giovedì 16 luglio 2009


Congresso-Pellegrinaggio internazionale O.V. Roma 2008

Testo di Gloria Irene Álvaro Sanz O.V. Valladolid, Spagna

L’AMORE SPONSALE NELLA DOTTRINA MISTICA
DI SAN GIOVANNI DELLA CROCE



Gli specialisti in teologia mistica sono concordi nell’ammettere che san Giovanni della Croce è il mistico per eccellenza dell’Amore sponsale, trasformante, tra Cristo e l’anima. E se questo amore il Signore lo desidera per tutti, esso deve costituire l’aspirazione più ardente e la caratteristica distintiva della nostra spiritualità come donne consacrate nell’ordine delle vergini. Non ci ha chiesto forse il Vescovo se desideravamo essere solennemente sposate con nostro Signore Gesù Cristo? Non portiamo nel nostro dito l’anello nuziale come segno di questi sponsali (ndt da intendersi come reciproca e solenne promessa di matrimonio)? Sì, desideriamo considerare progettato in modo molto speciale per noi questo amore sponsale e trasformante del quale ci parla san Giovanni della Croce, un amore più forte della morte (Ct 8, 6).

Quest’Amore trasformante non è opera dell’anima per se stessa e in se stessa, ma frutto dell’azione di Dio, se lei si coinvolge, se sa arrendesi e lasciarsi modellare. Inoltre, dovrà collaborare con questa iniziativa di Dio, perché Lui così spera e desidera; il suo amore infinito non mortifica né annulla alcuna capacità umana, anzi, tutto il contrario, come poi vedremo.

San Giovanni della Croce segnala e raccomanda tre guide certe per questo cammino di Amore sponsale trasformante la cui iniziativa, non lo dimentichiamo, parte da Dio: la Santissima Vergine, la Sacra Scrittura e la direzione spirituale.

Circa la DIREZIONE SPIRITUALE egli ci offre materiale insuperabile. La considera imprescindibile e le dedica molti paragrafi nelle sue opere. È assolutamente necessaria per liberarci dagli attacchi diabolici perché «il demonio riesce a prevalere contro coloro che vogliono fare da soli nelle cose di Dio»1. Però esige molto dal direttore spirituale: deve ricordare che lui è solo uno strumento nel cammino dell’anima, e non deve allontanarla da quanto Dio desidera veramente da lei2, inoltre avvisa del rischio che corre il direttore di non cogliere il linguaggio, cioè di non comprendere la forma nella quale la persona si comunica a lui e gli spiega quanto sta vivendo3. Che fine psicologo si rivela qui san Giovanni della Croce! Perché per cogliere esattamente l’espressione e poter comunicare bene è evidente che il direttore spirituale necessita di uno straordinario bagaglio culturale e di un solido fondamento di letture. Non basta che sia spirituale e conosca questo cammino: deve possedere una grande cultura per non essere un semplice. Ricorderemo santa Teresa di Gesù quando affermava: «Un buon uomo di cultura non mi ha mai ingannato»4. Inoltre, sarà molto soave nel tratto, ma anche leale e sincero, dotato di profonda umiltà e di una grande capacità di empatia – diremmo oggi – perché alla povera anima non accada, come ci avvisa san Giovanni della Croce, che pensi «di non trovare consolazione in solide letture né sostegno in maestri spirituali»5 . In Fiamma d’amor viva, san Giovanni della Croce descrive con tanta chiarezza i due gravi difetti di un direttore spirituale perché sappiamo riconoscerli e allontanarci da lui:
1. voler modellare una persona secondo quanto lui pensa ella debba diventare,
2. sottometterla, tirannizzarla, lasciandola senza libertà di affrontare la situazione della sua anima con altre persone, separandola da tutti cosicché non si allontani da lui6.
Parliamo prima della purificazione necessaria

UNA PURIFICAZIONE CONTINUA: IL CAUTERIO SOAVE

A volte le parole si usurano per il grande uso che se ne fa, oppure esprimono una connotazione insufficiente o aleatoria della realtà attuale, la quale conia nuovi termini di comunicazione.
Tuttavia il termine purificazione non ha perso forza se lo intendiamo come evoluzione interiore che eleva e trasforma in sommo grado, che tocca la totalità dell’essere e che è opera di Dio, non degli sforzi dell’anima. Lei stessa riconosce che questa azione inizia dal «più profondo centro»7 dell’anima. Questa purificazione è assolutamente necessaria per condurre all’unione spirituale più elevata, che san Giovanni della Croce designa con il termine di matrimonio spirituale.

Un filosofo spagnolo, José Ortega y Gasset, diceva: «A seconda di come si è, così si ama». Perché «essendo l’amore l’atto più delicato e totale di un’anima, in esso si riflettono la condizione e l’indole di questa»8. Pertanto deduciamo che se si ama come si è, sarà necessario essere bene per amare bene. E per essere bene dovranno cambiare molte cose in noi, e non solo cose, ma anche noi stessi nel nostro essere più profondo. E noi non potremmo iniziare da soli questa opera, questa ri-creazione di tutto il nostro io.
L’amore sponsale ha come proprietà principale quella di unire, rendere uguale in un certo modo e nella maniera possibile alla nostra condizione umana. Ci dice san Giovanni della Croce: «Quando Dio ama un’anima, in un certo modo la mette in se stesso, la rende uguale a sé»9. Questo non si può raggiungere se non per dono di Dio, e per esso anelare: «Senza la sua grazia non si può meritare la grazia»10.

L’Amore di Cristo sposo, centro di questo amore trasformante, ci introduce nel seno della Trinità affinché le tre Persone della Santissima Trinità possano realizzare nell’anima tale divina unione.
San Giovanni della Croce, per spiegare tale opera della Trinità, usa la metafora della mano. In tal senso, la mano è il Padre, il tocco della mano è il Figlio, il cauterio guaritore è lo Spirito Santo. L’autore specifica che la mano, il tocco, il cauterio sono in sostanza una stessa cosa, poiché «in realtà, l’azione delle tre Persone è unica, quindi il tutto è attribuito a una e a tutt’e tre le Persone insieme»11. Ricordiamo il significato di cauterio: strumento che, in medicina, si applica incandescente sulle piaghe per guarirle e arrestare le emorragie.

Per raggiungere questa meta dobbiamo pronunciare il fiat in me, il SÌ più totale, dobbiamo arrenderci alla Volontà dello Sposo, dobbiamo abbatterci [ndt abartinos, parola molto usata da san Giovanni della Croce, che in italiano letteralmente significa abbattere se stessi], perché questo Amore ci elevi e trasformi tutto il nostro essere. Ciò significa, inoltre, precisamente il rimettere se stessi al Signore con cuore limpido; è dire, con un cuore nobile, che ci abiti secondo le intenzioni e le strategie insite nel rapporto con Dio e con i fratelli. «Beati i puri di cuore perché vedranno Dio». Solo con limpidezza di cuore potremo sperimentare l’Amore dello Sposo. Qui non ci sono doppiezze, invidie, gelosie, trappole. Tutto questo potrebbe necessitare di una purificazione particolarmente dolorosa e profonda.

Chiariamo alcune idee: quando a questo livello si parla di purificazione iniziata nell’anima dallo Sposo divino, san Giovanni della Croce non si riferisce alle contrarietà e alle sofferenze proprie della vita umana e a quelle ad essa collegate, sebbene anche queste possano in un certo modo purificare, poiché in fin dei conti esse sono, nel loro insieme, uguali per tutti, giusti e peccatori. Non si tratta di questo. San Giovanni della Croce si riferisce alla purificazione che l’azione di Dio conduce nell’anima secondo il proprio essere e la propria specificità, secondo la propria individualità irripetibile, un’azione di Dio che durerà fintanto che la persona vive, e che tuttavia essa andrà assimilando meglio nei suoi differenti gradi nella misura in cui sarà trasformata nell’Amore.

E, siamo sinceri: come potremo purificarci da noi stessi se non ci conosciamo? Se in questo momento ci dicessero: «Vediamo, enumera le componenti della tua personalità che più ti allontanano da Dio e che, pertanto, necessitano di essere purificate», è certo che saremmo molto sinceri alla presenza del Signore. Bene, tuttavia può anche essere certo che quanto abbiamo indicato per noi non sia quello che più ci allontana da Dio, perché ci sono nella nostra anima, nella nostra psicologia, traumi, nodi, retroscena, che disconosciamo [non conosciamo oppure neghiamo] e che ci impediscono di rispondere totalmente e pienamente alla chiamata dello Sposo. Per questo il Signore nel suo infinito Amore ci facilita le cose e prende Lui stesso l’iniziativa, le redini del processo di purificazione e di guarigione.

In tutto questo processo non mancherà l’aiuto del divino Sposo: egli non lascerà mai l’anima sola alle sue proprie forze, non ci abbandonerà nella NOTTE OSCURA DELL’ANIMA.
Quella della notte oscura è una metafora geniale negli scritti di san Giovanni della Croce: notte dei sensi e notte dello spirito che, con il linguaggio attuale, potremmo sintetizzare così: sensazione di totale scomparsa da parte di Dio e dei nostri amici, incapacità di avere consolazione né in una cosa qualsiasi, né tanto meno nella preghiera, in cui si avverte la certezza vivissima della propria indegnità (l’anima potrà ripetere con il Salmo 40 (39): «Le mie colpe mi opprimono e non posso più vedere. Sono più dei capelli del mio capo, e il mio cuore viene meno»), inutilità di ogni aiuto che provenga dagli altri. Tutto ciò avviene in un modo tale che nella persona si rompono tutti gli schemi ideologici, psicologici, vitali che prima le davano forza, ed ella crede di essere abbandonata da Dio perché persino l’idea che aveva di Dio ora non serve. Notte passiva perché è lo Sposo che prende le redini del processo: si tratta, però, di una passività attiva, perché la persona risponde affrontando con fedeltà eroica la situazione penosa12. In un certo modo equivale ad una de-programmazione: è decidere di cancellare completamente dal nostro io tutti i dati equivocati o mal compresi. Dio desidera che acconsentiamo alla sua opera, che ci rimettiamo nelle sue mani, che confidiamo in lui, ma sempre con la nostra libertà. La dottrina di san Giovanni della Croce, però, non ha niente a che vedere con il quietismo. Che Dio prenda l’iniziativa non significa che ci maneggi come delle marionette, ma che, piuttosto, siamo chiamati a rispondere al suo Amore trasformante con i nostri migliori talenti. E così, l’iniziativa di Dio e l’azione della persona, ben sintonizzate, «creano il “tipo” singolarmente creatore nella Chiesa come testimone di Dio»13.

È precisamente in questo bivio che l’obbedienza ci può mostrare la sua forza: la persona deve fidarsi del suo direttore spirituale e non del proprio giudizio. Perché essa, scossa per il dolore, non si accorge che sta iniziando nel suo intimo quello che dice il profeta Osea: «Io la sedurrò, la porterò nel deserto e parlerò al suo cuore… mi chiamerà marito mio e non si volgerà a chiamarmi Baal mio» (Osea 2,16-18). La povera anima che ha cercato Dio tutta la vita, crede di morire. E in un certo qual modo è così, perché l’Amore sponsale la sta trasformando, la sta convertendo in una creatura nuova che deve abbandonare i suoi poveri schemi precedenti e lasciare che in essa rinasca la nuova personalità grazie all’azione del Cristo Sposo. L’anima sarà talmente vicina alla Luce, talmente immersa nella Luce accecante che la sua cecità sarà illuminata. E se obbedisce, se si arrende, se si abbatte, potrà dire più tardi, quando ricorderà questo processo:

Notte che mi guidasti,
oh, notte più dell’alba compiacente!
Oh, notte che riunisti
l’Amato con l’amata,
amata nell’Amato trasformata14.

La purificazione non è unicamente l’eliminazione degli ostacoli all’unione totale con lo Sposo, ma anche un traboccare di grazia di luce e di forza per andare avanti. Sì, l’anima, grazie al suo rimettersi nelle mani di Dio e all’obbedienza, è guidata da questo Amore forte, come san Giovanni della Croce ci spiega: «A volte la persona non comprende né avverte questo amore, perché esso non passa attraverso i sensi con dolcezza, ma si stabilisce nell’anima con una forza, un coraggio e un’audacia superiori al passato»15. Inoltre l’anima va perfezionandosi nell’amore a seconda del grado di purificazione, poiché Cristo le mostra che è sulla via giusta, e ci dice san Giovanni della Croce che «l’anima ha modo di vedere e anche di apprezzare il lavoro che si va realizzando in lei, perché le si manifesta»16. Nessuno batte in generosità il divino Sposo! San Giovanni della Croce ci dice che il nostro Redentore «non può permettere che chi lo ama soffra senza ricevere conforto»17. Grazie a questa bontà del Signore, la persona non si vede toccata da nessun tipo di disequilibrio emozionale né psicologico nel processo di purificazione, poiché la sua mente e la sua capacità di reazione si mantengono sane e usciranno potenziate al massimo grado. Inoltre il divino cauterio purificatore la libera da qualunque squilibrio precedente che l’affliggeva nella sua sfera psicologica.

Devono essere purificati i sensi (sensazioni e tendenze, abitudini, emozioni e affetti…), ma anche lo spirito (memoria, comprensione, volontà… che saranno purificate rispettivamente mediante la Speranza, la Fede, la Carità). Senza dubbio, san Giovanni della Croce dà una speciale importanza alla purificazione della memoria e afferma che è proprio in quest’ultima che il diavolo può compiere il maggiore danno per impedire all’anima di avanzare. Nella Salita del Monte Carmelo, il suo libro più psicologico e anche di minor valore letterario degli altri – secondo i critici letterari più distaccati –, Giovanni della Croce dedica pagine insuperabili ai danni provocati da una memoria non purificata.

Esprimo tale concetto con un linguaggio attuale, come lo comunico ai miei giovani allievi, e vi assicuro che è la parte del messaggio «sangiovannita» che meglio accettano: ci succede qualcosa, di buono o cattivo; ci formiamo un’opinione di una persona e iniziamo a rielaborare tutto ciò nella nostra mente, a pensarlo e ripensarlo. Il male è che, come ben sanno gli psicologi, la memoria è selettiva e interpretativa, capace di cancellare e sfigurare18. La memoria è un meraviglioso dono di Dio, se messa ben a fuoco. Altrimenti, quello che vediamo nel nostro ricordo non è quello che è realmente successo, ma il prodotto della nostra interpretazione. Quante volte perdiamo così la pace e la speranza! Quanti traumi dell’infanzia non superati! Quanti giudizi equivoci su avvenimenti e persone! San Giovanni della Croce non disdegna i ricordi, ma il ricordare male, vale a dire, vivere nel presente ricordi ed esperienze del passato, ancorarci nelle ferite anteriori senza superare l’odio o il rancore. Non si tratta di dimenticare ma di far emergere queste esperienze negative permettendo al divino cauterio di sanarci di far emergere sopra tutto il nostro passato e la nostra eredità una personalità nuova. Se non faremo così non progrediremo spiritualmente e avremo una scarsa valutazione di Dio e della sua Provvidenza. Ma vediamo meglio: non ci dicono forse gli psicologi che per stimare gli altri dobbiamo volere bene a noi stessi? Io sto bene, tu stai bene, così recitava il titolo di un famoso libro di Thomas A. Harris.
E staremo bene solo se viviamo in Cristo, se permettiamo che il suo amore curi i nostri ricordi feriti. Solo così potrò riconciliarmi con me stesso, potrò comprendere bene gli altri e potrò confidare pienamente nei piani di Dio. Ci libereremo dalle nevrosi ossessive, vivremo nella pace il presente e senza paura il futuro. La virtù teologale della Speranza, che lo Sposo divino infonderà nella nostra anima, arresa e obbediente, ci donerà la pace e il sorriso.

Con una certa periodicità si celebrano congressi internazionali su san Giovanni della Croce, psichiatri e psicologi – molto distaccati – partecipando a tali incontri alle volte contribuiscono a una migliore comprensione della sua dottrina. Per esempio, non sempre si è ben intesa l’insistenza di san Giovanni della Croce sull’idea di negazione, negazione di se stesso e dei propri appetiti, che deve essere compresa come superamento totale dell’egoismo e come ri-orientamento dell’amore quando questo ha sviato dalla meta, sviamento dovuto alle «tendenze disordinate dell’affettività, con partecipazione della volontà»19. La negazione viene ad essere un nuovo foglio di via nella nostra vita… attitudine e gesto di distaccamento affettivo, causato dall’amore preferenziale a Dio, è «attitudine teologale del soggetto più che svalorizzazione degli oggetti o delle creature»20. La negazione non è la rottura delle relazioni, ma «forma di comunione personale a livello più profondo»21. Nel linguaggio attuale significherà ordinare bene le nostra priorità, sapendo rinunciare a tutto il mediocre per conseguire il meglio e non lasciarci legare né coinvolgere in nulla; si dovrà inoltre mantenere una buona igiene emozionale, amministrando bene le nostre emozioni nella vita quotidiana. Questo è ciò che vuole dire san Giovanni della Croce quando afferma: «Per arrivare a ciò che piace bisogna andare dove non ci piace»22.
E questo non per amarezza o ascesi, ma per conseguire mete più elevate e soddisfacenti. Facciamo un paragone molto semplice e di vita quotidiana: lo studente che desidera superare un difficile ostacolo, non rinuncia forse a tutto quanto gli impedisce di farlo? Quindi, non ci deve sembrare strano che, nel piano elevatissimo dell’unione trasformante, l’Amore sponsale di Cristo ci aiuta agendo come Fiamma viva d’Amore, che riduce a cenere tanto materiale di scarto e inutile che c’è nel nostro intimo e che ci svia dal percorso.
A poco a poco l’anima vive con più chiarezza: si avvicina il tempo delle nozze.

Esultiamo, Amato

La purificazione sarà continua in questa vita, sebbene non così intensa come all’inizio, e quindi non è tanto dolorosa perché l’anima sa, senza dubbio, che è Cristo che la conduce e Lui infonde in lei grazie ineffabili. L’anima ha dato un SÌ definitivo e la sua volontà si è fatta una con quella del suo Signore. San Giovanni della Croce lo esprime specialmente nel Cantico Spirituale: «la bellezza si impone dai primi versi»23. Ma dal momento che siamo umani ci sono due gradi in questo amore: sponsali spirituali e matrimonio spirituale.

GLI SPONSALI SPIRITUALI*

È un livello intermedio dove si fermano molte persone chiamate a un Amore sponsale completo. Valorizzano e stimano questo Amore come l’unico necessario, e san Giovanni della Croce lo esprime con il simbolo dell’uccello solitario, preso dal Salmo 101, che non è isolamento dai fratelli, ma vita profonda del «solo Dio basta».

L’anima ha dato il Sì a Cristo Sposo, però ancora necessita di entrare nella seconda notte dello spirito in fede totale, senza l’egoismo di anelare a consolazioni, lasciandosi trasportare unicamente dall’Amore, dove giungerà a trovare incomparabilmente più di quanto possa sognare. Dal quel momento, dovrà identificarsi con questi versetti di quel sonetto famoso:

Non hai da darmi niente perché io ti ami
perché anche se non sperassi ciò che spero
lo stesso che ti amo, ti amerei.

A questo amore perfetto desidera condurla il Signore. Adesso negli sponsali spirituali, san Giovanni della Croce ci dice che l’anima ancora soffre di perturbazioni e disturbi perché la tranquillità è solo nella parte superiore dell’io e non in quella sensibile. Gioisce di molto bene, certamente, però il suo essere non è ancora pienamente integrato e unificato e subisce molestie del diavolo, che «preferisce impedire un minimo della sua ricchezza e del suo glorioso piacere a quest’anima piuttosto che farne cadere molte altre in numerosi e gravi peccati»24. Pertanto, l’anima possiede ormai ricchezza e glorioso diletto, ma non è libera dagli attacchi di quei nemici dai quali da se stessa non si può liberare, se non per l’azione potente dei santi angeli inviati dallo Sposo. A essi si rivolge l’anima quando dice:
Prendeteci le volpi
ché è fiorita ormai la nostra vigna25.

Nonostante chieda aiuto, ella riconosce i fiori del sentiero e avanza nella gioia. Essa va scoprendo, colmata di gratitudine e di sorpresa, zone recuperate della propria personalità, prima sconosciute e ora potenziate e arricchite26.
Anela come mai all’incontro con lo Sposo nell’Eucaristia, in questa fusione trasformante, atto d’Amore nel quale l’anima riceve gioia e dono, saporita e amorosa dottrina27.

Però alla generosità infinita di Cristo questo non sembra sufficiente. Egli desidera per noi il matrimonio spirituale. L’anima non si ferma e per questo dice con gioia:
A lui tutta mi detti,
me stessa per intero;
là gli promisi d’essere sua sposa28.


MATRIMONIO SPIRITUALE

Nel matrimonio spirituale, specifica san Giovanni della Croce, c’è maggiore unione delle persone e comunicazione tra loro. È lo stato più alto in cui si può arrivare in questa vita, in esso si constata il predominio delle virtù eroiche e la parte inferiore dell’anima è spiritualizzata. Lo chiarisco nel linguaggio attuale.
L’anima è già libera dai vincoli, l’io più profondo della persona è integrato, unificato in modo tale che non c’è in essa alcun impedimento a ricevere i beni spirituali che il Signore desidera concederle: la persona può di fatto riceverli secondo le proprie capacità. L’amore di Cristo la possiede al punto che non la turberanno le critiche, le incomprensioni, i pettegolezzi… Ancora di più, il demonio non può nulla contro di lei29.

Detto in un altro modo, le componenti dell’unione spirituale sono le seguenti: la trasformazione in Dio e una certa divinizzazione – nel modo in cui è possibile in questa vita –, integrità e fermezza delle virtù e rettificazione psicologica delle potenze dell’anima e delle sue operazioni30, con reciprocità totale fra lo Sposo e l’anima e con una partecipazione chiara della sensibilità già purificata, trasformata. L’anima si vede elevata alla condizione di «consorte della stessa Divinità»31.
La persona recupera le sue gioie, la sua gioia di vivere nella lode, vede l’Amato nella creazione con una profondità che mai avrebbe potuto sognare prima. Tutto ora è colmato di bellezza e l’anima trasformata vede tutto in pienezza e in grandezza come eco dell’Amato: le montagne, le valli, la notte calma, la solitudine sonora, la cena che ricrea e innamora; il letto è fiorito, coperto da ghirlande di fiori e di smeraldi e non possiamo che ascoltare una volta ancora la voce dell’amata: Esultiamo, Amato! L’anima contempla il passaggio del tempo con profondo realismo, percepisce chiaramente la lotta fra il bene e il male e le trappole del maligno contro i piani di Dio, tanto nelle circostanze quanto nelle persone, e può combattere molto efficacemente Satana perché conosce i suoi inganni e perché lui non può nulla contro di lei, sicura come è della vittoria di Cristo, che ha sperimentato in se stessa. Sa che la preghiera è un’arma invincibile e a lei dedica le migliori energie.

È impossibile descrivere l’amore fra Cristo e questa anima: consegna reciproca, con sentimento intenso e vivissimo, innamoramento totale. La persona non è disumanizzata, ma tutto il contrario: il mistico sa amare, perché in primo luogo ha saputo lasciarsi amare da Cristo Sposo, e sarà il migliore amico tra i suoi amici a somiglianza di Gesù. Così ce lo spiega Juan Ramon Jiménez, premio Nobel per la letteratura: «Mistico non vuol dire meno umano, ma più umano nel senso superiore di umanità. Il mistico è più delicato, più squisito, vale a dire più assolutamente umano; è colui che ha un senso più delicato, più squisito, vale a dire più profondo dell’amore; colui che fa dell’amore umano la poesia umana e divina allo stesso tempo»32.
La persona non solo ha scoperto completamente Cristo Sposo, ma in Lui e grazie a Lui si è scoperta pienamente se stessa. Ora in verità servirà bene la Chiesa e l’umanità intera, qualunque sia il lavoro che fa, perché ora, finalmente lei è nel bene e può amare bene. Ora sì.

Giunti a questo punto, ci potremmo domandare: la dottrina mistica di san Giovanni della Croce è attuale? Può dire qualcosa alla società di oggi, a tante persone assetate di Dio? Dobbiamo riconoscere, infatti, che il mondo ha sete di Dio, una sete ardente e bruciante. Tutti conosciamo la famosa frase: «L’uomo del secolo XXI sarà mistico o non sarà». La bibliografia su san Giovanni della Croce è vastissima, segnale chiaro dell’interesse che suscita. Io stessa posso portare una testimonianza personale, come l’ho ascoltata da un famoso scrittore spagnolo, diversi anni fa. Questo scrittore stava attraversando un periodo difficilissimo nella sua vita e poiché il Dalai Lama era a Parigi per tenere una serie di conferenze, qualcuno invitò quello scrittore ad iscriversi al congresso per poter parlare con il saggio tibetano, per vedere se costui lo avesse potuto aiutare a superare la sua difficile situazione. Il Dalai Lama lo ascoltò in silenzio, senza interromperlo, neanche una volta. E quando lo scrittore non poté continuare perché le lacrime glielo impedivano, il Dalai Lama, con la voce molto soave, si limitò a domandargli: «Come mai sei venuto ad ascoltare me, se hai in Spagna le opere di san Giovanni della Croce?».

Per terminare, mi piacerebbe sdebitarmi in un certo modo con san Giovanni della Croce per avermi permesso di sintetizzare il suo insegnamento in poche pagine. Riporto, a questo riguardo, uno dei suoi poemi. Ebbi la gioia e il privilegio di leggerlo pubblicamente davanti alla tomba del Santo, durante un viaggio che, a mo’ di omaggio, feci con un gruppo numeroso di professori di Lingua e Letteratura spagnola accompagnati da 150 alunni. In questo poema, san Giovanni della Croce paragona l’anima a un falcone cacciatore e l’Amore dello Sposo alla caccia. Parla di abbattimento, di sentirsi tentato di pensare di non poterlo raggiungere, di come il Signore faciliti l’anima perché solamente desidera essere per lei questo grande Bene. Designa tutto questo processo con una parola bellissima dello spagnolo del XVI secolo: lance, che significa situazione difficile, rischiosa. Ecco qui il poema:

Dopo un amoroso slancio,
e non privo di speranza,
volai in alto, così in alto
da raggiungere la preda.

Perché giungere potessi
a cotal divino slancio,
io dovetti volar tanto
fino a perdermi di vista;
nondimeno, in tal frangente
lungo il volo venni meno;
ma l’amor fu così alto
che raggiunsi la mia preda.

Quando più salivo in alto
s’abbagliava la mia vista
e la più alta conquista
nell’oscuro si compiva;
ma d’amor essendo slancio
con un cieco e oscuro salto
fui tant’alto, tanto in alto
da raggiungere la preda.

Quanto più sfioravo il sommo
di così ardito slancio,
tanto più in basso, arreso,
abbattuto mi trovavo;
dissi: «chi lì giungere potrà!»;
e mi feci umil tanto
che salii così in alto
da raggiungere la preda.

In un modo misterioso
in un vol ne feci mille,
ché di cielo la speranza
tanto ottiene quanto anela;
solo in questo slancio attesi,
né sperando fui deluso,
ché salii tanto in alto
da raggiungere la preda.

ABBREVIAZIONI.

C. Cantico Spirituale

CA. Cantico Spirituale, redazione A.

CB. Cantico Spirituale, redazione B.

Ll. Fiamma d’amor viva.

N. Notte oscura dell’anima

2N. Secondo libro della Notte oscura dell’anima.

S. Salita del Monte Carmelo.

2S. Secondo libro della Salita del Monte Carmelo.

3S. Terzo libro della Salita del Monte Carmelo.

M.C. Monte Carmelo. A. Avisos.

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BIBLIOGRAFÍA.

Raccomando vivamente di consultare e leggere queste edizioni delle Opere complete di San Giovanni della Croce, per gli studi esplicativi che le accompagnano

Obras completas de San Juan de la Cruz. Ed. De Espiritualidad. Madrid, 1993. Revisión y notas de José Vicente Rodríguez y Federico Ruiz Salvador.

Obras completas de San Juan de la Cruz. Ed. Monte Carmelo. Burgos, 2.003. Edición de Eulogio Pacho.

Obras completas de San Juan de la Cruz. BAC. Edición crítica de Lucinio Ruano de la Iglesia. Madrid, 2.005


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