venerdì 28 gennaio 2011

APPUNTI DI STUDIO

Trattato sulle virtù cardinali

Il rapporto tra giustizia e carità

L’amore comincia con la giustizia e non è veramente tale senza averne adempiuto le esigenze. Nello stesso tempo la giustizia non è fuori e non prescinde dalla carità, quasi che questa cominci dove quella finisce. La carità va oltre la giustizia, ma non senza la giustizia: io non posso per amore donare del mio all’altro senza prima per giustizia avergli dato il suo; tanto meno posso offrirgli come mio ciò che gli appartiene già come suo. (M. Cozzoli, Nuovo Dizion.di teologia morale, v. giustizia, p. 504)
Non c’è vera carità senza giustizia e questa non può essere sostituita dalla carità; nel passato si è a volte caduti nell’errore di pensare che la carità potesse sostituire la giustizia, si diceva che Dio permette nel mondo la miseria e che i ricchi si salvano l’anima attraverso la carità e la beneficenza, mentre i poveri pazientando e rassegnandosi. Ma la carità proprio in quanto è conformità con la volontà di Dio, non può sopportare che qualcuno non possa usare quei beni che Dio gli ha dato per ché possa realizzare la propria perfezione. Diversi pontefici si sono espressi a riguardo:

- Paolo VI: la giustizia è la misura minima della carità (Omelia Bogotà, Cong. Euc. 1968).

- Pio XI: la carità non sarà mai vera carità se non terrà sempre conto della giustizia … una carità che privi l’operaio del salario di cui ha stretto diritto, non è carità, ma un vano nome … né l’operario ha bisogno di ricercare come elemosina ciò che a lui tocca per giustizia, né si può tentare di esimersi dai grandi doveri imposti dalla giustizia con piccoli doni di misericordia (Divini Redemptoris 49).

- Pio XII: per essere autentica la carità deve sempre tener conto della giustizia da instaurare e non accontentarsi di mascherare disordini e insufficienze di una ingiusta condizione (Lettera per la Settimana sociale in Francia 1952).

- Ma già Agostino di Ippona così si esprimeva a riguardo: “Non ci dobbiamo augurare che esistano dei disgraziati per avere la possibilità di compiere delle opere di misericordia. Tu doni il pane a chi ha fame; ma meglio sarebbe che nessuno avesse fame e che tu non ne facessi dono a nessuno. Tu vesti chi è nudo, ma se tutti fossero vestiti e non vi fosse in modo assoluto tale necessità? … Fa in modo che non esistano i disagiati e se ne saranno compiute opere di misericordia! Il fuoco dell’amore si spegnerà allora? Anzi sarà più autentico l’amore che porterai a una persona felice, che tu non puoi obbligare in niente; questo amore sarà più puro e schietto. Perché se tu obblighi un disgraziato può essere che desideri di innalzarti di fronte a lui, che tu voglia magari che chi ti ha provocato a fare del bene sia sotto di te … Auguragli invece di essere un tuo pari: siate sottomessi insieme a Colui che non può essere obbligato a nessuno”. (Tract. VIII, n.5, PL 35, c. 2038-39.)

lunedì 24 gennaio 2011

Lettera ai giornalisti

Cari amici che operate nel mondo dell'informazione,
trovo ammorbante il clima che state contribuendo a diffondere nel nostro paese. Il "gossip" un tempo prerogativa riguardante il mondo dello spettacolo si è ora spostato al campo della politica. Gli effetti immediati e futuri sono nefasti. Dato il genere di argomento di cui si tratta non può che generare curiosità morbose che non c'entrano quasi più nulla con la libertà di informare e di essere informati. Esistono delle regole nel mondo dell'informazione a tutela dei minori e vi prego di ricordarle! E' assai avvilente entrare in una classe di ragazzi e sentirli scherzare tra loro per i motivi pià disparati riepetendo pappagallescamente "bunga bunga"...
Smettiamola di dare notorietà a certi modelli femminili che non possono portare a nulla di buono, lasciamo che sfoghino la loro disperazione interiore nelle aule di tribunali o a professionisti della psiche e non davanti alle telecamere delle reti nazionali. In questo modo sono certa che aiuteremo chi deve operare nel campo della giustizia e anche chi sta cercando di rimediare ad una crisi istituzionale. E' chiaro che trattare certe tematiche alza l'audience, ma a quale prezzo? I politici e i governanti non sono delle star, nel bene o nel male bisogna tenerlo a mente e non dare loro tutta questa fama, nel bene o nel male, di cui non trovo tracce nei sistemi informativi di altri paesi. E' necessario una clima di serenità per tutti coloro ( e sono la maggior parte degli italiani) che ogni santo giorno cerca di compiere al meglio il proprio lavoro e ancora di più è necessario un clima sereno per coloro che il lavoro non l'hanno, perchè non compiano atti di disperazione mentre cercano di rimediare alla loro situazione.

giovedì 20 gennaio 2011

Settimana Unità dei Cristiani

Intervento pronunciato questo mercoledì da Benedetto XVI durante l'Udienza generale svoltasi nell’Aula Paolo VI. Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha incentrato la sua meditazione sul tema "Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera" (Atti 2,42).

* * *

Cari fratelli e sorelle,

stiamo celebrando la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, nella quale tutti i credenti in Cristo sono invitati ad unirsi in preghiera per testimoniare il profondo legame che esiste tra loro e per invocare il dono della piena comunione. È provvidenziale il fatto che, nel cammino per costruire l’unità, venga posta al centro la preghiera: questo ci ricorda, ancora una volta, che l’unità non può essere semplice prodotto dell’operare umano; essa è anzitutto un dono di Dio, che comporta una crescita nella comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il Concilio Vaticano II dice: "Queste preghiere in comune sono senza dubbio un mezzo molto efficace per impetrare la grazia dell'unità e costituiscono una manifestazione autentica dei vincoli con i quali i cattolici rimangono uniti con i fratelli separati: «Poiché dove sono due o tre adunati nel nome mio [dice il Signore], ci sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20)." (Decr. Unitatis Redintegratio, 8). Il cammino verso l’unità visibile tra tutti i cristiani abita nella preghiera, perché fondamentalmente l’unità non la "costruiamo" noi, ma la "costruisce" Dio, viene da Lui, dal Mistero trinitario, dall’unità del Padre con il Figlio nel dialogo d’amore che è lo Spirito Santo e il nostro impegno ecumenico deve aprirsi all’azione divina, deve farsi invocazione quotidiana dell’aiuto di Dio. La Chiesa è sua e non nostra.

Il tema scelto quest’anno per la Settimana di Preghiera fa riferimento all’esperienza della prima comunità cristiana di Gerusalemme, così come è descritta dagli Atti degli Apostoli; abbiamo sentito il testo: "Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" (At 2,42). Dobbiamo considerare che già al momento della Pentecoste lo Spirito Santo discende su persone di diversa lingua e cultura: ciò sta a significare che la Chiesa abbraccia sin dagli inizi gente di diversa provenienza e, tuttavia, proprio a partire da tali differenze, lo Spirito crea un unico corpo. La Pentecoste come inizio della Chiesa segna l’allargamento dell’Alleanza di Dio a tutte le creature, a tutti i popoli e a tutti i tempi, perché l’intera creazione cammini verso il suo vero obiettivo: essere luogo di unità e di amore.

Nel brano citato degli Atti degli Apostoli, quattro caratteristiche definiscono la prima comunità cristiana di Gerusalemme come luogo di unità e di amore e san Luca non vuol solo descrivere una cosa del passato. Ci offre questo come modello, come norma della Chiesa presente, perché queste quattro caratteristiche devono sempre costituire la vita della Chiesa. Prima caratteristica, essere unita e ferma nell’ascolto dell’insegnamento degli Apostoli, poi nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Come ho detto, questi quattro elementi sono ancora oggi i pilastri della vita di ogni comunità cristiana e costituiscono anche l’unico solido fondamento sul quale progredire nella ricerca dell’unità visibile della Chiesa.

Anzitutto abbiamo l’ascolto dell’insegnamento degli Apostoli, ovvero l’ascolto della testimonianza che essi rendono alla missione, alla vita, alla morte e risurrezione del Signore. È ciò che Paolo chiama semplicemente il "Vangelo". I primi cristiani ricevevano il Vangelo dalla bocca degli Apostoli, erano uniti dal suo ascolto e dalla sua proclamazione, poiché il vangelo, come afferma S. Paolo, "è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1,16). Ancora oggi, la comunità dei credenti riconosce nel riferimento all’insegnamento degli Apostoli la norma della propria fede: ogni sforzo per la costruzione dell’unità tra tutti i cristiani passa pertanto attraverso l’approfondimento della fedeltà al depositum fidei trasmessoci dagli Apostoli. Fermezza nella fede è il fondamento della nostra comunione, è il fondamento dell’unità cristiana.

Il secondo elemento è la comunione fraterna. Al tempo della prima comunità cristiana, come pure ai nostri giorni, questa è l’espressione più tangibile, soprattutto per il mondo esterno, dell’unità tra i discepoli del Signore. Leggiamo negli Atti degli Apostoli che i primi cristiani tenevano ogni cosa in comune e chi aveva proprietà e sostanze le vendeva per farne parte ai bisognosi (cfr At 2,44-45). Questa condivisione delle proprie sostanze ha trovato, nella storia della Chiesa, modalità sempre nuove di espressione. Una di queste, peculiare, è quella dei rapporti di fraternità e di amicizia costruiti tra cristiani di diverse confessioni. La storia del movimento ecumenico è segnata da difficoltà e incertezze, ma è anche una storia di fraternità, di cooperazione e di condivisione umana e spirituale, che ha mutato in misura significativa le relazioni tra i credenti nel Signore Gesù: tutti siamo impegnati a continuare su questa strada. Secondo elemento, quindi, la comunione, che innanzitutto è comunione con Dio tramite la fede; ma la comunione con Dio crea la comunione tra di noi e si esprime necessariamente in quella comunione concreta della quale parlano gli Atti degli Apostoli, cioè la condivisione. Nessuno nella comunità cristiana deve avere fame, deve essere povero: questo è un obbligo fondamentale. La comunione con Dio, realizzata come comunione fraterna, si esprime, in concreto, nell’impegno sociale, nella carità cristiana, nella giustizia.

Terzo elemento: nella vita della prima comunità di Gerusalemme essenziale era il momento della frazione del pane, in cui il Signore stesso si rende presente con l’unico sacrificio della Croce nel suo donarsi completamente per la vita dei suoi amici: "Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi … questo è il calice del mio Sangue … versato per voi". "La Chiesa vive dell'Eucaristia. Questa verità non esprime soltanto un'esperienza quotidiana di fede, ma racchiude in sintesi il nucleo del mistero della Chiesa" (Giovanni Paolo II, Enc. Ecclesia de Eucharistia, 1). La comunione al sacrificio di Cristo è il culmine della nostra unione con Dio e rappresenta pertanto anche la pienezza dell’unità dei discepoli di Cristo, la piena comunione. Durante questa settimana di preghiera per l’unità è particolarmente vivo il rammarico per l’impossibilità di condividere la stessa mensa eucaristica, segno che siamo ancora lontani dalla realizzazione di quell’unità per cui Cristo ha pregato. Tale dolorosa esperienza, che conferisce anche una dimensione penitenziale alla nostra preghiera, deve diventare motivo di un impegno ancora più generoso da parte di tutti affinché, rimossi gli ostacoli alla piena comunione, giunga quel giorno in cui sarà possibile riunirsi intorno alla mensa del Signore, spezzare insieme il pane eucaristico e bere allo stesso calice.

Infine, la preghiera - o come dice san Luca le preghiere - è la quarta caratteristica della Chiesa primitiva di Gerusalemme descritta nel libro degli Atti degli Apostoli. La preghiera è da sempre l’atteggiamento costante dei discepoli di Cristo, ciò che accompagna la loro vita quotidiana in obbedienza alla volontà di Dio, come ci attestano anche le parole dell’apostolo Paolo, che scrive ai Tessalonicesi nella sua prima lettera: "State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi" (1Ts 5, 16-18; cfr. Ef 6,18). La preghiera cristiana, partecipazione alla preghiera di Gesù, è per eccellenza esperienza filiale, come ci attestano le parole del Padre Nostro, preghiera della famiglia - il "noi" dei figli di Dio, dei fratelli e sorelle - che parla al Padre comune. Porsi in atteggiamento di preghiera significa pertanto anche aprirsi alla fraternità. Solo nel "noi" possiamo dire Padre Nostro. Apriamoci dunque alla fraternità, che deriva dall’essere figli dell’unico Padre celeste, ed essere disposti al perdono e alla riconciliazione.

Cari Fratelli e Sorelle, come discepoli del Signore abbiamo una comune responsabilità verso il mondo, dobbiamo rendere un servizio comune: come la prima comunità cristiana di Gerusalemme, partendo da ciò che già condividiamo, dobbiamo offrire una forte testimonianza, fondata spiritualmente e sostenuta dalla ragione, dell’unico Dio che si è rivelato e ci parla in Cristo, per essere portatori di un messaggio che orienti e illumini il cammino dell’uomo del nostro tempo, spesso privo di chiari e validi punti di riferimento. E’ importante, allora, crescere ogni giorno nell’amore reciproco, impegnandosi a superare quelle barriere che ancora esistono tra i cristiani; sentire che esiste una vera unità interiore tra tutti coloro che seguono il Signore; collaborare il più possibile, lavorando assieme sulle questioni ancora aperte; e soprattutto essere consapevoli che in questo itinerario il Signore deve assisterci, deve aiutarci ancora molto, perché senza di Lui, da soli, senza il "rimanere in Lui" non possiamo fare nulla (cfr Gv 15,5).

Cari amici, è ancora una volta nella preghiera che ci troviamo riuniti - particolarmente in questa settimana - insieme a tutti coloro che confessano la loro fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio: perseveriamo nella preghiera, siamo uomini della preghiera, implorando da Dio il dono dell’unità, affinché si compia per il mondo intero il suo disegno di salvezza e di riconciliazione. Grazie.

lunedì 17 gennaio 2011

Aosta


In una giornata piena di sole ho visitato il visitabile!In modo speciale il chiostro della Collegiata di S. Orso... è una vera meraviglia!
Il chiostro romanico, gioiello artistico tra i più preziosi della città si trova di fianco alla chiesa. Costruito nella prima metà del XII secolo, in occasione dell'introduzione della vita regolare presso la Collegiata, fu risistemato nel Quattrocento. I capitelli sono decorati con motivi vari. Nel lato nord, che costeggia la navata della chiesa, si osservano scene sacre e profane: la Natività, l'adorazione dei Magi, la fuga in Egitto, la favola della volpe e della cicogna. Nel lato est i capitelli sono alternativamente singoli e binati e presentano storie di Rebecca, Esaù e Giacobbe. Seguono, a sud, capitelli a motivi ornamentali e altri con figure di profeti. Particolarmente interessante il capitello ispirato a episodi della vita di S. Orso, rappresentato mentre distribuisce elemosine ai poveri, fa scaturire una sorgente dalla roccia e difende inutilmente un servo dalle angherie del crudele vescovo Ploceano, suo padrone. Importanti dal punto di vista documentario sono gli ultimi due capitelli, relativi all'adozione della regola di S. Agostino nella comunità. Nel primo si osservano i santi Pietro, Orso e Agostino, il priore Arnolfo e il vescovo Erberto; nel secondo la data e la notizia dell'evento. L'edificio che occupa l'ultimo lato del chiostro fu costruito nel '700.

mercoledì 12 gennaio 2011

Discorso di Benedetto XVI al corpo diplomatico

Texte intégral du discours adressé par Benoît XVI, le 10 janvier 2011 aux membres du corps diplomatique accrédité près le Saint-Siège

Je suis heureux de vous accueillir pour cette rencontre qui, chaque année, vous réunit autour du Successeur de Pierre, illustres Représentants de si nombreux pays. Elle revêt une haute signification, car elle est une image en même temps qu’une illustration du rôle de l’Eglise et du Saint-Siège dans la communauté internationale. J’adresse à chacun de vous des salutations et des vœux cordiaux, en particulier à ceux qui sont ici pour la première fois. Je vous suis reconnaissant pour l’engagement et l’attention avec lesquels, dans l’exercice de vos délicates fonctions, vous suivez mes activités, celles de la Curie romaine et, ainsi, d’une certaine façon, la vie de l’Eglise catholique partout dans le monde. Votre Doyen, l’Ambassadeur Alejandro Valladares Lanza, s’est fait l’interprète de vos sentiments, et je le remercie pour les souhaits qu’il m’a exprimés au nom de tous. Sachant combien votre communauté est unie, je suis sûr qu’est présente aujourd’hui dans votre pensée l’Ambassadrice du Royaume des Pays-Bas, la Baronne van Lynden-Leijten, retournée il y a quelques semaines à la maison du Père. Je m’associe dans la prière à votre émotion.

Alors que commence une année nouvelle, en nos cœurs et dans le monde entier résonne encore l’écho de la joyeuse annonce qui a éclaté voici vingt siècles dans la nuit de Bethléem, nuit qui symbolise la condition de l’humanité, dans son besoin de lumière, d’amour et de paix. Aux hommes d’alors comme à ceux d’aujourd’hui, les armées célestes ont apporté la bonne nouvelle de l’avènement du Sauveur : « Le peuple qui marchait dans les ténèbres a vu se lever une grande lumière ; sur ceux qui habitaient le pays de l’ombre, une lumière a resplendi » (Is. 9, 1). Le Mystère du Fils de Dieu qui devient fils d’homme dépasse assurément toute attente humaine. Dans sa gratuité absolue, cet événement de salut est la réponse authentique et complète au désir profond du cœur. La vérité, le bien, le bonheur, la vie en plénitude que chaque homme recherche consciemment ou inconsciemment lui sont donnés par Dieu. En aspirant à ces bienfaits, toute personne est à la recherche de son Créateur, parce que « seul Dieu répond à la soif qui est dans le cœur de tout homme » (Exhortation Apostolique post-synodale Verbum Domini, n. 23). L’humanité, dans toute son histoire, à travers ses croyances et ses rites, montre une incessante recherche de Dieu et « ces formes d’expression sont tellement universelles que l’on peut appeler l’homme un être religieux » (Catéchisme de l’Eglise catholique, n. 28). La dimension religieuse est une caractéristique indéniable et incoercible de l’être et de l’agir de l’homme, la mesure de la réalisation de son destin et de la construction de la communauté à laquelle il appartient. Par conséquent, quand l’individu lui-même ou ceux qui l’entourent négligent ou nient cet aspect fondamental, se créent des déséquilibres et des conflits à tous les niveaux, aussi bien au plan personnel qu’au plan interpersonnel.

C’est dans cette vérité première et fondamentale que se trouve la raison pour laquelle j’ai indiqué la liberté religieuse comme la voie fondamentale pour la construction de la paix, dans le Message pour la célébration de la Journée Mondiale de la Paix de cette année. La paix, de fait, se construit et se conserve seulement quand l’homme peut librement chercher et servir Dieu dans son cœur, dans sa vie et dans ses relations avec les autres.

Mesdames et Messieurs les Ambassadeurs, votre présence en cette circonstance solennelle est une invitation à accomplir un tour d’horizon sur tous les pays que vous représentez et sur le monde entier. Dans ce panorama, n’y a-t-il pas de nombreuses situations, dans lesquelles, malheureusement, le droit à la liberté religieuse est lésé ou nié ? Ce droit de l’homme, qui est en réalité le premier des droits, parce que, historiquement, il a été affirmé en premier, et que, d’autre part, il a comme objet la dimension constitutive de l’homme, c’est à dire sa relation avec son Créateur, n’est-il pas trop souvent mis en discussion ou violé ? Il me semble que la société, ses responsables et l’opinion publique se rendent compte aujourd’hui davantage, même si ce n’est pas toujours de façon exacte, de cette grave blessure portée contre la dignité et la liberté de l’homo religiosus, sur laquelle j’ai tenu, à de nombreuses reprises, à attirer l’attention de tous.

Je l’ai fait durant mes voyages apostoliques de l’année dernière, à Malte et au Portugal, à Chypre, au Royaume Uni et en Espagne. Au-delà des caractéristiques diverses de ces pays, je conserve de tous un souvenir plein de gratitude pour l’accueil qu’ils m’ont réservé. L’Assemblée spéciale du Synode des Evêques pour le Moyen-Orient, qui s’est déroulée au Vatican au cours du mois d’octobre, a été un moment de prière et de réflexion, durant lequel la pensée s’est dirigée avec insistance vers les communautés chrétiennes de cette région du monde, si éprouvées à cause de leur adhésion au Christ et à l’Eglise.

Oui, regardant vers l’Orient, les attentats qui ont semé mort, douleur et désarroi parmi les chrétiens d’Iraq, au point de les inciter à quitter la terre où leurs pères ont vécu pendant des siècles, nous ont profondément accablés. Je renouvelle aux Autorités de ce pays et aux chefs religieux musulmans mon appel anxieux à œuvrer afin que leurs concitoyens chrétiens puissent vivre en sécurité et continuer à apporter leur contribution à la société dont ils sont membres à plein titre. En Egypte aussi, à Alexandrie, le terrorisme a frappé brutalement des fidèles en prière dans une église. Cette succession d’attaques est un signe de plus de l’urgente nécessité pour les Gouvernements de la Région d’adopter, malgré les difficultés et les menaces, des mesures efficaces pour la protection des minorités religieuses. Faut-il encore une fois le dire ? Au Moyen-Orient, « les chrétiens sont des citoyens originels et authentiques, loyaux à leurs patries et s’acquittant de tous leurs devoirs nationaux. Il est naturel qu’ils puissent jouir de tous les droits de la citoyenneté, de la liberté de conscience et de culte, de la liberté dans le domaine de l’éducation et de l’enseignement et dans l’usage des moyens de communication. » (Message au Peuple de Dieu de l’Assemblée Spéciale pour le Moyen-Orient du Synode des Evêques, n. 10). A cet égard, j’apprécie l’attention pour les droits des plus faibles et la clairvoyance politique dont certains pays d’Europe ont fait preuve ces derniers jours, en demandant une réponse concertée de l’Union Européenne afin que les chrétiens soient défendus au Moyen-Orient. Je voudrais rappeler enfin que le droit à la liberté religieuse n’est pas pleinement appliqué là où est garantie seulement la liberté de culte, qui plus est, avec des limitations. En outre, j’encourage à accompagner la pleine sauvegarde de la liberté religieuse et des autres droits humains par des programmes qui, depuis l’école primaire et dans le cadre de l’enseignement religieux, éduquent au respect de tous les frères en humanité. Pour ce qui concerne les Etats de la Péninsule Arabique, où vivent de nombreux travailleurs immigrés chrétiens, je souhaite que l’Eglise catholique puisse disposer des structures pastorales appropriées.

Parmi les normes qui lèsent le droit des personnes à la liberté religieuse, une mention particulière doit être faite de la loi contre le blasphème au Pakistan: j’encourage à nouveau les Autorités de ce pays à faire les efforts nécessaires pour l’abroger, d’autant plus qu’il est évident qu’elle sert de prétexte pour provoquer injustices et violences contre les minorités religieuses. Le tragique assassinat du Gouverneur du Pendjab montre combien il est urgent de procéder dans ce sens : la vénération à l’égard de Dieu promeut la fraternité et l’amour, et non pas la haine et la division. D’autres situations préoccupantes, avec parfois des actes de violence, peuvent être mentionnées dans le Sud et Sud-est du continent asiatique, dans des pays qui ont pourtant une tradition de rapports sociaux pacifiques. Le poids particulier d’une religion déterminée dans une nation ne devrait jamais impliquer que les citoyens appartenant à une autre confession soient discriminés dans la vie sociale ou, pire encore, que soit tolérée la violence à leur encontre. A cet égard, il est important que le dialogue interreligieux favorise un engagement commun à reconnaître et promouvoir la liberté religieuse de toute personne et de toute communauté. Enfin, comme je l’ai déjà rappelé, la violence contre les chrétiens n’épargne pas l’Afrique. Les attaques contre des lieux de culte au Nigeria, alors même que l’on célébrait la Nativité du Christ, en sont un autre triste témoignage.

Dans divers pays, d’autre part, la Constitution reconnaît une certaine liberté religieuse, mais, de fait, la vie des communautés religieuses est rendue difficile et parfois même précaire (cf. Concile Vatican II, Déclaration Dignitatis Humanae, n. 15) parce que l’ordonnancement juridique ou social s’inspire de systèmes philosophiques et politiques qui postulent un strict contrôle, pour ne pas dire un monopole, de l’Etat sur la société. Il faut que cessent de telles ambiguïtés, de manière à ce que les croyants ne se trouvent pas tiraillés entre la fidélité à Dieu et la loyauté à leur patrie. Je demande en particulier que soit garantie partout aux communautés catholiques la pleine autonomie d’organisation et la liberté d’accomplir leur mission, conformément aux normes et standards internationaux en ce domaine.

En ce moment, ma pensée se tourne à nouveau vers la communauté catholique de la Chine continentale et ses Pasteurs, qui vivent un moment de difficulté et d’épreuve. Par ailleurs, je voudrais adresser une parole d’encouragement aux Autorités de Cuba, pays qui a célébré en 2010 soixante-quinze ans de relations diplomatiques ininterrompues avec le Saint-Siège, afin que le dialogue qui s’est heureusement instauré avec l’Eglise se renforce encore et s’élargisse.

Déplaçant notre regard de l’Orient à l’Occident, nous nous trouvons face à d’autres types de menaces contre le plein exercice de la liberté religieuse. Je pense, en premier lieu, à des pays dans lesquels on accorde une grande importance au pluralisme et à la tolérance, mais où la religion subit une croissante marginalisation. On tend à considérer la religion, toute religion, comme un facteur sans importance, étranger à la société moderne ou même déstabilisant et l’on cherche par divers moyens à en empêcher toute influence dans la vie sociale. On en arrive ainsi à exiger que les chrétiens agissent dans l’exercice de leur profession sans référence à leurs convictions religieuses et morales, et même en contradiction avec celles-ci, comme, par exemple, là où sont en vigueur des lois qui limitent le droit à l’objection de conscience des professionnels de la santé ou de certains praticiens du droit.

Dans ce contexte, on ne peut que se réjouir de l’adoption par le Conseil de l’Europe, au mois d’octobre dernier, d’une Résolution qui protège le droit du personnel médical à l’objection de conscience face à certains actes qui lèsent gravement le droit à la vie, comme l’avortement.

Une autre manifestation de la marginalisation de la religion, et, en particulier, du christianisme, consiste dans le bannissement de la vie publique des fêtes et des symboles religieux, au nom du respect à l’égard de ceux qui appartiennent à d’autres religions ou de ceux qui ne croient pas. En agissant ainsi, non seulement on limite le droit des croyants à l’expression publique de leur foi, mais on se coupe aussi des racines culturelles qui alimentent l’identité profonde et la cohésion sociale de nombreuses nations. L’année dernière, certains pays européens se sont associés au recours du Gouvernement italien dans la cause bien connue concernant l’exposition du crucifix dans les lieux publics. Je désire exprimer ma gratitude aux Autorités de ces nations, ainsi qu’à tous ceux qui se sont engagés dans ce sens, Episcopats, Organisations et associations civiles ou religieuses, en particulier le Patriarcat de Moscou et les autres représentants de la hiérarchie orthodoxe, ainsi qu’à toutes les personnes - croyants mais aussi non-croyants - qui ont tenu à manifester leur attachement à ce symbole porteur de valeurs universelles.

Reconnaître la liberté religieuse signifie, en outre, garantir que les communautés religieuses puissent opérer librement dans la société, par des initiatives dans les secteurs social, caritatif ou éducatif. Partout dans le monde, d’ailleurs, on peut constater la fécondité des œuvres de l’Eglise catholique en ces domaines. Il est préoccupant que ce service que les communautés religieuses rendent à toute la société, en particulier pour l’éducation des jeunes générations, soit compromis ou entravé par des projets de loi qui risquent de créer une sorte de monopole étatique en matière scolaire, comme on le constate par exemple dans certains pays d’Amérique Latine. Alors que plusieurs d’entre eux célèbrent le deuxième centenaire de leur indépendance, occasion propice pour se souvenir de la contribution de l’Eglise catholique à la formation de l’identité nationale, j’exhorte tous les Gouvernements à promouvoir des systèmes éducatifs qui respectent le droit primordial des familles à décider de l’éducation des enfants et qui s’inspirent du principe de subsidiarité, fondamental pour organiser une société juste.

Poursuivant ma réflexion, je ne puis passer sous silence une autre atteinte à la liberté religieuse des familles dans certains pays européens, là où est imposée la participation à des cours d’éducation sexuelle ou civique véhiculant des conceptions de la personne et de la vie prétendument neutres, mais qui en réalité reflètent une anthropologie contraire à la foi et à la juste raison.

Mesdames et Messieurs les Ambassadeurs,

En cette circonstance solennelle, permettez-moi d’expliciter quelques principes dont le Saint-Siège, avec toute l’Eglise catholique, s’inspire dans son activité auprès des Organisations Internationales intergouvernementales, afin de promouvoir le plein respect de la liberté religieuse pour tous. En premier lieu, c’est la conviction que l’on ne peut créer une sorte d’échelle dans la gravité de l’intolérance envers les religions. Malheureusement, une telle attitude est fréquente, et ce sont précisément les actes discriminatoires contre les chrétiens qui sont considérés comme moins graves, moins dignes d’attention de la part des gouvernements et de l’opinion publique. En même temps, on doit aussi refuser le contraste périlleux que certains veulent instaurer entre le droit à la liberté religieuse et les autres droits de l’homme, oubliant ou niant ainsi le rôle central du respect de la liberté religieuse dans la défense et la protection de la haute dignité de l’homme. Moins justifiables encore sont les tentatives d’opposer au droit à la liberté religieuse de prétendus nouveaux droits, activement promus par certains secteurs de la société et insérés dans des législations nationales ou dans des directives internationales, mais qui ne sont, en réalité, que l’expression de désirs égoïstes et ne trouvent pas leur fondement dans l’authentique nature humaine. Enfin, il faut affirmer qu’une proclamation abstraite de la liberté religieuse n’est pas suffisante : cette norme fondamentale de la vie sociale doit trouver application et respect à tous les niveaux et dans tous les domaines; autrement, malgré de justes affirmations de principe, on risque de commettre de profondes injustices à l’égard des citoyens qui souhaitent professer et pratiquer librement leur foi.

La promotion d’une pleine liberté religieuse des communautés catholiques est aussi le but que recherche le Saint-Siège quand il conclut des Concordats ou autres Accords. Je me réjouis que des Etats de diverses régions du monde et de diverses traditions religieuses, culturelles et juridiques choisissent le moyen de Conventions internationales pour organiser les rapports entre la communauté politique et l’Eglise catholique, établissant par le dialogue le cadre d’une collaboration dans le respect des compétences réciproques. L’année dernière, a été conclu et est entré en vigueur un Accord pour l’assistance religieuse des fidèles catholiques des forces armées en Bosnie-Herzégovine, et des négociations sont actuellement en cours dans divers pays. Nous en espérons une issue positive, assurant des solutions respectueuses de la nature et de la liberté de l’Eglise pour le bien de toute la société.

L’activité des Représentants Pontificaux auprès des Etats et des Organisations internationales est également au service de la liberté religieuse. Je voudrais relever avec satisfaction que les Autorités vietnamiennes ont accepté que je désigne un Représentant, qui exprimera par ses visites à la chère communauté catholique de ce pays la sollicitude du Successeur de Pierre. Je voudrais également rappeler que, durant l’année dernière, le réseau diplomatique du Saint-Siège s’est encore renforcé en Afrique, une présence stable étant désormais assurée dans trois pays où le Nonce n’est pas résident. S’il plaît à Dieu, je me rendrai encore dans ce continent, au Bénin, en novembre prochain, pour remettre l’Exhortation Apostolique qui recueillera les fruits des travaux de la deuxième Assemblée Spéciale pour l’Afrique du Synode des Evêques.

Devant cet illustre auditoire, je voudrais enfin redire avec force que la religion ne constitue pas pour la société un problème, qu’elle n’est pas un facteur de trouble ou de conflit. Je voudrais répéter que l’Eglise ne recherche pas de privilèges, ni ne veut intervenir dans des domaines étrangers à sa mission, mais simplement exercer celle-ci avec liberté. J’invite chacun à reconnaître la grande leçon de l’histoire : « Comment nier la contribution des grandes religions du monde au développement de la civilisation ? La recherche sincère de Dieu a conduit à un plus grand respect de la dignité de l’homme. Les communautés chrétiennes, avec leur patrimoine de valeurs et de principes, ont fortement contribué à la prise de conscience de la part des personnes et des peuples, de leur identité et de leur dignité, de même qu’à la conquête d’institutions démocratiques et à l’affirmation des droits de l’homme ainsi que des devoirs correspondants. Aujourd’hui encore, dans une société toujours plus mondialisée, les chrétiens sont appelés, non seulement à un engagement civil, économique et politique responsable, mais aussi au témoignage de leur charité et de leur foi, à offrir une contribution précieuse à l’engagement rude et exaltant pour la justice, le développement humain intégral et le juste ordonnancement des réalités humaines » (Message pour la célébration de la Journée Mondiale de la Paix, 1er janvier 2011, n. 7).

Emblématique, à cet égard, est la figure de la Bienheureuse Mère Teresa de Calcutta : le centenaire de sa naissance a été célébré à Tirana, à Skopje et à Pristina comme en Inde ; un vibrant hommage lui a été rendu non seulement par l’Eglise, mais aussi par des Autorités civiles et des chefs religieux, sans compter les personnes de toutes confessions. Des exemples comme le sien montrent au monde combien l’engagement qui naît de la foi est bénéfique à toute la société.

Qu’aucune société humaine ne se prive volontairement de l’apport fondamental que constituent les personnes et les communautés religieuses ! Comme le rappelait le Concile Vatican II, en assurant pleinement et à tous la juste liberté religieuse, la société pourra ainsi « jouir des biens de la justice et de la paix découlant de la fidélité des hommes envers Dieu et sa sainte volonté » (Déclaration Dignitatis Humanae, n. 6).

Voici pourquoi, alors que nous formons des vœux afin que cette nouvelle année soit riche de concorde et de réel progrès, j’exhorte tous, responsables politiques, chefs religieux et personnes de toutes catégories, à entreprendre avec détermination la voie vers une paix authentique et durable, qui passe par le respect du droit à la liberté religieuse dans toute son étendue.

Sur cet engagement qui nécessite, pour sa mise en œuvre, que toute la famille humaine s’y investisse, j’invoque la Bénédiction de Dieu Tout-Puissant, qui a opéré notre réconciliation avec lui et entre nous, par son Fils Jésus-Christ, notre paix (Eph. 2, 14).

Bonne année à tous!

domenica 9 gennaio 2011

Mons. Braz de Avi


- Papa Benedetto XVI ha nominato monsignor João Braz de Aviz, finora Arcivescovo di Brasilia, nuovo Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, ha reso noto il 4 gennaio la Sala Stampa della Santa Sede.

Monsignor Braz de Aviz sostituisce il Cardinale sloveno Franc Rodé, che ha presentato la propria rinuncia al Papa per raggiunti limiti d'età.

Monsignor João Braz de Aviz è nato a Mafra, nella Diocesi di Joinville (Brasile), il 24 aprile 1947.

Dopo aver frequentato gli studi filosofici nel Seminario maggiore "Rainha dos Apóstolos" di Curitiba e nella Facoltà di Palmas, ha completato gli studi teologici a Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana, conseguendovi la Licenza, e presso la Pontificia Università Lateranense, dove nel 1992 si è laureato in Teologia dogmatica.

Ordinato Sacerdote il 26 novembre 1972 e incardinato nella Diocesi di Apucarana, ha svolto il proprio ministero come parroco in diverse parrocchie, come Rettore dei Seminari Maggiori di Apucarana e di Londrina e come professore di Teologia dogmatica presso l'Istituto teologico Paolo VI a Londrina.

E' stato anche membro del Consiglio presbiterale e del Collegio dei Consultori, nonché coordinatore generale della pastorale diocesana di Apucarana.

Il 6 aprile 1994 è stato eletto alla Sede titolare di Flenucleta, come Ausiliare dell'Arcidiocesi di Vitória, e ha ricevuto la consacrazione episcopale il 31 maggio dello stesso anno.

Trasferito come Vescovo di Ponta Grossa il 12 agosto 1998, promosso ad Arcivescovo di Maringá il 17 luglio 2002, è stato nominato Arcivescovo di Brasilia il 28 gennaio 2004.

Nel maggio scorso ha organizzato il XVI Congresso Eucaristico Nazionale, in coincidenza con il 50° anniversario della città.

In alcune dichiarazioni a ZENIT, monsignor Braz de Aviz ha ricordato che la nomina gli è stata comunicata il 14 dicembre dal Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano.

“Il motivo è che il Papa desiderava un altro brasiliano direttamente legato al lavoro in Vaticano”, ha confessato il presule, che ha riconosciuto di non conoscere a fondo la Congregazione, ragione per cui non ha ancora tracciato delle priorità.

Nel suo nuovo incarico, ha sottolineato, sarà molto rilevante la parola “comunione”: “la comunione è un principio importante”; “ho sempre cercato di preservare la comunione, senza omettere ciò che andava detto”.

Il presule ha aggiunto di voler “lavorare con fede nell'amore di Dio, confidando che per ogni missione ci sia una grazia particolare”.

La nomina, ha concluso, “non è una promozione, è servizio, al quale mi dispongo per il tempo necessario”.

[con informazioni di Alexandre Ribeiro] Zenit.org

giovedì 6 gennaio 2011

Comunicato COREIS

Buon Natale ai cristiani d'Oriente dai musulmani d'Occidente

Appello della COREIS Italiana per la fratellanza religiosa e la libertà di culto
contro ogni violenza, strumentalizzazione e discriminazione


Auguri della COREIS Italiana ai cristiani d'Oriente.
Alla vigilia del Santo Natale ortodosso, che segue il calendario giuliano e cade perciò il 7 gennaio, i musulmani della COREIS (Comunità Religiosa Islamica) Italiana desiderano trasmettere i propri auguri ai fratelli cristiani delle Chiese orientali.

Cristiani e musulmani uniti nell'attesa di Gesù, Spirito di Dio nato da Maria Vergine.
La santità della presenza cristica, che non può essere ridotta ad un evento storico, unisce oggi come ieri cristiani e musulmani. Entrambe le comunità riconoscono Gesù come Spirito di Dio nato dalla Vergine Maria e ne attendono la seconda venuta alla fine dei tempi. In questa prospettiva il nostro Vice Presidente, l'Imam Yahya Pallavicini, incontra ogni anno al Cairo Sua Santità Pope Shenouda III, guida religiosa della Chiesa copta d'Egitto, per rinnovare tale sacra sintonia. Infatti: “La base per questa pace e comprensione esiste già. Fa parte dei principi veramente fondamentali di entrambe le fedi: l’amore per l’unico Dio e l’amore per il prossimo. Questi principi si trovano ribaditi più e più volte nei testi sacri dell’Islam e del Cristianesimo. L’Unità di Dio, la necessità di amarLo e la necessità di amare il prossimo sono così il terreno comune tra Islam e Cristianesimo. Così nell’obbedienza al sacro Corano, come Musulmani invitiamo i Cristiani ad incontrarsi con noi sulla base di ciò che ci è comune, che è anche quanto vi è di più essenziale nella nostra fede e pratica” .

Da Oriente a Occidente, Natale ortodosso ed Epifania cattolica.
Il 7 gennaio i fratelli ortodossi festeggiano il Natale, mentre domani i fratelli cattolici celebrano l'Epifania, ricordando la visita che i tre Magi, sapienti venuti dall'Oriente, resero al neonato Gesù. La prossimità tra le due ricorrenze descrive simbolicamente il miracolo provvidenziale dello Spirito che si volge a riconoscere e a realizzare il Verbo divino che irrompe nel mondo. Dall'Oriente all'Occidente, secondo il percorso immutabile della luce spirituale di cui il sole è il simbolo cosmico per eccellenza.

Il valore incommensurabile dell'unità nella diversità.
Riconosciamo il valore incommensurabile dell'unità nella diversità, poiché Uno e Unico è il Signore di noi tutti e molteplice la Sua creazione. Allo stesso modo, una e unica è la comunità cristiana in Oriente e in Occidente, pur manifestandosi nella Chiesa Cattolica e in quella Ortodossa e Copta. Ebrei, cristiani e musulmani si integrano senza sincretismo nella comunità unica del monoteismo abramico, e in definitiva una e unica è anche la comunità mondiale dei credenti di ogni confessione, purché coerenti e sinceri nel rispetto del valore sacro e universale delle proprie dottrine e delle dottrine dei loro fratelli e delle loro sorelle. Nella risoluzione ONU che istituisce la “Settimana mondiale dell'armonia tra le fedi” si legge: “L'Assemblea Generale riafferma che la comprensione reciproca e il dialogo interreligioso costituiscono dimensioni importanti in una cultura di pace; proclama la prima settimana di Febbraio di ogni anno Settimana mondiale dell'armonia tra le fedi (...) basata sull'Amore di Dio e sull'amore per il prossimo (...) ciascuno nel rispetto delle proprie tradizioni religiose e convinzioni personali" .

Condanna di ogni violenza contro i credenti, ovunque e comunque.
In questo momento drammatico per i fedeli in tanti Paesi del mondo, la COREIS Italiana esprime la condanna ferma e inequivocabile di ogni violenza, discriminazione e strumentalizzazione che colpisca i credenti, la dottrina religiosa e addirittura la preghiera rituale, ai danni delle minoranze o delle maggioranze, in Oriente come in Occidente, senza nessuna eccezione. Esprimiamo il nostro ringraziamento al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che in queste ore difficili ha voluto ricordare quanto sia necessario '”distinguere tra la lotta contro il terrorismo ed il dialogo con l'Islam” . In questo senso anche i leaders religiosi europei ebrei e musulmani si sono recentemente espressi in maniera inequivocabile: “Noi denunciamo tutte le forme di violenza compiute in nome della religione o delle ideologie e faremo tutto il possibile per prevenire l'espansione dell’estremismo nel nome della fede, compresa la nostra. Noi continueremo a scoprire insieme i punti in comune delle nostre tradizioni e l’impegno comune per la libertà dalle costrizioni. Noi crediamo che se abbiamo successo nello stabilire legami di amicizia in Europa e nel resto del mondo, riusciremo anche a trasmettere un messaggio di speranza ai nostri fratelli e sorelle in Medioriente” .

Solidarietà ai fratelli cristiani d'Oriente: il terrorismo non ha religione.
In particolare, vogliamo ribadire la nostra solidarietà ai fratelli cristiani d'Oriente, colpiti negli ultimi mesi dalla follia terrorista in Iraq, Indonesia, Pakistan, Filippine, Nigeria, fino all’ultima strage di Alessandria d’Egitto. Una follia che non ha religione, poiché il terrorismo è la negazione di ogni sacralità. In questo senso si esprime anche il Consiglio Europeo dei Leaders Religiosi: “Fondati sulla comprensione della tolleranza, noi leader religiosi ci impegniamo a lavorare per tradurre l'atteggiamento di tolleranza in atti trasformanti di tolleranza. Noi chiaramente e pubblicamente ci esprimeremo contro ciò che genera intolleranza e discriminazione. Noi faremo tutto il possibile per contraddire ogni forma di discorsi o altri crimini di odio, nella forma di anti-semitismo, islamofobia, attacchi ai cristiani o a qualsiasi altra religione. Noi ci assumiamo la responsabilità di condannare tali atti specialmente quando sono presentati come se fossero motivati religiosamente” . Venerdì 7 gennaio, in occasione della preghiera comunitaria, i musulmani della COREIS dedicheranno presso la moschea al-Wahid di Milano un momento di raccoglimento rituale ai fratelli cristiani vittime degli attentati.

Solidarietà ai Governi dei Paesi colpiti: il pluralismo religioso patrimonio dell'umanità.
Vogliamo offrire la nostra solidarietà anche ai Governi dei Paesi orientali nel mirino del terrorismo internazionale, per sostenerne l'attenzione e la sensibilità istituzionale nel salvaguardare sempre meglio la sacralità della vita di ogni persona e il rispetto del pluralismo religioso come ricchezza imprescindibile dell'umanità. Facciamo infatti nostre le parole di cordoglio indirizzate dal Ministro degli Esteri Franco Frattini al suo omologo egiziano Ahmed Aboul Gheit a poche ore dalla strage di Alessandria: “Nell’esprimere sentimenti di profonda vicinanza all’Egitto colpito da un atto di violenza efferato e teso a minare tragicamente la convivenza pacifica tra diverse confessioni religiose, desidero rivolgerLe in questo difficile momento l’espressione della nostra più sentita solidarietà e partecipazione al dolore di tutte le Autorità della Repubblica Araba d’Egitto, dei familiari delle vittime, dell’intero popolo egiziano. Siamo ben consapevoli dell’impegno dell’Egitto, manifestato sempre dal Presidente Mubarak, di considerare i cristiani copti come parte integrante della società egiziana; per questa ragione rinnovo l’impegno dell’Italia per una forte azione comune contro il terrorismo, che colpisce con cieca e inumana brutalità”. La violenza mira infatti a fomentare le divisioni tra i cittadini e tra i credenti, secondo una modalità anche etimologicamente diabolica, e anche per questa ragione dobbiamo evitare la trappola del terrorismo e non incoraggiarne i tentativi disgreganti. La prospettiva simbolica della spiritualità, infatti, ha in vista l'unità di Dio, la conoscenza e la pace, l'ordine e l'armonia per tutte le creature.

Italia: verso il riconoscimento dell'Ortodossia e dell'Islam? La conoscenza contro l'ignoranza.
Il male dell'ignoranza, della prevaricazione e della violenza, infatti, può essere vinto solo grazie alla conoscenza, alla collaborazione e al rispetto, che si costruiscono in Oriente come in Occidente nel dialogo interculturale e nella coesione sociale tra uomini e donne responsabili, onesti e intelligenti, nel confronto costante tra cittadini, credenti e rappresentanti seri e saggi della volontà popolare. Questo sforzo virtuoso sta portando anche in Italia ad un auspicabile riconoscimento della relazione sana e costruttiva tra le autorità laiche e le confessioni religiose dove, dopo l'Intesa con i fratelli ebrei e le varie chiese cristiane protestanti, anche i cristiani ortodossi e i rappresentanti più autorevoli dell'Islam italiano possano sperare di esprimere e di condividere con i fedeli di ogni confessione il valore della libertà e dell'armonia tra fede e ragione, spiritualità e cittadinanza.

E dunque, ancora una volta, buon Natale ai cristiani d'Oriente dai musulmani d'Occidente!


La COREIS (Comunità Religiosa Islamica) Italiana

Comunicato COREIS

Buon Natale ai cristiani d'Oriente dai musulmani d'Occidente
Appello della COREIS Italiana per la fratellanza religiosa e la libertà di culto
contro ogni violenza, strumentalizzazione e discriminazione


Auguri della COREIS Italiana ai cristiani d'Oriente.
Alla vigilia del Santo Natale ortodosso, che segue il calendario giuliano e cade perciò il 7 gennaio, i musulmani della COREIS (Comunità Religiosa Islamica) Italiana desiderano trasmettere i propri auguri ai fratelli cristiani delle Chiese orientali.

Cristiani e musulmani uniti nell'attesa di Gesù, Spirito di Dio nato da Maria Vergine.
La santità della presenza cristica, che non può essere ridotta ad un evento storico, unisce oggi come ieri cristiani e musulmani. Entrambe le comunità riconoscono Gesù come Spirito di Dio nato dalla Vergine Maria e ne attendono la seconda venuta alla fine dei tempi. In questa prospettiva il nostro Vice Presidente, l'Imam Yahya Pallavicini, incontra ogni anno al Cairo Sua Santità Pope Shenouda III, guida religiosa della Chiesa copta d'Egitto, per rinnovare tale sacra sintonia. Infatti: “La base per questa pace e comprensione esiste già. Fa parte dei principi veramente fondamentali di entrambe le fedi: l’amore per l’unico Dio e l’amore per il prossimo. Questi principi si trovano ribaditi più e più volte nei testi sacri dell’Islam e del Cristianesimo. L’Unità di Dio, la necessità di amarLo e la necessità di amare il prossimo sono così il terreno comune tra Islam e Cristianesimo. Così nell’obbedienza al sacro Corano, come Musulmani invitiamo i Cristiani ad incontrarsi con noi sulla base di ciò che ci è comune, che è anche quanto vi è di più essenziale nella nostra fede e pratica” .

Da Oriente a Occidente, Natale ortodosso ed Epifania cattolica.
Il 7 gennaio i fratelli ortodossi festeggiano il Natale, mentre domani i fratelli cattolici celebrano l'Epifania, ricordando la visita che i tre Magi, sapienti venuti dall'Oriente, resero al neonato Gesù. La prossimità tra le due ricorrenze descrive simbolicamente il miracolo provvidenziale dello Spirito che si volge a riconoscere e a realizzare il Verbo divino che irrompe nel mondo. Dall'Oriente all'Occidente, secondo il percorso immutabile della luce spirituale di cui il sole è il simbolo cosmico per eccellenza.

Il valore incommensurabile dell'unità nella diversità.
Riconosciamo il valore incommensurabile dell'unità nella diversità, poiché Uno e Unico è il Signore di noi tutti e molteplice la Sua creazione. Allo stesso modo, una e unica è la comunità cristiana in Oriente e in Occidente, pur manifestandosi nella Chiesa Cattolica e in quella Ortodossa e Copta. Ebrei, cristiani e musulmani si integrano senza sincretismo nella comunità unica del monoteismo abramico, e in definitiva una e unica è anche la comunità mondiale dei credenti di ogni confessione, purché coerenti e sinceri nel rispetto del valore sacro e universale delle proprie dottrine e delle dottrine dei loro fratelli e delle loro sorelle. Nella risoluzione ONU che istituisce la “Settimana mondiale dell'armonia tra le fedi” si legge: “L'Assemblea Generale riafferma che la comprensione reciproca e il dialogo interreligioso costituiscono dimensioni importanti in una cultura di pace; proclama la prima settimana di Febbraio di ogni anno Settimana mondiale dell'armonia tra le fedi (...) basata sull'Amore di Dio e sull'amore per il prossimo (...) ciascuno nel rispetto delle proprie tradizioni religiose e convinzioni personali" .

Condanna di ogni violenza contro i credenti, ovunque e comunque.
In questo momento drammatico per i fedeli in tanti Paesi del mondo, la COREIS Italiana esprime la condanna ferma e inequivocabile di ogni violenza, discriminazione e strumentalizzazione che colpisca i credenti, la dottrina religiosa e addirittura la preghiera rituale, ai danni delle minoranze o delle maggioranze, in Oriente come in Occidente, senza nessuna eccezione. Esprimiamo il nostro ringraziamento al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che in queste ore difficili ha voluto ricordare quanto sia necessario '”distinguere tra la lotta contro il terrorismo ed il dialogo con l'Islam” . In questo senso anche i leaders religiosi europei ebrei e musulmani si sono recentemente espressi in maniera inequivocabile: “Noi denunciamo tutte le forme di violenza compiute in nome della religione o delle ideologie e faremo tutto il possibile per prevenire l'espansione dell’estremismo nel nome della fede, compresa la nostra. Noi continueremo a scoprire insieme i punti in comune delle nostre tradizioni e l’impegno comune per la libertà dalle costrizioni. Noi crediamo che se abbiamo successo nello stabilire legami di amicizia in Europa e nel resto del mondo, riusciremo anche a trasmettere un messaggio di speranza ai nostri fratelli e sorelle in Medioriente” .

Solidarietà ai fratelli cristiani d'Oriente: il terrorismo non ha religione.
In particolare, vogliamo ribadire la nostra solidarietà ai fratelli cristiani d'Oriente, colpiti negli ultimi mesi dalla follia terrorista in Iraq, Indonesia, Pakistan, Filippine, Nigeria, fino all’ultima strage di Alessandria d’Egitto. Una follia che non ha religione, poiché il terrorismo è la negazione di ogni sacralità. In questo senso si esprime anche il Consiglio Europeo dei Leaders Religiosi: “Fondati sulla comprensione della tolleranza, noi leader religiosi ci impegniamo a lavorare per tradurre l'atteggiamento di tolleranza in atti trasformanti di tolleranza. Noi chiaramente e pubblicamente ci esprimeremo contro ciò che genera intolleranza e discriminazione. Noi faremo tutto il possibile per contraddire ogni forma di discorsi o altri crimini di odio, nella forma di anti-semitismo, islamofobia, attacchi ai cristiani o a qualsiasi altra religione. Noi ci assumiamo la responsabilità di condannare tali atti specialmente quando sono presentati come se fossero motivati religiosamente” . Venerdì 7 gennaio, in occasione della preghiera comunitaria, i musulmani della COREIS dedicheranno presso la moschea al-Wahid di Milano un momento di raccoglimento rituale ai fratelli cristiani vittime degli attentati.

Solidarietà ai Governi dei Paesi colpiti: il pluralismo religioso patrimonio dell'umanità.
Vogliamo offrire la nostra solidarietà anche ai Governi dei Paesi orientali nel mirino del terrorismo internazionale, per sostenerne l'attenzione e la sensibilità istituzionale nel salvaguardare sempre meglio la sacralità della vita di ogni persona e il rispetto del pluralismo religioso come ricchezza imprescindibile dell'umanità. Facciamo infatti nostre le parole di cordoglio indirizzate dal Ministro degli Esteri Franco Frattini al suo omologo egiziano Ahmed Aboul Gheit a poche ore dalla strage di Alessandria: “Nell’esprimere sentimenti di profonda vicinanza all’Egitto colpito da un atto di violenza efferato e teso a minare tragicamente la convivenza pacifica tra diverse confessioni religiose, desidero rivolgerLe in questo difficile momento l’espressione della nostra più sentita solidarietà e partecipazione al dolore di tutte le Autorità della Repubblica Araba d’Egitto, dei familiari delle vittime, dell’intero popolo egiziano. Siamo ben consapevoli dell’impegno dell’Egitto, manifestato sempre dal Presidente Mubarak, di considerare i cristiani copti come parte integrante della società egiziana; per questa ragione rinnovo l’impegno dell’Italia per una forte azione comune contro il terrorismo, che colpisce con cieca e inumana brutalità”. La violenza mira infatti a fomentare le divisioni tra i cittadini e tra i credenti, secondo una modalità anche etimologicamente diabolica, e anche per questa ragione dobbiamo evitare la trappola del terrorismo e non incoraggiarne i tentativi disgreganti. La prospettiva simbolica della spiritualità, infatti, ha in vista l'unità di Dio, la conoscenza e la pace, l'ordine e l'armonia per tutte le creature.

Italia: verso il riconoscimento dell'Ortodossia e dell'Islam? La conoscenza contro l'ignoranza.
Il male dell'ignoranza, della prevaricazione e della violenza, infatti, può essere vinto solo grazie alla conoscenza, alla collaborazione e al rispetto, che si costruiscono in Oriente come in Occidente nel dialogo interculturale e nella coesione sociale tra uomini e donne responsabili, onesti e intelligenti, nel confronto costante tra cittadini, credenti e rappresentanti seri e saggi della volontà popolare. Questo sforzo virtuoso sta portando anche in Italia ad un auspicabile riconoscimento della relazione sana e costruttiva tra le autorità laiche e le confessioni religiose dove, dopo l'Intesa con i fratelli ebrei e le varie chiese cristiane protestanti, anche i cristiani ortodossi e i rappresentanti più autorevoli dell'Islam italiano possano sperare di esprimere e di condividere con i fedeli di ogni confessione il valore della libertà e dell'armonia tra fede e ragione, spiritualità e cittadinanza.

E dunque, ancora una volta, buon Natale ai cristiani d'Oriente dai musulmani d'Occidente!


La COREIS (Comunità Religiosa Islamica) Italiana

mercoledì 5 gennaio 2011

La pagina più bella

La liturgia della scorsa Domenica ci ripropone come Vangelo il Prologo di S.Giovanni, una delle pagine più belle non solo della Bibbia ma di tutta la letteratura religiosa. "In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio". E' l'Altissimo mistero di Cristo che irrompe, si riversa e invade le profondità dell'anima. "Dans le centre cachè d'une clarté profonde...". Ecco che dalle profondità abissali del mistero si sprigiona una luce che illumina il cammino della storia dell'umanità, dall'inizio alla fine. E' Cristo il "Principio", la Sapienza incarnata, uscita dalla bocca dell'Altissimo. "Prima dei secoli, fin dal principio egli mi creò (prima lettura). Ed è in Lui che tutto è stato fatto: lo sterminato universo in cui ci muoviamo e siamo: queste vastità immense che ci sovrastano, le distanze infinite degli spazi interstellari che ci danno le vertigini. La contemplazione della creazione così grandiosa e sconfinata ci dà solo una pallida idea della sapienza infinita del Creatore. Ed in Lui ci ha voluti: "In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo" (seconda lettura).

Ma il culmine e centro del Prologo è "Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi". Mistero dell'unione ipostatica: una Persona e due nature: perfetto in umanità, perfetto in divinità. Consustanziale al Padre nella divinità, consustanziale a noi nella umanità. Il corpo di Cristo è composto dalle stesse cellule e dagli stessi atomi di cui è composto ogni corpo umano, circa centomila miliardi di cellule di cui ognuna contiene mille miliardi di atomi. Pensate che meraviglia è il corpo umano. Che organizzazione e che complessità. Altro che il sole, le stelle, le galassie che sono molto poveri di informazione, al confronto!... Dunque il Verbo ha voluto farsi carne: è stato mandato in missione sul pianeta Terra. E' il più grande avvenimento ma accaduto nella storia degli uomini, unico ed irripetibile: Dio che si fa uomo. Nessun'altra religione ha mai avuto l'audacia di annunciare una cosa simile e nessuna filosofia, pur affermando l'esistenza di Dio ha mai avuto il coraggio di sostenere che Dio scenda ad abitare con i figli degli uomini e ad occuparsi di loro. Anzi: sarebbe uno scandalo inammissibile e cosa indegna dell'essere supremo e perfettissimo assumere una materia corporea con le sue limitatezze e pesantezze, che per di più tornerà in polvere. Gesù Cristo l'ha fatto (anche se il suo corpo non è ritornato in polvere ma è risorto immediatamente) e da allora anche lo scorrere del tempo è suddiviso in "dopo Cristo" e "avanti Cristo".

Questo ci testimonia che Gesù non è stato un mito, ma una persona vivente ed esistente in un luogo e un tempo ben precisi. E ha dato anche un nuovo corso alla storia universale, anzi l'ha addirittura spaccata in due: prima di Lui e dopo di Lui. Ormai lo scorrere del tempo è scandito dal passaggio di Cristo. più scendere di così non poteva; più condividere l'umana sorte, non era possibile! Follia del nostro Dio che pur di salvarci dalla catastrofe si abbassa fino all'inverosimile, e questo scendere, Dio non può salire è già al vertice, è l'Altissimo può solo scendere, diventa condiscendenza come dicevano i Padri. E così ha dato anche un valore infinito a qualsiasi nostro agire,soffrire, patire, purché lo viviamo per Lui con Lui e in Lui.

Wilma Chasseur

Al bando le cristianofobie e le islamofobie! Facciamo il punto di questo Natale 2010:


E' "nato" per davvero? Facciamo il punto di questo Natale 2010 aiutandoci con alcune belle riflessioni:

Cristo si rivela ad ogni popolo e a ogni categoria di persone con segni ad essi appropriati e comprensibili. Ai semplici pastori manda un angelo; ai sapienti, abituati a scrutare il corso degli astri manda una stella; per i giudei, attaccati ai segni, dà un segno, cioè un miracolo: muta l'acqua in vino. Con quali segni Cristo si manifesta agli uomini del nostro tempo? (...) Il senso di solidarietà e di interdipendenza che si va sviluppando tra i popoli, l'ecumenismo dei cristiani, la promozione dei laici, la liberazione della donna, il senso nuovo della libertà religiosa. Quando Gesù parlava dei segni dei tempi intendeva soprattutto i segni messianici: "I ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella! (Mt 11,5). Ci sono oggi questi segni? Certo che ci sono! Ciechi che ricuperano la luce della fede e della speranza al contatto con la Parola di Dio; zoppi spirituali (e talvolta anche corporali) che si alzano e camminano; prigionieri di sé, del male o degli uomini che si liberano dalle catene; gente insomma hr per la potenza di Cristo e del suo Spirito si converte e vive. (P. Raniero Cantalamessa)

sabato 1 gennaio 2011

BENVENUTO 2011!

Nel giorno di sabato, giorno tradizionalmente mariano prende inizio questo nuovo anno. La liturgia di oggi è dedicata a Maria Madre di Dio, possa la Madre del Redentore e di tutti noi proteggerci da ogni male e aiutarci a portare a compimento ogni nostro buon desiderio. E' l'augurio che rivolgo a tutti coloro che amo! Possa la pace dell'unica e autentica Regina della pace regnare sempre nei nostri cuori e in tutte le iniziative e le opportunità che questo nuovo anno porterà a ciascuno di noi! Amen