venerdì 14 maggio 2010

Il prete che «abita» Internet

Don Paolo Padrini, il sacerdote tecnologico, inventore di iBreviary, applicazione che consente di leggere il breviario sull’iPhone. Scaricate più di 100 mila copie del programma.

Sul web lo chiamano il “prete tecnologico”. Ma lui, don Paolo Padrini, giovane sacerdote originario di Novi Ligure, nell’alessandrino, sorride: «la cosa mi onora», perché vuol dire che la gente ha capito che «la Chiesa in qualche modo si propone con strumenti nuovi, è capace di comunicare, di andare oltre». E in effetti, con strumenti nuovi don Padrini non allude soltanto a internet ma alle nuove tecnologie sugli iPhone. E’ sua infatti l’idea di realizzare iBreviary, un'applicazione, prima nel mondo, che permette di leggere il breviario appunto direttamente su iPhone e su altri cellulari. E poi ha ideato pure il Praybook, ossia la prima applicazione per la preghiera su Facebook, e numerose altre attività sempre legate all'evangelizzazione on line. Don Paolo ha anche elaborato e poi coordinato il progetto Pope2You.net, in collaborazione con il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, per la «diffusione nei social network di una comunità di relazione e di conoscenza» di Benedetto XVI.

Don Paolo, lei sta davvero abitando il web…
Sì, sono contento di abitarlo e in diversi modi, non solo in web tv (livestream.com/stazzanotv ndr), ma anche su Facebook, tramite il mio blog “Passi nel deserto”, negli interventi che faccio e con la mia testimonianza di presenza di pastore.

A proposito dei suoi progetti, proporre la liturgia sul telefonino è stata una bella sfida
Se ci pensiamo bene il breviario è nato come strumento mobile, per portarsi dietro la preghiera: nascono gli ordini mendicanti, nasce l’esigenza di avere uno strumento per la preghiera comunitaria mobile, e nasce quindi il breviario come compendio della preghiera. Quello che è stato fatto allora, è la stessa cosa che ho riproposto io.

Quindi i giovani pregano anche attraverso questi strumenti?
Certamente. Dell’applicazione di iBreviary sono state scaricate ormai più di centomila copie.

Ma come è nata questa intuizione?
Dall’aver individuato una coincidenza tra quella che era l’essenza della preghiera stessa del breviario, e uno strumento che offre nuove mobilità, come i nuovi smart phone. Quando ho provato in mano questo strumento, la prima cosa che mi è venuta in mente è che “io su questo strumento voglio avere il breviario, voglio avere qualcosa che mi aiuti a pregare quando sono in giro”.

Ed è stata un’idea vincente. Ma anche il suo profilo su Facebook conta numerosi contatti
Facebook è un luogo di creazione della comunità e di interesse. E nel quale, con chi lo chiede, c’è una possibilità di apertura, di dialogo. Alcuni ragazzi della mia parrocchia, che non partecipano alle Messe, mi è capitato di incontrarli proprio su Facebook. Abitano magari a 20 metri. Ma le distanze fisiche non sono mai le distanze di idee o di frequentazioni, e quindi di luoghi che non sempre combaciano.


Papa Benedetto XVI dice che bisogna abitare il web animati da una sana passione per l’uomo. Come si concretizza questo nella sua esperienza?
Io sono un prete non per quello che faccio ma per quello che sono. E’ veramente provvidenziale vedere come attraverso questi strumenti si possa riuscire a toccare il cuore delle persone. Pensiamo a un ragazzo che arriva dopo una giornata scolastica, trattato come un numero in una classe, e magari si trova in un gruppo di amici in cui si considera un numero tra tanti. Entra in Facebook, dove è sì un numero tra cento amici, ma in quello spazio non di comunità ma di agglomerato di unità, lui nel prete ha trovato la persona che gli ha dedicato i suoi primi cinque minuti della giornata. E questa attenzione non avrei potuta trasmettergliela, perché non frequenta i miei luoghi. Da lì poi nasce tutto, ovviamente. Ecco,
questi strumenti sicuramente sono capaci di trasmettere l’amore di Dio

14 maggio 2010

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Il prete nel web? Sia poeta della Parola
Rete come spazio di preevangelizzazione. Le nuove sfide di Internet al convegno dell’11 maggio sul rapporto tra sacerdozio e cyberspazio. La sessione pomeridiana alla Lateranense.

L'esperienza di don Paolo Padrini, inventore dell'iBreviary

«Uno spazio di preevangelizzazione», un luogo dove «è possibile riattivare un cammino di ricerca per risvegliare domande essenziali sulla vita». Monsignor Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali della Cei, sul rapporto tra il mondo digitale e il sacerdote non ha dubbi: il web è «una straordinaria opportunità per mettersi in relazione con gli altri». Non solo: in questa nuova dimensione «l’intelligenza di un prete è sfidata a mettersi in discussione e trovare un possibile confronto».

Lo ha sottolineato ieri, martedì 11 maggio, all’università Lateranense al convegno “Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola”, promosso dalla Diocesi di Roma, le Paoline, il Pontificio istituto pastorale “Redemptor hominis” dell’Università Lateranense, la Cei, l’Azione cattolica di Roma, Avvenire, l’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi) del Lazio, in vista della 44ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali.

«La logica della rete è di tipo circolare – ha detto Pompili -, integra paradigmi di pensieri aperti al confronto, in un rimando continuo di nuovi dati». «Le protesi tecnologiche non sostituiscono l’attitudine umana. Ma la dinamica digitale – ha ribadito - aiuta moltissimo a vivere questa relazione di rapporto con gli altri». Il sacerdote inoltre, «può avere degli stimoli culturali dalla rete», che è anche «il contesto in cui si sviluppano dibattiti su Gesù». Insomma, come ricorda Benedetto XVI, «la rete non va occupata ma abitata».

Il prete nel web «dovrebbe accorciare la distanza»: dato che il suo ruolo è quello di «tradurre una buona notizia in un linguaggio che la rende significativa, in rete deve diventare – ha sottolineato ancora Pompili - un poeta. La parola poetica infatti consente al lettore di interpretare la propria esistenza». E, «come il poeta, il sacerdote è ministro della Parola».

«Noi oggi ci occupiamo della rete sapendo che ciò che è necessario che emerga dalla rete è il cuore appassionato dei credenti», ha sottolineato invece Dario Edoardo Viganò, preside del Pontificio Istituto Pastorale Redemptor Hominis. Con la consapevolezza, quindi, che si possono trarre «occasioni di incontri personali che possono condurre al dono della fede». La rete – ha aggiunto - è il luogo della predisposizione del cuore, dell’intelligenza».
Per Angelo Romeo, sociologo della Lumsa e dell’Università Roma Tre, il mondo digitale porta con sé «nuova rilettura delle coordinate spazio e tempo». C’è insomma la nascita di uno spazio in cui si confonde pubblico e privato. «La società si muove per flussi per scambi di informazioni - ha sottolineato Romeo -, mette in discussione l’esistenza del reale».

Al convegno è intervenuto anche Paolo Padrini, sacerdote della diocesi di Tortona, che ha avviato l’esperienza dei Breviari per iphone e di Praybook. «L’iphone oggi ha cambiato la nostra mobilità su internet. E visto che il breviario è nato come strumento per pregare con comodità – ha spiegato il sacerdote – io l’ho costruito in una prospettiva di mobilità ». Di questa applicazione sono state scaricate più di 100mila copie.

Alla fine dell’incontro, a padre Raniero Cantalamessa è stato consegnato il premio Paoline Comunicazione e Cultura 2010. «Quello che conta - ha spiegato il predicatore della Casa Pontificia – è un rapporto di fiducia tra chi parla e ascolta, e una grande fiducia nella potenzialità della Parola».

12 maggio 2010



(di Graziella Melina da romasette.it)

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