lunedì 19 dicembre 2011

Informazioni sull’Ici degli immobili della Chiesa

L’esenzione dall’Ici prevista dalla legge riguarda tutti gli immobili utilizzati da un “ente non commerciale” e destinati “esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”. In pratica c’è un’esenzione che riguarda tutto il mondo no profit ed è circoscritta alle otto attività indicate dalla legge.
La legge. Nel 1992 lo Stato italiano ha istituito l’ICI, l’imposta comunale sugli immobili. Nello stesso intervento normativo (decreto legislativo n. 504/1992) sono state previste delle esenzioni: riguardato a tutti gli immobili utilizzati da un “ente non commerciale” e destinati “esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”. La tassa sugli immobili viene pagata invece per altri tipi di attività commerciali, come ad esempio quella alberghiera. Un pensionato per studenti fuori sede o per l’ospitalità di parenti di malati ricoverati in ospedali lontani dalla residenza, non è assimilabile a un albergo. E’ invece una struttura ricettiva complementare, di carattere sociale, che rientra nelle otto attività suddette. Secondo la legge, perché venga applicata l’esenzione è necessario che si realizzino due condizioni: 1. il proprietario dell’immobile deve essere un “ente non commerciale”; 2. l’immobile deve essere destinato “esclusivamente” allo svolgimento di una o più tra le otto attività di rilevante valore socia-le individuate dalla legge.

Nel 2004 la Cassazione ha aggiunto un nuovo requisito per avere diritto all’esenzione: che l’attività non venga svolta in forma di attività commerciale. Lo Stato italiano è intervenuto con una nuva interpretazione (art. 7 del decreto legge n. 203/2005, governo Berlu-sconi), ribadendo la sufficienza dei due requisiti iniziali e stabilendo che, ai fini dell’esenzione dall’ICI, non rilevava l’eventuale com-mercialità della modalità di svolgimento dell’attività. L’interpretazione nello stesso anno è stata impugnata di fronte alla Commissione europea denunciandola come “aiuto di Stato”. Per escludere ogni dubbio lo Stato è intervenuto con una seconda interpretazione autentica (art. 39 del D.L. n. 223/2006, governo Prodi), con la quale si precisa che l’esenzione “si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera (dl 504/92) che non abbiano esclusivamente na-tura commerciale”.

Presso il ministero dell’Economia e delle finanze è stata poi istituita una commissione con il compito di individuare le modalità di esercizio delle attività che, escludendo una loro connotazione commerciale e lucrativa, consenta di identificare gli elementi della “non esclusiva commercialità”.

“L’esenzione riguarda diversi soggetti come associazioni, fondazioni, comitati, onlus, organizzazioni di volontariato e sportive, ong, circoli culturali, sindacati e partiti politici, enti religiosi di tutte le confessioni e ciò che viene indicato come il mondo del “non profit”.

Alcuni esempi. L’attività alberghiera non rientra tra le otto attività di rilevanza sociale individuate dalla norma di esenzione. Perciò gli alberghi, anche se di enti ecclesiastici, non sono esenti e devono pagare l’imposta. Ad essere esenti sono gli immobili destinati alle attività “ricettive”. Si tratta di immobili nei quali si svolgono attività di “ricettività complementare o secondaria”.

“Basta una cappellina per ottenere l’esenzione”. Falso. Perché l’esenzione si può applicare solo alla condizione che l’intero immobile sia destinato a una delle attività indicate.

A cura dell’AGD

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