giovedì 4 novembre 2010

Unità e Forze Armate

Il 4 novembre è il “Giorno dell’Unità Nazionale” e la “Giornata delle Forze Armate”. Per celebrare e condividere nel modo più opportuno e solenne i valori di una ricorrenza, che quest’anno assume un valore particolare per la concomitanza nelle celebrazioni del 150° anniversario dell’unità d’Italia, sono state organizzate numerose iniziative che interesseranno tutto il territorio nazionale.

Sarà una opportunità per gli uomini e le donne in uniforme per incontrare i cittadini e raccontare loro il lavoro quotidiano di chi veste le “stellette”, mettendo in risalto valori e motivazioni alla base di una scelta di vita da affrontare con impegno e sacrificio. Ma è anche l’occasione per la società civile di toccare con mano la professionalità, dedizione, senso dello Stato e delle istituzioni che contraddistinguono il personale delle Forze Armate italiane.

Il 4 novembre è una data importante per la nostra storia: si celebra l’armistizio che nel 1918 pose fine alle ostilità tra l’Italia e l’Austria - Ungheria, concluse sul campo con la vittoriosa offensiva di Vittorio Veneto. Una vittoria frutto di dedizione, sacrificio e unità del popolo italiano che costò la vita a 689.000 italiani mentre 1.050.000 furono i mutilati e i feriti: numeri da ricordare.

Nel 2011 festeggeremo il 150° anniversario dell'unificazione nazionale. Un processo iniziato il 17 marzo 1861 con la proclamazione, a Torino, del Regno d'Italia e conclusosi con la fine della prima guerra mondiale. Veniva così portato a compimento quell'ideale di Patria unita nato nelle menti di una sparuta ma illuminata minoranza, che ben comprese come i cittadini dei sette Stati, nei quali era allora divisa l'Italia, erano parte di una "nazione culturale" di antiche origini, una Nazione allora priva di forma politica ma con una comune identità. Oggi, alla vigilia del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, dobbiamo fare memoria, specie nelle giovani generazioni, di quel patrimonio di identità e di coesione nazionale che gli Italiani hanno saputo costruire nel corso della loro storia, anche attraverso dolorose esperienze. Non si possono dimenticare le nostre Forze Armate, la cui storia è intimamente legata al processo di unificazione nazionale. Anche il servizio di leva, recentemente sospeso, ha aldilà di tutte le possibili critiche, svolto un ruolo unificante, favorendo la reciproca conoscenza tra giovani di differenti provenienze geografiche. Nelle Forze Armate vivono i valori che devono animare ogni buon cittadino: il senso dello Stato, l'orgoglio dell'identità nazionale, l'amore per la propria nazione. Le Forze Armate sono espressione dell'unità nazionale e ci rappresentano tutti, sia quando devono fronteggiare calamità naturali sia qundo devono contribuire alla nostra sicurezza, sia quando, all'estero, sono impegnate a contrastare il terrorismo o a costruire un futuro di convivenza pacifica.
Ecco perché invito tutti i nostri concittadini, in particolare i giovani, a condividerne questi valori. Attraverso la loro storia potremo rivivere gli ideali dei protagonisti del nostro Risorgimento e del lungo percorso unitario, che ci ha portato fino al presente, trovando conferma di quanto profonde siano le nostre radici e di quanto forte sia la nostra identità.


La Storia: L'Unità d'Italia (1861-1918)

"Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d'Italia.
Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861".

Con queste parole che costituiscono parte del testo della legge n. 4671 del Regno di Sardegna aveva luogo la proclamazione ufficiale del Regno d'Italia, facendo seguito alla seduta del 14 marzo 1861 in occasione della quale il Parlamento aveva votato il relativo disegno di legge.
Il 21 aprile 1861 quella legge diviene la prima del neocostituito Regno d'Italia. Quest'ultimo è il risultato di un percorso iniziato con un'Italia divisa in sette Stati, attraverso la 1^ guerra d'indipendenza (1848-49), la 2^ guerra d'indipendenza (1859- 1861) e la spedizione dei mille (1860) e conclusosi con la proclamazione di Vittorio Emanuele II Re d'Italia. Il processo di unificazione continuò con la 3^ guerra d'indipendenza (1866), la seconda spedizione di Garibaldi verso Roma (1867) e l'annessione di Roma (1870). Con la 1^ guerra mondiale (1915-1918) si concluse il processo di unificazione nazionale che portò all'Italia dei giorni nostri.

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A prima vista può apparire arduo, se non impossibile, collegare le Forze Armate alle vicende che,150 anni fa, portarono all’Unità d’Italia. Ad esempio, nel 1861 l’Aeronautica ancora non esisteva! Nella seconda metà del XIX secolo solo una ristrettissima elite di audaci aeronauti, in Italia e nel resto del mondo, aveva provato l’emozione di vincere la gravità librandosi in volo a bordo di aerostati.
Qualche esempio nel nostro Risorgimento; nel 1848, durante le Cinque Giornate, i milanesi ricorrono così a delle mongolfiere di carta per trasmettere proclami e notizie al di là delle truppe austriache che cingono d’assedio il capoluogo lombardo. Appena un anno dopo, invece, i veneziani corrono il rischio di essere le prime vittime di un rudimentale tentativo di bombardamento dall’aria; è del 1884 la costituzione, in seno all’Esercito, della Sezione Aerostieri. E’ l’atto di nascita della nostra aviazione militare.
Per l'evento dalla quale prenderà le mosse la futura Aeronautica Militare bisogna, però, attendere il 1909. Siamo a Roma, in aprile e sul prato di Centocelle i voli di Wilbur Wright con il suo Flyer e l’addestramento dei primi piloti militari italiani creano l’indissolubile rapporto con l’aeroplano che ancora oggi caratterizza la Forza Armata.
Appena due anni dopo, nel 1911, in Libia, gli aviatori italiani sono i primi al mondo a impiegare in guerra l’aeroplano. Ma è la Grande Guerra a consacrare l’aviazione come arma moderna. L’aviazione si impone come componente attiva di quella che da più parti viene indicata come “quarta guerra d’indipendenza”, coronando il disegno risorgimentale da cui è scaturita la stessa Unità d’Italia. I piloti da caccia, trasposizione moderna degli eroi cavallereschi del passato, e gli equipaggi dei bombardieri partecipano pertanto ai fatti d’arme più importanti della Prima Guerra Mondiale, dalla battaglia del Piave a quella di Vittorio Veneto, contribuendo all’esito vittorioso del conflitto grazie al quale si completa l’unione territoriale dell’Italia.
Il ruolo e le potenzialità riconosciute all’aviazione, portano alla costituzione della Regia Aeronautica come forza armata autonoma. E’ il 28 marzo 1923. Nel decreto di costituzione della nuova Arma, firmato da Vittorio Emanuele III, Re d’Italia, si legge: “E’ costituita la Regia Aeronautica che comprende tutte le forze aeree del Regno e delle Colonie. Essa avrà una propria uniforme e propri distintivi di specialità”. L’emergente industria aeronautica e il continuo e a volte tumultuoso progresso tecnologico, fanno degli anni Venti e Trenta un irripetibile periodo di grandi imprese aviatorie: dalla trasvolata delle Ande al Raid Roma-Tokyo, dalla crociera dei 55mila, dall’Italia all’Australia alle spedizioni polari di Umberto Nobile, apice e parabola discendente del dirigibile, il “più leggero dell’aria”.
Poi ci sono i trionfi nelle edizioni della Coppa Schneider e la stagione delle trasvolate in formazione con le crociere delle due Americhe, nel Mediterraneo e, quelle ancor più spettacolari, del 1930-31 (Italia-Brasile) e del 1933, la Crociera Aerea del Decennale. Infine i record: distanza, velocità e quota. Alla vigilia della seconda guerra mondiale l’aviazione italiana detiene 34 primati (su un totale di 57), ma il comparto aeronautico nazionale è ben lontano da potersi considerare pronto ad affrontare il conflitto che perde presto le caratteristiche della guerra lampo.
A poco sono servite le avvisaglie giunte dalla campagna d’Etiopia e dalla guerra di Spagna che piuttosto hanno assorbito preziose energie e risorse. Il 10 giugno 1940 la Regia Aeronautica può così contare su 84mila uomini e 3.300 velivoli, dei quali poco più della metà operativi. Ciononostante gli aviatori italiani combattono coraggiosamente fino al maggio 1945 nei cieli del Mediterraneo, de La Manica, in Africa, nei Balcani e in Russia, totalizzando 560mila ore di volo, 280 mila sortite e 2.533 vittorie in combattimento. Pesantissime le perdite: 22.805 uomini e 6.805 velivoli.
La disfatta della guerra ha fatto scempio dell’Italia, ma non degli animi. A sostenere gli italiani ci sono la speranza e la voglia di ricostruire in fretta e dimenticare. Sentimenti che caratterizzano anche l’Arma Azzurra che, con l’avvento della Repubblica, diventa Aeronautica Militare. Mortificata nei numeri, con i campi di volo che portano evidenti i segni del conflitto, l’Aeronautica continua comunque a volare in attesa di tempi migliori. Tempi migliori che arrivano nel 1949, quando l’Italia aderisce alla NATO. Tutto cambia, gli aeroporti risorgono e si riempiono di nuovi caccia a getto e di aeroplani da trasporto con cui effettuare le prime missioni fuori dai confini nazionali, come quella in Congo, sotto le insegne dell’ONU, culminata nell’eccidio di Kindu. Una forza aerea sempre più moderna e internazionale accompagna la giovane Italia repubblicana attraverso gli oscuri anni della guerra fredda e della contrapposizione dei blocchi. Poi, la caduta del muro di Berlino cambia di colpo lo scenario geostrategico e in questo nuovo mondo, nel 1991, per la prima volta dopo la fine del secondo conflitto mondiale, velivoli dell’Aeronautica Militare sono impiegati in missioni di guerra.
Sono gli anni dell’era del “peace keeping”, e delle nuove missioni delle Forze Armate italiane nelle aree di crisi; nei Balcani, in Iraq, in Afghanistan, delle operazioni fuori dei confini nazionali. Questo mentre gli aviatori tentano un altro balzo, verso lo spazio che l’Aeronautica sente come propria naturale proiezione. I compiti, l’organizzazione, il personale e i mezzi dell’Aeronautica Militare di oggi sono il frutto di un’evoluzione che ha seguito l’incedere del nostro Paese nel conquistare un posto di rilievo tra le Nazioni più progredite del mondo. L’Aeronautica Militare contribuisce a esprimere il livello di ambizione dell’Italia, che afferma la volontà di un Paese democratico e pacifico di difendere i valori di progresso civile e di libera circolazione delle idee e degli individui. Ideali nei quali rivivono il coraggio, il sogno e la gioia che accompagnarono 150 anni fa gli eventi che portarono alla proclamazione dell’Unità d’Italia.

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La storia: le Battaglie: Solferino e San Martino

La seconda guerra d'indipendenza scoppia il 26 aprile 1859 mentre le truppe piemontesi andavano radunandosi nella zona di Alessandria - Casale Monferrato. La prima fase della campagna fu caratterizzata dalla relativa incertezza del Generale Gyulai che anziché colpire i Piemontesi prima dell'arrivo delle truppe Francesi tentenna venendo poi sconfitto a Montebello, Palestro, Vinzaglio, Confienza e Magenta.

Prologo

Entrati i Sovrani del Piemonte e di Francia a Milano l'8 giugno, gli eserciti contrapposti si perdono di vista, tanto che le Armate Franco Sarde avanzano nel Bresciano approssimandosi verso est alla zona collinare del lago di Garda, convinti che il nemico passato il Mincio emissario del Garda, sia schierato con l'intenzione di dare battaglia nell'area fortificata del quadrilatero (Mantova, Peschiera, Verona e Legnago).
Così non è; gli Imperiali, sollevato il Gyulai dall'incarico il 22 giugno ripassano il Mincio e muovono con due Armate su quattro Corpi d'Armata ciascuna verso il nemico.
Il loro obiettivo strategico era quello di dividere le forze nemiche, schiacciando con la 2^ Armata (con i Corpi I, V, VII e VIII) i piemontesi fra le alture di San Martino e il Garda e ricacciando indietro i Francesi verso le Prealpi. Questo secondo compito spettava alla 1^ Armata (con i Corpi II, III, IX e XI) che avrebbe dovuto avvolgere in pianura lo schieramento avversario dalla sinistra.

Il Mattino

Il mattino del 24 giugno intorno alle tre, le truppe franco sarde, ignare delle intenzioni degli Austriaci iniziano il movimento che dovrebbe portarle sulle rive del Mincio. Ai Piemontesi con 4 Divisioni è assegnato il compito di avanzare lungo le coste del Lago di Garda verso Peschiera e più a sud parallelamente verso Pozzolago e successivamente Monzambano sul Mincio. I Francesi con 4 Corpi d'Armata muovono su altrettante direttrici parallele verso il fiume con l'obiettivo più a sud rappresentato da Goito.
Nessuno dei due contendenti aveva immaginato che quel giorno ci sarebbe stata battaglia e per questo lo scontro ebbe un inizio slegato che solo dopo le dodici venne diretto in maniera coordinata fino alla vittoria dei Franco Piemontesi cui fece gioco soprattutto la forte riserva tenuta ferma a Castiglione da Napoleone III. L'area della battaglia da nord a sud si impernierà su San Martino e Madonna della Scoperta per i Piemontesi, Solferino e Medole per i Francesi.
Il movimento alleato venne quindi suddiviso su 5 direttrici da nord a sud:
L'Armata sarda, agli ordini di Vittorio Emanuele II che seguirà la battaglia da Castel Venzago con le sue 4 divisioni - 1^ (Durando), 2^ (Fanti), 3^ (Mollard), 5^ (Cucchiari) -, da Desenzano e Lonato verso Peschiera e Pozzolengo;
Il 1° Corpo d'Armata - (Baraguey d'Hilliers) - da Esenta verso Solferino;
Il 2° Corpo d'Armata - (Mac Mahon) - da Castiglione delle Stiviere verso San Cassiano e Cavriana;
Il 4° Corpo d'Armata - (Niel) - rinforzato da 3 Brigate del 3° Corpo e da due Divisioni di Cavalleria, da Carpenedolo verso Medole e Guidizzolo;
Il 3° Corpo d'Armata - (Canrobert) - da Mezzane, per Medole e Acquafredda, verso Castel Goffredo;
la Guardia Imperiale, in riserva. (fig. 4)
Sul versante opposto Francesco Giuseppe ordinò alla 2^ Armata - (Schlick) - di avanzare frontalmente per dare battaglia sulle colline fra Lonato e Castiglione, e alla 1a Armata - (Wimpffen) - di attuare dalla pianura un movimento avvolgente dell'avversario da sud, coadiuvata anche da una Divisione proveniente da Mantova, al comando del Generale Jellacic.
Mentre gli alleati iniziavano il loro movimento poco dopo le tre del mattino, gli Imperiali non si mossero che alle ore 8.30: ciò comportò il fatto che i Franco Piemontesi giunsero sui loro punti di arrivo con le truppe imperiali ancora ferme a presidio o appena partite.
Nella zona di San Martino il primo contingente italiano che vi giunge è guidato dal Tenente Colonnello Raffaele Cadorna. Sorprende alcune avanguardie nemiche poi, resosi conto della presenza di forze troppo superiori per la sua unità si attesta in attesa della 5^ Divisione (Brigate "Casale" e "Acqui"). Giunge invece la Brigata "Cuneo" della 3^ Divisione che ignara della reale forza nemica attacca risolutamente l'altura tenuta dagli Austriaci. A difesa ci sono tre brigate dell'VIII Corpo della 2^ Armata.
L'assalto, dopo un iniziale successo, viene respinto. E' solo il primo di sette assalti che si svilupperanno nel corso della giornata
Nelle stesse ore un'altra avanguardia italiana, della 1^ Divisione, composta da Granatieri e Bersaglieri avanza verso Madonnna della Scoperta, fiancheggiando le posizioni del I Corpo d'Armata Francese. Qui impatta contro alcune unità del V Corpo della 2^ Armata austriaca che sta già sostenendo lo scontro di Solferino con il 1° e 2° Corpo Francese.
L'inaspettato arrivo dei Piemontesi impegna gli austriaci sottraendo forze alla linea principale. Sul resto del fronte il movimento in avanti delle truppe francesi incontra le unità austriache bloccandone il movimento pianificato. In particolare fra Medole e Guidizzolo il 4° e 3° Corpo Francese impegnano la 1^ Armata Austriaca che non riesce a mettere in atto il suo movimento aggirante ma si consuma contro il 4° Corpo che blocca la strada per Castiglion delle Stiviere.
Nel settore di San Martino, dopo il primo assalto consumatosi intorno alle 09.00, la Brigata "Cuneo", che ha avuto il suo Comandante ferito, reitera l'assalto, penetra in alcuni casolari ma poi, perduto anche il secondo Comandante, è di nuovo respinta sulle basi di partenza.Dopo meno di un ora ci riprova la Brigata "Casale" della 5^ Divisione, giunta sulla scena dei combattimenti da Desenzano dove ha trovato le strade già intasate da civili, carriaggi e feriti trasportati in improvvisate infermerie. I reparti e i servizi, sorpresi dal combattimento "in ordine di marcia" faticano a organizzare con ordine le retrovie e i reggimenti in afflusso subiscono gravi ritardi sulla tabella di marcia.
Nella zona di Madonna della Scoperta le unità della 1^ Divisione piemontese, dopo un iniziale successo, subiscono la pressione del V Corpo Austriaco cui sta giungendo anche il I a dar manforte. Su Solferino, sotto il caldo afoso della mattinata, i francesi del 1° e 2° Corpo impegnano il V e il I austriaco in una lotta senza quartiere. Nel settore di Medole gli Imperiali della 1^ Armata non riescono a progredire e a breve subiscono anche la manovra sul fianco del 3° Corpo Francese.

Metà Giornata

A San Martino altri due assalti alla baionetta non raggiungono lo scopo di sloggiare le truppe dell'VIII Corpo Austriaco dalle colline su cui sono arroccate. Siamo però verso il punto di svolta della giornata. Napoleone III comprende che il punto di massimo sforzo dello scontro è al centro (fig. 7) e getta nella mischia su Solferino la Guardia Imperiale che sorregge le esauste truppe del 1° Corpo e le riporta in avanti. Il 2° Corpo, che ha dato il via intanto alla manovra assegnata su San Cassiano al margine destro del settore di Solferino, si scontra col VII Corpo Austriaco, mandato da Francesco Giuseppe a chiudere il varco apertosi fra il V Corpo e la 1^ Armata. Il VII non regge e si ritira mentre verso le 13.30 la bandiera francese sventola su Solferino. L'Imperatore d'Austria comprende che la partita è persa ed emana gli ordini per il ripiegamento oltre il Mincio che raggiungono i reparti nella tarda serata.

Sera

Intanto nel settore Piemontese 2^ 3^ e 5^ Divisione vanno riordinandosi per l'ultimo decisivo assalto a San Martino.La 1^ Divisione che fiancheggia il 1° Corpo Francese occupa con i Granatieri e la Brigata "Savoia" l'area di Santa Maria della Scoperta.
Alle 16.45 un fortunale si abbatte sul campo di battaglia e alle 19.00, dopo che alle 17.30 la "Pinerolo" aveva tentato una sortita isolata peraltro senza successo, le brigate "Casale", "Acqui", "Aosta", "Cuneo" e "Pinerolo" portano l'assalto finale alle alture di San Martino coordinando lo sforzo col fuoco dell'artiglieria. Gli Austriaci sono messi in fuga e si ritirano oltre il Mincio.Il concorso sardo alla vittoria del 24 giugno fu sicuramente notevole: i piemontesi impegnarono con le loro 8 brigate altrettante brigate nemiche e alla fine trionfarono. Impegnarono due brigate del V Corpo d'armata e impedirono all'VIII, comandato dal feldmaresciallo Benedek, uno dei migliori generali austriaci del momento, forse il migliore, di inviare rinforzi nel settore di Solferino dove poi sfondarono i francesi.La situazione politica internazionale consiglia l'Imperatore di Francia di non distruggere le armate austriache che infatti non vengono inseguite. La battaglia termina quindi dopo le 19.00 con l'ultimo assalto Piemontese. L'armistizio di Villafranca dell'11 luglio successivo, la pace di Zurigo poi (10 novembre), posero termine al conflitto, con l'annessione della Lombardia al Regno di Sardegna.

Il nome di Solferino e San Martino oltre che per la battaglia, rimarrà nella storia perchè fu l'ultima volta che in mezzo ai combattimenti vi si trovarono, a cavallo, in un raggio di pochi chilometri, tre Capi di Stato: Francesco Giuseppe, Napoleone III e Vittorio Emanuele II e perché , fatto di maggiore rilievo per la storia dell'umanità, quell'evento segnò la nascita della Croce Rossa.

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