sabato 16 aprile 2011

a Roma la preghiera per i naufraghi

Nella parrocchia di via Gallia si ricordano quanti hanno perso la vita nel Mediterraneo, nei viaggi della speranza dal Nord Africa verso l'Europa.
Quattrocentoventidue morti in tre mesi, 277 solo in questo primo scorcio di aprile. Tutti inghiottiti da quel Mediterraneo crocevia del messaggio evangelico, ormai trasformato nella più grande fossa comune dei “desaparecidos” del mare. Una terra di nessuno in cui i destini di migliaia di nord africani si intrecciano colando a picco con le loro carrette del mare. La chiesa della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo ieri (martedì 12 aprile) ha voluto ricordare quei 422 «martiri». Per simboleggiare il legame tra la parrocchia del quartiere Appio Latino con la Tunisia. Rendere onore e gloria a quelle centinaia di vite spezzate, senza un volto, un nome e un cognome; molti dei quali, sottolinea monsignor Pietro Sigurani, il parroco, «hanno frequentato le nostre scuole di formazione a Kibilì e Douz». Una fiaccolata, una candela per ogni morte, una simbolistica forte per commemorare quei «giovanotti», appena ventenni, fuggiti «da un Paese senza libertà civile e religiosa».

Come quello precedente, anche il quinto e ultimo incontro programmato dalla parrocchia della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo per il periodo della Quaresima è finito ieri per scivolare sulla tragedia tunisina. E così anche l’ospite d’onore, quel Gianni Gennari da anni nome di spicco del giornalismo italiano, concentra tutto il suo intervento sulla gioia e sull’amore. Quella gioia che separa dalla felicità («sensazione che non passa mai») e dall’allegria (momento che transita). Perché la gioia «in cui viviamo – dice il giornalista – è una realtà che non dipende da noi ma da Dio». Gennari cita il libro della Genesi per parlare di amore, quell’amore che ci incolla a Dio, fonte assoluta di gioia. Legge San Matteo per fare un paragone. «La salvezza è solo per chi conosce Dio? Guai a pensarlo, guai a pensare che solo chi conosce Dio si salverà». Ricorda le parole del cardinale Tettamanzi: «Meglio essere cristiano e non dirlo che dire di essere cristiano e non esserlo». Per tornare al punto di partenza: «Ecco perché onoriamo i fratelli del Nord Africa». E mentre lo dice ricorda quella vita eterna che Dio concederà loro, perché l’amore del Signore verso i suoi figli è indissolubile.

Per le famiglie colpite dalla tragedia del Mar Mediterraneo la chiesa della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo ha realizzato una raccolta fondi.

fonte: www.romasette.it

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