sabato 24 maggio 2008

Corpus Domini



L'eucarestia è il sacramento della vita eterna. I sacramenti sono azioni liturgiche che hanno la forza speciale di fare ciò che esprimono simbolicamente. Per mentenersi in vita è necessario prendere del cibo. Dalla mancanza di nutrimento provengono l'indebolimento dell'organismo, le malattie, e alla fine la morte. Nel sacramento si passa dal materiale allo spirituale, l'acqua è il mezzo naturale per pulire il corpo, ma nel battesimo pulisce anche l'anima dal peccato, rinnova la vita eterna. Nell'eucarestia il pane e il vino nutrono la vita spirituale che di natura sua è immortale. Per questo l'eucarestia è chiamata da S. Ignazio di Antiochia"medicamento contro la morte". Da Antiochia provenivano nell'antichità famosi medici, perché in quei luoghi si raccoglievano vari tipi di erbe medicinali contro diverse malattie. Ad alcuni, in quelle circostanze, sorgeva la domanda: "Non si potrebbe trovare un'erba contro la morte?" Forse alludendo a questa domanda Ignazio dice: "Noi abbiamo il pane di vita eterna".

Fuoco ardente

Gli antichi popoli iranici identificavano le divinità con il fuoco. Le omelie spirituali che ci sono pervenute sotto il nome di Macario descrivono questa immaginazione nel modo seguente. Ai confini della terra si elevano le montagne formate dal fuoco. Su di esse e in esse vivono degli animali penetrati tutti dal fuoco e vi si sentono così bene che muoiono quando ne sono portati fuori. I Padri cristiani siro-occidentali approfittavano di questa mitologia simbolicamente. Il vero fuoco ardente è il nostro Dio nei cieli. Gesù, come Prometeo ci ha portato questo fuoco sulla terra e nell'eucarestia ce lo comunica. Perciò è penetrato nella liturgia della Chiesa l'uso secondo il quale il sacerdote, distribuendo la comunione dice: "Ricevi il fuoco ardente". Macario lo paaragona al rito della notte pasquale, durante la quale una candela comunica la luce all'altra, fino a che tutta la chiesa buia non sia illuminata.

Sacro convito

Quando incontriamo Gesù nell'Eucarestia, lo esprimiamo con il termine di "sacra comunione". Si effettua per mezzo di un simbolo semplicissimo: mangiare e bere insieme.
Perlare del mangiare e del bere si considera una banalità. Tuttavia, riflettendo su queste esigenze vitali, scopriamo che si tratta di un vero miracolo della natura. Si consumano materie di origine viva, naturale. Quanti processi vitali devono verificarsi perché si possa raccogliere il grano: vi cooperano i slai minerali della terra, i raggi del sole, vari influssi della temperatura, ecc; da tutto questo cresce il grano, pieno di una vita e di una energia propria. L'uomo lo raccoglie per farne il pane. Mangiandolo egli si appropria di questa vita che non era la sua, ma che per mezzo del mangiare e del digerire non solo divienne la sua ma si identifica con lui. In questo senso materiale si può applicare l'espressione dei materialisti secondo la quale l'uomo sarebbe ciò che mangia. Ma nella cena del Signore questo processo materiale diventa simbolo di una realtà sorprendente, superiore. Il mngiare è segno sacramentale che fa ciò che significa. La fede ci insegna che nell'eucarestia Gesù stesso si offre come nostro cibo e conseguentemente la sua vita diviene la nostra. Comunicandoci, entriamo in comunione intima con Colui che si offre a noi. Misticamente Egli è nutrimento forte che ci dà una forza soprannaturale. Bere dal calice ha lo stesso significato, ma acquistò presso i Padri una sfumatura speciale. Secondo le credenze animistiche nelle piante abitano diversi spiriti. Quale sarebbe lo spirito del vino? Piuttosto maligno, credevano alcuni a giudicare dagli effetti. Ma con le parole della consacrazione ogni malignità è espulsa e nel vino che diviene sangue di Cristo abita il suo Santo Spirito. Partecipando al sangue di Gesù diventiamo in senso spirituale a Lui "consanguinei". Siamo quindi suoi fratelli, DIo è nostro Padre, la Madonna la nostra vera madre. La santa comunione crea una santa unione. In questo contesto si può vedere simbolicamente anche la relazione fra le due cene: quella di Cana e l'Ultima Cena con i discepoli. A cana Gesù cambiò l'acqua in vino. SI tratterebbe in immagine di un passaggio dall'elemento materiale all'elemento vivo. Istituendo l'eucarestia si offre a noi un sacramento per passare dalla vita della natura alla vita divina.

Fermento sacro

Nel rito siro-orientale vige un uso particolare. Da una messa precedente si conserva un pezzetto di pane consacrato per una messa precedente si conserva un pezzetto di pane consacrato per una messa seguente. Si chiama "fermento sacro", perché ricorda l'usanza popolare quando si faceva il pane in casa. La leggenda racconta che Giovanni Evangelista avrebbe conservato un pezzettino del genere dall'Ultima cena e lo avrebbe usato nella sua prima messa celebrata davanti alla Madonna. Il racconto è evidentemente poco credibile, ma il simbolismo del rito è bello: vi si vuole insinuare l'unione intima fra le nostre messe con la Cena del Signore dove il sacramento è stato istituito. Nella liturgia romana conserviamo un altro rito che pochi comprendono. Prima della comunione il sacerdote rompe l'ostia e ne mette un piccolo pezzettino nel calice con il vino consacrato. Gli storici della liturgia ci spiegano l'origine di questa usanza. Le diverse Chiese locali, per professare la loro unione con le altre, si inviavano a vicenda un pezzo di pane consacrato. Questo, quando arrivava ai destinatari era già duro. Per poter essere consumato come comunione doveva essere messo prima nel calice. Il rito attuale non corrispondde più alle condizioni originali, ma può ricordarci il pensiero che l'ospitava: l'unione eucaristica fra le diverse Chiese locali disperse nel mondo e fra i sacerdoti che celebrano le messe.

Ringraziamento

Il termine eucarestia viene dalla parola greca che significa "grazie". Ciò ci fa riflettere. Quando nelle chiese celebriamo la liturgia il rito è innanzitutto un ringraziamento. In questo modo compinciavano le preghiere già nelle sinagoche ebraiche: si richiamavano alla memoria i grandi benefici di Dio in favore del popolo (...) I cristiani durante le loro riunioni domenicali, spontaneamente abbreviavano la lunga fila degli eventi e si concentravano su quei fatti che li avevano colpiti "negli ultimi tempi": la nascita, la morte, la resurrezione, l'ascensione al cielo di nostro Gesù Cristo e la sua seconda venuta. Così facciamo noi nella prima preghiera dopo la consacrazione, chiamata "anàmnesis".

(Card. Thomas SpidliK, tratto da "Sentire e gustare le cose internamente", 2006, Lipa Ed.)





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