mercoledì 19 maggio 2010

La ferita della bellezza

Il rapporto tra il bello e l’orrore nell’ultimo libro del cinquantottenne Jean-Louis Chrétien, docente di storia della filosofia dell’Alto Medio Evo alla Sorbona di Andrea Monda

«La bellezza ferisce, ma proprio così essa richiama l’uomo al suo Destino ultimo»: così nel 2000 l’allora cardinale Joseph Ratzinger. E sulla «ferita» della bellezza si concentra il poeta-filosofo Jean-Louis Chrétien in questo volume breve quanto denso pubblicato oggi in Italia dalla Marietti ma risalente al 1987 e seguito da altre pubblicazioni più recenti dello stesso autore: L’indimenticabile e l’insperabile (2008) e Simbolica del corpo: la tradizione cristiana del cantico dei cantici (2009). È un saggio quindi che arriva da lontano ma che non ha perso la sua freschezza e urgenza; L’effroi du beau, come il titolo originale sottolinea (effroi sta per «sgomento», «spavento»), vuole colpire il lettore, costringerlo a prendere atto che la bellezza ha qualcosa a che fare con l’orrore, con la lacerazione che ogni uomo prova e vive nel corso della sua esistenza, sempre se intende rimanere aperto alla realtà.

Il segreto della forza di questo saggio è anche racchiuso nella biografia dell’autore: l’attuale cinquantottenne docente di storia della filosofia dell’Alto Medio Evo alla Sorbona, Jean-Louis Chrétien è stato un militante della Gioventù rivoluzionaria comunista, nome noto e attivo negli ambienti di sinistra, quando a un certo punto abbandona bruscamente la politica e si converte al cristianesimo al quale dedica da alcuni decenni la maggior parte della sua opera, sia filosofica, teologica che poetica.

Nella precisa e recisa introduzione il filosofo Fabrice Hadjadj afferma che «l’eccesso della bellezza è superiore a quello dell’orrore. L’orrore infatti ci fa tacere togliendoci le nostre facoltà, mentre la bellezza ci fa ammutolire lasciandoci integri. Se ci ferisce, lo fa senza danneggiarci» e conclude invitando il lettore a non sottovalutare «questo piccolo volume: le sue dimensioni contenute ne fanno una grande feritoia». La bellezza come ferita, cioè come feritoia attraverso cui la fonte della bellezza può continuare a sgorgare; la bellezza come scossa, apportatrice di sgomento: è evidente, l’autore lo riconosce sin dalle prime pagine, la lezione di Platone, ma anche di Dante, Pascal, Dostoevskij, Rilke e Heidegger e, oggi, si potrebbe aggiungere la lezione di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI.

La ferita della bellezza rivela l’uomo a se stesso, aprendolo a ciò che lo eccede, ci dice Chrétien, e l’uomo, colpito da questa gioia dolorosa, non può che celebrare la bellezza. Proprio come ha fatto lo scorso 21 novembre il Santo Padre nell’incontro con gli artisti nel magnifico scenario della Cappella Sistina, quando ha affermato che «il Giudizio Universale, che campeggia alle mie spalle, ricorda che la storia dell’umanità è movimento ed ascensione, è inesausta tensione verso la pienezza, verso la felicità ultima, verso un orizzonte che sempre eccede il presente mentre lo attraversa».

«La ferita della bellezza», di Jean-Louis Chrétien, Marietti, Genova 2010, pp.164, 14 euro.

www.Romasette.it

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