mercoledì 17 novembre 2010

Islam: Festa del Sacrificio


La festa islamica dell’Id al-Adha, la Festa del Sacrificio, ricorda ai musulmani la storia sacra del Profeta Abramo, chiamato da Dio a sacrificare il figlio Ismaele, che sostiene il padre nella sottomissione alla volontà divina e lo esorta con queste parole: Padre mio, fa quel che t’è stato ordinato: tu mi troverai, a Dio piacendo, paziente! (Corano XXXVII, 102). La misericordia divina ferma la mano del Patriarca e decreta la salvezza di suo figlio: E riscattammo suo figlio con sacrificio grande e lo benedicemmo tra i posteri (Corano XXXVII, 107-108).


Alla vigilia della Festa del Sacrificio, che cade proprio domani, inviamo a tutti, religiosi e laici, musulmani e fedeli di altre confessioni, un messaggio di pace e conoscenza da parte del nostro Presidente, lo Shaykh 'Abd al-Wahid Pallavicini. Si tratta di un breve testo di particolare attualità nel momento storico che stiamo vivendo e di un invito ad aprire il cuore e la mente ad una prospettiva più ampia della realtà.


A seguire, il messaggio del Presidente della COREIS (Comunità Religiosa Islamica) Italiana Shaykh 'Abd al-Wahid Pallavicini.

Pregiudizi e immaginazione

I conflitti nascono e vengono sostenuti solo dalle nostre menti

Oggi si parla continuamente di scontro di civiltà e di difficoltà di integrazione, ma non si tratta certo di un problema prodotto dalla religione, quanto piuttosto dalla mancanza di una disponibilità che è invece proprio il primo passo verso una reale dimensione religiosa.

È la chiusura in se stessi, l’individualismo, a essere all’origine di tutti i problemi attuali, che questo si incarni nelle opposizioni fra schieramenti politici o fra fazioni religiose che di religioso hanno ormai solo il nome.

A mancare è la volontà di aprirsi alla conoscenza e di comunicare realmente.

Ascoltavamo qualche giorno fa Vattimo e Antiseri proprio a proposito della Conoscenza, ma purtroppo era l’ennesima riproposizione del tema dell’inadeguatezza dell’ermeneutica occidentale nei confronti di una Verità irraggiungibile. Avremmo voluto intervenire, se ce ne fosse stata data l’occasione, con una domanda solo apparentemente provocatoria; e cioè, visti i problemi reali dei nostri tempi, perché invece di parlare dell’irraggiungibile Verità "oggettiva" non parliamo del suo più sostenibile corrispettivo "soggettivo": la sincerità?

Non ci interessa qui il fatto che anche in questo ambito ognuno è libero di farsi l’idea di sincerità che più gli aggrada, fino ai limiti più bassamente sentimentali o psicologici; una cosa è certa, se tutti si attenessero almeno all’idea che se ne possono fare le cose andrebbero certamente meglio, in quanto la società attuale soffre soprattutto a causa di una falsità diffusa, dell’incoerenza fra pensieri e azioni e dell’incapacità di mantenere un distacco disinteressato.

In politica, per esempio, si è passati chiaramente dallo scontro ideologico di una volta, che almeno conservava una residuale intellettualità, al più bieco schieramento per interessi. La Verità c’entra poco, e non certo perché sia irraggiungibile!

Si dirà che è sempre stato così. È vero, è sempre stato così nei periodi di decadenza, si trattasse della fine dell’impero egizio o di quello romano.

A risollevare le sorti dell’umanità sono sempre state esclusivamente le élite spirituali, ben diverse dall’oligarchia del potere di oggi, perché votate non al potere ma alla saggezza e alla conoscenza. Oggi, invece, si pretende persino negare che queste élite siano mai esistite e che rappresentassero realmente il cuore di ogni civiltà tradizionale. Dopo avere secolarizzato l’Occidente e gran parte del mondo restante, l’Avversario si compiace oggi persino di far credere che la spiritualità autentica non sia mai esistita, perché se lo fosse potrebbe pur sempre essere riproposta. Eppure essa rappresenta, oggi come sempre, l’unica soluzione, l’unico modo per superare i dualismi e anche gli pseudo-problemi all’origine di ogni conflitto e contrapposizione.

Cos’è allora che si oppone alla vera spiritualità, se essa si pone per definizione al di là di ogni dualismo?

Al di là dei termini di volta in volta utilizzati, la risposta è sempre stata chiara e univoca: l’ignoranza, le suggestioni, le passioni, le potenze di illusione, l’immaginazione. È l’attaccamento a questi mondi immaginari, soggettivi o collettivi che siano, a mantenere in vita situazioni assurde che potrebbero invece risolversi immediatamente. Purtroppo, però, non basta sapere che abbandonando le proiezioni della mente si potrebbe stare meglio, in quanto l’uomo è attaccato persino alle proprie sofferenze, o meglio preferisce tenersi queste ultime pur di non dover rinunciare alle proprie false certezze e sicurezze. Ed è per questo che certi mutamenti richiedono dei lunghi processi storici alla fine dei quali solo si possono svelare alcuni aspetti della realtà che potevano tuttavia benissimo essere riconosciuti a priori. Le élite spirituali di tutte le civiltà tradizionali partecipano semplicemente di quel respiro intellettuale che permette loro di vedere le cose per quello che esse sono, secondo le parole del Profeta Muhammad: "Dio mio aiutami a vedere le cose per quello che esse sono realmente".

In qualità di Presidente della CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) Italiana, vorrei limitarmi a concludere con un accorato appello affinché ci si renda conto una volta per tutte che la soluzione dei problemi legati alla presenza dell’Islam in Occidente risiede solamente nel suo riconoscimento ufficiale da parte delle istituzioni governative, in quanto solo questo riconoscimento può fare da argine all’instabilità e mutevolezza dei singoli individui, siano essi immigrati o musulmani italiani, e alle loro strumentalizzazioni, fissando alcuni principi che non si oppongono certo a quelli della nostra costituzione e che devono essere rispettati da chiunque si dichiari sinceramente musulmano.

Shaykh ‘Abd al Wahid Pallavicini

Presidente CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) Italiana

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