei gentili", per usare un'espressione del Pontefice.

Chi parteciperà al congresso?

Abbiamo chiesto a tutte le conferenze episcopali di inviare tre rappresentanti: due coinvolti direttamente nella stampa e uno nel campo di internet. Insomma non abbiamo scelto noi i partecipanti, sono le conferenze episcopali a delegare le persone che ritengono più adeguate. Ovviamente si tratta quasi esclusivamente di laici. Non mancano, però, vescovi e sacerdoti.

Come procedono le adesioni?

A oggi registriamo l'iscrizione di 58 Paesi per un totale di almeno 180 persone. Prevediamo che entro ottobre il numero crescerà, e non di poco. È un dato incoraggiante perché le conferenze episcopali hanno percepito l'importanza di ritrovarsi insieme alla ricerca di un confronto che verterà soprattutto su due tematiche: dove sta andando la stampa cattolica e su quali basi si può intavolare un dialogo con il mondo.

Sarà un incontro a numero chiuso ma non a porte chiuse, dunque.

Sì, ai lavori parteciperanno solamente i rappresentanti delle conferenze episcopali. In questi giorni stiamo ricevendo molte altre domande di iscrizione ma, con rammarico, non possiamo accoglierle.

Cosa ci si deve aspettare dal congresso?

In linea generale, l'iniziativa si inquadra nella missione di favorire nel mondo cattolico una maggiore conoscenza degli strumenti della comunicazione digitale, favorendo una visione di insieme dei problemi e delle prospettive che si aprono in questo variegato universo. In particolare, ci sarà un'attenzione specifica alla carta stampata, con una significativa apertura alle novità digitali. Del resto oggi molti giornali, anche cattolici, vengono prevalentemente consultati su internet, attraverso aggiornatissimi siti, piuttosto che letti sulla carta. Una realtà che non ci coglie impreparati. La Chiesa, nel suo approccio comunicativo ab intra e ad extra, conta già qualificate presenze su internet.

Come si articoleranno i lavori?

Partiremo subito con due tavole rotonde. Alla prima interverranno alcuni direttori di grandi giornali laici di tutto il mondo per un confronto sulle problematiche e il futuro della stampa. Il programma è ancora in via di definizione ma posso assicurare che i nomi saranno di prim'ordine. La seconda tavola rotonda farà il punto, nel dettaglio, sullo stato di salute della stampa cattolica dando voce ai direttori delle maggiori pubblicazioni cattoliche internazionali.

Una delle questioni più scottanti è quella dello spazio che sulla stampa cattolica possono trovare le cosiddette voci del dissenso.

È vero, stiamo rilevando come la questione stia già suscitando un particolare interesse. Nel congresso ci si chiederà essenzialmente se ci sono argomenti da evitare e se si deve dare voce al dissenso. Sono temi che abbracciano anche il rapporto tra comunione ecclesiale e nodi controversi, tra libertà di espressione e verità nella Chiesa. È importante vedere questi problemi sotto diverse angolazioni, esaminandoli dalle prospettive di vescovi, teologi, giornalisti, sociologi e blogger.

Sarà perciò un congresso aperto al dibattito libero.

È solo con un dialogo aperto, rispettoso, che potremo tracciare una panoramica completa e moderna della presenza cattolica nei media. Per questa ragione il programma del congresso dà ampio spazio ai gruppi di lavoro e al dibattito. Ne ho fatto esperienza, di recente, anche a New Orleans, in occasione della convention della Catholic press association. È stato stimolante il dialogo diretto, inedito, tra i giornalisti e i rappresentanti delle conferenze episcopali degli Stati Uniti d'America e del Canada.

L'ultima parte dei lavori sarà dedicata a internet.

Ci sono prospettive enormi, con nuove opportunità pastorali e le possibilità di collaborazioni. È naturale per la Chiesa interrogarsi su come affrontare le sfide del futuro con una visione globale. È chiaro che la comunicazione corre a velocità diverse: un conto è l'Europa e un altro conto è l'Africa. Lo scambio di esperienze resta un punto fondamentale per una crescita nella comunione e anche nell'efficienza della comunicazione stessa.

Come è nata l'idea di un congresso specifico sulla stampa cattolica?

È il completamento di un lavoro di analisi e approfondimento avviato da tempo dal Pontificio Consiglio. Nel 2006 a Madrid si era fatto il punto sulla realtà delle televisioni cattoliche. Nel 2007 abbiamo valorizzato la missione delle facoltà di comunicazione sociale delle università cattoliche per studiare come il mondo accademico prepara i futuri operatori nel campo dei media, puntando sui riferimenti antropologici ed etici. Quindi siamo passati a esaminare le radio cattoliche. È in questa linea che si pone il nuovo congresso.

Quali sono le regole per la stampa cattolica su internet?

C'è una sola regola ma fondamentale: sempre aperti al dialogo con rispetto. Ci siamo accorti, e ne siamo pienamente consapevoli, che le nuove tecnologie hanno dato origine a una vera e propria cultura digitale. In linea con il concilio Vaticano ii si tratta di costruire un dialogo, non facile ma irrinunciabile. Il Papa ci ha chiesto di esercitare una diaconia della cultura, una vera e propria pastorale nel mondo dell'espressione digitale. Lo ha espresso chiaramente nell'ultimo messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Dunque la nostra attenzione si è spostata, a poco a poco, dai singoli mezzi di comunicazione alla prospettiva culturale che le nuove tecnologie, la cosiddetta multimedialità, hanno creato.

Come pensate di realizzare il mandato del Papa per un confronto aperto sul terreno moderno dei nuovi sistemi di comunicazione?

Benedetto XVI ha parlato di un "cortile dei gentili". Da parte nostra non lasceremo nulla di intentato per individuare sempre nuovi punti di incontro sulle grandi autostrade della comunicazione, del web, facendo in modo che gli uomini possano avere un dialogo aperto. Proprio questo genere di congressi sono occasioni di continuo aggiornamento e fonte di nuove idee. A questo proposito, importantissimo è stato il recente seminario con i vescovi responsabili per i mass media di oltre cinquanta conferenze episcopali. Cerchiamo di non perdere mai di vista le novità che i sempre più diffusi e influenti nuovi media stanno esercitando in tutto il mondo.

(di Giampaolo Mattei Osservatore Romano 29-9-2010)

Raimon Panikkar

Uomo di frontiera
tra Oriente e Occidente

La frontiera traspariva nel suo stesso aspetto ed era iscritta nei suoi stessi dati: biologici, culturali e religiosi. Figlio di padre indiano indù e di madre catalana cattolica. Classe 1918 è morto a 91 anni compiuti nella Fondazione Vivarium di Tavertet presso Barcellona, che aveva fondato come centro internazionale di studi e di ricerca sulle religioni del mondo, e dove viveva, dopo la docenza in prestigiose università come Harvard e la California University. Durante gli anni della sua docenza universitaria passava l'estate in un suo villino, in India, sulle rive del Gange, nella lettura di testi antichi, nella scrittura dei suoi libri e nella preparazione dei corsi.
Identità culturale e religiosa complessa, e pur armonica, quella dello studioso indo-catalano, perché nutrita di conoscenza e di esperienza. Uno dei suoi testi più letti è Il dialogo intra-religioso (1978), che tende a una sintesi tra pluralismo e armonia, dove scrive: "Sono partito come cristiano, mi sono trovato indù e ritorno come buddhista, senza aver mai cessato di essere cristiano". E, da ultimo, aggiungeva: "Al mio ritorno mi sono scoperto un cristiano migliore". Il dialogo è dialettico, quando si muove sul piano intellettuale; ma il dialogo religioso, come dialogo di vita, coinvolge la spiritualità dei dialoganti: è più che dialogo interreligioso, è "dialogo dialogico", "dialogo intra-religioso", come si esprimeva nelle sue molteplici e suggestive innovazioni linguistiche, che potevano sconcertare lettori e uditori, ma che sono da interpretare come una versione di teologia negativa, presente nella tradizione del pensiero cristiano, e che l'autore delle Lettere da Benares aveva illustrato in un grande libro, Il silenzio di Dio. La risposta del Buddha (1970).
Una delle categorie più importanti immessa nella filosofia e teologia delle religioni da Panikkar, è quella di "esperienza cosmoteandrica" illustrata nella nuova edizione, curata da Milena Carrara Pavan, editor dell'opera omnia presso Jaca Book, La realtà cosmoteandrica. Dio, Uomo., Mondo (2004). Se il teandrismo è stata l'espressione tradizionale per esprimere l'unione dell'umano e del divino in Cristo, nell'esperienza cosmoteandrica (da nominare meglio come teo-antropo-cosmica) è l'esperienza dove si sperimenta la complessità del reale nelle sue tre dimensioni: cosmica, umana, divina. Il cosmoteandrismo è lontano dalla Ragione dialettica, armata dalle sue categorie per dominare il reale; esso è armonia con se stessi, con il mondo e con il divino, che trascende uomo e mondo, ma che immane nell'uomo e nel mondo come Realtà delle realtà. Egli scrive a conclusione dell'opera citata: "Una spiritualità cosmoteandrica non riduce Dio a un concetto o a un elemento in più rispetto agli elementi della realtà. Totum in quolibet, "il tutto in ogni cosa" diceva Nicola da Cusa, ma ogni cosa è cosa perché in un certo qual modo riflette il Tutto. È una spiritualità religiosa". In parole semplici, il grande studioso delle religioni avverte l'uomo secolare (ma anche l'uomo confessionalmente religioso) di tenersi "aperti al mistero" per vivere una vita compiuta, e non decurtata, di esperienza umana.
Nelle analisi delle varie tendenze di teologia delle religioni - tema che esula, ora, in questo ricordo - Panikkar è annoverato tra i rappresentanti della cosiddetta teoria pluralista delle religioni, che contrasta con la posizione cattolica della unicità e universalità della salvezza in Cristo. Ma si deve pur dire che il pluralismo di Panikkar è sempre attraversato da un tentativo di riconduzione all'armonia, e dall'esperienza esistenziale di "apertura al mistero", a cui può attingere l'uomo secolare e anche l'uomo religioso.
Il giovane indo-catalano venne ordinato sacerdote nel 1946 e ha celebrato il cinquantesimo di ordinazione sacerdotale il 29 settembre 1996 nella chiesa dell'abbazia di Montserrat, dove si celebreranno i solenni funerali il prossimo 3 settembre. Nella lettera di invito agli amici (inviata anche a me), si invitava a celebrare il cinquantesimo di sacerdozio "con tutto il creato". È una ulteriore conferma della visione cosmoteandrica, che ha animato il sacerdote, il filosofo e il teologo.

(di Rosino Gibellini dall'Osservatore Romano del 29 agosto 2010)

sabato 28 agosto 2010

Rimini Meeting: "passare dalla paura dell’altro alla paura per l’altro"

Il dialogo fra le religioni al centro stamani del Meeting di Rimini. “Chi crede si incontra” il titolo della conferenza nel corso della quale sono intervenuti il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Shodo Habukawa, monaco buddista e docente alla Koyasan University, e Tareq Oubrou, imam della Moschea di Bordeaux. Sull'incontro Debora Donnini ha intervistato lo stesso cardinale Tauran:

R. – Io ho cercato di mostrare che, prima di tutto, non sono le religioni che dialogano, ma i credenti: persone del tutto normali, dunque, con problemi comuni. E queste persone, poiché sono credenti, hanno un patrimonio di valori comuni che permette di capire che non solo siamo fratelli, ma anche figli di Dio. Quando si crede, per esempio, che ogni persona umana ha ricevuto dal Creatore una dignità unica, quando uno crede nel servire il prossimo, una persona che non abbiamo scelto, quando si crede che la Terra e le sue risorse sono affidate alla gestione degli uomini per servire il bene comune: tutto questo fa sì che si abbiano molte cose da dire in comune e da fare in comune. Le religioni non sono fonti di divisione, sono i credenti che tradiscono, talvolta, questo patrimonio. Allora chi crede e si incontra deve essere un credente coerente, in modo da portare avanti quattro compiti: una pedagogia del vivere assieme, una proposta etica - dobbiamo avere il coraggio di distinguere il bene e il male, di ricordare i diritti e i doveri - poi una passione per servire e, infine, una condotta di cittadini responsabili, perché siamo credenti e cittadini. Non siamo credenti o cittadini, ma siamo credenti e cittadini. E, ovviamente, la cosa ancora più importante è la testimonianza religiosa, perché noi non diffondiamo valori umanisti: noi cristiani diffondiamo soprattutto valori evangelici. E allora direi che noi credenti abbiamo appuntamento con la storia di oggi ed è importante far capire ai nostri fratelli dell’umanità ciò che vedo qui davanti a noi, il “Portico della gloria”: in fondo al cammino c’è Qualcuno che ti aspetta. Penso che questo sia il messaggio che noi tutti credenti abbiamo da dare a tutti.

D. – Il dialogo fra le religioni, anzi fra i credenti delle varie religioni, è importante anche per la costruzione della pace...

R. – Certo, perché se non siamo capaci di vivere in pace all’interno delle nostre comunità, tra noi credenti, vuol dire che la pace è impossibile e noi sappiamo che è possibile. Io dico sempre che Dio ci ha fatto due grandi doni: un’intelligenza per capire e un cuore per amare, e con la nostra intelligenza e il nostro cuore possiamo cambiare il mondo.

D. – Infatti, il titolo del Meeting dice: “Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore”. Un cuore, dunque, che si converte, un cuore che aspira a cose grandi come la pace è un cuore capace di costruirla...

R. – ... di costruirla e di cambiare il mondo. Noi dobbiamo passare dalla paura dell’altro alla paura per l’altro: ciò vuol dire che quando mio fratello non ha assicurati i suoi diritti, quando viene maltrattato deve essere un mio affare, io soffro per lui. Bisogna passare dalla paura dell’altro alla paura per l’altro.

E ieri al Meeting si è parlato molto di libertà religiosa. L’Italia presenterà all’assemblea generale dell’Onu una risoluzione per garantirla. Lo ha detto il ministro degli esteri italiano, Franco Frattini, in un incontro dedicato a questa tema. Vi hanno preso parte il ministro degli esteri della Nigeria, Salamatu Hussaini Suleiman, e quello della Repubblica di San Marino, Antonella Mularoni, oltre ad ambasciatori di Pakistan, Turchia e Senegal. Il servizio della nostra inviata a Rimini, Debora Donnini.

Chi uccide in nome della religione offende profondamente la propria religione. Così il ministro Frattini nel suo intervento dedicato al tema della libertà religiosa. Compito della politica quello di garantire questa libertà non solo come un fatto privato, ma anche pubblico. Diversamente si cade nella spirale dell’estremismo. Frattini ribadisce il suo impegno su questo fronte in un incontro con i rappresentanti di Nigeria, Pakistan, Turchia, Senegal, Repubblica di San Marino. Tutti concordano sull’importanza di questa tematica. Il ministro degli Esteri della Nigeria, Salamatu Hussaini Suleiman, ricorda: “ Il nostro governo nel 2000 ha creato il Consiglio interreligioso nigeriano, una piattaforma per il dialogo fra le due principali religioni del Paese, con la convinzione che una maggior conoscenza reciproca porterà anche ad un maggiore apprezzamento”. “Il Meeting - ricorda Mario Mauro, rappresentante dell’Ocse contro razzismo, xenofobia e discriminazioni, in particolare contro i cristiani, che ha partecipato all’incontro - mette al centro il tema del cuore e questo cuore è anzitutto esigenza di Dio”. Tutto, infatti, al Meeting parla di questo anelito, di questo desiderio insopprimibile di Infinito presente in ogni uomo.

(dal sito della Radio Vaticana)

domenica 22 agosto 2010

Insegnamento della religione nella scuola

Indicazioni sperimentali
Per l’insegnamento della religione cattolica nel secondo ciclo di istruzione

(giugno 2010)

L’insegnamento della religione cattolica (Irc) risponde all’esigenza di riconoscere nei percorsi scolastici il valore della cultura religiosa e il contributo che i principi del cattolicesimo hanno offerto e continuano a offrire al patrimonio storico del popolo italiano. Nel rispetto di tali indicazioni, derivanti dalla legislazione concordataria, l’Irc si colloca nel quadro delle finalità della scuola con una proposta formativa originale e oggettivamente fondata, offerta a tutti coloro che
intendano liberamente avvalersene.
L’Irc mira ad arricchire la formazione globale della persona con particolare riferimento agli aspetti spirituali ed etici dell’esistenza, in vista di un efficace inserimento nel mondo civile, professionale e universitario; offre contenuti e strumenti che aiutano lo studente a decifrare il contesto storico, culturale e umano della società italiana ed europea, per una partecipazione attiva e
responsabile alla costruzione della convivenza umana.
Lo studio della religione cattolica, effettuato con strumenti didattici e comunicativi adeguati all’età degli studenti, promuove la conoscenza del dato storico e dottrinale su cui si fonda la religione cattolica, posto sempre in relazione con la realtà e le domande di senso che gli studenti si pongono, nel rispetto delle convinzioni e dell’appartenenza confessionale di ognuno. Nell’attuale contesto multiculturale della società italiana la conoscenza della tradizione religiosa cristiano cattolica costituisce fattore rilevante per partecipare a un dialogo fra tradizioni culturali e religiose diverse.
In tale prospettiva, l’Irc propone allo studente il confronto con la concezione cristianocattolica della relazione tra Dio e l’uomo a partire dall’evento centrale della Pasqua, realizzato nella persona di Gesù Cristo e testimoniato nella missione della Chiesa.

Competenze

Al termine del primo biennio, che coincide con la conclusione dell’obbligo di istruzione e quindi assume un valore paradigmatico per la formazione personale e l’esercizio di una cittadinanza consapevole, lo studente sarà in grado di:
 porsi domande di senso in ordine alla ricerca di un’identità libera e consapevole,
confrontandosi con i valori affermati dal Vangelo e testimoniati dalla comunità cristiana;
 rilevare il contributo della tradizione ebraico-cristiana allo sviluppo della civiltà umana nel
corso dei secoli, confrontandolo con le problematiche attuali;
 impostare una riflessione sulla dimensione religiosa della vita a partire dalla conoscenza della Bibbia e della persona di Gesù Cristo, cogliendo la natura del linguaggio religioso e specificamente del linguaggio cristiano.
Al termine dell’intero percorso di studio l’Irc metterà lo studente in condizione di:
 sapersi interrogare sulla propria identità umana, religiosa e spirituale, in relazione con gli altri e con il mondo, al fine di sviluppare un maturo senso critico e un personale progetto di vita;
 riconoscere la presenza e l’incidenza del cristianesimo nel corso della storia, nella valutazione e trasformazione della realtà e nella comunicazione contemporanea, in dialogo con altre religioni e sistemi di significato;
 confrontarsi con la visione cristiana del mondo, utilizzando le fonti autentiche della rivelazione ebraico-cristiana e interpretandone correttamente i contenuti, in modo da elaborare una posizione personale libera e responsabile, aperta alla ricerca della verità e alla pratica della giustizia e della solidarietà.

Obiettivi specifici di apprendimento

Gli obiettivi specifici di apprendimento sono declinati in conoscenze e abilità riconducibili in vario modo a tre aree di significato: antropologico-esistenziale, storico-fenomenologica, biblicoteologica.

Primo biennio

Conoscenze
In relazione alle competenze sopra individuate e in continuità con il primo ciclo, lo studente:
- si confronta sistematicamente con gli interrogativi perenni dell’uomo e con le risorse e le inquietudini del nostro tempo, a cui il cristianesimo e le altre religioni cercano di dare una spiegazione: l’origine e il futuro del mondo e dell’uomo, il bene e il male, il senso della vita e della morte, le speranze e le paure dell’umanità;
- approfondisce, alla luce della rivelazione ebraico-cristiana, il valore delle relazioni
interpersonali, dell’affettività, della famiglia;
- coglie la specificità della proposta cristiano-cattolica, distinguendola da quella di altre
religioni e sistemi di significato, e riconosce lo speciale vincolo spirituale della Chiesa con il popolo di Israele;
- conosce in maniera essenziale e corretta i testi biblici più rilevanti dell’Antico e del Nuovo Testamento, distinguendone la tipologia, la collocazione storica, il pensiero;
- approfondisce la conoscenza della persona e del messaggio di salvezza di Gesù Cristo, come documentato nei Vangeli e in altre fonti storiche;
- riconosce la singolarità della rivelazione cristiana di Dio Uno e Trino e individua gli elementi che strutturano l’atto di fede;
- conosce origine e natura della Chiesa, scopre le forme della sua presenza nel mondo
(annuncio, sacramenti, carità) come segno e strumento di salvezza, si confronta con la testimonianza cristiana offerta da alcune figure significative del passato e del presente;
- ricostruisce gli eventi principali della Chiesa del primo millennio;
- si confronta con alcuni aspetti centrali della vita morale: la dignità della persona, la libertà di coscienza, la responsabilità verso il creato, la promozione della pace mediante la ricerca di un’autentica giustizia sociale e l’impegno per il bene comune;

Abilità

Lo studente:

- riflette sulle proprie esperienze personali e di relazione;
- pone domande di senso e le confronta con le risposte offerte dalla fede cattolica;
- riconosce e usa in maniera appropriata il linguaggio religioso per spiegare le realtà e i contenuti della fede cattolica;
- riconosce il contributo della religione, e nello specifico di quella cristiano-cattolica, alla formazione dell’uomo e allo sviluppo della cultura, anche in prospettiva interculturale;
- rispetta le diverse opzioni e tradizioni religiose e culturali;
- consulta correttamente la Bibbia e ne scopre la ricchezza dal punto di vista storico, letterario e contenutistico;
- sa spiegare la natura sacramentale della Chiesa e rintracciarne i tratti caratteristici nei molteplici ambiti dell’agire ecclesiale;
- è consapevole della serietà e problematicità delle scelte morali, valutandole anche alla luce della proposta cristiana.

Secondo biennio

Conoscenze

Come approfondimento delle conoscenze e abilità già acquisite, lo studente:

- prosegue il confronto critico sulle questioni di senso più rilevanti, dando loro un
inquadramento sistematico;
- studia la relazione della fede cristiana con la razionalità umana e con il progresso scientifico-tecnologico;
- arricchisce il proprio lessico religioso, conoscendo origine, senso e attualità delle ‘grandi’ parole e dei simboli biblici, tra cui: creazione, esodo, alleanza, promessa, popolo di Dio, messia, regno di Dio, grazia, conversione, salvezza, redenzione, escatologia, vita eterna; riconosce il senso proprio che tali categorie ricevono dal messaggio e dall’opera di Gesù Cristo;
- legge direttamente pagine scelte dell’Antico e del Nuovo Testamento e ne apprende i
principali criteri di interpretazione;
- conosce la comprensione che la Chiesa ha di sé, sapendo distinguere gli elementi misterici e
storici, istituzionali e carismatici;
- conosce lo sviluppo storico della Chiesa nell’età medievale e moderna, cogliendo i motivi
storici delle divisioni ma anche le tensioni unitarie in prospettiva ecumenica;
- individua il rapporto tra coscienza, libertà e verità nelle scelte morali;
- conosce gli orientamenti della Chiesa sull’etica personale e sociale, sulla bioetica, sull’etica
sessuale, sulla questione ecologica.
Abilità
Lo studente:
- si interroga sulla condizione umana, tra limiti materiali, ricerca di trascendenza e speranza di
salvezza;
- imposta criticamente la riflessione su Dio nelle sue dimensioni storiche, filosofiche e
teologiche;
- si confronta con il dibattito teologico sulle grandi verità della fede e della vita cristiana
sviluppatosi nel corso dei secoli all’interno alla Chiesa;
- affronta il rapporto del messaggio cristiano universale con le culture particolari e con gli effetti storici che esso ha prodotto nei vari contesti sociali e culturali;
- riconosce in opere artistiche, letterarie e sociali i riferimenti biblici e religiosi che ne sono all’origine;
- documenta le fasi della vita della Chiesa dal secolo XI al secolo XIX con peculiare
attenzione alla Chiesa in Italia;
- riconosce differenze e complementarità tra fede e ragione e tra fede e scienza;
- argomenta le scelte etico-religiose proprie o altrui.

Quinto anno

Conoscenze

Nella fase conclusiva del percorso di studi lo studente:

- conosce l’identità della religione cattolica nei suoi documenti fondanti e nella prassi di vita che essa propone;
- approfondisce la concezione cristiano-cattolica della famiglia e del matrimonio;
- studia il rapporto della Chiesa con il mondo contemporaneo;
- conosce le linee di fondo della dottrina sociale della Chiesa;
- interpreta la presenza della religione nella società contemporanea in un contesto di pluralismo culturale e religioso, nella prospettiva di un dialogo costruttivo fondato sul principio del diritto alla libertà religiosa.

Abilità

Lo studente:
- giustifica e sostiene consapevolmente le proprie scelte di vita, personali e professionali,anche in relazione con gli insegnamenti di Gesù Cristo;
- riconosce nel Concilio ecumenico Vaticano II un evento importante nella vita della Chiesa contemporanea e sa descriverne le principali scelte operate, alla luce anche del recente magistero pontificio;
- discute dal punto di vista etico potenzialità e rischi delle nuove tecnologie;
- sa confrontarsi con la dimensione della multiculturalità anche in chiave religiosa;
- fonda le scelte religiose sulla base delle motivazioni intrinseche e della libertà responsabile.

Nota esplicativa per i licei

L’Irc condivide il profilo culturale, educativo e professionale dei licei ed offre un contributo specifico sia nell’area metodologica (arricchendo le opzioni epistemologiche per l’interpretazione della realtà) sia nell’area logico-argomentativa (fornendo strumenti critici per la lettura e la valutazione del dato religioso). Sul piano contenutistico, l’Irc si colloca nell’area linguistica e
comunicativa (tenendo conto della specificità del linguaggio religioso e della portata relazionale di qualsiasi discorso religioso), interagisce con quella storico-umanistica (per gli effetti che storicamente la religione cattolica ha prodotto nella cultura italiana, europea e mondiale) e si collega (per la ricerca di significati e l’attribuzione di senso) con l’area scientifica, matematica e tecnologica.
È responsabilità dell’insegnante adattare le presenti indicazioni ai diversi indirizzi scolastici anche attraverso la realizzazione di opportuni raccordi interdisciplinari.

Nota esplicativa per i tecnici

L’Irc fa proprio il profilo culturale, educativo e professionale degli istituti tecnici, si colloca nell’area di istruzione generale, arricchendo la preparazione di base e lo sviluppo degli assi culturali attraverso una peculiare opzione epistemologica per l’interpretazione e la valutazione critica della realtà, mediante contenuti disciplinari, declinati in obiettivi specifici di apprendimento e articolati in conoscenze e abilità, in conformità con le linee guida.
L’Irc modellerà una proposta che aiuti l’allievo ad approfondire il rapporto tra dimensione etico-religiosa e dimensione tecnico-scientifica nella lettura della realtà. È responsabilità dell’insegnante adattare le presenti indicazioni ai diversi indirizzi scolastici anche attraverso la realizzazione di opportuni raccordi interdisciplinari.

Nota esplicativa per i professionali

L’Irc fa proprio il profilo culturale, educativo e professionale degli istituti professionali, si colloca nell’area di istruzione generale, arricchendo la preparazione di base e lo sviluppo degli assi culturali con la propria opzione epistemologica per l’interpretazione e la valutazione critica della realtà, mediante contenuti disciplinari declinati in obiettivi specifici di apprendimento e articolati in conoscenze e abilità, come previsto dalle linee guida per questo tipo di percorsi.
Nel caso in cui gli istituti professionali, ai sensi dell’art. 8, comma 5, del regolamento di cui al DPR 15-3-2010, n. 87, realizzino corsi triennali per il conseguimento dei diplomi di qualifica rilasciati secondo gli ordinamenti previgenti, sono adottati nei primi due anni gli obiettivi indicati ordinariamente per il primo biennio e nel terzo anno viene rimessa alla responsabile valutazione dell’insegnante la selezione, tra quelli previsti per il secondo biennio, degli obiettivi più idonei ad assicurare una coerente conclusione del percorso.

(dal sito del Ministero della P.I.)

venerdì 20 agosto 2010

La mort de Francesco Cossiga, électron libre de la politique italienne

La mort de Francesco Cossiga, électron libre de la politique italienne

L’ancien président italien, figure de la Démocratie chrétienne, emporte avec lui bien des secrets de l’Italie contemporaine


Francesco Cossiga, ancien président italien est décédé le mardi 17 août (AP/Files).

Figure majeure de la vie politique italienne durant quatre décennies, l’ancien président Francesco Cossiga est décédé mardi 17 août, à l’âge de 82 ans. Personnage brillant et versatile, cet ancien avocat fut une figure majeure de la Démocratie chrétienne (DC), parti pivot de la politique italienne des débuts de la République jusqu’au milieu des années 1990.

« Je suis un catholique libéral, qui a milité dans la gauche démocrate-chrétienne, un amoureux du catholicisme français, de Montalembert à Marc Sangnier, de Lubac, Congar, Maritain, Mounier, écrivait-il dans une tribune parue en 2002 dans La Croix. Pourtant, je suis un démocrate anti-jacobin. »
Un caractère imprévisible

Né en 1928 à Sassari, dans le nord-ouest de la Sardaigne, Francesco Cossiga adhère à la DC dès l’âge de 17 ans. Secrétaire départemental, il devient député à 30 ans, avant d’être plusieurs fois secrétaire d’État à la défense, puis ministre de l’intérieur en 1978. Il démissionne au lendemain de l’assassinat du chef de la DC, Aldo Moro, par les Brigades rouges. Pendant les cinquante-cinq jours de la captivité d’Aldo Moro, Francesco Cossiga est constamment critiqué pour sa gestion de l’affaire.

Cela ne brise en rien sa carrière. Brièvement président du Conseil (chef du gouvernement) en 1979, Francesco Cossiga est élu président du Sénat en 1983, puis président de la République en 1985. Dans cette fonction habituellement protocolaire, il fait montre d’un caractère de plus en plus imprévisible, multipliant les déclarations à l’emporte-pièce. Il démissionne en avril 1992, trois mois avant l’échéance de son mandat, sans avoir pu faire adopter le régime présidentiel qu’il appelait de ses vœux.
Le « picconatore » ou celui qui donne des coups de pic

Devenu sénateur à vie, il garde une liberté de parole qui lui vaudra son surnom de « picconatore », celui qui donne des coups de pic tous azimuts. Il révèle l’existence de Gladio (le « glaive »), un réseau armé secret destiné à combattre le communisme au lendemain de la Seconde Guerre mondiale.

Cela ne l’empêche pas de créer un parti, qui apporte par son alliance, en octobre 1998, une majorité parlementaire au premier gouvernement d’Europe occidentale dirigé par un ex-communiste, Massimo D’Alema. Avant de lui retirer son appui un an plus tard, puis de soutenir Silvio Berlusconi. En cela, Francesco Cossiga aura incarné le passage de la République des partis à celle du bipolarisme.

On a appris mardi 17 août que l’ancien président avait laissé trois lettres scellées, adressées au président de la République, au président du Conseil et à celui du Sénat. « L’homme des mystères » – un autre de ses surnoms – sera donc resté fidèle jusqu’après sa mort à sa réputation de receleur des secrets de l’Italie contemporaine, et d’amateur des coups de théâtre.

Laurent D’ERSU

lunedì 16 agosto 2010

Teologi: Convegno mondiale

27 July 2010 Fondazione Bruno Kessler

Si chiude oggi il convegno teologico internazionale organizzato dalla Fondazione Bruno Kessler e dal comitato scientifico "Catholic Theological Ethics in the World Church" che ha richiamato 600 partecipanti provenienti da 73 Paesi.

Con il convegno internazionale "In the Currents of History: from Trento to the Future" organizzato dalla Fondazione Bruno Kessler e dal comitato scientifico "Catholic Theological Ethics in the World Church", che ha richiamato oltre 600 partecipanti provenienti da 73 Paesi, Trento si è trasformata per quattro giorni nella capitale mondiale della teologia morale.

Da sabato 24 ad oggi in città si sono incontrati i più importanti teologi morali del mondo e oltre cento giovani ricercatrici e ricercatori per un dialogo sul futuro dello studio dell'etica, sia nell'ambito della teologia che nei settori della vita pubblica.
La città è stata scelta come protagonista dell'evento per le radici storiche che ha dato alla teologia morale (definita come disciplina nel quadro della formazione del clero proprio in occasione del Concilio del XVI secolo) nonché per la presenza del Centro per le Scienze Religiose della Fondazione Bruno Kessler, diretto da Antonio Autiero (professore di Teologia morale all'Università di Muenster) che ha presieduto il convegno con il padre gesuita James Keenan, professore di teologia morale al Boston College negli Stati Uniti.

"L'obiettivo" ha specificato Autiero facendo un bilancio dei lavori "non è stato solo parlare di temi etici, ma mettere a tema l'etica stessa. Alla base c'era l'idea che per fare etica è necessario mettersi in rete, riflettere insieme, percepire le differenze come ricchezza. Questa intuizione fondamentale del convegno è stata confermata. Oggi ci chiediamo anche come perseguire questa finalità in futuro. Dovremo adottare modalità etiche e sostenibili, ad esempio le persone, anziché spostarsi fisicamente, potranno proseguire a lavorare a distanza grazie alla rete creata qui a Trento".

Molti i temi che sono stati approfonditi dagli esperti: sostenibilità, cittadinanza, etica del sistema sanitario, HIV e Aids, tortura, genocidi, guerra e pace, bioetica, economia, questioni di genere, famiglia, Internet e molte altre questioni trattate nell'ambito dell'etica teologica. In totale circa 240 interventi.

"Fra i temi etici più rilevanti", sottolinea Keenan "c'è sicuramente quello del superamento delle disuguaglianze. Dove ci sono problemi e violenze, spesso ci sono questioni di disuguaglianza, fra i diritti di donne e uomini e fra le diverse economie del mondo".

In tutto al Convegno sono state organizzate dieci sessioni plenarie (nell'Auditorium del Centro Servizi Culturali S. Chiara) con la traduzione simultanea in italiano, inglese, francese e spagnolo e 20 sessioni parallele (presso il Seminario Maggiore in Corso Tre Novembre).

Circa la metà dei partecipanti al convegno sono stati laiche e laici impegnati nel campo della teologia. Fra i relatori anche l'Arcivescovo di Monaco di Baviera, Reinhard Marx, che oggi ha tracciato una visione del futuro dell'etica teologica.

Il programma dettagliato dell'evento e la lista dei partecipanti sono disponibili all'indirizzo: http://www.catholicethics.com

***


Seicento teologi moralisti, provenienti da 73 Paesi di tutto il mondo, si sono ritrovati nei giorni scorsi a Trento per un Convegno mondiale che ha affrontato i temi più scottanti di questo periodo storico: dalla bioetica alla comunione ecclesiale, dalle principali questioni morali e sociali al concetto di verità. Massicia la presenza dei laici (circa il 40%), 130 le donne teologhe invitate. Ad aprire e chiudere i lavori le relazioni di due vescovi-teologi, mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, e mons. Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga. Fabio Colagrande ha chiesto a mons. Bruno Forte il significato di questo incontro internazionale:

R. - Nel villaggio globale le sfide sono sempre più globali e dunque la riflessione teologico-morale, dovunque sia vissuta nei contesti più diversi della storia, si confronta con sfide comuni – basti pensare, per esempio, soltanto a quella della bioetica – e quindi c’è un bisogno di confrontare insieme le sfide e i problemi. C’è poi un’altra esigenza, più profonda, che è quella di sperimentare, vivere e testimoniare la comunione della Chiesa. Il teologo moralista, come ogni teologo, non è un avventuriero dell’intelligenza, ma deve percorrere i mari e la storia sulla barca di tutti che è la barca di Pietro, dove al timone appunto c’è Pietro, e con lui ci sono i vescovi, c’è il Magistero. Credo che il senso profondo e positivo di questo incontro sia stato proprio il voler sottolineare, come più volte mi ha ripetuto l’amico Antonio Autiero, che è stato l’organizzatore principale di questo convegno, teologo di fiducia della Conferenza episcopale tedesca: non si può elaborare un pensiero etico-morale oggi, senza un forte radicamento di comunione.

D. - Uno dei punti centrali della sua introduzione, mons. Forte, è stato il concetto che non c’è etica senza trascendenza: cosa significa?

R. - Io qui faccio mia un’analisi di Romano Guardini, il quale diceva che il grande dramma dell’epoca moderna, quella che ha portato a tutte le avventure dei totalitarismi e delle ideologie, è stata l’esasperazione dell’idea di autonomia. Quando un uomo vuol fare da sé, da solo, allora tutto diventa possibile nel bene e nel male, ma si perde l’ancoraggio e il riferimento che è necessario. Dunque, perché ci sia etica, è necessaria un’eteronomia fondatrice, che non significa annegare il valore della libertà e del discernimento da parte dell’uomo, ma significa dire che si è tanto più liberi quanto più questa nostra libertà si àncora su un riferimento di verità, di bene assoluto. E’ un po’ il messaggio che ci ha dato il Magistero morale in questi ultimi anni: pensiamo alla “Veritatis splendor”, pensiamo alla “Donum vitae” e così via.

D. - Che non ci sia etica senza trascendenza vuol dire anche in qualche modo che l’etica, oggi, nel villaggio globale va letta non in chiave individualista, ma sempre come un’etica che mira anche a una giustizia sociale?

R. - Non c’è etica dove non c’è il riconoscimento di una alterità, che è prima di tutto quella del prossimo, dell’immediato, “tu” a noi vicino. Per essere eticamente responsabile, per essere corrispondente a qualcuno io devo riconoscere la dignità di questo qualcuno. Ma questo “tu” non è soltanto il “tu” immediato e vicino, è in generale il “tu” della socialità, ed ecco allora una seconda dimensione di questa trascendenza che è quella della solidarietà, della responsabilità verso altri. E finalmente, in questo movimento di trascendenza, noi riconosciamo un’esigenza assoluta che è quella dell’imperativo morale. Ebbene, questo avviene da un “tu” ultimo e trascendente che è il “Tu” divino, quello che la morale teologica annuncia in riferimento a Gesù Cristo, Rivelazione di Dio. Senza questo “Tu”, l’uomo è solo e quando l’uomo è solo anche la sua autonomia si indebolisce perché non trova un aggancio ultimo e liberante che ci accomuni tutti e esiga da tutti obbedienza alla verità e al servizio degli altri.

Dal sito wwww.radiovaticana.org

lunedì 9 agosto 2010

The Man Who Expected to Be a Librarian...

There have been a number of providential turning points in the life of Pope Benedict XVI. His birth, of course, on Easter Saturday, 1927. Then there was the summer of 1945, when he was an American prisoner-of-war at age 18. And the moment in the mid-1950s when his dissertation was almost rejected, and it briefly seemed his academic career might be derailed. And the moment in 2002 when he handed in his resignation to Pope John Paul II, only to have it rejected. (If that resignation had been accepted, he might not have been as prominent a candidate to succeed John Paul II.) Now another ironic "turning point" in Joseph Ratzinger's life has come to light. In 1997, it seems, he was expecting to end his Vatican career by becoming, not Pope, but the chief Librarian of the Vatican Library...

The Pope Who Wanted to Be a Librarian


And now for a change of pace.

In my most recent letter, I talked about sex and Catholicism, about Christopher West's version of John Paul II's "Theology of the Body" and Alice von Hildebrand's critique of that teaching. Previous to that letter, I wondered aloud about the cathartic effect Benedict XVI's profound intelligence and spiritual insights might have as he tries to engage the British people and its leaders in dialogue over the fundamental issues of human life during his visit Scotland and England in September (16-19).

Both of these subjects are subject to facile misinterpretations, and tend to arouse moral and religious passions.

In this letter I would like to "change gears" and deal with a curious, little known yet moving incident in the life of Joseph Ratzinger.

I recently received a warm note from Cardinal Raffaele Farina, SDB (Society of Don Bosco), Prefect of the Vatican Library.

(The members of the Society of Don Bosco are commonly known as Salesians -- followers of St. Francis de Sales -- because the full name of their order is the "Congregation of St. Francis de Sales of St. John Bosco"),

The note recounts an encounter Cardinal Farina (photo) had with Cardinal Joseph Ratzinger (now Pope Benedict XVI) 13 years ago, in 1997, shortly after Farina became Prefect of the Vatican Library.

At that time, Farina had just succeeded Father Leonard Boyle, OP, my dear friend and mentor, as Prefect.

Unfortunately, Boyle had involved the Library in licensing deals which ended up in complicated lawsuits. Among the tasks Farina faced was sorting out those problems. Boyle, a brilliant paleographer and saintly man, was unexperienced in business, as he told me personally on several occasions. He died a few months after his dismissal; I believe it was due to a broken heart — to the shame he felt at his failure to obtain funds for his beloved Library through the licensing initiatives he entered into.

Boyle's successor, Farina (another photo), who will turn 77 in September, a month from now, is another wonderful man, scholarly, precise, kind.

Since 1997, he has been promoted, and currently serves as Archivist of the Vatican Secret Archives, Librarian of the Vatican Library (the one post above that of Prefect) and president of the Vatican School of Paleography.

Farina has given his entire life to the Church.

He entered the Salesians at the age of 16. He was ordained to the priesthood by Cardinal Maurilio Fossati on July 1, 1958, under the reign of Pope Pius XII.

Farina studied Church history at the Pontifical Gregorian University in Rome, and received his doctorate in 1965. For the following three years, he worked at the German Foundation "Humboldt" in Freiburg and Bonn, so he knows German well.

From 1968 to 1972, he was Professor of Church History (covering the early Church to the fall of the Western Roman Empire in 476 A.D.) and of Methodology in the Theological Faculty of the Pontifical Salesian University. He then served as dean of the same faculty until 1974, then was rector of the Salesian University for two terms (1977-1983, 1992-1997).

So he has been an able administrator as well as a scholar.

He was named Prefect of the Vatican Library by Pope John Paul II on May 25, 1997. He received his episcopal consecration on the following December 16 from three cardinals, fellow Salesian Tarcisio Bertone (now the Secretary of State -- this is why this period in Vatican history is sometimes termed the "Salesian period"; there are many Salesians in high Vatican posts) as principal consecrator, with James Stafford and Jean-Louis Tauran as co-consecrators, in St. Peter's Basilica.

Ten years later, Farina was named Archivist of the Vatican Secret Archives and Librarian of the Vatican Library, on June 25, 2007. He replaced Cardinal Tauran, who was made President of the Pontifical Council for Interreligious Dialogue (Tauran is another exceptionally learned and competent cardinal).

On the same date, Farina was given the rank of Archbishop.

Pope Benedict created him Cardinal-Deacon of S. Giovanni della Pigna in the consistory of November 24, 2007 -- the last time cardinals were created (we are awaiting the next consistory, which is expected during the next 12 months).

Cardinal Farina will be eligible to participate in any future papal conclaves until he reaches the age of 80 on September 24, 2013.

Cardinal Farina currently sits on the Pontifical Academy of Sciences, and is fluent in German, Spanish, Japanese, French, and English as well as Italian.

This is the note he sent to me, when I asked him if he had any memories to share of Pope Benedict XVI on the 5th anniversary of Benedict's election (April 19, 2005.


Cardinal Ratzinger's Secret Project to Become a Librarian


By Cardinal Raffaele Farina

It is well known that the Vatican Library bears the name Apostolic not by chance, since it is an institution regarded since its foundation as “The Pope’s Library,” his personal property, as it were.

This is what Benedict XVI said on the occasion of his visit to the Vatican Library and the Vatican Secret Archives on June 25, 2007.

At the end of his speech, addressed to the staff and management of the Library and the Archives, the Pope said: “I confess that, on reaching the age of 70 [in April 1997], I very much hoped that the beloved John Paul II would have allowed me to devote myself to the study of interesting documents and manuscripts which you preserve with such care, true masterpieces which help us study the history of humanity and Christianity. In His providential designs the Lord had other plans for me and now I’m here among you not as a keen student of ancient texts, but as a shepherd called on to encourage all believers to cooperate for the salvation of the world, each carrying out the mission God has assigned to him."

It was the year 1997.

Cardinal Ratzinger had turned 70 on April 16.

On May 24, I was named Prefect of the Vatican Library, and as I began to carry out that task, I began to realize bit by bit realized the difficulties, economic and managerial in particular, which I would have to confront.

I took over the full management of the Library when my mandate as Rector of the Salesian University expired on July 12.On that same day I learned of the sequestering under seal of the sales counters in the Galleries of the Library, which are, still today, part of the public area of the Vatican Museums, as well as of the laboratories and storage room of the Belser publishing company from Stuttgart, located in the Vatican Library in the rooms under my offices.

The Cardinal Librarian was at the time His Eminence Luigi Poggi; we knew already, during the month of July, that both of us would have the thankless task of dismissing as many as 39 of our employees.

In the midst of this worrisome situation, I received, among other things, an application for employment from a young woman from Munich in Bavaria who had worked as a trainee in our manuscript restoration laboratory.

She was in Rome and she called me almost every day, asking to be hired by the Library or at least to be accepted as an apprentice in our laboratory for a year or two.

I could not hire her, despite her excellent record of studies and her degree, obtained in Germany, not only on account of the firings which had been planned, but also because the Library had been put under the administration of an external commissioner (I was the external commissioner!) owing to the judicial proceedings connected to the aforesaid sequesterings, caused by the licences which my predecessor had incautiously granted to companies in California.

Tired by my refusals to hire her, polite though they were, this young woman got to the point of threatening me, saying that, unless I took into serious consideration her request to work in our Library, she would enter a convent.

As you might imagine, it came to me naturally and spontaneously to tell to her that I thought her decision was a blessing from God, for many reasons. So I deluded myself into believing that I had solved this problem.

In August 1997, I received a letter from Cardinal Ratzinger, who was on holiday in Munich.

In his letter, the cardinal recommended the young woman to me. He said she had paid him a visit, accompanied by her parents, to seek his help. He said that he was disposed to pay personally for a two-year scholarship for her as an intern.

I did not know what to do.

I consulted with Cardinal Poggi, who counseled me to wait for Cardinal Ratzinger to return to Rome and ask to see him.

That’s what I did.

On September 22, the cardinal received me for about 40 minutes.

Without waiting for me to tell him about my problem, he began to speak as if he already knew the reason of my visit.

He went on for half an hour talking about his work at the Congregation for the Doctrine of Faith, making reference, among other things, to a project on which I had worked on with him, the opening of the Archive of the Index to researchers.

He continued to speak until I, reflecting on what he was telling me, realized that he thought I knew a piece of news which was in fact then circulating within a restricted number in the Roman Curia: that, having turned 70 on April 16 that year, he had asked the Pope to relieve him of his burdensome task as Prefect of the Congregation for the Doctrine of Faith and to grant his wish to spend his last years in the Vatican as Cardinal Librarian.

In other words, he was asking me what I thought of his idea and what being Archivist and Librarian of the Holy Roman Church involved.

When I realized what the Pope-to-be really meant, I gave him to understand that I had already heard the news, and I expressed clearly how happy I and the whole staff of the Library were to have him join us.

Only when I took leave of him did I tell him about the problem of Elizabeth, the young woman who later, in fact, entered a convent.

(end of Farina's text)

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What If?

Of course, Cardinal Ratzinger did not become the Archivist and Librarian of Holy Roman Church.He remained at his post at the Congregation for the Doctrine of the Faith for another eight years, right up until he was elected Pope Benedict XVI.

But what if he had become the Librarian, as he apparently hoped?

Would Dominus Iesus (signed by Cardinal Ratzinger and published in August of 2000) not have been written?

Would the investigation of the Legionaries, undertaken at Ratzinger's urging and under his direction at the Congregation for the Doctrine of the Faith, not have been pursued?

Had he become Librarian, would he have been elected Pope?

If he had not been elected Pope, in what ways would the last five years have been different?

Impossible questions to answer, but perhaps interesting to turn over in one's mind on a warm summer's day...

Robert Moynihan (Inside the Vatican)

Dorothy Day on the Atom Bomb at Hiroshima

by Dorothy Day

(Note: This is the article that the American Catholic convert Dorothy Day wrote just after the bombing of Hiroshima and Nagasaki in 1945. She begins by commenting on the reaction of US President Harry Truman to the news of the destruction of the two Japanese cities. The figure of 318,000 she gives for the number killed was what was first reported in the press; the figure was later reduced. This is how one serious Catholic at that time reacted to these events; I make no further comment.)

Mr. Truman was jubilant. President Truman. True man; what a strange name, come to think of it. We refer to Jesus Christ as true God and true Man. Truman is a true man of his time in that he was jubilant. He was not a son of God, brother of Christ, brother of the Japanese, jubilating as he did. He went from table to table on the cruiser which was bringing him home from the Big Three conference, telling the great news; "jubilant" the newspapers said. Jubilate Deo. We have killed 318,000 Japanese.

That is, we hope we have killed them, the Associated Press, on page one, column one of the Herald Tribune says. The effect is hoped for, not known. It is to be hoped they are vaporized, our Japanese brothers, scattered, men, women and babies, to the four winds, over the seven seas. Perhaps we will breathe their dust into our nostrils, feel them in the fog of New York on our faces, feel them in the rain on the hills of Eaton.

Jubilate Deo. President Truman was jubilant. We have created. We have created destruction. We have created a new element, called Pluto. Nature had nothing to do with it.

The papers list the scientists (the murderers) who are credited with perfecting this new weapon. Scientists, army officers, great universities, and captains of industry — all are given credit lines in the press for their work of preparing the bomb — and other bombs, the President assures us, are in production now.

Everyone says, "I wonder what the Pope thinks of it?" How everyone turns to the Vatican for judgment, even though they do not seem to listen to the voice there! But our Lord Himself has already pronounced judgment on the atomic bomb. When James and John (John the beloved) wished to call down fire from heaven on their enemies, Jesus said:

"You know not of what spirit you are. The Son of Man came not to destroy souls but to save." He said also, "What you do unto the least of these my brethren, you do unto me."

(Houston Catholic Worker, Vol. XXV, No. 5, July-August 2005. (Reprinted from The Catholic Worker, September 1945)

(Inside the Vatican Mgazine 7-8-2010)

Biografia


Nella vita di Dorothy Day, il punto di svolta è l'adesione al cattolicesimo; la fede si fonde con la sua esperienza di vita politica e sociale, iniziando una singolare presenza, non solo sindacale, con i lavoratori statunitensi.
Insieme a Peter Maurin ha fondato il Catholic Worker Movement nel 1933; il movimento, iniziato con la pubblicazione del giornale Catholic Worker, fu avviato per delineare una nuova collocazione neutrale e pacifista (negli anni trenta sempre più lacerati dalle guerre), che sposava la nonviolenza e l'ospitalità per gli impoveriti e i diseredati.
Dorothy Day aprì in seguito una "casa di ospitalità" nei quartieri poveri di New York. Il movimento si diffuse rapidamente in altre città degli USA, in Canada e in Gran Bretagna: dal 1941 sono state fondate più di trenta comunità, ognuna indipendente, ma tutte affiliate ai Catholic Workers. Oggi esistono ben più di cento comunità, incluse alcune in Germania, Olanda, Irlanda, Svezia, Messico, Australia e Nuova Zelanda.
Dagli anni sessanta la Day abbracciò la "sinistra" cattolica. Anche se negli anni dieci aveva scritto appassionatamente in difesa dei diritti delle donne, della libertà dell'amore e del controllo delle nascite, si oppose alla rivoluzione sessuale degli anni sessanta, dicendo che fu l'effetto malato di una simile rivoluzione sessuale negli anni venti (in quel periodo, precedente la sua conversione, aveva avuto un aborto).
Dorothy Day è sepolta nel Resurrection Cemetery di Staten Island, a pochi isolati da dove si trovava il suo cottage vicino al mare, ove iniziò ad interessarsi al cattolicesimo.
La sua causa di canonizzazione è stata proposta dai Missionari Clarettiani nel 1983. Molti oppositori l'hanno giudicata indegna a causa dei suoi "peccati di gioventù" (sessualità prematrimoniale e aborto); altri, tra cui i Catholic Workers, hanno giudicato non degno della persona lo stesso processo di canonizzazione. Ciononostante, il papa Giovanni Paolo II ha concesso all'arcidiocesi di New York il permesso di aprire la causa nel marzo del 2000, conferendole ufficialmente il titolo di serva di Dio.

Biografia

Dorothy Day (New York, 8 novembre 1897 – New York, 29 novembre 1980) è stata una giornalista e attivista sociale (membro dell'Industrial Workers of the World) statunitense, famosa per le sue campagne di giustizia sociale in difesa dei poveri e dei senza casa.

Opere

Tra i suoi molti scritti, l'opera più importante è la sua autobiografia, The Long Loneliness, pubblicata nel 1952. Un resoconto di Dorothy Day sul movimento dei Catholic Workers, Loaves and Fishes, fu pubblicato nel 1963.
Le è stato inoltre dedicato un film, Entertaining Angels: The Dorothy Day Story, sulla sua vita e le lotte da lei intraprese (1996), nonché un lungometraggio documentario, Dorothy Day: Don't Call me a Saint (2006, premiato alla Marquette University, dov'è stato aperto un archivio dei suoi documenti il 29 novembre 2005.

Premi e riconoscimenti

1972: Laetare Medal dell'Università di Notre Dame;
1978: Pope Paul VI Teacher of Peace Award, di Pax Christi USA;
2002: inserita nella National Women's Hall of Fame.

giovedì 5 agosto 2010

La grazia, trasfigurazione del mondo

La grazia è quel meccanismo della trasfigurazione del mondo che si pregusta come amore e bellezza. La grazia è bellezza, è luce che rivela la salvezza.
Il premio della virtù è di essere illuminato dalla luce più pura, diventando figlio di quel giorno che non è interrotto da nessuna oscurità; lo fa sorgere un altro sole che illumina con la luce vera, il quale dopo che una volta si è riversato su di noi, non si cela più a occidente, ma con la propria potenza luminosa circonda tutte le cose e produce in coloro che ne sono degni una luce continua ed ininterrotta, rendendo quanti partecipano di questa luce, degli altri "soli", ecco perché i santi sono strumenti dello Spirito Santo, dopo aver ricevuto lo stesso atto che esso ha.[...] I cuori puri che Gesù dice beati sono quelli che lo Spirito Santo riceve in se stesso: li rimodella completamente, li rimette a nuovo, li rinnova in modo straordinario. Ma come fa a non essere in nessun modo contaminato dalla loro sporcizia? Come il fuoco non contrae il nero del ferro, anzi comunica al ferro le sue proprietà, così lo Spirito divino, incorruttibile, dona l'incorruttibilità.

("L'uomo, mistero di luce increata" G. Palamas)

martedì 3 agosto 2010

LIBERTA’ DEL FILOSOFARE


1. Difendere la libertà del filosofare

Da ogni parte assistiamo a tentativi, manifesti o nascosti, di espropriazione e delegittimazione della libertà del pensiero. Difendere la libertà di pensiero è lo scopo principale di questo scritto.



2. Le tre dittature

La situazione di schiavitù in cui versa il pensiero umano ai nostri giorni si manifesta in tre forme di dittatura: la dittatura dell’autorità del luogo comune diffuso dai media; la dittatura del pregiudizio illuministico; la dittatura del disimpegno.
La prima è la dittatura del luogo comune diffuso dai media, che produce opinioni mediate ma non meditate. Non si tratta qui di demonizzare il mondo dei media, proprio nel momento stesso in cui lo si utilizza, come è il caso di questa videocattedra Antonio Rosmini. Si tratta semplicemente di mettere in guardia da un reale pericolo: quello di un mercato che tende ad espropriare la proprietà privata del pensiero del singolo, in favore della costruzione di un egalitarismo di massa del pensiero, che alla fine niente altro è che uno stato totalitario, dove tutti pensano quello che ”si” deve pensare. Il pensiero dell’individuo è invaso oggi dal luogo comune globale!
La sfida di cui questo manifesto si fa portavoce è quella di una politica dei media che stimoli e inviti al pensiero, invece che tentare di espropriarlo dalla testa degli utenti (sostituendolo con un pensiero unico, apparentemente più semplice da gestire per finalità statistiche e di profitto). La sfida è, ancora, quella stessa dell’illuminismo, seppure adattata ai nostri giorni: liberarsi dall’autorità, a volte subita senza neanche accorgersene, del luogo comune, costruito e diffuso dai media. Il monito è: difendi il diritto di pensare con la tua testa!

La seconda dittatura è quella del pregiudizio illuministico, secondo cui le fedi, quella cattolica in testa, sarebbe un impedimento alla libertà di pensiero.
Qui si tratta di avere il coraggio di fare l’ultimo passo nella direzione di un vero, contemporaneo, maturo illuminismo, il coraggio di riconoscere che la fede, quella cattolica in testa, ha rappresentato storicamente il più delle volte uno stimolo per il pensiero che non un impedimento.
Al contrario, ritenere che la fede impedisca, di per sé, l’esercizio del pensiero, secondo l’alternativa se credi non pensi e se pensi non credi, è l’ultimo pregiudizio da cui un illuminismo maturo dovrebbe sapersi liberare, proprio al fine di raggiungere una definitiva libertà di pensiero.
Per gli autori di questo manifesto la fede cattolica, a differenza di tutti i fondamentalismi, è stata e può continuare a essere generatrice di pensiero. Per gli autori di questo manifesto, tuttavia, anche la fede cattolica deve costantemente vigilare dalla tentazione di sostituirsi alla ragione, di coartarla, dalla tentazione di credere senza pensare.

La terza dittatura è quella del pensiero disimpegnato. Si tratta di una sorta di diktat che circola fra gli accademici e gli intellettuali. Il pensiero puro, il filosofare serio, non deve impegnarsi in niente.
Anzitutto nei confronti della verità. L’essenziale sembra essere solo che si pensi nel rispetto delle regole della koiné accademica: linguaggio per iniziati, incomprensibile e suadente, molte citazioni, tante note a più di pagine etc. Tutto qui. Poi ognuno pensi quel che vuole, tanto – si ritiene – la verità è relativa. L’essenziale non è più che ci si sforzi di pensare qualcosa di vero!
Ma non è ancora tutto. Perché il disimpegno riguarda anche l’azione politica e sociale. Il diktat imperante è che il filosofo non si immischi nelle cose della politica e meno che mai nel sociale, pena la sua reputazione nella comunità scientifica degli addetti ai lavori. Oggigiorno un docente universitario che decidesse di far politica o di lavorare nel sociale nella migliore delle ipotesi verrebbe guardato con sufficienza dai suoi colleghi.
Gli autori di questo manifesto dicono basta alla filosofia come hobby della domenica, elitaria e disimpegnata. D’altra parte già Socrate, come scriveva Cicerone, “fece scendere la filosofia dal cielo, la trasferì nelle città, la introdusse anche nelle case, e la rivolse ad interessarsi della vita e dei costumi, del bene e del male” (Tusculanae Disputationes, V, 4, 10).



3. Le tre libertà di pensiero

In relazione alle tre dittature appena descritte, questo manifesto vuole difendere la libertà del pensiero e del filosofare nelle sue tre forme, che chiamiamo “libertà da”, “libertà nel”, “libertà per”.
La prima è la libertà del pensiero da ogni forma di autorità, anche di quelle, ai nostri giorni le più diffuse, che non vengono percepite come tali. Si tratta di difendere il pensiero filosofico dall’asservimento ad ogni moda, ad ogni pensiero dominante.

La seconda è la libertà nella fede. Qui si tratta invece di difendere un'autentica libertà di pensiero all’interno della stessa fede. Gli autori di questo Manifesto ritengono che la fede cristiana cattolica sia di per sé generatrice di ragione, e che storicamente siano stati più numerosi e significativi gli esempi di fioritura di pensiero all’interno di questa fede degli esempi di oscurantismo. Tuttavia non va abbassata la guardia della difesa di un autentico pluralismo all’interno di questa stessa fede cattolica. Un pensiero cattolico irreggimentato e uniforme, che non favorisse il pensiero degli individui e il dibattito, non renderebbe un buon servizio alla fede cattolica.
Va inoltre difesa la libertà di pensiero all’interno delle religioni non cattoliche e non cristiane, dove, a volte, versa in situazioni di autentica schiavitù.
Va infine difeso il pensiero dalla schiavitù del laicismo, che assume a volte forme di fondamentalismo religioso sui generis, nella misura in cui non permette alcuna libertà d’espressione e di religione e non riconosce l’utilità pubblica della religione. Come abbiamo scritto sopra, mostra di non aver colto per nulla la novità della filosofia contemporanea, difendendo un pensiero utopico, senza luogo e senza fede, che finisce inevitabilmente per trasformare la laicità in una subdola forma di fede fondamentalista.

La terza libertà è la libertà per la verità e l’azione politica e sociale. Libertà positiva di pensare per scoprire il vero e per promuovere azioni politiche e sociali in difesa della libertà e della giustizia. Qui si tratta di difendere il pensiero dalla dittatura del relativismo e dal diktat antipolitico e antisociale. Chi riterrebbe oggi la filosofia un mezzo per raggiungere la verità, per migliorare la politica o per alleviare il disagio sociale? Se non sono molti, come crediamo, allora è venuto il momento di ingaggiare una battaglia contro le culture che ostacolano l’esercizio di tale forma di libertà di pensiero.



4. Rosmini sulla libertà di pensiero

Quanto siamo andati fin qui dicendo è in parte, l’applicazione alla situazione attuale di idee di Antonio Rosmini Serbati, del quale questa videocattedra porta il nome.
A proposito di quella che abbiamo sopra chiamato “libertà da”, scriveva Rosmini: “Ché la Filosofia non si stabilisce sopra alcuna autorità, né pur divina, non che umana; poiché la Filosofia è ragionamento, e non altro che ragionamento” (Degli studi dell’Autore, in id., Introduzione alla filosofia, a c. di P. P. Ottonello, Ediz. Crit., vol. 2, Roma 1979, p. 49).: “la Filosofia […] di raziocinî si compone, e non di autorità” (Ibi, p. 52). Non c’è bisogno di altro commento. Quante volte capita ancora oggi di sentire discorsi, tanto di cattolici che di laici, basati su argomenti di autorità?

A proposito, poi, della forma “laica” e “moderna” di pensiero, che rifiuta ogni credenza, che rifiuta l’idea di una libertà di pensiero, pur “nella” fede, Rosmini ebbe a scrivere parole chiare.
“Tant’è lungi che la fede cristiana tolga la libertà alla ragione, e le impedisca di svolgersi, che anzi quella aggiunse agli uomini uno stimolo fortissimo all’onesto e legittimo uso di questa”. “Laonde le stesse verità che appartengono alla ragion naturale entrata la fede nel mondo, divennero più luminose” (Ibi, p. 38).
Rosmini denunciò inoltre quella credenza che cacciata esplicitamente dalla porta, per così dire, rientrava, implicitamente, subdola e incontrollata, dalla finestra, producendo di fatto una ragione vittima “di giudizi temerari, pregiudizi, prevenzioni, credenze, presunzioni, persuasioni, che talora si manifestano fortissime negli animi, senza sapere onde vengano, senza poter trovare alcuna buona ragione in cui siano fondate, senza che questa ci sia, o almeno senza che ci sia piena e dimostrativa” (Ibi, p. 20). Una razionalità che astrae dalla dimensione della fede si consegna per Rosmini, in altre parole, a credenze non più controllabili e perde, di conseguenza, la sua “libertà” di fronte ad esse.
Quasi come risposta alla domanda kantiana nella prefazione della Kritik der reinen Vernunft, Rosmini scriveva: “Ecco dunque la vera causa del lento e contrastato progresso della Filosofia: le prevenzioni e persuasioni erronee, ecco altresì la causa logica della perdita della sua vera libertà, e quella de’ suoi traviamenti” (Ibi, p. 22). L’analisi rosminiana del progetto moderno di trovare nella giustificazione razionale del conoscere e del sapere la “libertà” della filosofia conduce al risultato che esso non porta alla vera “liberazione” della ragione umana, in quanto si basa esso stesso su una “credenza” che realizzerebbe una “terribile potenza della propria libertà contro se stessa” (Ibi, p. 28). Così Rosmini anticipava la constatazione della fine del “discorso filosofico della modernità” (Habermas), rivelatasi nell’impossibilità del razionalismo di autogiustificarsi epistemologicamente (razionalismo critico) (Cfr. H. Albert, Per un razionalismo critico, tr. it. E. Picardi, Bologna 1974). Il “razionalismo” o “scientismo”, basati sulla “libertà del filosofare” negativa ossia astratta, in questo senso, si è rivelato esso stesso un “nemico” della “libertà del filosofare”.

A proposito, infine, della libertà per Rosmini ebbe a scrivere cose molto belle. Per il beato Rosmini la filosofia si rivela come un “impegno” (Ibi, p. 24) per la libertà, che raggiunge la sua giustificazione epistemologica nella “verità” e trova il suo fondamento in quanto “condizione di possibilità” (reale) nella “Verità”. Un impegno per la “verità” è quindi, contemporaneamente, un impegno per il fondamento. Solo questo “impegno”, secondo Rosmini, rende veramente “liberi” nel filosofare. Non bisogna dimenticare che il beato Rosmini pagò ad un prezzo molto alto nella sua vita la fedeltà alle idee sulla libertà del filosofare e sull’impegno per la verità.
Infine, un’altra idea di Rosmini che va nella direzione della “libertà per” è quella della carità intellettuale. Secondo tale intuizione, il pensare non è soltanto esercizio solipsistico, ma impegno sociale, educativo, o, con le sue stesse parole, una delle specie di “carità” nei confronti del prossimo che “comprende quegli uffici che tendono a giovare immediatamente al prossimo nella formazione del suo intelletto e nello sviluppo delle sue facoltà intellettuali: e questa si può chiamare carità intellettuale” (Costituzioni dell’Istituto della Carità, a c. di D. Sartori, Ediz. Crit., vol. 50, Roma 1996, p. 594).



5. Una tradizione cattolica

Le tesi di Rosmini sopra accennate affondano le loro radici in una lunga tradizione di pensiero cattolica nella quale campeggia fra altri san Tommaso d’Aquino. Nel breve spazio di un Manifesto non è possibile soffermarsi analiticamente su questo aspetto del suo pensiero. Basteranno solo tre passaggi significativi della sua monumentale opera.
Il primo è il seguente: “Omne verum, a quocumque dicatur, a Spiritu Sancto est” (Ogni verità, da chiunque sia detta, proviene dallo Spirito Santo) (Sum. Theol., I-II, q. 109, a.1, ad 1; In Johan., c.8, lect. 1; In primam ad Cor., c.12, lect. 1; In II ad Tim. c. 3, lect. 3). Si tratta di un adagio, che Tommaso attribuiva a sant’Ambrogio (ma che in realtà è di un autore non identificato del IV secolo), citato spesso dall’Aquinate. In poche righe è sintetizzata anzitutto la libertà del filosofo rispetto a qualunque autorità che non sia la verità e, in ultimo, la Verità di Dio. In secondo luogo è lì espresso l’amore per un autentico pluralismo, un’apertura sincera ad ogni verità da chiunque provenga. E’ noto che questo fu il segreto della sintesi tomista, capace di dar voce, nella sua opera, oltre che ai padri cristiani, anche ad autori pagani, come Aristotele, ad autori ebrei come Mosè Maimonide, musulmani come Avicenna, Algazali, Averroè.
La seconda citazione significativa di Tommaso, nel contesto del nostro Manifesto, è la seguente: “Studium philosophiae non est ad hoc quod sciatur quid homines senserint, sed qualiter se habeat veritas rerum” (Lo studio della filosofia non ha lo scopo di sapere che cosa abbiano pensato gli uomini, ma quale sia la verità delle cose) (In de Caelo, 1, 22, nr. 8). E’ una delle frasi più famose di Tommaso e rende bene l’idea dell’impegno filosofico che rifugge da ogni filologismo, perché ha a cuore nient’altro che la verità. Si tratta di quella che abbiamo chiamato sopra “libertà per la verità”, antidoto alla dittatura del pensiero disimpegnato.
La terza citazione è, a sua volta, di nuovo una citazione di Bernardo di Chiaravalle da parte di Tommaso e rende perfettamente l’idea di un pensiero impegnato nella carità. Il testo, nella versione di Tommaso, recita: “Sunt qui scire volunt eo fine tantum ut sciant, et curiositas est; quidam ut sciantur, et vanitas est; quidam ut scientiam vendant, et turpis quaestus est; quidam ut aedificentur, et prudentia est; quidam ut aedificent, et caritas est” (Vi sono quelli che vogliono sapere solo al fine di sapere, e questa è curiosità; alcuni al fine di essere conosciuti, ed è vanità; altri per vendere la conoscenza, ed è turpe guadagno; altri per essere edificati, ed è prudenza; altri infine per edificare, ed è carità (In I Cor. VII, 1).



6. Applicazioni di metodo

Da quanto precede discendono alcuni corollari che riguardano il metodo di un filosofare libero.
1. Non si possono stilare indici di libri, sia da parte cattolica che laica: nessun libro può essere escluso a priori dall’ambito di quelli che meritano di essere letti.
2. Si deve privilegiare il dibattito.
3. Si deve concedere spazio a tutte le correnti filosofiche nessuna esclusa. Gli autori di questo Manifesto danno credito, in particolare, non solo alla filosofia rosminiana ma anche alla filosofia aristotelico-tomista e alla filosofia analitica contemporanea.
4. Si deve concedere spazio, oltre che alla metafisica, anche alla filosofia applicata alla politica e al sociale. Se è il caso, si entrerà nel dibattito sulle grandi questioni politiche e sociali del nostro tempo.



Markus Krienke
Giovanni Ventimiglia


Manifesto della videocattedra www.cattedrarosmini.org