giovedì 6 agosto 2009

La Trasfigurazione


LA TRASFIGURAZIONE

In tutti e tre i sinottici la confessione di Pietro e il racconto della trasfigurazione sono collegati tra loro da un'indicazione temporale. Matteo e Marco dicono: “sei giorni dopo [...]” (Mt 17,1; Mc 9,2), Luca scrive “Circa otto giorni dopo [...]” (Lc 9,28). I due avvenimenti sono connessi e hanno a che fare con la divinità di Gesù in rapporto al tema della passione. La trasfigurazione di Gesù è anche in rapporto con la festa delle Capanne (Sukkot), infatti la confessione di Pietro avviene durante il giorno dell'espiazione (Yom Kippur), l'unico in cui il sommo sacerdote pronunziava nel tempio il nome YHWH; cinque giorni dopo iniziava la festa delle Capanne che durava una settimana. La trasfigurazione avrebbe pertanto avuto luogo l'ultimo giorno di questa festa. Tutti i grandi avvenimenti della vita di Gesù hanno un rapporto profondo con il calendario delle festività ebraiche, come hanno verificato gli studiosi Jean Marie Cangh e Michel van Esbroeck.
Ma c'è anche un'altra interpretazione (Hartmut Gese) che legge l'episodio legandolo a Esodo 24, la salita di Mosè sul monte Sinai e la stipulazione dell'Alleanza di Dio con Israele. “La Gloria del Signore venne a dimorare sul monte Sinai e la nube lo coprì per sei giorni. Al settimo giorno il Signore chiamò Mosè dalla nube” (Es 24,16).
Nel testo del passo in cui si narra della trasfigurazione, si dice che Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò su un monte. Ritroveremo gli stessi discepoli sul monte degli ulivi nel momento di estrema angoscia di Gesù. (Anche Mosè in Esodo 24 porta con sé Aronne, Nadab e Abiu ma anche settanta anziani d'Israele.) Sono già diversi i monti come luogo della particolare vicinanza di Dio: il monte della tentazione, il monte delle beatitudini, della preghiera, il monte dell'angoscia, il monte della croce, il monte dell'ascensione. E sullo sfondo i monti dell'Antico Testamento, il Sinai, l'Oreb, il Moria, ecc. Il simbolismo del monte evoca non solo salita esteriore, ma anche ascesa interiore, la vista si allarga su un panorama più ampio, l'aria diventa più pura, il monte eleva e non solo fisicamente. Tutti questi monti sono sempre al tempo stesso luoghi di passione e/o di rivelazione. Il commento del Vangelo di Marco all'evento della trasfigurazione è quasi balbettato: “Le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche”. (9,2s). Matteo spiega diversamente: “Il suo volto brillò come il sole e le su vesti divennero candide come la luce” (17,2). Luca è l'unico ad indicare subito qual è lo scopo della salita: “Salì sul monte a pregare […] e, mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante” (9,29). La trasfigurazione è un avvenimento di preghiera, diventa visibile ciò che accade nel dialogo di Gesù con il Padre […] nel suo essere uno con il Padre Gesù stesso è Luce da Luce. Ciò che Pietro aveva tentato di dire nella sua confessione ora è percepibile anche ai sensi.
Ma vi è una divergenza rispetto all'immagine del Mosè raggiante in volto che scende dal Sinai (Gn 34,29) dopo aver conversato con il Signore: il volto di Mosè risplende di luce riflessa, Gesù invece risplende dall'interno, non riceve solo luce, ma è Egli stesso Luce da Luce. (1) Il suo abito bianco come la luce è anche rimando al nostro futuro, come nei testi dell'Apocalisse dove le vesti bianche sono delle creature celesti, degli angeli, degli eletti, dei salvati, (7,9.13; 19,14).
Ma perché sono così candide le vesti degli eletti? Perché le hanno lavate nel sangue dell'Agnello (Ap 7,14). Con il battesimo sono stati uniti alla passione di Cristo che ci ridona la “veste” originaria perduta con il peccato. Noi stessi mediante il battesimo siamo rivestiti di luce e diveniamo noi stessi luce. Appaiono Mosè ed Elia che parlano con/di Gesù, la Legge e i Profeti.
Solo Luca riferisce l'argomento di conversazione: parlavano di ciò che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme, la croce, l'esodo di Gesù, attraversare il Mar Rosso della passione per entrare nella gloria. Il tema fondamentale della Legge e dei Profeti è la speranza di Israele, la liberazione definitiva, così la passione viene trasformata in in luce, libertà e gioia. I tre discepoli sono sconvolti, “erano stati presi dallo spavento”, spiega l'evangelista Marco (9,6). Ma Pietro riesce a recuperare la parola: “Rabbì è bello per noi stare qui, facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè, una per Elia” (9,5).
Molto si è discusso su queste parole: hanno a che fare con la festa delle Capanne, nel cui ultimo giorno ebbe luogo l'evento? Secondo Helmut Gese il punto di riferimento è Esodo 33,7 ss, dove si narra della “ritualizzazione dell'episodio del Sinai”. Mosè piantò “fuori dell'accampamento” la tenda della rivelazione, su cui scese la colonna di nube. Lì il Signore e Mosè parlavano faccia a faccia, come un uomo parla con un altro” (33,11). Così Pietro vorrebbe dare continuità all'evento della rivelazione e costruire “tende di rivelazione”. Il particolare della nube potrebbe convalidare la tesi. Il rapporto con la festa delle Capanne convince se è messo in rapporto all'interpretazione messianica di questa festa giudaica. J. Danielou ha approfondito questo aspetto. Certo la festa delle Capanne presenta la tipica caratteristica tridimensionale delle grandi feste giudaiche: creazione, storia, salvezza (partono da celebrazioni della religione naturale, Creatore-creazione, si trasformano in ricordi dell'agire storico di Dio, infine il ricordo diventa speranza di salvezza definitiva). L'epifania della gloria di Gesù è, secondo Danielou, interpretata da Pietro come il segno che i tempi messianici sono arrivati. Uno dei segni il soggiorno dei giusti nelle tende ( Sal. 118,15); di cui quelle della festa erano figura (Lv 23,43; Lc 16,9). Solo durante la discesa dal monte Pietro capirà che l'epoca messianica è soprattutto l'epoca della croce e che la trasfigurazione comporta il nostro essere arsi dalla luce della passione. In questo contesto acquista nuova luce anche la frase fondante del Prologo giovanneo: “E il Verbo si fece carne a venne ad abitare in mezzo a noi” ( Gv 1,14). Il Signore ha piantato la sua tenda in mezzo a noi inaugurando l'epoca messianica. Su questa stessa linea Gregorio di Nissa ha commentato il rapporto tra la festa delle Capanne e l'incarnazione, dicendo che la festa delle Capanne veniva sempre celebrata ma non era compiuta: “Dio il Signore dell'universo si è rivelato a noi per compiere la ricostruzione della tenda distrutta della natura umana”. Nel racconto di Marco si dice che “si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscì una voce dalla nube: questo è il mio Figlio prediletto: Ascoltatelo!” (Mc 9,7). La nube sacra è il segno della presenza di Dio Stesso, la Shekinah. Si ripete la scena del battesimo di Gesù, quando il Padre aveva, sempre dalla nube, indicato: “Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto” (Mc 1,11). Ora però c'è un imperativo:“Ascoltatelo!”. Ed ecco di nuovo la relazione con Mosè sul Sinai, dove aveva ricevuto la Torah. Gesù, commenta Helmut Gese, è divenuto la stessa Parola divina della rivelazione […] Gesù è la stessa Torah”.
Seguendo questa interpretazione possiamo capire la parola oscura che Marco mette tra la confessione di Pietro e il racconto della trasfigurazione. “In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti che non morranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza” (9,1). Secondo Rudolf Pesch è un rimando a questo avvenimento. Ad alcuni, i tre accompagnatori di Gesù, viene promesso che faranno l'esperienza della venuta del regno di Dio “con potenza” (dynamis), una sorta di Parusìa anticipata. Questa potenza del regno futuro appare loro nel Gesù trasfigurato che parla con i testimoni della Prima Alleanza della “necessità” della sua passione come via verso la gloria (Lc 24,26).

(riduzione ad uso scolastico da: Ioseph Ratzinger, Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, L.E.V. - Rizzoli, Milano 2007)

1. E' interessante a riguardo vedere la tecnica di pittura delle icone dove i personaggi vengono proprio illuminati "da dentro" e la stessa immagine dell'episodio della trasfigurazione è in alcune scuole la prima icona che si chiede di dipingere. Chi ha un po' di pratica in questo genere sa come sia difficile...dipingere le vesti del Cristo trasfigurato! (MLA)

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