venerdì 9 maggio 2008

Viaggio tra il popolo del Rinnovamento


(Rimini 1-4 maggio 2008)

Il mio ritorno alla fede e il mio cammino di preghiera è avvenuto e si è evoluto in ambienti monastici avvolti dal silenzio e profumati dalla pratica dell'orazione silenziosa. Così questa opportunità di conoscere più da vicino il mondo del Rinnovamento e i suoi protagonisti è stata una autentica scommessa con me stessa e con tutte quegli “strati” di impressioni, preconcetti, giudizi maturati e “sedimentati” negli ultimi dodici anni di frequentazioni ecclesiali in cui pur avendo sempre incontrato di qua e di là membri del Rinnovamento e in alcuni casi stabilito anche buone amicizie, mi hanno sempre ostacolato nell'approfondire la conoscenza. Ma sono convinta che a portarmi a Rimini non sono state tanto le amicizie, quanto le ultime trasmissioni radiofoniche che sto dedicando alla Sacra Scrittura, alla Lectio, e ai diversi modi in cui nel tempo è stata praticata e ancora nei diversi modi in cui oggi è intesa e proposta. Una sorta di guida (sia storica che pratica) all'ascolto della Parola e a come pregare la Parola. Così per le pause di questo viaggio ho portato con me un piccolo libro, le regole pacomiane, pronta a rifugiarmi tra le sue pagine in caso di “spaesamento” ambientale! Del monaco Pacomio a cui si deve l'incipit della vita monastica cenobitica, si dice che “quando parlava appariva una grande luce per cui tutti i fratelli erano impressionati dalle sue parole che uscivano come lampi abbaglianti dalla sua bocca, ed erano come uomini ebbri di vino, secondo quanto è scritto: il loro cuore sia felice come il cuore di quelli che bevono vino (Zc10,7). Pacomio arrivava a dire che “un solo salmo è sufficiente a salvarci purché lo leggiamo bene e ci applichiamo ad esso” e aggiungeva “sopra ogni altra cosa abbiamo l'evangelo di nostro Signore, pienezza di tutte le Scritture”. Ma lo “spaesamento” non c'è stato e Pacomio è rimasto in valigia. Sarò sincera, fedele a quello spirito di verità che ho percepito in tutte le testimonianze e negli interventi che sono stati fatti e dirò subito che più di qualsiasi discorso mi ha tranquillizzata guardare il volto del presidente nazionale Salvatore Martinez. Somiglia al volto di Cristo che dipingo da anni nelle mie icone, ma anche al Santo Volto raffigurato in certi mosaici della Sicilia. Non credo che sia un eresia dire ciò, anche di certe donne si usa dire che hanno un volto di madonnina! Ma quello, ho pensato, è il volto di uno che prega seriamente e che trasmette anche senza aprire bocca la pace riconciliatrice di Cristo. Da lì in poi, il mio spirito critico si è placato, anche nei lunghi momenti dei canti in “lingua” così nuovi per chi li ascolta per le prime volte, certo non sono riuscita a farlo anch'io, non ho neanche provato, però mi sono accorta che contemporaneamente potevo pregare bene e in profondità così come sono abituata a fare e che il loro canto sospingeva le mie preghiere. Ecco, ho pensato, ventimila persone che desiderano pregare non solo con la bocca, ma con “le viscere”. Non è per fare paragoni arditi ma dopotutto la mia predilezione per la recita dei salmi con il tono retto, che è quello che ti costringe quasi a coinvolgere anche la “pancia” nella preghiera...e il giubilo del cuore di cui parla S. Agostino...Ecco, ho pensato, questo popolo numeroso che viene in gran parte dal sud, ritrova qui la sua esuberanza di temperamento che certamente sta stretta in certe assemblee come “ingessate”, dove lo Spirito che è vita è e che suscita i carismi è stato bandito come un sovvertitore di popoli. Questo popolo qui ritrova la linfa vitale della gioia cristiana che fa ripetere con S. Serafino: “Gioia mia, Cristo è Risorto!” A questo punto rimaneva ancora un dubbio che suscitava in me perplessità, il gesto dell'imposizione delle mani che avevo visto praticare sovente nei gruppi del rinnovamento, gesto per me solenne e sacerdotale, prerogativa di consacrati, vescovi o cardinali per i consacrati, da non svilire certamente né da rendere un gesto qualsiasi. Ecco allora che una chiara precisazione di P. Raniero Cantalamessa, chiarisce come quel gesto di preghiera gli uni sugli altri, sui propri vicini di sedia o anche sui sacerdoti presenti non sia “imporre le mani”, ma altra cosa. E poi ancora i movimenti del corpo nella preghiera, come non pensare a quelle splendide pitture delle sale della biblioteca vaticana che raffigurano le otto posizioni della preghiera di S. Domenico? Quanti di queste persone che ora hanno le braccia alzate le conoscono? Quanti hanno appreso dai loro catechisti che vi sono delle posture del corpo, delle mani, del capo, degli occhi che aiutano nella preghiera, e che non è prerogativa dei santi del passato alzare le braccia al cielo o fare prostrazioni, o incrociare le mani sul petto. Forse lo sa chi ha conosce un po' la storia dell'arte e ha visitato un certo numero di antiche chiese ben affrescate. Già Origene consigliava di recitare il Padre nostro alzando gli occhi al cielo, ma oggi chi lo fa è perché ha visto pregare i veggenti di Medjugorie, i quali durante le apparizioni hanno gli occhi rivolti al cielo. Ma questo da un punto di vista soprannaturale non è importante, se nostro Signore vuole far crescere il tono spirituale del suo popolo, può servirsi di ogni cosa, sta poi alla vigilanza dei pastori o dei capo-gruppo vagliare quello che è sano e quello che rischia di degenerare. Ancora una confessione ho da fare, fedele allo Spirito di Verità che ho sentito aleggiare tra il popolo del rinnovamento: un pensiero ha attraversato il mio cuore nel primo pomeriggio di venerdì: il ricordo dell'ora della Passione del Signore. Ma proprio intorno alle ore quindici, i musicisti hanno tirato fuori una danza piuttosto vivace e molti (giovani) davanti al palco danzavano. Certamente, mi sono detta, siamo in tempo pasquale, ma per me è comunque quasi inevitabile quel minuto di silenzio e memoria della croce. In quel momento ho desiderato essere nello spazio definito “del silenzio” dove c'è una cappellina e magari meditare sulla Via Crucis. Non l'ho fatto perché bisognava nuotare tra la folla danzante ed era abbastanza impegnativo! Ma sono certa che altri, magari più lontano dall'orchestra, l'hanno fatto anche per coloro che in quel momento non potevano muoversi dalle loro sedie. Ma va detto però che momenti di “sacrificio” non sono comunque mancati, in ogni gruppo, inevitabili, credo, quando ci si ritrova in tantissimi. Dall'autista del pulman che smarrisce la strada (confesserà durante il viaggio di ritorno che la notte non aveva dormito per riparare da solo un pezzo di motore rotto che ci avrebbe impedito di partire!), ai momenti del pranzo in cui pochi si ritrovavano nel piatto ciò che avevano ordinato, fino alle lunghe file per entrare e uscire dai padiglioni della fiera. Ma alla fine vinceva sempre il sorriso lì dove avrebbe potuto scappare la pazienza, e tutto, anche l'accidente imprevisto diveniva occasione di meditazione! Lode a te Signore, per quanto hai compiuto e per quanto hai voluto mostrarmi! (M.L.A.)





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