mercoledì 12 marzo 2014

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giovedì 6 marzo 2014

La grande bellezza

Sì, è un Oscar meritato quello del film di Paolo Sorrentino, "La grande bellezza". Va assaporato possibilmente senza interruzioni pubblicitarie, perché il film ha un suo proprio ritmo e non solo una ottima colonna sonora. È bello e piace perché vero, non stupisce che il regista sia anche autore e sceneggiatore...c'è un pizzico di Fellini, ma anche di D'Annunzio. Il protagonista si muove come una reincarnazione di Andrea Sperelli nei medesimi splendidi palazzi romani e negli stessi generi di  amori sfuggenti e senza impegno. Come un nuovo Des Esseintes gusta e fa gustare allo spettatore estetiche  ricercatezze. Ma tra una festa e l'altra, tra un bicchiere e l'altro, tra un amplesso e l'altro, fa capolino in più punti del film la Roma sacra, la città eterna, così come la stessa colonna sonora passa dai ritmi sincopati della tecno alle voci angeliche di repertori sacri. Ma l'effetto non è dissacrante, c'è un pizzico di critica ad un genere di clero mondanizzato che nell'epoca di Papa Francesco sembra essere in via di estinzione...e che lo stesso Pontefice non perde occasioni per bacchettare. Poi c'è la Santa, una vera santa, omaggiata dai rappresentanti di diverse religioni. Chi ha vissuto a Roma in certi anni, come chi scrive, avrà certamente ricordato un pochino Madre Teresa di Calcutta nelle sue visite romane. La Santa di Sorrentino è ancora più estrema, si ciba di radici, dorme per terra e non parla quasi, se non per dire che chi sceglie la povertà deve viverla e non parlarne! E questa battuta rimanda al celebre passo di Mt5,5, dove si proclamano beati i poveri di spirito. Ma non credo che la Santa rischi di sembrare una caricatura, neanche quando si trascina sulla Scala Santa. Lei, così eterea e disincarnata tanto da non toccare quasi il pavimento, è invece ben radicata sulla terra. Il contrasto con il mondo del personaggio stupendamente interpretato da Servillo è estremo: quelle creature, per quanto disperatamente aggrappate alle realtà terrene, come ombre infernali di dantesca memoria, sono molto più inconsistenti ed evanescenti di lei. Il rimedio, per quel genere di patologie spirituali, non potrà che partire da un ritorno alle radici...
Dove ha abbondato la colpa ha sovrabbondato la grazia, direbbe S. Paolo, emblema di tutte le grandi conversioni. Ma il film non ci fa capire se Gambardella cambia vita, certo è che ritorna nei suoi luoghi di origine e dei suoi primi amori, così come aveva fatto prima di lui il personaggio interpretato da Verdone.