sabato 9 febbraio 2008

Vocazione di Mosè

L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: "voglio avvicinarmi a vedere questo meraviglioso spettacolo: perché il roveto non brucia?". Il Signore vide che si era avvicinato e disse: "Mosè, Mosè!". Rispose: "Eccomi!". Riprese: "Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!". E disse: "Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe". Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio. Il Signore disse:"Ho osservato la miseria del mio popolo e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo...e per farlo uscire da questo paese...io stesso ho visto l'oppressione con cui li tormentano. Ora va'! Fa uscire dall'Egitto il mio popolo." (Dal libro dell'Esodo 3, 1-20)
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Spesso accade che i nostri peggiori nemici non siano fuori di noi, ma in noi stessi! Sono i nostri difetti, i nostri attaccamenti, la cupidigia, la nostra poca fede, i rancori che intossicano i cuore e ci imprigionano nella tristezza, il desiderio smodato di cose che non possiamo ottenere. Soffriamo a volte ingiustamente perchè altri si appropriano di ciò che spettava di diritto a noi, e che avevamo conquistato con fatica, oppure perché non riusciamo a tacere di fronte alle ingiustizie e ci facciamo nemici potenti. Nella Scrittura dell'Antico Testamento troviamo molti esempi di sofferenza "innocente", molti esempi tra i profeti i quali avevano ricevuto da Dio la loro scomodissima vocazione e gli era impossibile tacere, e allora ecco scatenarsi le ire dei prepotenti di turno.
Oppure per esempio, Giobbe, che non andava in giro a predire sventure o a smascherare le trame dei furbi, come i profeti, ma era, un giusto, come si dice oggi, una brava persona; questi, per una scommessa tra il Signore e il demonio, viene spogliato un po' alla volta di tutto quanto aveva e lasciato povero e malato in terra a grattarsi le ferite con un coccio. Ma il Signore lo benedice nuovamente e gli ridona molto più di quello che gli aveva sottratto per provare la sua fede. Ma anche nel Nuovo Testamento, il Vangelo, Gesù è emblema della sofferenza innocente. Il suo insegnamento durissimo a riguardo ci consiglia che nel caso qualcuno ci abbia preso il mantello, dobbiamo donargli anche la tunica, se ci hanno schiaffeggiato su una guancia, dobbiamo porgere anche l'altra, nel caso che l'aggressore non fosse ancora soddisfatto. Fedele ai suoi insegnamenti Gesù ha lasciato che lo spogliassero delle sue vesti, della famosa tunica senza cuciture, ma il Padre celeste lo ha rivestito di luce per l'eternità!

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