martedì 30 novembre 2010

X Forum del progetto culturale

Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali

“Nei 150 anni dell’Unità d’Italia. Tradizione e progetto” è il titolo del X Forum del progetto culturale che si terrà a Roma dal 2 al 4 dicembre 2010 (Complesso Santo Spirito in Sassia – Borgo S.Spirito). Si aprirà alle 15.30 con il saluto del Card. Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della CEI. Seguirà la presentazione a cura del Servizio nazionale per il progetto culturale della CEI dei nove Forum che si sono svolti in passato. Modererà Eugenia Scabini, preside della Facoltà di psicologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Nel pomeriggio lo storico Andrea Riccardi interverrà su Identità e “missione” mentre il letterato Claudio Scarpati si soffermerà sul “patrimonio culturale”. I “nodi di 150 anni di storia” e “sul presente e il futuro dell’Italia” verranno trattati rispettivamente dallo storico Agostino Giovagnoli e dal rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Lorenzo Ornaghi. Al termine è previsto un dibattito.
Il secondo giorno di lavori si aprirà alle 9.30: la Chiesa e i cattolici in Italia, i cattolici e la cultura, le opere e la tradizione dei cattolici, i cattolici, la politica e le istituzioni sono le tematiche che verranno affrontate il 3 dicembre nel dibattito articolato per gruppi moderati da Sergio Belardinelli, Francesco Bonini, Francesco Botturi e Francesco D’Agostino. Nel pomeriggio poi alle 15.30 è prevista la tavola rotonda con la partecipazione di Giuliano Amato, Dino Boffo, Lucio Caracciolo, Giuliano Ferrara sul tema “Nei 150 anni dell’Unità d’Italia”. Modererà Paola Ricci Sindoni. Il 4 dicembre il X Forum si concluderà con l’intervento del Card. Camillo Ruini, Presidente del Comitato per il progetto culturale. “Iniziati nel 1997 con una riflessione introduttiva su Fede, libertà intelligenza, i Forum sono state occasioni da un lato per superare quella duplice sindrome di conflittualità e di subalternità, che caratterizzò i dibattiti nel mondo cattolico per decenni, dall’altro poi per affrontare i grandi noti del dibattito culturale, a partire dai processi per cui si va non solo ripensando, ma ridefinendo l’umano – spiega Francesco Bonini, coordinatore scientifico del Servizio nazionale per il progetto culturale della CEI -. Il progetto culturale si vuole configurare come una “utilità di sistema” della chiesa nella società italiana. Di qui il tema del X forum, che si colloca nei 150 anni dell’Unità d’Italia, assunti come dato di fatto. Al di là dei luoghi comuni e delle discussioni storico-politiche, il sottotitolo: tradizione e progetto, esprime l’obiettivo di rispendere, sulla base della consapevolezza dei nodi della storia e del patrimonio dell’identità, alla questione se questo Paese ha dinanzi a sé dimensioni di futuro e come sia possibile traguardarle dal punto di vista dell’elaborazione culturale e dell’ethos collettivo”.
I momenti più importanti del X Forum del progetto culturale saranno trasmessi in diretta audio-video dal sito internet www.progettoculturale.it/xforum. Per quanto riguarda l’accreditamento i giornalisti e gli operatori radio-televisivi potranno compilare direttamente il modulo d accreditamento dal sito internet www.progettoculturale.it/xforum.

Ulteriori informazioni su media@progettoculturale.it oppure telefonando allo 0666398208

Roma, 25 novembre 2010

lunedì 29 novembre 2010

Informazione senza confini?

Sul sito www.stampasubalpina.it interessante inchiesta su alcune delle più scottanti problematiche che toccano tutti gli operatori dei mezzi di comunicazione. Il mio apporto all'inchiesta lo trovate anche su questo blog con il titolo "Finzioni e funzioni".

domenica 28 novembre 2010

Lui aspetta



E LUI ASPETTAVA E... ASPETTA

Da suor Bruna, missionaria in Cochambamba, Bolivia, la riflessione per questo nuovo Avvento...

Tutti siamo abituati a trovarci un bambino o un ragazzo davanti al semaforo che ci vuole pulire il vetro dell’auto, però, quando incontri dopo tanto tempo una persona conosciuta e per te importante, non ti viene voglia di allontanarla, anzi, desideri che il tempo del semaforo si prolunghi per ascoltare le sue risposte alle tue domande.

Javier lo conosco dal novembre 2003 e quando mi capita che passi un po’ di tempo senza vederlo, comincio a preoccuparmi e a pensare all’eventualità che non sia più vivo.

Javier, che nei momenti di lucidità, cioè libero dagli effetti del mastice che annusa, mi fa tornare indietro nella memoria al nostro primo incontro, quando affermava che la mela che aveva in mano non l’aveva rubata e che la vita di strada non è poi tanto male...

Javier, che già in quel primo incontro…aspettava…

E lui aspettava e… aspetta una risposta per riempire la sua solitudine con un sorriso.

E lui aspettava e... aspetta uno sguardo per condividere le sue paure nascoste con atteggiamento di adulto e di autosufficiente.

E lui aspettava e... aspetta che il mio tempo sia anche per lui per continuare a sentirsi vivo e ricordato da qualcuno.

E lui aspettava e… aspetta una mano che non si nasconda dietro il timore di lasciarsi toccare da chi, come lui, è in continuo contatto con “elementi “ poco sicuri per l’igiene.

E lui aspettava e... aspetta che il mio e il tuo cuore si aprano alle sue attese e alle sue domande.

E lui aspettava e... aspetta che il mio e tuo camminare in questo avvento 2010 sia una risposta ai suoi bisogni.

E lui aspettava e... aspetta che non siano i problemi economici a farci dimenticare che lui “aspettava e...aspetta” un po' del mio tempo e dei miei doni perché possa trovare spazio nel mio e nel tuo cuore.

Maria aspettava e sperava di essere accolta con il suo dono, ma le giustificazioni sono state tante come può succedere nel nostro oggi per non lasciarci toccare e interrogare dalla realtà.
Javier ,continua a vivere ai margini della società perché la strada è la sua casa; i suoi famigliari sono “persone che aspettano” di essere ricordate come persone con diritti, nonostante possa essere difficile stare con loro.

Avvento , tempo di attesa e di risposta per ciascuno di noi è anche tempo per ricordarci che dentro ad ogni uomo o donna, immagine di Dio, c’è un cuore che ama e che aspetta di essere amato.

E lui aspettava e... aspetta che io lo riconosca come persona e come figlio di Dio.

A te e a me e, a chi ami ti auguro che possiamo essere attenti a “chi aspetta “ di essere conosciuto parte della nostra vita.
Buon cammino e che Natale 2010 sia annuncio di speranza per ciascuno.

poim@operemissionarie.it

giovedì 25 novembre 2010

La Creazione continua


Parla padre Sabino Maffeo, membro della Specola Vaticana

di Antonio Gaspari e Maurizio Tripi

E’ vero che Dio non esiste? L’ipotesi che esista un Creatore è creduta solo dache professano una religione monoteista abramitica? Si può essere scienziati e credenti?

Si tratta di domande sempre più frequenti e nonostante il tentativo della Chiesa cattolica di spiegare in forme diverse ed articolate quanto ragione e fede procedano su binari paralleli ed in molti punti convergenti, fanno scalpore gli interventi di atei militanti i quali ribadiscono l’assoluta incompatibilità tra scienza e fede.

Per cercare di fare il punto sulla discussione in atto, ZENIT ha intervistato padre Sabino Maffeo, sacerdote gesuita e membro della Specola Vaticana, l'Osservatorio astronomico dipendente dalla Santa Sede.

Nel suo ultimo libro Stephen Hawking sostiene che “non serve Dio per spiegare la nascita dell'universo”. Qual è la sua opinione al riguardo?

Padre Maffeo: La ragione umana può arricchirsi di conoscenze di grado diverso, cioè a tre livelli:
in base all'esperienza sensibile mediante gli strumenti forniti dalla fisica, chimica, biologia e matematica; in base al ragionamento filosofico, che non fa uso di strumenti materiali ma argomenta sulla realtà in base alle esigenze innate della ragione; in base alla rivelazione da parte di Dio. Si ha così la conoscenza di cose nuove dovuta alla fede soprannaturale che è un dono che Dio intende fare a tutti.

Nota importante: Questi tre livelli non sono compartimenti stagni nel senso che quando la mente umana lavora al primo livello, e studia per esempio l'occhio umano, o la struttura di un favo di miele, o l'ordine geometrico di una ragnatela e tante altre cose meravigliose, non può non restare stupita davanti all'ordine che c'è nella natura e, passare al livello superiore di conoscenza per chiedersi come spiegare questo ordine: con il caso o con il finalismo dovuto a una mente ordinatrice, e di qui passare al terzo livello per trovare confema nella fede per quanto ci dice la rivelazione.

Rimanendo sul primo livello non si può dire niente su Dio, né che esista né che non esiste. La ricerca su Dio, la sua esistenza, la sua creazione del mondo ecc., non rientra nel primo livello in quanto realtà non suscettibile di essere sperimentata dai sensi.

L'errore di Hawking è duplice: ragiona di Dio come se fosse una realtà scopribile con argomenti di fisica e matematica che sono strumenti del primo livello; ha un concetto errato di creazione in quanto parla di un Dio ritenuto dai credenti come necessario per dare inizio al mondo, che una volta creato, va avanti da solo (= Dio orologiaio). In realtà la creazione è un atto continuo di Dio che ha dato inizio al mondo dal nulla e lo mantiene in essere (= continua a crearlo) in ogni istante perché continui ad esistere (= creazione continua).

Tutto questo possiamo dire di saperlo dalla ragione ma solo perché aiutata moltissimo dalla fede. Dalla sola fede sappiamo che il mondo non è stato creato ‘ab aeterno’ ma nel tempo.
Il Pontefice Benedetto XVI sostiene che l’ipotesi del Creatore è quella più ragionevole. Lei che ne pensa?

Padre Maffeo: Sono d'accordo. Però, dato che con la sola ragione posso dire poco o niente del Creatore, dubito che ci siano persone che ammettono l'esistenza di Dio in base alla sola ragione, senza avere una fede in Dio.

Può indicarci quali sono le ragioni per cui lei crede all’esistenza di un Creatore?

Padre Maffeo: Mi convincono le Vie di S. Tommaso le quali, in via di principio, dovrebbero bastare a convincere la sola ragione ma di fatto, data la debolezza causata dal peccato originale, non convincono come 2+2=4. A questo proposito il Catechismo della Chiesa Cattolica ai numeri 36 e 37 sostiene che “Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza con il lume naturale della ragione umana partendo dalle cose create”. Citazione ripresa dal Concilio Vaticano Primo.

Il nostro pianeta è l’unico che ha la vita nel sistema solare e non solo. E non ha solo flora e fauna ma è popolato da esseri umani. Come spiega questa unicità?

Padre Maffeo: Nessuno sa come ha avuto origine la vita. E' nata da sola o è stato necessario un intervento di Dio? Gli atei devono dire che è nata da sola ma non hanno prove. Queste si avranno solo il giorno in cui la vita sarà realizzata in laboratorio a partire da materia non vivente. Io, credente, ho due possibilità: la vita o è apparsa da sola, o per intervento di Dio. Ma per quanto riguarda l'essere umano, la fede mi dice che nel passaggio dal non uomo all'uomo è necessario l'intervento di Dio, cioè l'anima di ogni essere umano è creata da Dio.

Quanto alla vita su gli altri corpi del sistema solare, sembra dimostrato che le loro condizioni fisiche e chimiche non permettano la vita che conosciamo. Forse fu possibile su Marte in tempi remotissimi, il che potrà essere accertato con future esplorazioni del pianeta. Rimane sempre però il problema di sapere se la vita è venuta da sola o per intervento di Dio!

Diverse persone credono che chi è credente non può fare e parlare di scienza. Può farci qualche esempio di scienziati credenti e cattolici in particolare?

Padre Maffeo: Quasi tutti gli osservatori astronomici italiani hanno avuto origine da seminari e ordini religiosi ed erano diretti da astronomi che erano anche sacerdoti. Vedi a proposito il sito Internet: http://www.disf.org/altriTesti/Chinnici.asp . Un esempio attuale è la Specola Vaticana dove gli astronomi sono tutti padri gesuiti.

Vedi anche il volume di Ivan Tagliaferri e Elio Gentili: “Scienza e Fede - I Protagonisti” (De Agostini) circa 300 pagine con centinaia di scienziati credenti. Mi vengono in mente alcuni degli scienziati di fama mondiale: Nicola Cabibbo, fisico; Ennio de Giorgi, matematico, Max Plank, fisico; Johan Gregor Mendel, genetista; e poi Galileo Galileo; Isaac Newton; Giovanni Keplero; Niccolò Copernico; Georges Lemaître; Antonio Stoppani, e Angelo Secchi.

(ZENIT.org)

martedì 23 novembre 2010

Lisbona: summit della NATO


Interessante dichiarazione rilasciata dal Presidente francese nel corso della conferenza stampa a seguito de suo discorso a Lisbona

QUESTION -- Est-ce que le report du sommet de l'UpM à Barcelone signifie que la nouvelle méthode que vous vouliez apporter à la solution de la crise au Proche-Orient marque le pas ?

LE PRESIDENT -- Pardon, parce que j'aurai l'occasion de m'exprimer sur les questions de politique internationale. Je regrette ce report même si ce n'est pas définitif et je regrette que l'on ne voie pas une chose qui est aveuglante, c'est que tout le monde connaît les paramètres de la paix, tout le monde. Et le fait que l'on n'avance pas ne sert que les extrémistes. Et la sécurité d'Israël à laquelle la France est très attachée, très attachée, elle ne sera assurée que lorsqu'Israël aura à ses côtés un État palestinien souverain, démocratique, moderne. Et les vrais amis d'Israël doivent lui tenir ce langage là. La sécurité d'Israël, elle sera garantit moins par les armes que par la politique, la diplomatie avec un État digne de ce nom à ses frontières. Et par ailleurs, nous disons à nos amis Palestiniens aussi qu'ils doivent reconnaître le droit à la sécurité imprescriptible d'Israël. Tout le reste, c'est des souffrances inutiles, c'est du temps perdu et le plus tôt on se remettra autour de la table, le mieux ce sera. C'est une grave erreur, cette course de lenteur. Voilà la position de la France en la matière.

(fonte: site officiel Présidence de la République)

***

Il summit della Nato a Lisbona si è concluso, e il presidente americano Barack Obama ha commentato l’incontro in modo positivo."Dopo un periodo in cui rapporti tra Europa e Stati Uniti erano tesi, la tensione non esiste più. Questo vertice è stato molto produttivo”, ha affermato il presidente nell’ultima conferenza stampa.

"Siamo venuti in Portogallo con un compito chiaro, per dare ancora più vigore alla nostra unione", spiegando che l'alleanza ha portato ad un’Europa unita e l’ha resa un forte alleato degli Stati Uniti.

Il summit della Nato durato due giorni, ha dato vita a un nuovo concetto strategico che servirà come linea guida dell'Alleanza per i prossimi dieci anni, e ha riconfermato "l’impegno di ogni stato a difendersi l'un l'altro contro eventuali attacchi”.

I leader della Nato hanno ribadito il loro impegno a garantire che l'Alleanza euro-atlantica e tutte le risorse necessarie per prevenire e difendersi da qualsiasi minaccia per la sicurezza e la protezione delle popolazioni dei paesi membri vengano messe in atto.

A tal fine, hanno deciso di sviluppare nuove strategie per difendere il territorio e la popolazione europea da possibili attacchi missilistici. Un nuovo elemento fondamentale della strategia di difesa collettiva adottata dalla Nato che ha esteso alla Russia la possibilità di cooperare.

I leader dell'Alleanza “vedono questo come un elemento centrale della missione di difesa collettiva della Nato in vista della crescente minaccia della proliferazione della tecnologia dei missili balistici e delle armi di distruzione di massa" si legge nel comunicato ufficiale a chiusura del vertice.

Al summit si è parlato di sicurezza in Afghanistan, di modernizzazione, e soprattutto “c’è stato un nuovo inizio nelle relazioni con la Russia".

Oltre ai 28 paesi che fanno parte della Nato si sono aggiunti altri partner, che stanno collaborando alla missione in Afghanistan, come i rappresentanti delle Nazioni Unite, la Banca Mondiale, l'Unione europea e il presidente afgano Hamid Karzai.

Il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha firmato un accordo di partnership a lungo termine con Karzai, in base al quale "la Nato rimarrà il tempo necessario per sostenere l'Afghanistan. Almeno fino a quando non sarà più un rifugio sicuro per i terroristi”.

Gli alleati hanno convenuto con la Russia "di espandere congiuntamente il loro supporto all'Afghanistan, anche attraverso l'ampliamento del regime di transito, approfondendo la formazione dei funzionari impegnati nella lotta al traffico di droga e fornendo le attrezzature alle forze militari di sicurezza afgane".

Obama e Rasmussen hanno annunciato che i capi di Stato della Nato si riuniranno di nuovo nel 2012 negli Stati Uniti.

A che punto siamo?


Tortura, l'Italia senza legge in coda alla Ue
Buco legislativo a 20 anni dalla ratifica del convenzione dell'Onu. E i tribunali non possono perseguire i colpevoli

MILANO - In Italia la tortura non è reato. Sono passati più di vent'anni da quando Roma ha ratificato la convenzione Onu che vieta la tortura (era il 1987), ma da allora non è ancora stata tradotta in legge e i tribunali non possono perseguire adeguatamente i colpevoli. Un vuoto legislativo che ci «colloca agli ultimi posti in Europa» denuncia Mauro Palma, presidente del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura (ascolta l'intervista). Un buco nero tornato alla ribalta dopo che i pm che indagano sui fatti di Bolzaneto legati al G8 di Genova sono stati costretti a contestare agli indagati solo l'abuso di ufficio, che peraltro sarà prescritto nel 2009: nessuno degli imputati quindi passerà un solo giorno in carcere. Eppure i giovani manifestanti fermati nella caserma di Bolznaneto subirono ogni sorta di vessazioni, hanno spiegato i magistrati nella requisitoria al processo sulle violenze del luglio 2001: costretti a stare in piedi per ore, picchiati, presi in giro, privati di cibo e acqua, furono trattati in modo «inumano e degradante ma non esistendo una norma penale, l'accusa è stata costretta a contestare agli imputati l'abuso d'ufficio».

LEGGE MORTA PRIMA DI NASCERE - In realtà la proposta di legge che introduce il reato di tortura era stata approvata alla Camera nel dicembre 2006 in base a un accordo bipartisan e licenziata dalla commissione giustizia del Senato nel luglio 2007. «Avrebbe dovuto approdare in aula nei giorni della crisi ma è stata lasciata morire - racconta Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione Antigone che si batte per i diritti nelle carceri - «È necessario che il prossimo Parlamento metta tra le sue priorità l'approvazione del provvedimento che introduce il reato di tortura in Italia» auspica.
Anche il Papa è intervenuto sull'argomento: «Ogni detenuto per qualunque motivo sia stato messo in carcere, intuisce quanto sia pesante questa condizione umana soprattutto quando è abbruttita dal ricorso alla tortura, come avvenne per Boezio» ha detto Benedetto XVI nel corso dell'udienza generale presentando la figura di Boezio, il martire cristiano da lui definito il «simbolo dei detenuti ingiustamente di tutti i tempi».
Una legge, quella contro la tortura, che appare ancora più urgente se si pensa che l'Italia a livello internazionale si è fatta promotrice di una mortatoria all'Onu sulle esecuzioni capitali mentre dall'altra, in «casa propria», convive con questo un buco nero.

Alessandra Muglia
12 marzo 2008

giovedì 18 novembre 2010

Caritas aedificat

L'Area Internazionale di Ricerca in Teologia Morale (AIRTM) del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II
organizza il 19-20 novembre 2010



il XI Colloquio Internazionale di Teologia Morale



“Caritas aedificat” (1 Cor 8, 1).
L’amore come principio di vita sociale



L’undicesimo Colloquio dell’Area Internazionale di Ricerca in Teologia Morale, che avrà luogo nei giorni 19-20 novembre 2010 presso l’aula Multimediale Pio XI della Pontificia Università Lateranense (P.zza S. Giovanni in Laterano, 4, 00120 Città del Vaticano) intende mettere al centro della riflessione la tesi fondamentale dell’Enciclica “Caritas in veritate” di papa Benedetto XVI: l’amore può e deve essere assunto come principio di vita sociale e non solo di vita personale individuale. Così il titolo biblico, preso dalla prima lettera ai Corinti: «la carità edifica» (I Cor 8, 1), va inteso in senso forte e proprio.
Al primo posto la questione fondamentale del riconoscimento del valore conoscitivo dell’amore e quindi del recupero della sua logica propria, in un confronto critico con l’amore romantico e con l’altruismo.
In secondo luogo, e sarà la sessione pomeridiana, abbiamo voluto mettere all’ordine del giorno la questione del bene comune, che è essenziale perché si possa riconciliare l’interesse proprio con la dedizione al bene dell’altro, riconoscendo quindi il carattere intrinsecamente sociale dell’essere umano.
Infine nella terza sessione si metteranno alla prova di un’applicazione concreta al mondo dell’economia e della politica, le prospettive e le acquisizioni precedentemente guadagnate, mostrando come davvero l’amore possa essere il principio di una vita sociale autenticamente umana.

Parteciperanno studiosi noti a livello internazionale, provenienti dall’Italia, dalla Spagna, dalla Svizzera, dal Regno Unito e dagli Stati Uniti.

Tra i relatori principali: Peter A. Kwasniewski, Wyoming Catholic College, Stati Uniti; Antonio Prieto, Facultad de Teología San Dámaso, Madrid, Spagna; Juan-José Perez-Soba, Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, Roma; Pierpaolo Donati, Università di Bologna; Luc-Thomas Somme, Université de Fribourg, Svizzera; Stephan Kampowski, Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, Roma; Margaret Archer, University of Warwick, Regno Unito; Flavio Felice, Pontificia Università Lateranense, Roma; Philip Harold, Robert Morris University, Pittsburgh, PA, Stati Uniti.

Gli operatori dei media sono invitati a partecipare all’evento. I fotografi, le troupe televisive e le radio sono pregati di segnalare la propria presenza al Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali (fax 06 69885373). Per qualsiasi chiarimento, rivolgersi all’Ufficio Eventi del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II (eventi@istitutogp2.it / Tel 06 69895508 / Fax 06 69886103).


VENERDÌ 19 NOVEMBRE 2010 / FRIDAY, the 19th of NOVEMBER, 2010

9.00 Prima Sessione / First Session
EPISTEMOLOGIA DELL’AMORE / THE EPISTEMOLOGY OF LOVE

Intervento introduttivo / Introduction: Prof. Livio Melina

Moderatore / Moderator:
Prof. Angela Ales Bello
Pontificia Università Lateranense, Roma

Relatori / Speakers:

Prof. Peter A. Kwasniewski
Wyoming Catholic College, Stati Uniti
L’amore come principio di comunicazione e la critica dell’altruismo
Love as a Principle of Communication: a Critique of Altruism

Prof. Antonio Prieto
Facultad de Teología “San Dámaso”, Madrid
L’amore e il bene: critica dell’amore romantico
Love and the Good: a Critique of Romantic Love

Prof. Juan José Pérez-Soba
Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, Roma
L’amore, la conoscenza e la communio personarum
Love, Knowledge and the Communio Personarum

Dialogo e discussione
Dialogue and Discussion


15.00 Seconda Sessione / Second Session

IL BENE COMUNE / THE COMMON GOOD


Moderatore / Moderator:
Prof. Sergio Lanza
Pontificia Università Lateranense, Roma

Relatori / Speakers:

Prof. Pierpaolo Donati
Università di Bologna
L’amore come cura dei beni relazionali
Love as Care for Relational Goods


Prof. Luc-Thomas Somme, OP
Université de Fribourg, Svizzera
L’agire delle persone e la prospettiva del bene comune
Action and the Prospective of the Common Good

Prof. Stephan Kampowski
Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, Roma
L’amore e vita pubblica / Love and Social Life


Dialogo e discussione
Dialogue and Discussion





SABATO 20 NOVEMBRE 2010 / SATURDAY, the 20th of NOVEMBER, 2010


9.00 Terza Sessione / Third Session

TEORIA DELL’AZIONE ECONOMICA E POLITICA /
THEORY OF ECONOMIC AND POLITICAL ACTION

Moderatore / Moderator:
Prof.ssa Alexandra Diriart
Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, Roma

Relatori / Speakers:


Prof. Margaret Archer
University of Warwick, Regno Unito
Il bene dell’identità personale di una società pluralista
The Good of Personal Identity in a Pluralistic Society

Prof. Flavio Felice
Pontificia Università Lateranense, Roma
Per una teoria dell’agire politico virtuoso
Towards a Theory of Virtuous Political Action

Prof. Philip Harold
Robert Morris University, Pittsburgh, Stati Uniti
Valori o responsabilità nella politica e nella società
Values or Responsibility in Politics and Society

Dialogo e discussione
Dialogue and Discussion

Intervento conclusivo / Conclusion: Prof. Livio Melina

Caritas aedificat

L'Area Internazionale di Ricerca in Teologia Morale (AIRTM) del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II
organizza il 19-20 novembre 2010



il XI Colloquio Internazionale di Teologia Morale



“Caritas aedificat” (1 Cor 8, 1).
L’amore come principio di vita sociale



L’undicesimo Colloquio dell’Area Internazionale di Ricerca in Teologia Morale, che avrà luogo nei giorni 19-20 novembre 2010 presso l’aula Multimediale Pio XI della Pontificia Università Lateranense (P.zza S. Giovanni in Laterano, 4, 00120 Città del Vaticano) intende mettere al centro della riflessione la tesi fondamentale dell’Enciclica “Caritas in veritate” di papa Benedetto XVI: l’amore può e deve essere assunto come principio di vita sociale e non solo di vita personale individuale. Così il titolo biblico, preso dalla prima lettera ai Corinti: «la carità edifica» (I Cor 8, 1), va inteso in senso forte e proprio.
Al primo posto la questione fondamentale del riconoscimento del valore conoscitivo dell’amore e quindi del recupero della sua logica propria, in un confronto critico con l’amore romantico e con l’altruismo.
In secondo luogo, e sarà la sessione pomeridiana, abbiamo voluto mettere all’ordine del giorno la questione del bene comune, che è essenziale perché si possa riconciliare l’interesse proprio con la dedizione al bene dell’altro, riconoscendo quindi il carattere intrinsecamente sociale dell’essere umano.
Infine nella terza sessione si metteranno alla prova di un’applicazione concreta al mondo dell’economia e della politica, le prospettive e le acquisizioni precedentemente guadagnate, mostrando come davvero l’amore possa essere il principio di una vita sociale autenticamente umana.

Parteciperanno studiosi noti a livello internazionale, provenienti dall’Italia, dalla Spagna, dalla Svizzera, dal Regno Unito e dagli Stati Uniti.

Tra i relatori principali: Peter A. Kwasniewski, Wyoming Catholic College, Stati Uniti; Antonio Prieto, Facultad de Teología San Dámaso, Madrid, Spagna; Juan-José Perez-Soba, Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, Roma; Pierpaolo Donati, Università di Bologna; Luc-Thomas Somme, Université de Fribourg, Svizzera; Stephan Kampowski, Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, Roma; Margaret Archer, University of Warwick, Regno Unito; Flavio Felice, Pontificia Università Lateranense, Roma; Philip Harold, Robert Morris University, Pittsburgh, PA, Stati Uniti.

Gli operatori dei media sono invitati a partecipare all’evento. I fotografi, le troupe televisive e le radio sono pregati di segnalare la propria presenza al Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali (fax 06 69885373). Per qualsiasi chiarimento, rivolgersi all’Ufficio Eventi del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II (eventi@istitutogp2.it / Tel 06 69895508 / Fax 06 69886103).


VENERDÌ 19 NOVEMBRE 2010 / FRIDAY, the 19th of NOVEMBER, 2010

9.00 Prima Sessione / First Session
EPISTEMOLOGIA DELL’AMORE / THE EPISTEMOLOGY OF LOVE

Intervento introduttivo / Introduction: Prof. Livio Melina

Moderatore / Moderator:
Prof. Angela Ales Bello
Pontificia Università Lateranense, Roma

Relatori / Speakers:

Prof. Peter A. Kwasniewski
Wyoming Catholic College, Stati Uniti
L’amore come principio di comunicazione e la critica dell’altruismo
Love as a Principle of Communication: a Critique of Altruism

Prof. Antonio Prieto
Facultad de Teología “San Dámaso”, Madrid
L’amore e il bene: critica dell’amore romantico
Love and the Good: a Critique of Romantic Love

Prof. Juan José Pérez-Soba
Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, Roma
L’amore, la conoscenza e la communio personarum
Love, Knowledge and the Communio Personarum

Dialogo e discussione
Dialogue and Discussion


15.00 Seconda Sessione / Second Session

IL BENE COMUNE / THE COMMON GOOD


Moderatore / Moderator:
Prof. Sergio Lanza
Pontificia Università Lateranense, Roma

Relatori / Speakers:

Prof. Pierpaolo Donati
Università di Bologna
L’amore come cura dei beni relazionali
Love as Care for Relational Goods


Prof. Luc-Thomas Somme, OP
Université de Fribourg, Svizzera
L’agire delle persone e la prospettiva del bene comune
Action and the Prospective of the Common Good

Prof. Stephan Kampowski
Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, Roma
L’amore e vita pubblica / Love and Social Life


Dialogo e discussione
Dialogue and Discussion





SABATO 20 NOVEMBRE 2010 / SATURDAY, the 20th of NOVEMBER, 2010


9.00 Terza Sessione / Third Session

TEORIA DELL’AZIONE ECONOMICA E POLITICA /
THEORY OF ECONOMIC AND POLITICAL ACTION

Moderatore / Moderator:
Prof.ssa Alexandra Diriart
Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, Roma

Relatori / Speakers:


Prof. Margaret Archer
University of Warwick, Regno Unito
Il bene dell’identità personale di una società pluralista
The Good of Personal Identity in a Pluralistic Society

Prof. Flavio Felice
Pontificia Università Lateranense, Roma
Per una teoria dell’agire politico virtuoso
Towards a Theory of Virtuous Political Action

Prof. Philip Harold
Robert Morris University, Pittsburgh, Stati Uniti
Valori o responsabilità nella politica e nella società
Values or Responsibility in Politics and Society

Dialogo e discussione
Dialogue and Discussion

Intervento conclusivo / Conclusion: Prof. Livio Melina

mercoledì 17 novembre 2010

Islam: Festa del Sacrificio


La festa islamica dell’Id al-Adha, la Festa del Sacrificio, ricorda ai musulmani la storia sacra del Profeta Abramo, chiamato da Dio a sacrificare il figlio Ismaele, che sostiene il padre nella sottomissione alla volontà divina e lo esorta con queste parole: Padre mio, fa quel che t’è stato ordinato: tu mi troverai, a Dio piacendo, paziente! (Corano XXXVII, 102). La misericordia divina ferma la mano del Patriarca e decreta la salvezza di suo figlio: E riscattammo suo figlio con sacrificio grande e lo benedicemmo tra i posteri (Corano XXXVII, 107-108).


Alla vigilia della Festa del Sacrificio, che cade proprio domani, inviamo a tutti, religiosi e laici, musulmani e fedeli di altre confessioni, un messaggio di pace e conoscenza da parte del nostro Presidente, lo Shaykh 'Abd al-Wahid Pallavicini. Si tratta di un breve testo di particolare attualità nel momento storico che stiamo vivendo e di un invito ad aprire il cuore e la mente ad una prospettiva più ampia della realtà.


A seguire, il messaggio del Presidente della COREIS (Comunità Religiosa Islamica) Italiana Shaykh 'Abd al-Wahid Pallavicini.

Pregiudizi e immaginazione

I conflitti nascono e vengono sostenuti solo dalle nostre menti

Oggi si parla continuamente di scontro di civiltà e di difficoltà di integrazione, ma non si tratta certo di un problema prodotto dalla religione, quanto piuttosto dalla mancanza di una disponibilità che è invece proprio il primo passo verso una reale dimensione religiosa.

È la chiusura in se stessi, l’individualismo, a essere all’origine di tutti i problemi attuali, che questo si incarni nelle opposizioni fra schieramenti politici o fra fazioni religiose che di religioso hanno ormai solo il nome.

A mancare è la volontà di aprirsi alla conoscenza e di comunicare realmente.

Ascoltavamo qualche giorno fa Vattimo e Antiseri proprio a proposito della Conoscenza, ma purtroppo era l’ennesima riproposizione del tema dell’inadeguatezza dell’ermeneutica occidentale nei confronti di una Verità irraggiungibile. Avremmo voluto intervenire, se ce ne fosse stata data l’occasione, con una domanda solo apparentemente provocatoria; e cioè, visti i problemi reali dei nostri tempi, perché invece di parlare dell’irraggiungibile Verità "oggettiva" non parliamo del suo più sostenibile corrispettivo "soggettivo": la sincerità?

Non ci interessa qui il fatto che anche in questo ambito ognuno è libero di farsi l’idea di sincerità che più gli aggrada, fino ai limiti più bassamente sentimentali o psicologici; una cosa è certa, se tutti si attenessero almeno all’idea che se ne possono fare le cose andrebbero certamente meglio, in quanto la società attuale soffre soprattutto a causa di una falsità diffusa, dell’incoerenza fra pensieri e azioni e dell’incapacità di mantenere un distacco disinteressato.

In politica, per esempio, si è passati chiaramente dallo scontro ideologico di una volta, che almeno conservava una residuale intellettualità, al più bieco schieramento per interessi. La Verità c’entra poco, e non certo perché sia irraggiungibile!

Si dirà che è sempre stato così. È vero, è sempre stato così nei periodi di decadenza, si trattasse della fine dell’impero egizio o di quello romano.

A risollevare le sorti dell’umanità sono sempre state esclusivamente le élite spirituali, ben diverse dall’oligarchia del potere di oggi, perché votate non al potere ma alla saggezza e alla conoscenza. Oggi, invece, si pretende persino negare che queste élite siano mai esistite e che rappresentassero realmente il cuore di ogni civiltà tradizionale. Dopo avere secolarizzato l’Occidente e gran parte del mondo restante, l’Avversario si compiace oggi persino di far credere che la spiritualità autentica non sia mai esistita, perché se lo fosse potrebbe pur sempre essere riproposta. Eppure essa rappresenta, oggi come sempre, l’unica soluzione, l’unico modo per superare i dualismi e anche gli pseudo-problemi all’origine di ogni conflitto e contrapposizione.

Cos’è allora che si oppone alla vera spiritualità, se essa si pone per definizione al di là di ogni dualismo?

Al di là dei termini di volta in volta utilizzati, la risposta è sempre stata chiara e univoca: l’ignoranza, le suggestioni, le passioni, le potenze di illusione, l’immaginazione. È l’attaccamento a questi mondi immaginari, soggettivi o collettivi che siano, a mantenere in vita situazioni assurde che potrebbero invece risolversi immediatamente. Purtroppo, però, non basta sapere che abbandonando le proiezioni della mente si potrebbe stare meglio, in quanto l’uomo è attaccato persino alle proprie sofferenze, o meglio preferisce tenersi queste ultime pur di non dover rinunciare alle proprie false certezze e sicurezze. Ed è per questo che certi mutamenti richiedono dei lunghi processi storici alla fine dei quali solo si possono svelare alcuni aspetti della realtà che potevano tuttavia benissimo essere riconosciuti a priori. Le élite spirituali di tutte le civiltà tradizionali partecipano semplicemente di quel respiro intellettuale che permette loro di vedere le cose per quello che esse sono, secondo le parole del Profeta Muhammad: "Dio mio aiutami a vedere le cose per quello che esse sono realmente".

In qualità di Presidente della CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) Italiana, vorrei limitarmi a concludere con un accorato appello affinché ci si renda conto una volta per tutte che la soluzione dei problemi legati alla presenza dell’Islam in Occidente risiede solamente nel suo riconoscimento ufficiale da parte delle istituzioni governative, in quanto solo questo riconoscimento può fare da argine all’instabilità e mutevolezza dei singoli individui, siano essi immigrati o musulmani italiani, e alle loro strumentalizzazioni, fissando alcuni principi che non si oppongono certo a quelli della nostra costituzione e che devono essere rispettati da chiunque si dichiari sinceramente musulmano.

Shaykh ‘Abd al Wahid Pallavicini

Presidente CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) Italiana

sabato 13 novembre 2010

Servi del servo dei servi di Dio


Intervista a padre Federico Lombardi nel 50.mo anniversario della sua professione religiosa

Quella di oggi è una giornata di “normale” intensità lavorativa per il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi. Ma il 12 novembre di 50 anni fa iniziava per lui l’esperienza all’interno della Compagnia di Gesù. Il collega della redazione brasiliana della nostra emittente, Silvonei Protz, ha preso spunto da questo anniversario per aprire una “finestra” sui ricordi e i sentimenti di un uomo e un sacerdote che ha speso gran parte del suo ministero a servizio della Santa Sede:

R. - Io da ragazzo vivevo in Piemonte e la massima parte del mio tempo l’ho trascorso nella città di Torino. Nella città di Torino seguivo le scuole dai Gesuiti e andavo a fare le mie attività, come giovane scout, all’oratorio dei Salesiani. Ho avuto una giovinezza bellissima e che ricordo con grandissima gioia sia perché la mia famiglia era una famiglia molto unita, anche molto religiosa, sia perché ho vissuto in ambienti educativi che ricordo con grandissima gratitudine: sia quello della scuola dei Gesuiti, sia l’oratorio e le attività con i giovani dei salesiani. Quando poi sono arrivato a 18 anni e ho finito le scuole secondarie, naturalmente si poneva il problema di come continuare la mia vita: direi che la scelta di dedicare la mia vita al servizio del Signore e degli altri fu abbastanza spontanea in quel momento. Per quanto riguarda dove e come realizzarla, mi è stato normale chiedere alla Compagnia di Gesù di entrare da loro, anche se ho conservato sempre una grandissima amicizia e vicinanza pure con i salesiani.

D. - Chi è oggi padre Federico Lombardi?

R. - Io sono un gesuita, sono un sacerdote ed ho cercato di fare le cose che mi sono state dette, perché noi abbiamo un voto di obbedienza: riceviamo, quindi, delle "missioni" - noi diciamo così - cioè degli incarichi, dei compiti dai nostri superiori. E proprio questi, alla fine della mia formazione religiosa e sacerdotale, mi hanno condotto a Roma per lavorare a “La Civiltà Cattolica”, una rivista di cultura dei Gesuiti e quindi nel campo della comunicazione sociale. Da allora in poi sono rimasto in questo campo, sempre facendo le cose che mi sono state chieste di fare. Dopo 11 anni a “La Civiltà Cattolica”, sono stato per sei anni Superiore provinciale dei Gesuiti italiani; e, poi, al termine di questo incarico, sono stato “mandato” in Vaticano, come direttore dei Programmi della Radio Vaticana e successivamente ho svolto altri compiti.

D. - Se Federico Lombardi non fosse stato un prete, che cosa sarebbe diventato?

R. - Mi sembra una cosa assolutamente ipotetica! Comunque - così per dire - quali potevano essere gli interessi spontanei della mia gioventù? C’erano certamente le scienze, le scienze naturali e in particolare la fisica; e, per quanto riguardava poi le altre attività o il tempo libero, certamente l’alpinismo.

D. – C’è un momento significativo della sua vita che ricorda spesso?

R. - Difficile trovarne uno più significativo degli altri. Confesso che in questi giorni, quando si celebrava la Dedicazione della Sagrada Familia - proprio domenica scorsa, con il Papa a Barcellona - mi è tornato in mente un momento molto specifico: quando avevo 13 anni, con gli scout dell’Oratorio dei Salesiani, ho fatto il mio primo grande viaggio in bicicletta per l’Europa, arrivando esattamente da Torino a Barcellona. Noi viaggiavamo in un modo molto povero: ci portavamo la tenda sulla bicicletta, mangiavamo formaggio e pomodori… Viaggiavamo, quindi, in modo estremamente economico. Arrivati a Barcellona, non sapendo dove andare, ad un certo punto, vedemmo quattro guglie molto alte e ci dicemmo: “Andiamo là”. Era la Facciata de Naixement della Sagrada Familia, che allora era ancora molto indietro nella costruzione. A 13 anni, il primo punto di arrivo, del mio primo lungo viaggio in bicicletta, insieme ai miei compagni - ne ho poi fatti altri 4-5 in giro per l’Europa - era esattamente la Facciata de Naixement della Sagrada Familia, dove il Papa ha recitato l’Angelus domenica scorsa. Ho potuto misurare, a 55 anni di distanza, come era cresciuto questo edificio ed ho anche pensato alla mia vita, a come si è sviluppata nel servizio della Chiesa, partendo proprio da quel giorno.

D. - Padre Lombardi, lei è il direttore generale della Radio Vaticana, del Centro Televisivo Vaticano e della Sala Stampa: quante ore ha il suo giorno?

R. - Il mio giorno ne ha 24, come quello di tutti! Naturalmente la maggior parte di queste 24 ore è dedicata a questi servizi che hai ricordato. Per me è assolutamente fondamentale che non si vedano tanto tali servizi come semplicemente una realizzazione efficientista, ma come il risultato di una comunità di lavoro, di persone che sentono di svolgere un servizio per la Chiesa d’oggi nel campo della comunicazione. Il Papa si definisce il “servo dei servi di Dio”: benissimo, io e tutte le persone che con me collaborano siamo i “servi del servo dei servi di Dio!”.

D. - Un’ultima domanda un po’ più personale: il suo rapporto con il Santo Padre, com’è?

R. - Spero che sia un rapporto buono! Non è che tutti i giorni io sia a colloquio privato con il Santo Padre. Il mio è un servizio che riguarda sia quello che dice il Santo Padre, ma sia anche la vita della Santa Sede in generale, della Curia Romana. A volte con lui basta uno sguardo, basta una parola. E’ una persona immensamente attenta, che ascolta con grandissima attenzione, gentilezza e profondità quello che l’altro dice. Credo che anche noi dovremmo avere verso di lui questa stessa attenzione, perché le frasi che ci dice lui sono molto più importanti delle nostre. (mg)

Don Silvano Sirboni: Beati gli invitati alla cena dell'Agnello


Beati gli invitati alla cena dell'Agnello
Conoscere, celebrare e vivere la Messa

Una panoramica esaustiva dei vari momenti che costituiscono la celebrazione eucaristica. Perché dalla messa possano uscire non tanto dei cristiani soddisfatti di aver compiuto un dovere religioso, quando dei testimoni maturi dell’amore di Cristo nella storia.
Se il cuore non pulsa come dovrebbe tutto il corpo ne risente. La celebrazione dell’Eucaristia è il cuore del culto cristiano, «fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa». Se la Messa non “pulsa” come dovrebbe ne va dell’identità e della missione di tutto il corpo della Chiesa.
Questa raccolta di interventi sui vari momenti che costituiscono la celebrazione dell’Eucaristia, intende essere un contributo perché non solo quanti svolgono un ministero, ma tutti i fedeli possano realizzare una partecipazione alla Messa veramente consapevole, attiva e fruttuosa. Dalla Messa non devono uscire cristiani semplicemente soddisfatti di aver compiuto un dovere o una devozione, ma dei testimoni della presenza e dell’amore di Cristo.

venerdì 12 novembre 2010

ESSERE PER AVERE


Progetto culturale di crescita della persona per l’ordine della convivenza civile nel mondo laico e religioso

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Virginia Capelli Caserta è cultore di Ermeneutica filosofica presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Genova, dove si è laureata in Pedagogia con una tesi di Filosofia teoretica su Gustavo Bontadini. Ha ottenuto il diploma di perfezionamento in Psicopedagogia presso l’Università di Torino con una tesi su Bruner e lo strutturalismo. Ha conseguito inoltre il diploma in Teologia per il laicato presso l’Istituto di Scienze Religiose di Alessandria. È stata titolare di cattedre per l’insegnamento di Storia e filosofia, Pedagogia e Psicologia. Collabora con numerose associazioni interculturali e internazionali filosofiche e teologiche, finalizzate alla ricerca e alla formazione.

Verbum Domini


ESORTAZIONE APOSTOLICA POSTSINODALE “VERBUM DOMINI” 11 NOV. 2010 (VIS).
Presso la Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo la Conferenza Stampa di presentazione dell’Esortazione Apostolica Postsinodale “Verbum Domini” di Benedetto XVI, sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa.

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Alla Conferenza Stampa sono intervenuti il Cardinale Marc Ouellet, P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi; l’Arcivescovo Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura; l’Arcivescovo Nikola Eterovic, Segretario del Sinodo dei Vescovi ed il Monsignor Fortunato Frezza, Sotto-Segretario.

Il Documento, datato 30 settembre, memoria di San Girolamo, risultante dalla XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, tenutasi a Roma dal 5 al 26 ottobre 2008, è stato pubblicato in lingua latina, italiana, inglese, francese, spagnola, tedesca, portoghese e polacca. Si compone di una Introduzione, tre parti e una conclusione.

L’Arcivescovo Eterovic ha spiegato che nella prima parte, intitolata “Verbum Dei”, il Papa sottolinea “il ruolo fondamentale di Dio Padre, fonte e origine della Parola, come pure la dimensione trinitaria della rivelazione. (...) Nel primo capitolo ‘Il Dio che parla’ si pone in risalto la volontà di Dio di aprire e intrattenere un dialogo con l’uomo, nel quale Dio prende l’iniziativa e si rivela in vari modi. (...) La ‘Verbum Domini’ mette in risalto l’aspetto cristologico della Parola, sottolineando al contempo anche la dimensione pneumatologica”. In questa parte si affronta il rapporto tra Tradizione e Scrittura come pure il tema dell’ispirazione e verità della Bibbia.

“’La risposta dell’uomo al Dio che parla’ è il titolo del secondo capitolo.”L’uomo è chiamato ad entrare nell’Alleanza con il suo Dio che lo ascolta e risponde alle sue domande. A Dio che parla, l’uomo risponde con la fede. La preghiera più indicata è quella fatta mediante le parole che lo stesso Dio ha rivelato e che sono mantenute scritte nella Bibbia”.

Il terzo capitolo è dedicato al tema “‘L’Ermeneutica della sacra Scrittura nella Chiesa’. (...) La Sacra Scrittura dovrebbe essere, come auspicato dalla Costituzione dogmatica ‘Dei Verbum’, sulla divina rivelazione, “l’anima della sacra Teologia”. (...) L’ermeneutica biblica del Concilio Vaticano II che occorre riscoprire anche per evitare un certo dualismo dell’ermeneutica secolarizzata. Esso potrebbe portare ad un’interpretazione fondamentalista o spiritualista della sacra Scrittura. La retta ermeneutica richiede la complementarità del senso letterale e spirituale, una armonia tra la fede e la ragione. (...) Un rapporto del tutto speciale esiste tra i cristiani e gli ebrei, che condividono buona parte delle Scritture”.

La seconda parte s’intitola “Verbum in Ecclesia”. Il Primo Capitolo “La Parola di Dio e la Chiesa”, sottolinea che grazie alla Parola di Dio e all’azione sacramentale, Gesù Cristo è contemporaneo agli uomini nella vita della Chiesa”.

“La Liturgia luogo privilegiato della Parola di Dio” è il titolo del secondo capitolo che sottolinea “il nesso vitale tra la Sacra Scrittura e i sacramenti, in particolare l’Eucaristia”. Si ricorda l’importanza del Lezionario e della proclamazione della Parola e del ministero del lettorato e, soprattutto, dell’omelia, che ha notevole importanza nell’Esortazione Apostolica Postsinodale.

Il terzo capitolo, dedicato a “La Parola di Dio nella vita ecclesiale”, pone in risalto “l’importanza dell’animazione biblica della pastorale, la dimensione biblica della catechesi, la formazione biblica dei cristiani, la Sacra Scrittura nei grandi raduni ecclesiali, la Parola di Dio in rapporto alle vocazioni. (...) Notevole parte del capitolo è riservata alla lettura orante della sacra Scrittura, in particolare, alla ‘Lectio divina’, e alla preghiera mariana”.

La terza parte, “Verbum mundo”, sottolinea “il dovere dei cristiani di annunciare la Parola di Dio nel mondo in cui vivono ed operano. Essa è divisa in quattro capitoli. Il primo, ‘La missione della Chiesa: annunciare la Parola di Dio’ (...) è orientata al primo annuncio, ‘ad gentes’, a coloro che tuttora non conoscono il Verbo, Parola di Dio, ma anche a coloro che sono stati battezzati ma non sufficientemente evangelizzati e che hanno bisogno di una nuova evangelizzazione per riscoprire la Parola di Dio”.

“Parola di Dio e impegno nel mondo” è il titolo del secondo capitolo, in cui si ricorda che: “I cristiani sono chiamati a servire il Verbo di Dio nei fratelli più piccoli e, dunque, ad impegnarsi nella società per la riconciliazione, la giustizia e la pace tra i popoli”.

“Il terzo capitolo è dedicato alla “Parola di Dio e culture”, nel quale “sarebbe auspicabile che la Bibbia fosse meglio conosciuta nelle scuole e università e che i mezzi di comunicazione sociale siano adoperati sempre meglio nella loro divulgazione, usufruendo di tutte le attuali possibilità tecniche. Il tema dell’inculturazione della sacra Scrittura è legato anche alle traduzioni e alla diffusione della Bibbia, che bisogna ulteriormente incrementare”.

“’Parola di Dio e dialogo interreligioso’ è il tema del quarto capitolo. “Dopo aver stabilito il valore e l’attualità del dialogo interreligioso, la ‘Verbum Domini’, (...) fornisce valide indicazioni circa il dialogo tra cristiani e musulmani, come pure con gli appartenenti ad altre religioni non cristiane, nel quadro della libertà religiosa che implica non solamente la libertà di professare la propria fede in privato e in pubblico, ma anche la libertà di coscienza e cioè di scegliere la propria religione”.

“Nella Conclusione, il Santo Padre Benedetto XVI ribadisce l’esortazione a tutti i cristiani ‘ad impegnarsi per diventare sempre più familiari con le Sacre Scritture’”.

mercoledì 10 novembre 2010

S. Baudolino

Patrono di Alessandria; visse al tempo del re Longobardo Liutprando (712-744) e la più antica testimonianza che parla di lui ci è data dallo storico Paolo Diacono monaco benedettino longobardo (720-799 ca.), praticamente contemporaneo del santo.
Baudolino (Baudilio) è chiamato dallo storico “uomo di mirabile santità”, era un eremita dotato del dono dei miracoli e delle profezie e vissuto a Foro (l’attuale Villa del Foro, località sulla sponda del Tanaro, nei pressi di Alessandria).
Paolo Diacono, nella sua “Historia Langobardorum” riporta fra l’altro un episodio quale testimonianza dei doni soprannaturali cui era dotato; durante una battuta di caccia, un conte nel cercare di colpire con l’arco un cervo, fallì il colpo colpendo invece Anfuso, nipote del re Liutprando; la ferita era grave e il re inviò un messaggero da Baudolino, affinché impetrasse dal Signore la guarigione del giovane nipote.
Nel frattempo Anfuso morì e quando il messo raggiunse Baudolino nel suo eremo, questi prima che parlasse, gli disse di sapere tutto quello che voleva chiedergli, ma era rammaricato perché non poteva far nulla, in quanto il giovane era già morto.
Il santo eremita morì verso il 740 e sepolto a Villa del Foro; quando nel 1168 fu fondata Alessandria, gli abitanti di Villa del Foro vi si trasferirono portando anche le reliquie del santo, divenuto loro patrono.
Il suo patrocinio continuò, secondo la tradizione, quando nel 1174 apparve sui bastioni di difesa della città, mettendo in fuga gli assedianti ghibellini.
Nel 1189 fu costruita una chiesa in suo onore, che fu affidata agli Umiliati ed alla soppressione di questi, passò ai Domenicani nel 1571; questi monaci volendo aumentare la popolarità già grande di s. Baudolino, elaborarono le scarse notizie su di lui, cosicché progressivamente si formò la leggenda della sua vita in cui sono frammisti dati reali o verosimili, con altri decisamente fantastici e assurdi.
Gli Umiliati, il cui Movimento sorse fra il 1170 e il 1178 a Milano, costituivano una società religiosa di artigiani della lana, votati alla povertà evangelica, al lavoro, continenza, penitenza e predicazione; dopo varie vicende e scissioni, furono una parte di essi approvati come Ordine religioso maschile e femminile; il ramo maschile fu soppresso nel 1571 mentre il ramo femminile durò fino alla fine del secolo XVIII; essi vollero annoverarlo tra i santi del loro Ordine (ma i periodi, come già detto, erano diversi).
Inoltre si disse che i vescovi di Tortona e di Acqui, visto la grande popolarità goduta dal santo eremita, lo considerarono un vescovo, non mancò chi lo definì vescovo di Alessandria, per questo è raffigurato anche in abiti vescovili.
Nel 1803 quando la chiesa dei Domenicani fu chiusa, le reliquie del santo furono portate nella chiesa di S. Alessandro e poi nel 1810 trasferite nella cattedrale e deposte in una cappella a lui dedicata.
Esiste la devozione e il voto dell’offerta della cera da parte della città in suo onore a partire dal 1189, voto rinnovato nel 1599 e ratificato dal Sinodo diocesano del 1602. La leggenda racconta che oche, cervi ed altri animali si sarebbero radunati attorno a lui per ascoltarlo nel suo eremitaggio, perciò a volte è raffigurato circondato da questi animali.
Nel 1786 s. Baudolino fu proclamato patrono principale della città e della diocesi di Alessandria; la sua festa è celebrata il 10 novembre.

Autore: Antonio Borrelli
Fonte: Santi Beati e Testimoni

CORSO PER LETTORI


Diocesi di Alessandria - Zona Pastorale Tanaro

TRE INCONTRI TENUTI

dal Prof. don Silvano Sirboni

Docente di Liturgia nel Seminario Interdiocesano di Valmadonna

e Parroco dei Ss. Apostoli in Alessandria



Martedì 9 - 16 - 23 novembre alle ore 21:00



1. Il lettore: al servizio di un Dio che parla

2. La Liturgia della Parola. Il lettore: “sacramento” del dialogo fra Dio e il suo popolo

3. Il lettore: per dare voce alla Parola con dignità e competenza





presso l’Oratorio Casa della Gioventù

della Parrocchia di Solero

martedì 9 novembre 2010

Vita consacrata

VITA CONSACRATA UN BENE PER TUTTA LA CHIESA

CITTA' DEL VATICANO, 5 NOV. 2010 (VIS). Questa mattina il Santo Padre ha ricevuto i Presuli della Conferenza Episcopale del Brasile (Regione Sul II), al termine della Visita "ad Limina Apostolorum".

"I religiosi e le religiose" - ha detto il Papa - "ci ricordano oggi una pianta piena di rami che affonda la sue radici nel Vangelo e dà frutti copiosi in ogni epoca della Chiesa. 'Poiché la carità è il primo frutto dello Spirito ed il più grande di tutti i carismi, una comunità religiosa arricchisce la Chiesa, della quale è parte viva, in primo luogo con il suo amore: ama la sua Chiesa particolare, la arricchisce con i suoi carismi e la rende disponibile ad una dimensione più universale'".

In merito alla "diminuzione dei membri in molti Istituti e dell'invecchiamento degli stessi, evidente in alcune parti del mondo, alcuni" - ha affermato il Papa - "si domandano se la vita consacrata continua ad essere una proposta in grado di attrarre i giovani e le giovani".

La vita consacrata in quanto tale, ha proseguito il Pontefice "ha origine nel Signore, che scelse per sé questo modo di vivere nella castità, nella povertà e nell'obbedienza. La vita consacrata non potrà mai mancare né morire nella Chiesa: fu amata da Gesù e considerata come parte inamovibile della sua Chiesa. Per questo motivo l'appello all'impegno generale nella pastorale vocazionale: se la vita consacrata è un bene di tutta la Chiesa, che interessa tutti, anche la pastorale che cerca di promuovere le vocazioni alla vita consacrata deve essere un impegno sentito da tutti: vescovi, sacerdoti, religiosi e laici".

"Come afferma il decreto conciliare 'Perfectae caritatis', 'il rinnovamento e l'adattamento degli istituti dipende principalmente dalla formazione dei suoi membri'. Si tratta di un'affermazione fondamentale per ogni forma di vita consacrata. La capacità formativa di un Istituto, nella fase iniziale e nelle fasi successive, è fondamentale per tutto il processo di rinnovamento".

Benedetto XVI ha concluso esortando i Vescovi a trasmettere "la viva gratitudine" del Papa alle persone consacrate e a dire loro che il Papa le ricorda tutti nelle sue preghiere, "in particolare le persone anziane e i malati e quanti attraversano momenti di crisi e di solitudine, o soffrano e si sentano confusi, ed infine i giovani e le giovani che bussano alla porta e chiedono di dedicarsi a Gesù Cristo vivendo con radicalità il Vangelo".

lunedì 8 novembre 2010

Svizzera: lotta al suicidio "assistito"

La Svizzera è in lotta contro il turismo della morte: aumentano gli stranieri che vi si recano per il suicidio assistito dietro pagamento.

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Des étrangers se rendent en Suisse pour accéder, contre rémunération, au « suicide assisté », au point qu’un projet de loi est en débat pour freiner cette tendance

«Au lieu d’attendre la mort d’une manière passive, j’organise mon dernier voyage et, quand j’arriverai là-bas, ce sera le grand bond. » Ces paroles ont été prononcées par l’actrice française Maïa Simon en 2007, peu de temps avant sa mort, en Suisse, par « suicide assisté ». Atteinte d’un cancer incurable, la comédienne de 67 ans avait décidé de se rendre à Zurich, où l’association Dignitas fournit aux malades une dose létale de pentobarbital qui provoque le décès. Une pratique interdite en France.

Comme elle, plusieurs dizaines d’étrangers se rendent chaque année en Suisse pour mourir. D’après un rapport officiel du département fédéral de justice et police, publié fin 2009, les suicides « de personnes non domiciliées en Suisse accompagnées par une organisation » sont passés de 91 en 2003 à 132 en 2007. L’ensemble des « suicides assistés » dans le pays est passé, sur cette période, de 272 à environ 400.

Une activité tolérée en vertu de l’article 115 du Code pénal suisse, qui stipule que l’aide ou l’incitation au suicide ne sont répréhensibles que dans la mesure où elles ont un « mobile égoïste ». Depuis une quinzaine d’années, trois associations se sont spécialisées dans cette forme d’assistance : Exit Deutsche Schweiz à Zurich, et Exit Suisse romande à Genève – qui prennent uniquement en charge leurs adhérents suisses – et Dignitas, qui « reçoit » aussi des étrangers.
Dignitas demande 7000€ pour bénéficier d’une aide au suicide

Le phénomène n’est donc pas nouveau mais le Conseil fédéral (le gouvernement suisse) a décidé de traiter ce qu’il considère être une « dérive ». Un projet de loi devrait être débattu au Parlement helvétique au début de l’année prochaine.

Dès 2006, l’Académie suisse des sciences médicales s’alarmait du « tourisme de la mort », invitant le pouvoir à surveiller les organisations œuvrant dans ce domaine, tandis que la Commission nationale d’éthique du pays émettait des recommandations.

Quatre ans plus tard, les motifs d’inquiétude demeurent. D’une part, parce que ces associations, tout en se déclarant à but non lucratif, perçoivent des indemnités pour leurs activités. « Chez Dignitas, il en coûte une avance d’environ 10 000 francs (environ 7000€) pour bénéficier d’une aide au suicide, formalités d’inhumation comprises », lit-on dans le rapport, qui précise par ailleurs qu’Exit Deutsche Schweiz « finance ses activités à l’aide des cotisations de ses membres, de dons, d’intérêts sur capitaux et d’autres recettes ».
Un élargissement sensible des critères pour accéder au «suicide assisté»

Autre inquiétude, les locaux dans lesquels opère Dignitas sont « des hôtels », « des voitures » ou « des caravanes parquées sur des places de stationnement publiques », indique le rapport officiel suisse.

Le ministère de la justice dénonce aussi le recours, en 2008, à la « méthode de l’hélium ». « Dans cette méthode, précise le rapport, on place un sac plastique rempli d’hélium sur la tête du candidat au suicide, qui meurt rapidement par étouffement après avoir manqué d’oxygène et perdu conscience. » Cette technique permettait alors à Dignitas de contourner une difficulté : celle de trouver des médecins pour prescrire du natrium pentobarbital, uniquement disponible sur ordonnance, contrairement à l’hélium. Mais, face au scandale suscité, l’association semble y avoir renoncé.

Enfin, le département fédéral relève un élargissement sensible des critères pour accéder au « suicide assisté ». « Si, au début de leur activité, l’offre des organisations (…) reposait sur un pronostic fatal, une souffrance insupportable et, par là même, une situation sans issue, Dignitas a annoncé ultérieurement vouloir aussi assister les personnes en bonne santé désireuses de se suicider », note encore le rapport du ministère suisse.
«Le débat reste très ouvert»

Concernant Exit, il s’alarme d’une prise en charge de malades psychiques, ne souffrant pas d’une maladie mortelle. Fort de ces constats, le département fédéral a rédigé, il y a un an, deux avant-projets de loi destinés à encadrer le secteur.

Il a, depuis, abandonné le plus sévère, qui prévoyait l’interdiction pure et simple des associations. De fait, la consultation nationale lancée d’octobre 2009 à mars 2010 a montré un attachement de la population à l’autodétermination et une certaine réticence à ce que l’État réglemente trop strictement l’« aide au suicide ».

Du coup, comme l’explique Bernardo Stadelmann, sous-directeur de l’office fédéral de justice, « le débat reste très ouvert, c’est le Parlement qui tranchera ». D’autant que la nouvelle ministre de la justice, Simonetta Sommaruga, ne s’est pas encore exprimée publiquement sur ce sujet sensible.
Loin de retsreindre l'«aide au suicide», la loi pourrait autoriser l'euthanasie

Rien n’est donc joué, commente Jérôme Sobel, président d’Exit Suisse romande. Convaincu que le « suicide assisté » répond à une demande de société, ce médecin estime qu’il est temps de former ses confrères « afin qu’ils puissent répondre eux aussi à la demande, tout en prévoyant une clause de conscience comme pour l’avortement ». « Le vrai scandale, conclut-il, c’est que des malades soient obligés de s’exiler en Suisse. »

Des propos choquants pour Josiane Pralong, médecin-chef à la maison de soins palliatifs de Rive-Neuve, près de Montreux. Comme beaucoup de ses confrères, elle s’inquiète que le projet de loi ne fasse « retomber la responsabilité du suicide assisté sur le monde médical s’il prévoit, par exemple, que des médecins évaluent la véracité des demandes ».

Elle craint que le débat, loin de restreindre l’« aide au suicide », n’aboutisse à autoriser l’euthanasie en Suisse, aujourd’hui interdite. Début décembre, le congrès de la société suisse de soins palliatifs pourrait être l’occasion d’une prise de position commune avant le débat parlementaire.

Fonte lacroix.com

venerdì 5 novembre 2010

Riapre il seminario di Cuba dopo 50 anni

L'Eglise catholique de Cuba a inauguré mercredi 3 novembre son premier séminaire depuis 50 ans en présence du président Raul Castro, un événement illustrant le rapprochement sans précédent de l'Etat communiste avec cette institution, médiatrice pour les détenus politiques.

Le général Castro, 79 ans, frère et successeur de Fidel, le cardinal cubain Jaime Ortega et des évêques venus de nombreux pays, dont les Etats-Unis, ont assisté à l'inauguration du complexe Saint-Charles et Saint-Ambroise situé à 17 km au sud-est de La Havane.

Benoît XVI a envoyé pour l'occasion un message de bénédiction. «Que cet acte solennel soit le signe d'une vigueur renouvelée dans l'engagement de veiller à la formation humaine, spirituelle et académique» des futurs prêtres, a écrit le pape dans ce message lu par Mgr Alfredo Petit évêque auxiliaire La Havane.

Présence d'évêques américains


Le cardinal Ortega a pour sa part remercié «tant l'ancien que l'actuel président» cubain pour «cette oeuvre qui a pu compter jusqu'à son terme sur le soutien de l'Etat».


Le président cubain Raul Castro devant Carl A. Anderson, chevalier suprême des Chevaliers de Colomb (l'une des plus grandes organisations de laïcs américains) et Mgr Juan Garcia, archevêque de Camaguey (centre de Cuba), lors de l'inauguration du séminaire Saint-Charles et Saint-Ambroise mercredi 3 novembre (AP/Javier Galeano).

La Conférence des évêques catholiques des Etats-Unis, qui a participé au financement des ce séminaire avec notamment d'autres Eglises étrangères, était représentée pour cet événement par Mgr Thomas Wenski, archevêque de Miami (Floride), bastion des exilés anticastristes. «Cela est très significatif car c'est le premier édifice de cette ampleur à être construit depuis la Révolution. C'est l'expression de relations normales» entre l'Etat et l'Eglise après des années de tensions, a estimé le secrétaire exécutif de la Conférence épiscopale de Cuba, le P. José Félix Perez.

L'Église, seule organisation perçue comme neutre sur l'île


La construction de ce complexe pouvant héberger une centaine de séminaristes avait commencé en 2006 après que Jean Paul II en a bénit la première pierre pendant son voyage historique à Cuba en 1998, marquant la «réconciliation» de l'État cubain avec l'Eglise.

Dans les années 1960, peu après la révolution de 1959, l'Eglise avait dénoncé le virage communiste de Fidel Castro qui avait répondu en expulsant une centaine de prêtres et en envoyant d'autres ainsi que des croyants, dont le futur cardinal Ortega, dans des camps de rééducation. Les biens et propriétés du clergé avaient également été nationalisées.

Mais dans la période actuelle de marasme socio-économique, l'Eglise, seule organisation perçue comme neutre sur l'île communiste, joue un rôle accru dans la société, plaidant en faveur de réformes et intervenant auprès des autorités en faveur des prisonniers politiques.

Plusieurs détenus politiques relâchés grâce à l'action de l'Église


Raul Castro, qui a pris la relève de son aîné en 2006, s'est engagé le 7 juillet auprès de l'Eglise à libérer d'ici à quatre mois, soit dimanche prochain, 52 opposants détenus depuis mars 2003.

Trente-neuf d'entre eux ont été relâchés jusqu'ici et envoyés en exil avec leur famille. Les 13 prisonniers politiques qui restent refusent l'exil ou une libération conditionnelle.

Cuba considère les opposants comme des mercenaires à la solde des Etats-Unis qui imposent depuis 48 ans un embargo économique à l'île.

AFP

Photo : Vue extérieure du nouveau séminaire Saint-Charles et Saint-Ambroise, près de La Havane, inauguré mercredi 3 novembre en présence du président cubain Raul castro (AFP/

Fonte: lacroix.com

giovedì 4 novembre 2010

Unità e Forze Armate

Il 4 novembre è il “Giorno dell’Unità Nazionale” e la “Giornata delle Forze Armate”. Per celebrare e condividere nel modo più opportuno e solenne i valori di una ricorrenza, che quest’anno assume un valore particolare per la concomitanza nelle celebrazioni del 150° anniversario dell’unità d’Italia, sono state organizzate numerose iniziative che interesseranno tutto il territorio nazionale.

Sarà una opportunità per gli uomini e le donne in uniforme per incontrare i cittadini e raccontare loro il lavoro quotidiano di chi veste le “stellette”, mettendo in risalto valori e motivazioni alla base di una scelta di vita da affrontare con impegno e sacrificio. Ma è anche l’occasione per la società civile di toccare con mano la professionalità, dedizione, senso dello Stato e delle istituzioni che contraddistinguono il personale delle Forze Armate italiane.

Il 4 novembre è una data importante per la nostra storia: si celebra l’armistizio che nel 1918 pose fine alle ostilità tra l’Italia e l’Austria - Ungheria, concluse sul campo con la vittoriosa offensiva di Vittorio Veneto. Una vittoria frutto di dedizione, sacrificio e unità del popolo italiano che costò la vita a 689.000 italiani mentre 1.050.000 furono i mutilati e i feriti: numeri da ricordare.

Nel 2011 festeggeremo il 150° anniversario dell'unificazione nazionale. Un processo iniziato il 17 marzo 1861 con la proclamazione, a Torino, del Regno d'Italia e conclusosi con la fine della prima guerra mondiale. Veniva così portato a compimento quell'ideale di Patria unita nato nelle menti di una sparuta ma illuminata minoranza, che ben comprese come i cittadini dei sette Stati, nei quali era allora divisa l'Italia, erano parte di una "nazione culturale" di antiche origini, una Nazione allora priva di forma politica ma con una comune identità. Oggi, alla vigilia del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, dobbiamo fare memoria, specie nelle giovani generazioni, di quel patrimonio di identità e di coesione nazionale che gli Italiani hanno saputo costruire nel corso della loro storia, anche attraverso dolorose esperienze. Non si possono dimenticare le nostre Forze Armate, la cui storia è intimamente legata al processo di unificazione nazionale. Anche il servizio di leva, recentemente sospeso, ha aldilà di tutte le possibili critiche, svolto un ruolo unificante, favorendo la reciproca conoscenza tra giovani di differenti provenienze geografiche. Nelle Forze Armate vivono i valori che devono animare ogni buon cittadino: il senso dello Stato, l'orgoglio dell'identità nazionale, l'amore per la propria nazione. Le Forze Armate sono espressione dell'unità nazionale e ci rappresentano tutti, sia quando devono fronteggiare calamità naturali sia qundo devono contribuire alla nostra sicurezza, sia quando, all'estero, sono impegnate a contrastare il terrorismo o a costruire un futuro di convivenza pacifica.
Ecco perché invito tutti i nostri concittadini, in particolare i giovani, a condividerne questi valori. Attraverso la loro storia potremo rivivere gli ideali dei protagonisti del nostro Risorgimento e del lungo percorso unitario, che ci ha portato fino al presente, trovando conferma di quanto profonde siano le nostre radici e di quanto forte sia la nostra identità.


La Storia: L'Unità d'Italia (1861-1918)

"Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d'Italia.
Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861".

Con queste parole che costituiscono parte del testo della legge n. 4671 del Regno di Sardegna aveva luogo la proclamazione ufficiale del Regno d'Italia, facendo seguito alla seduta del 14 marzo 1861 in occasione della quale il Parlamento aveva votato il relativo disegno di legge.
Il 21 aprile 1861 quella legge diviene la prima del neocostituito Regno d'Italia. Quest'ultimo è il risultato di un percorso iniziato con un'Italia divisa in sette Stati, attraverso la 1^ guerra d'indipendenza (1848-49), la 2^ guerra d'indipendenza (1859- 1861) e la spedizione dei mille (1860) e conclusosi con la proclamazione di Vittorio Emanuele II Re d'Italia. Il processo di unificazione continuò con la 3^ guerra d'indipendenza (1866), la seconda spedizione di Garibaldi verso Roma (1867) e l'annessione di Roma (1870). Con la 1^ guerra mondiale (1915-1918) si concluse il processo di unificazione nazionale che portò all'Italia dei giorni nostri.

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A prima vista può apparire arduo, se non impossibile, collegare le Forze Armate alle vicende che,150 anni fa, portarono all’Unità d’Italia. Ad esempio, nel 1861 l’Aeronautica ancora non esisteva! Nella seconda metà del XIX secolo solo una ristrettissima elite di audaci aeronauti, in Italia e nel resto del mondo, aveva provato l’emozione di vincere la gravità librandosi in volo a bordo di aerostati.
Qualche esempio nel nostro Risorgimento; nel 1848, durante le Cinque Giornate, i milanesi ricorrono così a delle mongolfiere di carta per trasmettere proclami e notizie al di là delle truppe austriache che cingono d’assedio il capoluogo lombardo. Appena un anno dopo, invece, i veneziani corrono il rischio di essere le prime vittime di un rudimentale tentativo di bombardamento dall’aria; è del 1884 la costituzione, in seno all’Esercito, della Sezione Aerostieri. E’ l’atto di nascita della nostra aviazione militare.
Per l'evento dalla quale prenderà le mosse la futura Aeronautica Militare bisogna, però, attendere il 1909. Siamo a Roma, in aprile e sul prato di Centocelle i voli di Wilbur Wright con il suo Flyer e l’addestramento dei primi piloti militari italiani creano l’indissolubile rapporto con l’aeroplano che ancora oggi caratterizza la Forza Armata.
Appena due anni dopo, nel 1911, in Libia, gli aviatori italiani sono i primi al mondo a impiegare in guerra l’aeroplano. Ma è la Grande Guerra a consacrare l’aviazione come arma moderna. L’aviazione si impone come componente attiva di quella che da più parti viene indicata come “quarta guerra d’indipendenza”, coronando il disegno risorgimentale da cui è scaturita la stessa Unità d’Italia. I piloti da caccia, trasposizione moderna degli eroi cavallereschi del passato, e gli equipaggi dei bombardieri partecipano pertanto ai fatti d’arme più importanti della Prima Guerra Mondiale, dalla battaglia del Piave a quella di Vittorio Veneto, contribuendo all’esito vittorioso del conflitto grazie al quale si completa l’unione territoriale dell’Italia.
Il ruolo e le potenzialità riconosciute all’aviazione, portano alla costituzione della Regia Aeronautica come forza armata autonoma. E’ il 28 marzo 1923. Nel decreto di costituzione della nuova Arma, firmato da Vittorio Emanuele III, Re d’Italia, si legge: “E’ costituita la Regia Aeronautica che comprende tutte le forze aeree del Regno e delle Colonie. Essa avrà una propria uniforme e propri distintivi di specialità”. L’emergente industria aeronautica e il continuo e a volte tumultuoso progresso tecnologico, fanno degli anni Venti e Trenta un irripetibile periodo di grandi imprese aviatorie: dalla trasvolata delle Ande al Raid Roma-Tokyo, dalla crociera dei 55mila, dall’Italia all’Australia alle spedizioni polari di Umberto Nobile, apice e parabola discendente del dirigibile, il “più leggero dell’aria”.
Poi ci sono i trionfi nelle edizioni della Coppa Schneider e la stagione delle trasvolate in formazione con le crociere delle due Americhe, nel Mediterraneo e, quelle ancor più spettacolari, del 1930-31 (Italia-Brasile) e del 1933, la Crociera Aerea del Decennale. Infine i record: distanza, velocità e quota. Alla vigilia della seconda guerra mondiale l’aviazione italiana detiene 34 primati (su un totale di 57), ma il comparto aeronautico nazionale è ben lontano da potersi considerare pronto ad affrontare il conflitto che perde presto le caratteristiche della guerra lampo.
A poco sono servite le avvisaglie giunte dalla campagna d’Etiopia e dalla guerra di Spagna che piuttosto hanno assorbito preziose energie e risorse. Il 10 giugno 1940 la Regia Aeronautica può così contare su 84mila uomini e 3.300 velivoli, dei quali poco più della metà operativi. Ciononostante gli aviatori italiani combattono coraggiosamente fino al maggio 1945 nei cieli del Mediterraneo, de La Manica, in Africa, nei Balcani e in Russia, totalizzando 560mila ore di volo, 280 mila sortite e 2.533 vittorie in combattimento. Pesantissime le perdite: 22.805 uomini e 6.805 velivoli.
La disfatta della guerra ha fatto scempio dell’Italia, ma non degli animi. A sostenere gli italiani ci sono la speranza e la voglia di ricostruire in fretta e dimenticare. Sentimenti che caratterizzano anche l’Arma Azzurra che, con l’avvento della Repubblica, diventa Aeronautica Militare. Mortificata nei numeri, con i campi di volo che portano evidenti i segni del conflitto, l’Aeronautica continua comunque a volare in attesa di tempi migliori. Tempi migliori che arrivano nel 1949, quando l’Italia aderisce alla NATO. Tutto cambia, gli aeroporti risorgono e si riempiono di nuovi caccia a getto e di aeroplani da trasporto con cui effettuare le prime missioni fuori dai confini nazionali, come quella in Congo, sotto le insegne dell’ONU, culminata nell’eccidio di Kindu. Una forza aerea sempre più moderna e internazionale accompagna la giovane Italia repubblicana attraverso gli oscuri anni della guerra fredda e della contrapposizione dei blocchi. Poi, la caduta del muro di Berlino cambia di colpo lo scenario geostrategico e in questo nuovo mondo, nel 1991, per la prima volta dopo la fine del secondo conflitto mondiale, velivoli dell’Aeronautica Militare sono impiegati in missioni di guerra.
Sono gli anni dell’era del “peace keeping”, e delle nuove missioni delle Forze Armate italiane nelle aree di crisi; nei Balcani, in Iraq, in Afghanistan, delle operazioni fuori dei confini nazionali. Questo mentre gli aviatori tentano un altro balzo, verso lo spazio che l’Aeronautica sente come propria naturale proiezione. I compiti, l’organizzazione, il personale e i mezzi dell’Aeronautica Militare di oggi sono il frutto di un’evoluzione che ha seguito l’incedere del nostro Paese nel conquistare un posto di rilievo tra le Nazioni più progredite del mondo. L’Aeronautica Militare contribuisce a esprimere il livello di ambizione dell’Italia, che afferma la volontà di un Paese democratico e pacifico di difendere i valori di progresso civile e di libera circolazione delle idee e degli individui. Ideali nei quali rivivono il coraggio, il sogno e la gioia che accompagnarono 150 anni fa gli eventi che portarono alla proclamazione dell’Unità d’Italia.

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La storia: le Battaglie: Solferino e San Martino

La seconda guerra d'indipendenza scoppia il 26 aprile 1859 mentre le truppe piemontesi andavano radunandosi nella zona di Alessandria - Casale Monferrato. La prima fase della campagna fu caratterizzata dalla relativa incertezza del Generale Gyulai che anziché colpire i Piemontesi prima dell'arrivo delle truppe Francesi tentenna venendo poi sconfitto a Montebello, Palestro, Vinzaglio, Confienza e Magenta.

Prologo

Entrati i Sovrani del Piemonte e di Francia a Milano l'8 giugno, gli eserciti contrapposti si perdono di vista, tanto che le Armate Franco Sarde avanzano nel Bresciano approssimandosi verso est alla zona collinare del lago di Garda, convinti che il nemico passato il Mincio emissario del Garda, sia schierato con l'intenzione di dare battaglia nell'area fortificata del quadrilatero (Mantova, Peschiera, Verona e Legnago).
Così non è; gli Imperiali, sollevato il Gyulai dall'incarico il 22 giugno ripassano il Mincio e muovono con due Armate su quattro Corpi d'Armata ciascuna verso il nemico.
Il loro obiettivo strategico era quello di dividere le forze nemiche, schiacciando con la 2^ Armata (con i Corpi I, V, VII e VIII) i piemontesi fra le alture di San Martino e il Garda e ricacciando indietro i Francesi verso le Prealpi. Questo secondo compito spettava alla 1^ Armata (con i Corpi II, III, IX e XI) che avrebbe dovuto avvolgere in pianura lo schieramento avversario dalla sinistra.

Il Mattino

Il mattino del 24 giugno intorno alle tre, le truppe franco sarde, ignare delle intenzioni degli Austriaci iniziano il movimento che dovrebbe portarle sulle rive del Mincio. Ai Piemontesi con 4 Divisioni è assegnato il compito di avanzare lungo le coste del Lago di Garda verso Peschiera e più a sud parallelamente verso Pozzolago e successivamente Monzambano sul Mincio. I Francesi con 4 Corpi d'Armata muovono su altrettante direttrici parallele verso il fiume con l'obiettivo più a sud rappresentato da Goito.
Nessuno dei due contendenti aveva immaginato che quel giorno ci sarebbe stata battaglia e per questo lo scontro ebbe un inizio slegato che solo dopo le dodici venne diretto in maniera coordinata fino alla vittoria dei Franco Piemontesi cui fece gioco soprattutto la forte riserva tenuta ferma a Castiglione da Napoleone III. L'area della battaglia da nord a sud si impernierà su San Martino e Madonna della Scoperta per i Piemontesi, Solferino e Medole per i Francesi.
Il movimento alleato venne quindi suddiviso su 5 direttrici da nord a sud:
L'Armata sarda, agli ordini di Vittorio Emanuele II che seguirà la battaglia da Castel Venzago con le sue 4 divisioni - 1^ (Durando), 2^ (Fanti), 3^ (Mollard), 5^ (Cucchiari) -, da Desenzano e Lonato verso Peschiera e Pozzolengo;
Il 1° Corpo d'Armata - (Baraguey d'Hilliers) - da Esenta verso Solferino;
Il 2° Corpo d'Armata - (Mac Mahon) - da Castiglione delle Stiviere verso San Cassiano e Cavriana;
Il 4° Corpo d'Armata - (Niel) - rinforzato da 3 Brigate del 3° Corpo e da due Divisioni di Cavalleria, da Carpenedolo verso Medole e Guidizzolo;
Il 3° Corpo d'Armata - (Canrobert) - da Mezzane, per Medole e Acquafredda, verso Castel Goffredo;
la Guardia Imperiale, in riserva. (fig. 4)
Sul versante opposto Francesco Giuseppe ordinò alla 2^ Armata - (Schlick) - di avanzare frontalmente per dare battaglia sulle colline fra Lonato e Castiglione, e alla 1a Armata - (Wimpffen) - di attuare dalla pianura un movimento avvolgente dell'avversario da sud, coadiuvata anche da una Divisione proveniente da Mantova, al comando del Generale Jellacic.
Mentre gli alleati iniziavano il loro movimento poco dopo le tre del mattino, gli Imperiali non si mossero che alle ore 8.30: ciò comportò il fatto che i Franco Piemontesi giunsero sui loro punti di arrivo con le truppe imperiali ancora ferme a presidio o appena partite.
Nella zona di San Martino il primo contingente italiano che vi giunge è guidato dal Tenente Colonnello Raffaele Cadorna. Sorprende alcune avanguardie nemiche poi, resosi conto della presenza di forze troppo superiori per la sua unità si attesta in attesa della 5^ Divisione (Brigate "Casale" e "Acqui"). Giunge invece la Brigata "Cuneo" della 3^ Divisione che ignara della reale forza nemica attacca risolutamente l'altura tenuta dagli Austriaci. A difesa ci sono tre brigate dell'VIII Corpo della 2^ Armata.
L'assalto, dopo un iniziale successo, viene respinto. E' solo il primo di sette assalti che si svilupperanno nel corso della giornata
Nelle stesse ore un'altra avanguardia italiana, della 1^ Divisione, composta da Granatieri e Bersaglieri avanza verso Madonnna della Scoperta, fiancheggiando le posizioni del I Corpo d'Armata Francese. Qui impatta contro alcune unità del V Corpo della 2^ Armata austriaca che sta già sostenendo lo scontro di Solferino con il 1° e 2° Corpo Francese.
L'inaspettato arrivo dei Piemontesi impegna gli austriaci sottraendo forze alla linea principale. Sul resto del fronte il movimento in avanti delle truppe francesi incontra le unità austriache bloccandone il movimento pianificato. In particolare fra Medole e Guidizzolo il 4° e 3° Corpo Francese impegnano la 1^ Armata Austriaca che non riesce a mettere in atto il suo movimento aggirante ma si consuma contro il 4° Corpo che blocca la strada per Castiglion delle Stiviere.
Nel settore di San Martino, dopo il primo assalto consumatosi intorno alle 09.00, la Brigata "Cuneo", che ha avuto il suo Comandante ferito, reitera l'assalto, penetra in alcuni casolari ma poi, perduto anche il secondo Comandante, è di nuovo respinta sulle basi di partenza.Dopo meno di un ora ci riprova la Brigata "Casale" della 5^ Divisione, giunta sulla scena dei combattimenti da Desenzano dove ha trovato le strade già intasate da civili, carriaggi e feriti trasportati in improvvisate infermerie. I reparti e i servizi, sorpresi dal combattimento "in ordine di marcia" faticano a organizzare con ordine le retrovie e i reggimenti in afflusso subiscono gravi ritardi sulla tabella di marcia.
Nella zona di Madonna della Scoperta le unità della 1^ Divisione piemontese, dopo un iniziale successo, subiscono la pressione del V Corpo Austriaco cui sta giungendo anche il I a dar manforte. Su Solferino, sotto il caldo afoso della mattinata, i francesi del 1° e 2° Corpo impegnano il V e il I austriaco in una lotta senza quartiere. Nel settore di Medole gli Imperiali della 1^ Armata non riescono a progredire e a breve subiscono anche la manovra sul fianco del 3° Corpo Francese.

Metà Giornata

A San Martino altri due assalti alla baionetta non raggiungono lo scopo di sloggiare le truppe dell'VIII Corpo Austriaco dalle colline su cui sono arroccate. Siamo però verso il punto di svolta della giornata. Napoleone III comprende che il punto di massimo sforzo dello scontro è al centro (fig. 7) e getta nella mischia su Solferino la Guardia Imperiale che sorregge le esauste truppe del 1° Corpo e le riporta in avanti. Il 2° Corpo, che ha dato il via intanto alla manovra assegnata su San Cassiano al margine destro del settore di Solferino, si scontra col VII Corpo Austriaco, mandato da Francesco Giuseppe a chiudere il varco apertosi fra il V Corpo e la 1^ Armata. Il VII non regge e si ritira mentre verso le 13.30 la bandiera francese sventola su Solferino. L'Imperatore d'Austria comprende che la partita è persa ed emana gli ordini per il ripiegamento oltre il Mincio che raggiungono i reparti nella tarda serata.

Sera

Intanto nel settore Piemontese 2^ 3^ e 5^ Divisione vanno riordinandosi per l'ultimo decisivo assalto a San Martino.La 1^ Divisione che fiancheggia il 1° Corpo Francese occupa con i Granatieri e la Brigata "Savoia" l'area di Santa Maria della Scoperta.
Alle 16.45 un fortunale si abbatte sul campo di battaglia e alle 19.00, dopo che alle 17.30 la "Pinerolo" aveva tentato una sortita isolata peraltro senza successo, le brigate "Casale", "Acqui", "Aosta", "Cuneo" e "Pinerolo" portano l'assalto finale alle alture di San Martino coordinando lo sforzo col fuoco dell'artiglieria. Gli Austriaci sono messi in fuga e si ritirano oltre il Mincio.Il concorso sardo alla vittoria del 24 giugno fu sicuramente notevole: i piemontesi impegnarono con le loro 8 brigate altrettante brigate nemiche e alla fine trionfarono. Impegnarono due brigate del V Corpo d'armata e impedirono all'VIII, comandato dal feldmaresciallo Benedek, uno dei migliori generali austriaci del momento, forse il migliore, di inviare rinforzi nel settore di Solferino dove poi sfondarono i francesi.La situazione politica internazionale consiglia l'Imperatore di Francia di non distruggere le armate austriache che infatti non vengono inseguite. La battaglia termina quindi dopo le 19.00 con l'ultimo assalto Piemontese. L'armistizio di Villafranca dell'11 luglio successivo, la pace di Zurigo poi (10 novembre), posero termine al conflitto, con l'annessione della Lombardia al Regno di Sardegna.

Il nome di Solferino e San Martino oltre che per la battaglia, rimarrà nella storia perchè fu l'ultima volta che in mezzo ai combattimenti vi si trovarono, a cavallo, in un raggio di pochi chilometri, tre Capi di Stato: Francesco Giuseppe, Napoleone III e Vittorio Emanuele II e perché , fatto di maggiore rilievo per la storia dell'umanità, quell'evento segnò la nascita della Croce Rossa.

lunedì 1 novembre 2010

IRAQ: ATTERRA UN VOLO EUROPEO, IL PRIMO DA 20 ANNI

0:31 31 OTT 2010

(AGI) - Baghdad, 31 ott. - Un aereo della francese Aigle Azur e' atterrato a Baghdad, primo volo europeo ad arrivare nella capitale dall'embargo internazionale sull'Iraq del 1990.
L'Airbus A319 partito dallo scalo parigino Charles de Gaulle aveva a bordo il ministro del Commercio francese, Anne-Marie Idrac e 111 passeggeri, tra i quali una quarantina di uomini d'affari d'Oltralpe. I voli commerciali tra le due capitali, precedentemente gestiti dalla compagnia di bandiera Air France, erano stati sospesi dopo l'invasione irachena del Kuwait, nell'agosto 1990, che porto' all'embargo. (AGI) .