venerdì 17 settembre 2010

L'ateismo è un falso ideologico

L'ATEISMO E' UN FALSO IDEOLOGICO

E' poco noto, perché i bombardamenti mediatici sono impegnati a lanciare "boules rouges" (1) sulle colpe vere o presunte del mondo laico-ecclesiatico-religioso cattolico, ma oggi è diventato impossibile servirsi della scienza come in passato per negare Dio. Attualmente, delle "cose invisibili di Dio", lo scienziato trova nel mondo tracce più chiare e più suggestive di quelle che erano a disposizione dei suoi “colleghi” delle epoche precedenti. (2)

Il filosofo Claude Tresmontant (3) sostiene che "l'ateismo è rigorosamente impensabile se si tiene conto dei dati sperimentali oggettivi che oggi ci sono noti grazie alle scienze sperimentali", cioè “l'ateismo è incompatibile con la realtà dell'evoluzione cosmica, fisica e biologica" che la fisica moderna ha definitivamente accertato”.

L'ateismo, almeno in ambienti culturalmente e scientificamente avanzati, non può più avanzare pretese scientifiche! Gli argomenti con cui gli atei hanno negato il Trascendente e assolutizzato l'immanente, non sono assolutamente scientifici ma filosofici e smentiti clamorosamente dalla fisica moderna.

Il filosofo francese così spiega la questione: "l'ateismo consiste nel sovraccaricare l'universo da un punto di vista ontologico" cioè operare una divinizzazione dell'universo. Come il paganesimo antico, spiega Tresmontant, è obbligato ad attribuire all'universo proprietà fisiche non discernibili nell'esperienza e che le scienze sperimentali hanno rivelato come false: il “non cominciamento”. L'ateismo moderno proprio come il paganesimo antico, è costretto a dedurre dalla propria affermazione iniziale proprietà fisiche inverificabili, è costretto cioè a dedurre una fisica da una metafisica preliminare, posta a priori. La questione diviene paradossale per ogni filosofia che si pretende scientifica!

Lo scienziato che ancora si appella alla scienza per giustificare il proprio ateismo commette un errore perché la scienza non può dirsi estranea alla questione religiosa che riguarda il senso ultimo delle cose e non il loro modo di accadere. La conclusione di questo ragionamento è molto diversa da quello che l'opinione pubblica di massa ancora purtroppo ritiene e cioè che l'ateismo non può mai essere una conseguenza di certe "avanzate" conoscenze scientifiche bensì di una "precomprensione" della realtà (4) possiamo forse anche dire di preconcetti, o pregiudizi che lo scienziato assume come uomo, o filosofo, o metafisico. L'ateismo scientifico è oggi un falso ideologico e nello scienziato a volte anche un "difetto etico: è carenza di coraggio nell'ambito della razionalità".(5) Alcuni scienziati non si rendono conto che quegli stessi principi di razionalità delle leggi che riscontrano nella natura sono incompatibili con il loro credo ateo perché conducono piuttosto evidentemente nella direzione del teismo e non dell'ateismo!

La questione delle prove dell'esistenza di Dio e della inevitabile ripercussione della credenza sui modelli e lo sviluppo delle società ha toccato tutti i pensatori dall’alba della storia del pensiero umano a partire già dai presocratici come ad esempio Senofane e Anassagora. Platone può essere considerato un apologista dell'esistenza di Dio. La sua intuizione del mito del demiurgo ha esercitato una influenza sulla cosmologia cristiana e medioevale per la conoscenza dell’intellegibile. Il demiurgo infatti plasma l’universo sensibile a imitazione dell’ “esemplare” eterno intellegibile, pertanto non è creatore ma artefice agendo su un sostrato informe, primordiale, l’estensione indeterminata (chòra) forma il mondo secondo gli archetipi eterni.

Secondo Platone il legislatore doveva punire con severe sanzioni tre tipi di atteggiamenti a questo riguardo: chi non credeva nell'esistenza degli dei; chi pur credendo alla loro esistenza non ritiene che si occupino degli uomini; chi pur credendo nella esistenza degli dei conduce vita immorale, convinto di poter placare l'ira divina con sacrifici e preghiere.
Il filosofo ateniese non si occupò del peso della religione nella vita della città nella “Repubblica” ma nel decimo libro delle “Leggi” dove ha presentato la sua prova dell'esistenza di Dio basata sul movimento.

Nel dialogo intitolato “Il Politico”, Platone presenta il suo modello di uomo politico dotato, come è noto di “sapere”, e specifica che la sua attività di governo non deve essere analoga a quella di un pastore. Questa metafora, risalente a Omero, presumeva che i soggetti dell'attività di governo del re appartenessero a una specie inferiore. Questo per Platone poteva andar bene ai tempi antichi di Crono, l'età dell'oro, in cui gli uomini venivano affidati alle cure di demoni superiori a essi che provvedevano al soddisfacimento di tutte le loro necessità. Nell’attuale situazione di necessità si imponeva invece, che fossero gli uomini a dover provvedere con le proprie attività ai propri bisogni. In questa mutata situazione il politico è uomo tra gli uomini. Il suo compito è come quello del tessitore che si sforza di fare della città un buon ordito, intrecciando le tecniche esercitate dai concittadini. Deve essere capace dell'arte della misura evitando l'eccesso e il difetto e potrà così intrecciare in giusta misura le doti degli uomini coraggiosi e intelligenti. Nell'ultimo Platone Dio e non l'uomo, come nel pensiero di Protagora, è misura di tutte le cose. (MLA)


(continua)







NOTE

1.Significa lanciare palle di cannone arroventate, appena uscite dalla fornace, come si usava in certe antiche e cruente battaglie.

2.Battista Mondin, “La metafisica di S. Tommaso d’Aquino e i suoi interpreti”, ESD, Bologna 2002, pp 337.

3.C. Tresmontant, “L’ateismo dal punto di vista scientifico e razionale” in AA.VV. “L’ateismo, natura e cause, Milano 1981”, pp 148.

4.Battista Mondin, “La metafisica di S. Tommaso d’Aquino e i suoi interpreti”, ESD, Bologna 2002, pp 337.

5.Ibidem

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