sabato 3 dicembre 2011

Nuove tecnologie e nuove dipendenze

Internet: risorsa o trappola per i più giovani?
Al ministero della Salute un dibattito organizzato insieme alla Cattolica sul tema della dipendenza dal web. Monsignor Pompili: «Fondamento della comunicazione è l'uomo, fatto a immagine di Dio» di (Lara Larotondo)

«Non è internet che produce la dipendenza». O meglio, «non è internet la causa della dipendenza, ma esso diventa casomai un nuovo ambiente facilmente disponibile per trovare soddisfazione immediata ai bisogni legati alle nuove insicurezze». Così monsignor Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana (Cei) ha esordito ieri, 29 novembre, nel suo intervento al convegno “Giovani ed internet. Aspetti evolutivi e problemi di dipendenza”, nell’auditorium Biagio d’Alba del ministero della Salute. Un’occasione di riflessione sulla relazione tra i giovani e l’universo internet organizzata dal ministero insieme con l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Al centro dell’attenzione, i dati clinici e le azioni da intraprendere, che coinvolgono la formazione culturale, la prevenzione, il corretto uso delle nuove tecnologie.

Anche per Pietro Bria, psichiatra, docente della Cattolica e direttore dell’Unità complessa di consultazione psichiatrica del Policlinico Gemelli «non è internet che produce la dipendenza: la rete è uno strumento di ampliamento delle conoscenze, anche se può diventare una trappola. È un grande segno di socializzazione anche se può diventare una schiavitù». E ancora, lo psichiatra Federico Tonioni, responsabile del primo ambulatorio per la dipendenza da internet presso il Gemelli: «Non parlo di dipendenza dei giovani - ha detto Tonioni - ma di psicopatologia web-mediata, un concetto più complesso. Al confine tra l’evoluzione di una nuova forma di personalità e di comunicazione e la possibilità di sviluppare nuove patologie». Un’analisi, quella di Tonioni, dettata anche dall’esperienza visto che «in questi due anni dell’ambulatorio abbiamo visto circa 300 pazienti di cui un 20% sono adulti dediti ai siti per adulti e al gioco d’azzardo. Il restante 80% dei nostri pazienti sono giovanissimi dagli 11 ai 23 anni, dediti ai gaming e ai social network. Alcuni hanno sviluppato disturbi relativi ai social network e molti “dipendenza” da giochi di ruolo on line». Che fare, allora? «Non bisogna creare allarme - suggerisce Tonioni - ma neanche sottovalutare la dipendenza da internet».

«Occorre molto equilibrio», ha suggerito Pier Cesare Rivoltella, professore ordinario di Tecnologia dell’apprendimento alla Cattolica di Milano e direttore del Cremit (Centro di ricerca sull’educazione ai media, all’informazione e alla tecnologia). «Bisogna stare attenti alle nuove tecnologie, soprattutto a non sopravvalutarle. Anche se i nuovi media ci suggeriscono delle modalità che sarebbe il caso di utilizzare». Un esempio? A scuola «le materie potrebbero essere insegnate alla luce dei nuovi media». E ancora, bisogna «responsabilizzare le famiglie attraverso “buone pratiche” - ha aggiunto Miela Fagiolo D’Attilia, responsabile dell’Area tutela dei minori dai media dell’Associazione italiana genitori Bisogna avere una nuova cultura della rete che parta dalla famiglia e si allarghi a tutti: istituzioni, scuola, Chiesa».
Insomma, «non è necessario rifiutare la tecnologia - ha ribadito monsignor Pompili -: si può darle una forma che onori ciò che ci sta a cuore. Le tecnologie sono straordinarie opportunità per coltivare le nostre relazioni, avvicinare i lontani, trovare nuove modalità relazionali che non si lasciano ingabbiare dai limiti di spazio e tempo. Ma l’altro posso incontrarlo in rete solo se l’ho già incontrato di persona». Dietro le tecnologie, ha ricordato anche Rivoltella, «c’è sempre la persona». «La comunicazione è possibile non grazie ai dispositivi sempre più sofisticati - ha concluso Pompili - bensì perché l’essere umano è una persona “comunionale”, creata a immagine di Dio”.  (da RomaSette.it)

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